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Autore: darknesraven    02/05/2015    1 recensioni
Natalia correva per il corridoio di casa sua. Voleva soltanto scappare da quel salotto. Voleva scappare da quello che aveva visto. Doveva scappare. Era l'unica cosa che poteva fare. Scappare da quel posto. Da quella villa. Dalle urla di suo padre.Corse fuori dal terzo salotto della sua grande villa e raggiunse la porta di ingresso che prima non aveva avuto il coraggio di aprire. Corse fuori dalla villa urlando, chiamando aiuto, anche se sapeva che suo padre non poteva più essere aiutato. Correva in mezzo alla strada chiedendo aiuto a tutta voce ma nessuno si voltava verso di lei. Natalia urlava, chiedeva disperatamente aiuto, ma nessuno le tendeva una mano. Natalia continuava a correre. Correva. Ed era sola.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, The Rev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Natalia correva per il corridoio di casa sua. Voleva soltanto scappare da quel salotto. Voleva scappare da quello che aveva visto. Doveva scappare. Era l'unica cosa che poteva fare. Scappare da quel posto. Da quella villa. Dalle urla di suo padre. Era ormai alla porta quando le urla si placarono e lei si fermò. Natalia si chiese se fosse tutto finito. Se potesse finalmente tornare da suo padre e farsi abbracciare da lui. Se potesse dimenticare tutto quello che aveva sentito in quegli ultimi minuti. Decise di tornare indietro. Natalia era una bambina coraggiosa, quindi decise che sarebbe tornata indietro. Da suo padre. Guardò la porta di entrata, ancora un poco indecisa sul da farsi, poi si girò e cominciò a correre nel corridoio verso il salotto numero 3. La villa era grande ed il silenzio impressionante. Aveva paura, Natalia, ma aveva deciso, e lei non si tirava mai indietro. Ormai era davanti alla porta delle terzo salotto ed il silenzio era ancora più pesante. Forse non sarebbe dovuta tornare indietro ma aveva deciso. Prese un profondo respiro e posò la mano sulla maniglia. La abbassò e spinse la porta per aprirla. Chiuse gli occhi, aveva paura di trovare qualcosa di non bello. Non sentì nulla allora decise di aprire lentamente gli occhi. Per terra vi era una grossa macchia rossa. Natalia si chiese se quello fosse sangue, ma scosse la testa. Nella sua mente fanciullesca era impossibile immaginare che potesse essere successo qualcosa al suo amato padre. Ne era sicura, suo padre era un pittore, di sicuro aveva rovesciato del colore sul tappeto. Natalia non pensò certo che la macchia non si sarebbe sparsa così velocemente, ma lei aveva solo dieci anni, come poteva non considerare le urla di suo padre? La bambina fece ancora qualche passo avanti poi si mise le mani sulla bocca per evitarsi di gridare. Suo padre era accasciato per terra, ed una grossa macchia si espandeva dalla sua testa, da un piccolo foro in mezzo alla sua fronte. Natalia era solo una bambina. Ma sapeva riconoscere un cadavere quando ne vedeva uno. Corse fuori dal terzo salotto della sua grande villa e raggiunse la porta di ingresso che prima non aveva avuto il coraggio di aprire. Corse fuori dalla villa urlando, chiamando aiuto, anche se sapeva che suo padre non poteva più essere aiutato. Correva in mezzo alla strada chiedendo aiuto a tutta voce ma nessuno si voltava verso di lei. Natalia urlava, chiedeva disperatamente aiuto, ma nessuno le tendeva una mano. Natalia continuava a correre. Correva. Ed era sola.

 

La bambina si alzò a sedere di scatto sul letto. La casa famiglia di Huntington Beach non era il posto migliore dove passare le giornate e le notti. I ricordi le affollavano la mente senza lasciarle pace. Durante il giorno la tormentavano, ricordandole ogni istante che lei era inesorabilmente sola. Durante la notte si trasformavano in incubi e non la lasciavano dormire. Era passata solo una settimana da quando suo padre era morto e quella mattina avrebbero celebrato il suo funerale. Natalia aveva soltanto dieci anni. Ed era inesorabilmente sola.

