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Autore: _Branwen_    01/05/2015    4 recensioni
«Leggi il titolo, ne sei perfettamente in grado.»
Fenris fissò le lettere sulla copertina e, sfiorandone il rilievo, lesse senza la minima esitazione.
«La donna del falco... si tratta di un qualcosa di autocelebrativo oppure è il primo libro delle tue gesta scritto da Varric?»

Hawke, Fenris e il corso di "lettura e scrittura". [Fenris/FemMageHawke]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fenris, Hawke, Varric Tethras
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Writings in my soul


Hawke amava i momenti di calma e di pace; erano un diletto a cui non avrebbe mai rinunciato.
Se poteva dedicarsi ai suoi interessi e ai suoi piccoli ozi, seppur brevemente, era contenta.
Per quanto non le dispiacesse l'azione – o cacciarsi nei guai, come affermava Aveline – nulla poteva renderla più felice di passare un pomeriggio seduta sul sofà, intenta a leggere un libro.
Giungendo a Kirkwall la ragazza non aveva potuto passare molto tempo dedita a un piacere tanto bello come la lettura, così come era solita fare a Lothering prima dell'arrivo del Flagello, ma non appena riusciva a ritagliarsi del tempo, oltre a passarlo con sua madre, sapeva come ristorarsi.

Lo stava facendo anche in quel momento.

Si solleticava il mento con una piuma di corvo, il cui colorito nero e lucido era in netto contrasto col pallore della pelle della giovane; era uno dei tanti segnalibri rimediati all'occorrenza e questo, in particolare – sosteneva Rowena – era adatto proprio per quel libro, più o meno.
Terminò il capitolo e si alzò dalla poltrona, per avvicinarsi e osservare l'operato dell'improvvisato scrivano intento a ricopiare un racconto.

«Posso vedere?» chiese, quasi poggiando le labbra sull'orecchio di lui.
«Termino queste altre tre frasi così completo la pagina, faccio in fretta.»
«No, Fenris, nessuna fretta, l'importante è scrivere bene, non di corsa, e occorre calma; hai tutto il tempo che vuoi e che ti serve.»
Lo sguardo di lui incrociò quello di lei e Rowena non ammetteva repliche.

L'elfo non ribatté, ma si mise d'impegno nel completare il compito che gli era stato assegnato; quando mesi fa la ragazza si era proposta di insegnargli a leggere, pensò che stesse scherzando, animata dal desiderio di burlarsi di lui facendo leva sulla debolezza che gli aveva confidato un attimo prima.
Dovette constatare, invece, con spontanei sorpresa e piacere, che Hawke diceva sul serio e si ripropose di insegnargli anche a scrivere perché affermava che le due cose viaggiavano di pari passo e una era imprescindibile dall'altra.

La sua insegnante aveva mostrato molta pazienza e, assieme al suo bruciante desiderio di imparare, Fenris avvertiva che aveva fatto grandi progressi sebbene fosse solo all'inizio e si sentiva molto soddisfatto del suo operato.
Posò la piuma e soffiò sul foglio, per far asciugare un poco l'inchiostro; Rowena intanto si era seduta accanto a lui e aveva proseguito nella sua lettura, senza distrarlo o dargli fastidio.
Il ragazzo si soffermò a vedere il sorriso della maga mentre leggeva, non era insolito che lei facesse delle smorfie durante la lettura: gioia, rabbia, disgusto e tante altre emozioni erano molto chiare sul volto di lei quando era rilassata e dedita a leggere.

«Ho finito, Hawke.»

Bastarono quelle parole per ridestarla da quel piacevole limbo in cui si era immersa.
Mise la piuma di corvo nel libro e prese i fogli che Fenris le aveva porto.
Anche in questo caso, vide Fenris, le emozioni di Hawke trasparivano sul suo viso e ne era contento; voleva dire che non aveva commesso errori, forse.
E... gli piaceva vederla lieta, non poteva negarlo a se stesso.

Rowena alzò gli occhi dai fogli.

«Sei migliorato molto, il tuo corsivo è più deciso e le lettere sono pressappoco tutte regolari. Non tendi più nemmeno a salire o scendere con le parole sulla stessa riga, bravo!»
La ragazza non poté trattenersi dal sorridere, ma durò un istante; temeva che la sua gioia potesse offendere l'elfo nel caso lui avesse frainteso il perché.
Fenris notò il cambio repentino sul volto di Hawke e provò ad accertarsi se qualcosa non andasse.
«Cos'è quell'aria così seria? È per caso successo qualcosa?»
«No, no, non è nulla di importante; ero solo molto entusiasta dei tuoi progressi, però non volevo urtarti, non volevo trattarti come un bambino, mi sono lasciata andare, anche sulla scia di alcuni bei ricordi.»
«In questo caso, visto che sto imparando a leggere e scrivere, io sono un bambino, sto compiendo dei piccoli passi esattamente come loro, come te tanti anni fa che ora stai insegnando a me come compierli.»

