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Autore: aduial    02/05/2015    8 recensioni
Bellatrix Lestrange farebbe di tutto per il suo Signore, gli darebbe qualsiasi cosa, ma non può. Semplicemente non può. O almeno non tanto quanto Narcissa, e questa invidia la divora, scava dentro di lei, nelle profondità della sua anima nera. Perché Bellatrix non è abituata a sentirsi inferiore. Lei non è seconda a nessuno, tantomeno a sua sorella.
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Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Mangiamorte, Narcissa Malfoy, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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I profondi occhi scuri osservavano la sala con attenzione quasi maniacale, soffermandosi su ogni volto, su ogni dettaglio. La bocca le si arricciò involontariamente, esprimendo tutto il disprezzo che provava per gli inutili esseri che sedevano all'enorme tavolo di mogano nero. Perché era costretta a sedere in mezzo a loro? Perché il suo Signore l'aveva lasciata lì, ad ascoltare le loro inutili chiacchiere? Come aveva potuto fare a meno della sua migliore luogotenente? Colta da una rabbia improvvisa, digrignò i denti e graffiò il legno scuro, rompendosi le unghie che si incastravano nelle scanalature. Incurante dello sguardo stupito di quell'idiota di Amycus Carrow che le sedeva accanto, si alzò di scatto, rovesciando la sedia, che cadde a terra con un tonfo sordo. Calò il silenzio e gli occhi di tutti i Mangiamorte riuniti nella sala da pranzo di Malfoy Manor si posarono su di lei, spalancati dal terrore. Non poté che farsi sfuggire un ghigno soddisfatto. Tutti la temevano. Anzi, tutti erano terrorizzati da lei. Si erse in tutta la sua altezza, squadrando i suoi compagni, che abbassavano il capo per non incrociare lo sguardo con il suo. Lei li sovrastava semplicemente con la sua presenza. McNair, Dolohov, Gibbon, Rowle, Mulciber, Nott, Tiger, Goyle, tutti si inchinavano davanti a lei, nessuno aveva il coraggio di contraddirla o, peggio ancora, sfidarla. A testa alta lasciò la sala, sentendo chiaramente un sospiro di sollievo alle sue spalle. Ancora sulla porta si voltò, estraendo la bacchetta. «Crucio» sussurrò dolcemente. Poi si chiuse i pesanti battenti alle spalle, lasciando Amycus Carrow a contorcersi a terra in preda alle convulsioni, mentre le sue urla risuonavano nel silenzio indifferente degli altri, che, sollevati, ringraziavano di non essere stati l'ennesima vittima della maledizione della tortura.
 
*
 
«Bella» la chiamò una voce dolce, seppur incrinata dalla preoccupazione. «Cissy» rispose a mo' di saluto, senza voltarsi a guardare la sorella che l'aveva raggiunta nel giardino. «Perché non sei con gli altri?» le chiese la minore. «E tu?- ribatté Bellatrix, girandosi per guardarla finalmente negli occhi -perché non sei con tuo marito?»
Narcissa abbassò lo sguardo, per poi incamminarsi lungo uno dei sentieri tortuosi che si snodavano all'interno dell'immenso parco del maniero. Bellatrix la seguì senza dire una parola, il silenzio rotto solo dal fruscio delle lunghe vesti scure che strusciavano sulla ghiaia. Non un uccello cantava tra i rami degli alberi del parco, non un insetto ronzava nell'aria umida di agosto. Il sole si guardava bene dall'illuminare quel palazzo in cui il Male aveva preso dimora, la pioggia non aveva il coraggio di bagnare quei sentieri aridi. Sopra le due sorelle che camminavano in silenzio si stendeva solo un'anonima e compatta distesa di nuvole grigie.
Narcissa sospirò, scostandosi dal viso i lunghi capelli biondi che solamente lei tra i Black poteva vantare, guardando di sfuggita la sorella maggiore che iniziava a spazientirsi. «Allora?» le chiese quest’ultima, scocciata, mentre un refolo di vento si insinuava tra i riccioli selvaggi e arruffati che le si riversavano sulla schiena come una cascata scura.
«Lucius sta conferendo con il Signore Oscuro» confessò alla fine Narcissa, senza voltarsi. Bellatrix fissò la schiena della sorella con sguardo fiammeggiante. Quell'essere indegno che era Lucius Malfoy aveva l'onore di parlare con il suo Signore, quello stesso onore che a lei era precluso? E perché Narcissa non era felice, ma piuttosto sembrava... abbattuta? Poi comprese e un ghigno sadico le si disegnò sulle labbra sottili. «Capisco la tua preoccupazione, sorella. Se mio marito avesse compiuto anche solo la metà degli errori del tuo, l'avrei ucciso personalmente. Non riesco nemmeno a immaginare come il Signore Oscuro punirà Lucius per la sua inettitudine».
La minore si girò di scatto, sollevando il mento con la fierezza e l'alterigia che da sempre scorrevano nel loro sangue purissimo. «Non azzardarti a parlare di mio marito in questo modo, Bellatrix» sibilò, ancorando gli occhi scuri a quelli della sorella.
«La verità fa male?» le chiese quest'ultima, senza distogliere lo sguardo. Narcissa sollevò il sopracciglio sinistro, osservandola quasi con disprezzo, prima di voltarle le spalle e dirigersi verso il maniero.
Bellatrix la guardò andarsene, basita. Era stata odiata, temuta, detestata. Ma disprezzata? Quello mai. Lei era superiore agli altri, persino a coloro che era obbligata a chiamare compagni, che pure potevano vantare un sangue puro quasi quanto il suo. Era la guerriera per eccellenza, una dei migliori combattenti del Mondo Magico, seconda solo al suo Signore e Silente. Nessuno poteva permettersi di disprezzarla, tantomeno sua sorella.
 