Mancavano pochi minuti all'alba per questo la bambina si alzò ed aprì il suo armadio. Degli assistenti sociali erano andati a casa sua e avevano preso alcuni dei suoi vestiti. Lei li aveva richiesti esplicitamente tutti neri. Natalia aveva soltanto dieci anni, era sola, e non aveva più voglia di vivere. Prese un vestitino nero che suo padre le aveva regalato e lo indossò. Ci mise poco ad indossarlo e si specchiò per verificare di essere presentabile. Era abituata a partecipare a grandi feste e grandi ricevimenti, non a funerali. Non voleva vedere suo padre sparire per sempre. Si legò un nastro nero in vita e strinse un fiocco sulla schiena ma a nulla servì. Aveva sempre adorato quel vestitino ma ora lo odiava con tutta se stessa. Suo padre non avrebbe voluto vederla triste, lui era un uomo sempre felice. Anche il suo cadavere rideva. Ma Natalia non era come lui. Lei non era una bambina felice. O almeno non lo era più. Si fece una treccia con i lunghi capelli castani e la fece poi ricadere sulla spalla. Faceva movimenti lenti e metodici, cercando la quotidianità che aveva ormai perso. Prese i suoi stivali e li infilò. Era inverno, ma non faceva troppo freddo in California. La porta della sua stanza nella casa famiglia si aprì e l'assistente sociale la raggiunse sorridendo. Le carezzò il capo e le fece cenno di seguirlo. Natalia lo seguì senza fare una piega, il portamento elegante anche se era solo una bambina. Il ragazzo che l'accompagnava la fece salire in macchina e partirono verso il cimitero. Natalia non parlava. Non aveva più parlato da quando suo padre, il suo amato papà, era stato ucciso. E non aveva intenzione di farlo mai più. Guardava fuori dal finestrino la città correre sotto i suoi occhi. Guardava l'Oceano Pacifico sempre fermo e placido che quella mattina era agitato, come se anche lui stesse piangendo per la morte di suo padre. Natalia continuava a guardare il paesaggio e non faceva un piega. Quando la macchina si fermò davanti al sinistro cancello del cimitero scese dalla macchina, sempre in silenzio. Non fece nulla, Natalia, se non guardare le mani strette nel suo grembo. L'assistente sociale le poggiò una mano sulla spalla e la guidò nel cimitero verso una collina dove era radunata una discreta folla. Natalia non si chiese chi fossero. Non si chiese se fossero in quel luogo soltanto per vedere suo padre sparire per sempre. Non si chiese se fossero lì per piangere la sua morte o per vedere lei. L'ultima e l'unica erede di una grande famiglia. Lei non fece una piega e si sedette sulla sedia rimasta vuota nella fila davanti alla fossa nel terreno. Non riusciva più a reggersi in piedi. I colleghi di suo padre le sorrisero e uno di loro le strinse la mano per poi abbracciarla. Natalia sapeva soltanto che si chiamava Joe e che aveva un figlio di quattro anni più grande di lei. Ma non le importava. Come avrebbe potuto importarle? Lei ora era sola, e un abbraccio non avrebbe migliorato le cose. Nessuno l'avrebbe voluta con se. Nessuna famiglia l'avrebbe accolta perchè era troppo grande. Nessuno avrebbe voluto adottarla o prenderla in affidamento. Nessuno le avrebbe più voluto bene. Natalia era solo una bambina, ma non era stupida. Queste cose le sapeva. Sapeva che sarebbe stata in quella casa famiglia fino a quando non sarebbe diventata maggiorenne e si era rassegnata. Lei era inesorabilmente sola. E lo sarebbe sempre stata. Joe venne raggiunto da una donna bionda con un volto distrutto. Natalia pensò che forse aveva voluto bene a suo padre in qualche modo. Era accompagnata da due ragazze ed un ragazzo. Natalia notò la loro somiglianza e decise che dovevano essere fratelli. Ma non le importava. Perchè avrebbe dovuto? Erano tutti vestiti di nero e Natalia pensò che non era giusto. Suo padre amava i colori. Avrebbe dovuto vestirsi in modo colorato però non ce la poteva fare. Non poteva essere felice ed i colori erano felici. No, non le si addicevano, lei non sarebbe più stata felice. Il prete cominciò a parlare ma Natalia non lo stava a sentire. Guardava la bara nera dove era stato messo suo padre. Si chiese chi si fosse occupato di tutto mai poi alzò le spalle. Non le importava nemmeno quello. Suo padre se ne stava per andare. Non avrebbe più potuto vederlo. Non avrebbe più potuto abbracciarlo ed urlargli che gli voleva bene mentre lui dipingeva con la musica al massimo. Non avrebbe più visto il suo sorriso. Le lacrime cominciarono a rigare il suo viso. Aveva perso tutto. Non aveva più niente. Piangeva in silenzio e nessuno si accorgeva del suo dolore. Lei era l'unica che avrebbe dovuto piangere in quel posto. Chi erano quelle persone che credevano di avere più diritto di lei di stare male? Un braccio le venne messo sulle spalle e Joe la strinse al petto cullandola gentilmente. Natalia rimase sorpresa. Perchè lo faceva? Lei era sola. Forse lo faceva perchè l'aveva vista piangere. La bara stava per essere calata quando Joe sciolse l'abbraccio e chiese di aspettare. Si voltò verso Natalia e le sorrise tristemente.