Fenris aveva colpito nel segno e Hawke incassò il colpo, senza risentirsi minimamente, ma lasciandosi avvolgere dal tepore che quelle parole avevano dato al suo animo; questo però non le impedì di replicare come suo solito.

«Stai insinuando che io sia vecchia, Fenris?»
«Non hai perso il tuo sarcasmo, pensavo ti stessi rammollendo, visto che fino a un attimo fa non volevi urtarmi; troppa sensibilità non sarebbe da te.»
La risposta piacque molto a Rowena, e, giacché non era da meno, proseguì sulla scia.
«Hai ricevuto delle lezioni di ironia da Varric, per caso?»
«Magari sono un bambino per davvero e sto assimilando questa caratteristica dall'ambiente circostante, non ne sono molto sicuro.»
La maga sollevò un sopracciglio, ma non riuscì a restare seria a lungo.
Scoppiò a ridere di gusto e persino Fenris si lasciò contagiare da tanta ilarità, sorridendo; ridere a sua volta sarebbe stato eccessivo e Hawke si chiese se un giorno avrebbe sentito il suono della sua risata.

«Va bene, va bene, hai dato prova di saper fare dello spirito, sei contento?»
«Non nascondo una certa soddisfazione. Cosa stai leggendo?»

Hawke porse il libro a Fenris, senza dire il titolo del libro.

«Leggi il titolo, ne sei perfettamente in grado.»

Fenris fissò le lettere sulla copertina e, sfiorandone il rilievo, lesse senza la minima esitazione.

«La donna del falco... si tratta di un qualcosa di autocelebrativo oppure è il primo libro delle tue gesta scritto da Varric?»

L'elfo pronunciò quelle parole pur sapendo che la cosa non poteva essere plausibile; aveva notato che il libro era un poco logoro, quindi suppose che potesse appartenere alla ragazza da alcuni anni.

«Penso che se lo avesse scritto Varric questo libro sarebbe stato pieno di infiorettature tipiche del suo stile» commentò la giovane, pensando agli abbellimenti che il nano si era permesso di fare anche al suo diario «lo hai mai sentito quando si trasforma in cantastorie?» chiese poi.
«Sì; è molto... chiacchierone, dico bene?»
«Direi molto iperbolico, ma avevo capito cosa volessi intendere.»
«Iperbolico... bisogna riconoscergli che sa raccontare, la gente si appassiona alle sue storie, si diverte e allo stesso modo lui, sa rendere anche partecipe chi lo ascolta.»
«È davvero trascinante.»
«Potrei dire che la cosa ti piaccia; gradisci che narri tue avventure fittizie o gonfiate?»
«Veramente mi piace il suo entusiasmo, mi ricorda molto mio padre; fu lui a farmi appassionare alla lettura, insegnandomi a leggere e a scrivere. Quando non sapevo leggere in modo autonomo, mi raccontava sempre delle storie. Le inventava sul momento e ricordo che non vedevo l'ora di andare a letto per ascoltarle e così anche i miei fratelli.»
«Proprio come Varric.»
«Sì, solo che nessun protagonista delle sue storie si chiamava Bethany o Carver o Rowena. Questo libro me lo regalò proprio lui quando compii quindici anni, l'ho portato con me da Lothering; non sono riuscita a separarmene con tutto che l'unica preoccupazione per noi era fuggire.»
«E così il libro è rimasto sempre con te...»

Fenris aprì il volume e alla prima pagina lesse una scritta a inchiostro con una bella calligrafia che non corrispondeva a quella di Hawke.

«Alla mia bambina, un piccolo dono per quella che sarà una donna forte, coraggiosa, indipendente e che realizzerà i suoi sogni» recitò commentando successivamente «è un bel desiderio, tuo padre doveva essere una bella persona.»
«Uhm... anche lui, come me, era un mago; oltre a leggere e scrivere mi ha insegnato a controllare e usare i miei poteri come anche a tenerli nascosti.»
«Non tutti i maghi sono malvagi, lo dici sempre, Hawke.»
«Oh, davvero dico così? Non lo ricordavo, come sono smemorata!»
«Oltre a dirlo lo dimostri anche.»
«Mio padre diceva sempre che non bisogna mai dividere le persone in categorie, ma bisogna conoscerle e prenderle singolarmente, per capirle ed, eventualmente, apprezzarle.»
«Era un uomo molto saggio, convengo. Come mai ti ha regalato proprio questo libro, per via del titolo?»
Rowena ridacchiò.
«No, non direi. Lo aveva letto dapprima lui e pensava che la protagonista avesse un carattere per certi versi simile al mio; è uno dei ricordi più preziosi che ho e che tengo stretti.»