Un pavone bianco attraversò il sentiero dove era rimasta ferma per minuti interminabili, preda dello sconcerto e della rabbia. Agitò pigramente la bacchetta, scagliando un lampo verde verso l'animale, che si accasciò a terra senza emettere un lamento. Non provando nessuna soddisfazione per l'uccisione di un banale pavone, scavalcò il corpo candido, calpestando però la maestosa coda che scricchiolò al contatto con la suola delle scarpe che la donna indossava e ripercorse a ritroso la strada che aveva fatto con la sorella, finchè non si trovò nel lussuoso atrio del maniero. Senza alcuna esitazione, imboccò l'imponente scalinata che portava al piano superiore, decisa a scoprire come il Signore Oscuro avesse intenzione di punire Lucius, ma, non appena raggiunse la porta dello studio del cognato, questa si aprì, lasciando uscire quattro uomini. Il primo era naturalmente l'Oscuro Signore, seguito da un impassibile Severus Piton e un tremante Lucius Malfoy. Draco era l'ultimo del gruppo e un'espressione tirata e quasi spaventata faceva da padrona sul suo volto. Non appena vide Bellatrix, però, si sforzò di apparire indifferente, a differenza del padre che non riusciva a celare la preoccupazione che lo divorava. «Mio Signore» si affrettò a inchinarsi la donna, quasi consumata dalla venerazione che provava per quell'uomo avvolto da un manto nero, divisa tra il fastidio di vedere Piton e il divertimento per le condizioni pietose di Lucius. Le occhiaie bluastre, le guance scavate, la pelle pallida, quasi traslucida, il volto sempre più spigoloso, i capelli arruffati. Lucius Malfoy era un uomo inesorabilmente in cammino verso la distruzione.
 
Voldemort le dedicò uno sguardo distratto, prima di incamminarsi verso la sala principale di Malfoy Manor, dove erano ancora riuniti tutti i Mangiamorte. Bellatrix lo seguì, come faceva sempre, cercando di avvicinarglisi il più possibile, fin quasi a potergli sfiorare il nero mantello che, sinuoso, accompagnava ogni suo passo. Nessun suono accompagnò il breve tragitto verso la sala, se non il ticchettio ritmico degli orologi appesi alle austere pareti. Persino il rumore dei loro passi era attutito, soffocato dai morbidi tappeti pregiati.
La strega si tratteneva a stento dal chiedere spiegazioni, vittima di una curiosità tutta femminile, ma non si azzardò a proferire nemmeno una parola, frenata dalle espressioni gravi degli uomini che erano con lei.
 
Finalmente giunsero davanti alle porte della sala e l'Oscuro le spalancò con un semplice colpo di bacchetta. Appena riconobbero il loro Signore, tutti i presenti ammutolirono, affrettandosi ad alzarsi in piedi e chinare il capo in segno di rispetto. Voldemort raggiunse il suo posto, a capotavola, da dove poteva osservare i volti di tutti i suoi fedelissimi, e si sedette, invitando anche gli altri a fare lo stesso.
«Mio Signore, volete che chiuda la porta?» chiese Rookwood, alzandosi leggermente.
«Rockwood, sei un mago, perché ti alzi come se fossi un inutile Babbano?» sputò Bellatrix, guardandolo con disprezzo.
«Bellatrix, calmati» la riprese Voldemort, sorridendo. «Rockwood si era semplicemente dimenticato di poter usare la bacchetta, non è così?» chiese, rivolgendosi al mago che, rosso in viso, sprofondò nella sedia tra le risate generali. Solo in quattro rimasero impassibili: Piton, Draco, Lucius e Narcissa, il cui sguardo preoccupato sfrecciava dal marito al figlio in cerca di un segno, un indizio, una qualsiasi cosa che la aiutasse a capire.
 
Con un sibilo raggelante, un enorme serpente entrò dalla porta aperta, attorcigliandosi su una gamba del tavolo, per poi strisciarvi sopra fino a raggiungere il suo padrone, che lo accarezzò distrattamente.
«Come tutti voi sapete, a causa dell'incapacità di uno di voi, non sono entrato in possesso di un manufatto di inestimabile valore, una profezia, per essere precisi. Naturalmente sto parlando di te, Lucius» affermò, spostando le sue iridi sanguigne sul volto tirato del diretto interessato, che si limitò a chinare il capo, lasciando che i lisci capelli biondi lo nascondessero allo sguardo sprezzante dei compagni. «Però,- proseguì il Signore Oscuro -al figlio è data la possibilità di rimediare agli errori del padre. Ho affidato al giovane Draco una missione che gli permetterà di cancellare una macchia altrimenti indelebile». Bellatrix sollevò lo sguardo sulla sorella, aspettandosi di vederla orgogliosa di quella possibilità che era stata data alla sua famiglia e si stupì quando notò che si limitava a tenere il capo basso, torcendosi le mani affusolate. «Che missione, mio Signore?» gli chiese la maggiore delle Black, adorante.
«Mia fedele Bellatrix, non è forse ovvio? Draco dovrà uccidere Silente».
 