«Vuoi salutarlo?» perchè quell'uomo si interessava a lei? Perchè era così gentile? Natalia non lo sapeva. I ragionamenti che aveva fatto fino a qualche istante prima non erano sbagliati ma quell'uomo così gentile la stava confondendo. Lei annuì lentamente e Joe le porse una rosa. Natalia si sorprese nel vedere che era bianca, le rose preferite di suo padre. Alzò lo sguardo verso Joe che le porse la mano. La bambina si sorprese quando la sua mano rispose senza che lei gli avesse dato il permesso. Aveva bisogno di qualcuno e forse Joe l'avrebbe aiutata. L'uomo l'accompagnò alla bara e le lasciò fare quello che voleva. Natalia appoggiò la rosa sulla sua bara e sfiorò la superficie del legno senza parlare. La mano le tremava e così anche le gambe. Avrebbe dovuto fare a meno del suo papà e lei non riusciva a capire quello che potesse significare. Lui c'era sempre stato. Sempre. Ma ora non era più accanto a lei. Avrebbe dovuto cominciare a camminare da sola. Le gambe non la reggevano più e si sentì cadere ma non toccò mai terra. Joe la teneva per la vita impedendole di cadere. Alzò lo sguardo su quell'uomo tanto buono che la stava aiutando e lo guardò con gratitudine. Si fece riaccompagnare alla sedia e vi si accasciò sopra. Non aveva più voglia di fare niente. Non aveva più voglia di sorridere. Non aveva più voglia di vivere. La bara venne calata nella fossa e ricoperta di terra. La gente cominciava ad allontanarsi ma Joe e quella che Natalia aveva capito essere la sua famiglia non se ne andavano. Erano lì, accanto a lei, in silenzio. Le facevano compagnia sapendo che il suo piccolo cuore era in pezzi. Ed aveva già perso tutto. Quando la bara fu completamente coperta dalla terra un uomo vestito di nero si avvicinò a loro accompagnato dal ragazzo della casa famiglia. Natalia si alzò pronta ad andare ma il ragazzo della casa famiglia le sorrise, facendole cenno di tornare a sedere. Joe si mise davanti alla bambina come se volesse proteggerla dall'uomo che accompagnava l'assistente sociale. L'uomo in nero tese la mano e sorrise tristemente.

«Lei è Joe Sullivan?» l'uomo annuì e strinse la mano all'uomo.

«Sono il notaio del Signor Redenkov.» Joe lo guardò sorpreso ed annuì. Non capiva che cosa volesse da lui.

«Il testamento deve essere letto alla presenza della famiglia Sullivan. Ci sono espressi i termini di affido della bambina.» Joe lo guardò sorpreso ed annuì facendogli cenno di sedersi e di fare quello che doveva. Il notaio sedette e prese una busta dalla sua borsa. Tossicchiò e cominciò a leggere.

«Alfine è successo quello che temevo. Mi hanno trovato, è stato inutile scappare per evitarli tutto questo tempo, alfine mi hanno trovato. Ho contrattato per fare in modo che lasciassero stare Natalia. Lei non dovrà preoccuparsi di nulla, ma io ora mi devo preoccupare per lei. È ancora una bambina. Per cui devo chiedervi un immenso favore Joe, Barbara. Vi prego, prendete con voi Natalia. È una brava bambina e non vi creerà problemi. Ve ne prego. Le spese per le rette scolastiche le potrete pagare con il suo patrimonio, non preoccupatevi. Ma ve ne prego, è soltanto una bambina. Avevo già accennato questa cosa a Barbara e spero che anche tu, Joe, sia d'accordo con questo. Natalia ha bisogno di una famiglia. Di una famiglia che le voglia bene. Tutti i possibili problemi economici potrete risolverli con il patrimonio, ma vi prego prendetela con voi. Sarete i suoi tutori legali ed i tutori della sua eredità. Tutto questo fino al compimento dei suoi diciotto anni. Crescetela come se fosse figlia vostra, ve ne prego.