Hawke parlò con calma, senza lasciar trapelare nessun accenno di tristezza nella voce: non ve n'era.

Alle volte è difficile superare delle perdite; l'assenza di persone importanti nella propria vita è spesso accompagnata dal dolore.
L'angoscia non permette di guardare al futuro senza che il passato e i suoi malvagi e oscuri spettri non vengano a tormentare la veglia e il sonno di chi non ha pace nel cuore, ma solo sofferenza, una voragine nell'animo.
Rowena lo sapeva, non ci si riprende da un lutto da un giorno all'altro, ma era conscia del fatto che suo padre non avrebbe mai voluto vederla in preda allo sconforto.
Tra le tante cose che le aveva trasmesso vi era la consapevolezza che è umano soffrire, ma l'uomo è in grado di rialzarsi ed è capace allo stesso modo di riprendere in mano la propria vita con decisione, lasciando che la speranza, per quanto possa essere fatiscente, alberghi nello spirito di ognuno.

Le tornarono alla mente le parole della strega delle selve, Flemeth, e mai come in quel momento le parvero veritiere e pregne di significato: è solo quando cadi che scopri se puoi volare.
Pensare a suo padre, a tutto quello che avevano condiviso assieme, non era causa di sofferenza; i ricordi erano velati da un tenue alone di nostalgia, una malinconia simile alla sensazione suscitatale dall'aroma della pioggia che sfiora il pietrisco delle strade.
Era quello il tempo per lei ideale per leggere e abbandonarsi piacevolmente ai ricordi.
Aveva imparato a volare, con lo sguardo in direzione del domani, ma senza dimenticare il passato che le ha permesso di librarsi verso il cielo.

Anche in quel momento, nel mentre che rendeva Fenris partecipe di questa confessione, Rowena stava sorridendo; parlarne non le faceva male e persino il ragazzo avvertì il benessere di lei.

«Perché tuo padre pensava che la protagonista di questo libro fosse simile a te?» chiese l'elfo, soffermandosi un attimo sulla domanda da lui posta «Se però è un problema per te non dirmelo.»
«Potrei prestarti il libro e potresti dirmi tu se mio padre aveva ragione o meno, che ne pensi?»
«Mi presteresti davvero una cosa per te così preziosa?» domandò Fenris; non si sarebbe mai aspettato una proposta simile e il suo stupore era palpabile.
«Questo dovrebbe farti capire quanto tu sia prezioso per me, se ho deciso una cosa di questa portata» affermò Hawke, con voce salda, sicura, sincera. Il ragazzo non seppe come replicare, al che la maga proseguì «devi sapere che il bello della lettura consiste nel fatto che ognuno di noi, in virtù del proprio modo di essere e delle proprie esperienze – logicamente diverse – può leggere, nello stesso libro, messaggi differenti per ognuno perché è soggetto a molteplici interpretazioni, tanti quanti siamo noi.»

Fenris soppesò le parole di Rowena e il ragionamento non presentava incongruenze, anche se...

«Sei fiduciosa verso il genere umano, non tutti quelli che leggono usano però la ragione. Molti leggono solo per mostrare che hanno letto qualcosa, per sfoggiare un sapere che non hanno o che non gli appartiene, definendosi intelligenti; figurarsi se riescono a cogliere il messaggio che un libro può offrire. Quando ero uno schiavo ho incontrato molte persone del genere e non riuscivo a tollerare questo loro atteggiamento, per quanto non esternassi il mio disappunto.»
«Ahimè, non immagini nemmeno lontanamente quanto io concordi con te» si trovò a dover ammettere Hawke.
«Di nuovo, Hawke?»
«Non farci l'abitudine, d'accordo? Aggiungo anche che, molto spesso, per quanto si possa affermare – a ragione – che esistono i gusti personali in ogni ambito e che sono insindacabili, bisogna anche saper riconoscere che vi sono libri scritti bene e libri scritti male, che non hanno nessuna solida base a livello di trama, stile, coinvolgimento emotivo e di significato.»
«Esistono libri universalmente pessimi, secondo te?»
«Secondo me sì, è la mia personalissima opinione; trovo che non si possano separare contenuti e forma parlando di libri, passando per la coerenza, la coesione e tante altre cose. Molte storie che narra Varric sono sì esagerate, ma filano, non presentano errori a differenza di tante che sono state trasposte su carta da persone che non hanno mai concepito un racconto in testa.»
«Affermazione molto forte, la tua. Non appena sarò in grado di leggere in modo spedito vorrei vedere se confermare o smentire la tua idea al riguardo.»
«La cosa triste, però, è vedere che se dai un parere che si discosta molto dal pensiero comune, pur argomentandolo e dando le tue motivazioni, non solo non vieni ascoltato, ma vieni liquidato come stupido o ignorante.»
«Non ne ero al corrente, ti riferisci parlando di letture?»
«Sì, ma anche in generale, su qualsiasi ambito tu abbia un tuo pensiero chiaro e può essere scomodo per gli altri.»
«A questo punto si potrebbe asserire che esistono lettori intelligenti e lettori stupidi, come i soggetti in generale.»