*
 
«Cissy!» chiamò, entrando nella serra che la sorella amava tanto.
«Non serve urlare, Bella, sono qui» le rispose la bionda, seduta su un'elegante sedia di vimini.
«Non capisco perché tu abbia preferito venire qui, piuttosto che rimanere a festeggiare. Vi è stato concesso un grande onore!»
Narcissa rimase in silenzio, rigirando una meravigliosa rosa bianca tra le mani. Una goccia di sangue vermiglio sbocciò sulla punta dell'indice quando una spina le penetrò la carne morbida e delicata.
«Bellatrix, tu non puoi capire» sussurrò rassegnata, mentre un'unica lacrima le solcava la guancia. «Il Signore Oscuro vuole punire Lucius, affidando a Draco una missione destinata a fallire».
Bellatrix la guardò duramente. «Smettila- ringhiò -chiunque altro pagherebbe per ricevere un'occasione come questa. Devi essere orgogliosa del fatto che il nostro Signore si fidi di tuo figlio al punto da affidargli un compito come questo».
Narcissa si alzò in piedi di scatto, lasciando la rosa, che cadde ai loro piedi, già dimenticata. «Draco morirà!» urlò, fissando la sorella negli occhi.
«Se così fosse, sarà per una buona causa!» la fronteggiò Bellatrix, sconvolta da quel fuoco che non aveva mai visto negli occhi della sorella.
«È mio figlio...» singhiozzò la minore, sentendo ricadere il peso di quella condanna sulle sue esili spalle.
«Se fosse stato il mio, sarei stata orgogliosa di offrirlo al Signore Oscuro. Avrei gioito del suo sacrificio nel nome di Colui che serviamo. Ogni ferita, ogni colpo che avrebbe subito sarebbe stato per Lui e io ne sarei stata fiera, avrei detto a tutti: "quello è mio figlio", l'avrei urlato al mondo, incapace di tenere per me un tale onore» ribatté l'altra, ergendosi sulla sorella, che parve quasi rimpicciolirsi al suo cospetto. Gli occhi scuri brillavano di convinzione per le parole che aveva pronunciato con tanta passione, ma Narcissa si fece coraggio e piantò lo sguardo in quello dell’altra. «Non parlare di cose che non capisci» sibilò, a pochi centimetri dal volto della sorella maggiore, che ancora la fissava sconcertata. Poi si diresse verso la porta di vetro, lasciando l'altra sola nel centro della serra.
Come se una forza misteriosa le avesse improvvisamente risucchiato ogni energia, Bellatrix si accasciò a terra, portandosi le mani al ventre. 
"Cose che non capisci", questo le aveva detto la sua Cissy. Cose che non capiva e che non avrebbe mai capito, si rese conto, stringendo quel grembo reso sterile dal suo stesso odio, quel grembo che avrebbe potuto ospitare una nuova vita, ma che era rimasto vuoto, infecondo, inutile.
Bellatrix avrebbe voluto un figlio.
Un figlio che sarebbe stato infelice perché nato da una madre egoista, voluto solo come qualcosa da poter offrire come sacrificio a un ideale più alto.
Bellatrix avrebbe voluto un figlio.
Un figlio per non essere meno di Narcissa, per poter avere anche lei qualcosa di così importante da dare al suo Signore.
Bellatrix avrebbe voluto un figlio.
Un figlio che avrebbe portato avanti i suoi ideali. Forte, a differenza di Draco. Puro, a differenza della figlia Mezzosangue di Andromeda.
Proprio lei, la maggiore, la più forte delle Black, non era stata in grado di concepire e questa consapevolezza le divorava l’anima.
 
L'Oscuro aveva la sua fedeltà, la sua ammirazione, il suo amore perfino, ma non il frutto del suo grembo. Rabbiosa, afferrò la rosa bianca che giaceva sul pavimento, facendola a pezzi, incurante delle spine e del sangue che le colava dai graffi sulle mani. Per la prima volta si sentì inferiore, non all'altezza della sorella che poteva fare al Signore Oscuro un dono di tale portata e la odiò, odiò Narcissa con tutte le sue forze, perché non capiva l'immenso onore che le era stato conferito. Si alzò con la bacchetta tra le mani e scagliò tutti gli incantesimi che le venivano in mente sulle piante che la sorella tanto amava curare, distruggendo ogni radice, bruciando ogni petalo, polverizzando ogni foglia. Poi uscì, come se nulla fosse successo, lasciando la serra vuota. Esattamente com’era lei.
   
 
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