Vi ringrazio immensamente. Donovan Redenkov.» Joe voltò lo sguardo verso Natalia che sedeva in silenzio guardando il cumulo di terra che copriva il cadavere di suo padre. Vide Barbara accarezzarle i capelli e la bambina piangere stratta al suo petto. James, suo figlio guardava la scena stupito, poi si avvicinò anche lui alla bambina per stringerle una spalla. Lo stesso fecero le sue figlie. Annuì al notaio che gli diede dei documenti da firmare. Prima di posare la penna sul foglio volle chiedere il permesso a Natalia. Era il suo futuro dopotutto. Tornò dalla bambina e si accucciò davanti a lei.

«Natalia, io e Barbara, siamo amici di tuo padre da molto tempo. Alcune volte ci hai visto a casa vostra.» la bambina annuì in silenzio non capendo dove volesse arrivare quell'uomo.

«Tuo padre non voleva che tu passassi la tua infanzia in una casa famiglia ed ha nominato me e Barbara come tuoi tutori. Tuttavia te lo chiedo lo stesso. Voi venire a casa con noi?» la bambina lo guardò sorpresa. Perchè volevano prenderla con loro? Guardò la famiglia che le si era chiusa intorno per sorreggerla nel suo dolore mentre tutti gli altri la ignoravano. Annuì. Tanto non aveva nulla da perdere. Joe le carezzò la testa e firmò i fogli che il notaio gli aveva dato. Le ridiede all'uomo e tese la mano verso Natalia che non la prese. La bambina rimase immobile mentre Barbara e le figlie lentamente si incamminavano fino a raggiungere la macchina. Joe rimase sorpreso dallo sguardo vuoto della bambina. Prima vi era dolore, ora più nulla. James si avvicinò a lei e sfiorò una spalla sorridendole gentilmente.

«Su, andiamo.» le sussurrò. Le prese la mano ed aspettò che lei la stringesse prima di incamminarsi lentamente verso la madre e le sorelle. Joe li guardò sorridendo leggermente. Natalia si era subito fidata di James e Joe la ritenne una buona cosa. Era certo, col tempo, sarebbe riuscita a superare la perdita del padre.

 

Erano in macchina da una mezzora circa e nessuno aveva aperto bocca. Natalia guardava fuori dal finestrino senza vedere nulla e James muoveva le dita a tempo come era solito fare. Kelly e Katie si guardavano spesso cercando di capire che cosa passasse per la testa della bambina. La macchina si fermò davanti al vialetto di casa loro e scesero tutti, tranne Natalia che restava ferma, intenta a fissare il vuoto. Joe sospirò. Forse era stato troppo ottimista. La bambina era distrutta. James notò che Natalia non scendeva dall'auto e si avvicinò alla sua portiera. La aprì e le sorrise.

«Dopo di voi principessa.» Natalia si riscosse e lo guardò sorpresa. Suo padre la chiamava spesso principessa. Prese la mano che James le tendeva per aiutarla a scendere dall'auto troppo alta per lei e lo seguì in casa sempre tenendolo per mano, come se ne andasse delle sua vita. Si fidava di quello strano ragazzino e non poteva fare nulla per evitarlo. Era più forte di lei. Katie, la minore delle Sullivan, aveva un solo anno in più di Natalia ed era rimasta male del fatto che la nuova arrivata tenesse stretta la mano del fratello e non la sua. James se ne accorse e le sorrise. Si abbassò verso Natalia e le sorrise.

«Che dici? Ci facciamo accompagnare da Katie mentre facciamo il giro della casa?» la bambina si morse il labbro inferiore ed aspettò un attimo a rispondere. Non voleva offendere nessuno e poi lei questa Katie non la conosceva, però il sorriso del ragazzino era così confortante che Natalia annuì, perchè se lui sorrideva voleva dire che era una cosa bella conoscere Katie. Natalia non capì da dove le venivano queste considerazioni, sapeva soltanto, nel profondo, che di quel ragazzino senza nome poteva di certo fidarsi. Annuì leggermente e James fece cenno alla sorella di raggiungerli. La bambina prese l'altra mano di Natalia e la strinse leggermente sorridendole con lo stesso sorriso del fratello. I due fratelli Sullivan presentarono il piano inferiore per poi accompagnarla su per le scale verso le stanze. C'erano due stanze per gli ospiti e James decise di lasciare libera scelta alla bambina. Le sorrise ancora e la accompagnò verso la fine del corridoio dove vi erano una porta sulla destra ed una scale che saliva alla mansarda. James le sorrise e le indicò la porta e la scala.