Rowena fissò per un lungo istante Fenris per poi iniziare a ridere.

«Lo diceva anche mio padre! Si arrabbiava tantissimo contro gli ignoranti.»
«La mela non è caduta lontano dall'albero, direi. Dalle tue parole si vede che gli sei affezionata; non ti dà fastidio parlarmi di lui?»
«Lo ricordo sempre con vivo affetto. Mi manca, è vero, ma il suo ricordo, ciò che mi ha insegnato e trasmesso è sempre vivo in me e questo trascende la morte; mi piace pensare che sia fiero di me e felice e che abbracci Bethany e la mamma.»
«Qualcosa mi dice che è così.»

Hawke poggiò la mano su quella di Fenris e sulle sue labbra apparve un tacito grazie che risuonava molto di più di tante parole superflue che potevano essere pronunciate ad alta voce.
Il ragazzo gli strinse la mano e rilesse di nuovo le parole di Malcom, notando la grazia di quel tratto.

«Tuo padre aveva una bella scrittura, anche la tua lo è.»
«Con la pratica anche la tua sarà più sciolta e acquisterà la tua personalità, diventando parte di te. Ricordo che la mia più grande conquista da piccina fu imparare a scrivere bene il mio nome e cognome al punto da scriverlo dappertutto, anche sui libri di mia proprietà.»
«Hai conservato quest'abitudine, signorina...»

Rowena Hawke

Il nome della ragazza fu scritto su un foglio bianco da Fenris, fluidamente e la giovane se ne compiacque.

«Preferisco solo Rowena.»
«Ma se ti fai chiamare Hawke.»
«Per tutti sono Hawke; sono Rowena solo per pochi e mi piacerebbe che tu mi chiamassi sempre col mio nome...»

Se Fenris avesse avuto intenzione di rispondere in modo affermativo o negativo alla richiesta della maga, non ci è dato saperlo.
Un bacio, lento, morbido, si posò sulle labbra di lui che, superata l'iniziale incertezza, ricambiò un contatto intimo che non si aspettava.

Hawke decise di interrompere il momento, mordendosi il labbro inferiore, sogghignando.

«Dai, iniziamo a leggere la storia che hai trascritto.»
«Dal libro o dai fogli?»
«Un vecchio detto dice: chi non conosce la sua scrittura è un asino di natura; bisogna saper leggere la propria calligrafia, e vedrai, questo ti insegnerà anche a migliorare a scrivere.»
«D'accordo. In un regno molto lontano viveva un umile fattore di nome Giles...»



***


Il nano era soddisfatto delle parole che aveva scritto in quella serata piovosa; l'ispirazione aveva bussato alla sua porta e lui l'aveva accolta subito, come una vecchia amica che spesso va via, ma che sa sempre ritrovare la strada di casa.
Varric ne era sicuro; le Cronache della Campionessa di Kirkwall, volume I sarebbe stato completato subito e avrebbe proseguito nella stesura del suo progetto.




Angolino dell'autrice.

Sì, in tanti anni non ho mai calcolato "di pezza" Fenris (io amo Anders), ma sentirgli dire che non sa leggere... ecco cosa ne è venuto fuori. Spero possa piacervi con tutto che c'è molto sarcasmo, ma io lo sono davvero tanto di mio a prescindere. "La donna del falco" (in lingua originale "Hawkemistress!") è un romanzo di Marion Zimmer Bradley e il mio senso dell'umorismo becero lo trovava adatto all'occasione e anche perché la protagonista effettivamente è una tosta come Hawke. La lettura di Fenris riprende in modo sommario l'incipit de "Il cacciatore di draghi" di Tolkien.
Grazie a tutti quelli che leggeranno,
Barbara
   
 
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