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Autore: abhainnjees    01/05/2015    2 recensioni
E' una slice of life nel senso più stretto del termine!
Enjoy :))
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio respiro è la prima cosa che sento. Distesa sulla mia parte di letto assaporo per gli ultimi istanti il tepore delle coperte e il profumo delicato delle lenzuola. Mi risveglio lentamente, contorcendomi e allungandomi per trovare a più presto la lucidità necessaria ad impormi di alzarmi. Scosto le coperte e mi alzo. Getto uno sguardo sull’orologio a muro, scopro l’orario e sbadiglio portandomi una mano alla bocca. Istintivamente sfilo l’elastico che mi cinge il polso e lo allargo tra le dita della mano destra mentre la sinistra raccoglie i capelli in una coda di cavallo improvvisata che lego immediatamente. Camminando a passi piccoli e lenti arrivo alla porta del bagno, faccio attenzione ad aprirla con cautela ma più mi sforzo di accompagnarla con le mani per attenuare il cigolio dei chiavistelli, questo risulta persino più forte nel silenzio che mi circonda. Nella stanza c’è un fortissimo odore di lavanda che di primo acchito mi stordisce. Cammino verso il fondo della stanza e apro la finestra per respirare a pieni polmoni l’aria fredda e umida del mattino presto. A destra della finestra c’è il bagno e così abbasso i pantaloni del pigiama, le mutande e mi siedo. Seduta, il mio volto è esattamente all’altezza giusta per notare la pila di cianfrusaglie che giace sul ripiano del comodino davanti a me. Getto la mano in quella matassa e dopo aver tastato e riconosciuto in quella briga asciugamani, maglioni, calzini e collanine dimenticate da chissà chi, questa risorge portando alla luce qualcosa di più interessante del giornale della spesa. È volume di Tex, e sebbene nessuno lo legga realmente in famiglia, Giacomo si ostina a comprare periodicamente ogni volume e a sostituirlo col precedente. Così, a cadenza bimestrale, un nuovo volume fa il capolino su questo mobile, destinato ad essere seppellito da cianfrusaglie e a riemergere in momenti di incombente necessità. In tutta onestà credo che non lo legga neanche lui, ma regala a tutti qualcosa da sfogliare mentre si è in bagno. Quando esco dalla bagno non provo neppure ad evitare di fare rumore con la porta e paradossalmente, con uno scatto più veloce, il rumore si attenua. Faccio mente locale e il mio prossimo compito è preparare il caffè. Da quando ci siamo sposati tra me e Valerio vige un tacito accordo secondo il quale chi, biologicamente, si alza per primo fa il caffè. Nonostante abbiamo tentato di tramandare quest’usanza anche hai nostri figli, loro non sono mai nelle condizioni opportune per rispettarlo.

Arrivata in cucina apro l’alta della credenza che cela sia la caffettiere che il recipiente del caffè in polvere. Avendo entrambe le mani occupate, chiudo lo sportello col gomito, poi poggio gli utensili sul tavolo, allontano il contenitore e impugno la caffettiera con la destra, mentre con l’altra mano la svito. Poi la svuoto, do qualche colpetto in più sull’imbuto dopo averci soffiato dentro per far uscire tutto il caffè residuo. Sciacquo la caffettiera e la riempio d’acqua, infilo l’imbuto e poi riprendo il contenitore rosso, apro la chiusura ermetica e avvicino il naso all’estremità. Un aroma deciso mi si presenta di fronte al naso ed io inspiro per gustarlo appieno. Sono impaziente di assaggiare il risultato finale. Nonostante sia un semplice caffè, in questo momento la cosa che desidero di più è poterne gustare il sapore. Verso il caffè macinato nella caffettiera fino a riempirla, l’avvito, la stringo e la metto sul fornello più piccolo. Accendo il fornello a fuoco basso e mi siedo ad aspettare quei due tre minuti perché il caffè bolla. Dopo neanche un minuto mi rialzo e apro il coperchio della caffettiera. C’è poco caffè sul fondo, quindi prendo tazzine, cucchiai e piatti, verso l zucchero in tre tazzine su cinque e nel frattempo il caffè è pronto per essere versato.

Porto prima il caffè a Valerio che mi aspetta sveglio nel nostro letto. Mi ringrazia e mi bacia la guancia. Gli porgo il caffè senza zucchero che lui sorseggia facendo una piccola smorfia e per consolarlo gli ricordo che è per il suo bene. Borbotta e pretende un altro bacio. Lo accontento. Poso le mie labbra sulla sua guancia un’altra volta, poi un’altra e poi un’altra ancora. Mi cinge la vita e mi attrae a se in un pigro abbraccio che ha il potere di estraniarmi dal mondo. Per pochi attimi mi sembra di avere di nuovo sedici anni, quando l’unica cosa che mi importava era essere amata da lui e non esistevamo né doveri né preoccupazioni. All’epoca avevamo tutto il tempo del mondo per coccolarci e niente sarebbe risultato più interessante di starsene rannicchiati l’uno acconto all’altro. Ora, invece, abbiamo delle mansioni da svolgere e dobbiamo necessariamente separarci. Declino questo compito a lui e gli chiedo di andare a portare il caffè ai ragazzi e lui se ne va sbuffando, lasciandomi distesa tra le lenzuola sfatte. Con la mano tasto ciò che c’è sopra il comodino e riconosco la plastiche che ricopre i plichi che ho abbandonano lì ieri sera.

Li prendo e inizio a sfogliarli ma prima di consultarli faccio mente locale. Oggi è mercoledì. Getto un’occhiata sulla time table del mercoledì e tutto sommato mi aspetta una mattinata abbastanza facile. Devo fare il solito giro di ronda dai miei assistiti e poi stilare le relazioni. Spero che un’ora e mezza a testa basti. Sento la porta del bagno che si muove e corro ad occuparlo per lavarmi. Prendo spazzolino e dentifricio ed inizio a lavarmi i denti, per poi passare rapidamente a tutti gli altri doveri igienici. Esco dal bagno nell’esatto momento in cui un’orda di figli assonati ci si dirige poco entusiasta. Valerio ha rifatto il letto e adesso sta litigando coi colori dei vestiti. Vuole un consiglio. Approvo sorridente la sua scelta e ricevo in cambio un caldo abbraccio. Nonostante abbia optato per dei colori un po’ audaci, il complesso è abbastanza piacevole. Mi concentro su quello che invece devo scegliere io. Nulla di appariscente, elegante o costoso. Niente colori troppo allegri o troppo tristi. Non devo mostrarmi trasandata e non devo indossare gioielli. Preferibili dei pantaloni a talier e gonne. Afferro i jeans chiari e una camicia nera. L’immagine riflessa nel grande specchio della camera da letto è soddisfacente. Se fossi una persona in difficoltà, mi fiderei di quella signora lì rispecchiata. Sperando che faccia la stessa impressione anche a loro, mi incammino verso la porta di casa.
  
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