«Ora c'è un bel dilemma per te. Puoi scegliere una stanza, quella che più ti piace, però ce ne sono solo due. Attenta bene.»Aprì la porta dell'ultima camera nel corridoio e fece entrare Natalia e la sorellina. La camera era spaziosa, davanti alla porta c'era una finestra che si apriva sul giardino sul retro ed un grande letto era addossato alla parete. James sorrise.

«Certo col tempo potrai anche cambiare l'arredamento, ma ora immaginala come vuoi.»Natalia non aveva mai lasciato la mano di James, nemmeno un istante. Katie si era stancata di tenerla per mano quasi subito perchè era difficoltoso passare in tre nel corridoio ma era decisa a diventare amica di quella bambina con il cuore a pezzi. James strinse un poco più forte la mano di Natalia per fargli capire che voleva fargli vedere l'altra stanza. La bambina lo seguì su per le scale verso la mansarda che era divisa in due. A sinistra c'era una porta dipinta di nero con sopra inciso il nome James mentre a destra vi era una porta bianca che il ragazzo aprì sorridendo. Natalia entrò silenziosamente senza lasciare la mano di James si avvicinò alla finestra. Il davanzale era fatto in legno ma era largo, un ragazzo avrebbe tranquillamente potuto sedercisi sopra per guardare l'Oceano Pacifico in lontananza. La bambina si avvicinò alla finestra e guardò l'Oceano agitarsi in preda al vento. James le sorrise.

«Ti piace l'Oceano?» la bambina annuì.

«Allora posso dire a mio padre che hai scelto la stanza.» la bambina annuì ancora e lasciò lentamente la mano di James. Si sentì sola quando il ragazzo uscì dalla stanza chiudendo le porte alle sue spalle portandosi dietro la sorella. La bambina sospirò e si arrampicò sul davanzale per poi stringersi le gambe al petto. Qualcuno bussò alla porta e poco dopo la faccia di James fece la sua apparizione nella stanza.

«Se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, una caramella, un po' di cioccolato, un consiglio, un abbraccio, io sono nella stanza davanti alla tua. Puoi venire da me quando vuoi.» fece per uscire per poi fermarsi di colpo e battersi una mano sulla fronte. Si avvicinò velocemente alla bambina e le tese la mano.

«Mi sono dimenticato di presentarmi. Io sono James.» il ragazzo sorrideva. Sorrideva sempre e Natalia si sentiva sempre un po' meglio quando vedeva il sorriso di quel ragazzo. Non sapeva perchè ma quel sorriso faceva bene al suo piccolo cuore distrutto. Faceva sparire almeno per pochi istanti il dolore che provava. Natalia aveva deciso che non avrebbe più parlato ma come avrebbe potuto ascoltare la voce di James ancora? Si sarebbe presto stancato di parlare contro un muro. Allora decise che forse se avrebbe parlato non sarebbe successo nulla. Dopotutto era una settimana che non parlava, non sapeva nemmeno se si ricordava come si faceva. Decise che avrebbe provato, sentiva che di James poteva fidarsi. Lentamente alzò la sua piccola mano e strinse quella più grande di James.

«Io sono Natalia.» James sorrise ancora più forte ed un piccolo lieve sorriso si aprì anche sulle labbra di Natalia. Non avrebbe smesso di piangere. Non avrebbe smesso di fare gli Incubi che di notte le ricordavano cosa era successo a suo padre. Non avrebbe smesso di soffrire, ma quel sorriso un poco la faceva sperare. Natalia era piccola, e queste cose ancora non le sapeva. Natalia era piccola ed aveva solo bisogno di essere salvata.

n.d.a
Hola, sono tornata con un'altra ff scritta decisamente meglio della prima e che spero sia più apprezzata :) ho già dei capitoli pronti per continuarla ma prima mi piacerebbe sapere se può piacere per sapere se imbarcarmi o meno in un'altra long.
 Per cui, ci vediamo alla prossima 
Darkness Raven 

  
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