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Autore: BebaTaylor    02/05/2015    3 recensioni
Finalmente, dopo anni di estenuante ricerca, di centinaia di test negativi, di lacrime e dolore, Ingrid ha quello che vuole: il piccolo Lukas
E non permetterà a nessuno di portaglierlo via.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Mio Bambino

Ingrid sorrise mentre sistemava la culla di vimini, aggiustò la zanzariera, leggera e impalpabile, scostandone i lembi, sistemò il grosso fiocco azzurro e scostò le copertine. Si spostò verso il divanetto e sganciò le cinghie dell'ovetto, prendendo in braccio il suo bambino. Sorrise mentre sfiorava le guance paffute e il nasino piccolo.
Ingrid baciò la fronte del neonato e lo sistemò nella culla con attenzione, come se fosse fatto di cristallo, rimboccò le coperte e rimase lì a fissarlo, sentendosi felice. Finalmente il suo bambino era arrivato, dopo tanti anni in cui l'aveva atteso, in cui aveva sperato ogni mese di vedere il test positivo... finalmente, pochi giorni dopo il suo quarantatreesimo compleanno — il diciotto ottobre 2014 —, quel piccolo e paffuto bambino era entrato nella sua vita. E non le importava che non ci fosse un padre, anzi, era convinta che così fosse meglio, avrebbe potuto godersi di più il suo bambino, essere l'unica a nutrirlo, lavarlo, vestirlo e cullarlo.
Per questo si era trasferita da quel piccolo paesino dove viveva prima in una cittadina più grande, dove nessuno le avrebbe fatto domande scomode o imbarazzanti.
Ingrid baciò la fronte del suo bambino, sistemò le zanzariere, controllò che la radiolina fosse accesa e andò in cucina per finire di svuotare gli ultimi scatoloni prima di rimettersi al lavoro, che poteva svolgere anche da casa. Ingrid era per metà tedesca e si occupava di traduzioni dall'italiano al tedesco e viceversa. Le bastava avere il suo computer e poteva lavorare ovunque, e lei lo faceva da casa, così poteva evitare di lasciare il suo bambino in mani estranee.

***

Il sole primaverile era tiepido, l'ideale per portare fuori il bambino. Ingrid si assicurò che fosse ben coperto, e lo sistemò nella carrozzina, rimboccò le coperte e uscì da casa. Aveva appena fatto pochi metri quando fu fermata da una signora anziana.
«Oh, lei è quella nuova!» esclamò la donna, «Io sono Maria.»
«Ingrid.» disse lei.
«Oh, un bambino!» cinguettò la donna guardando nella carrozzina. «Come si chiama? Quanto ha?»
Ingrid fece una smorfia a quelle domande, «Ha tre settimane.» rispose. «Si chiama... Lukas.» disse e osservò, con orrore, la vecchia che allungava le mani rugose verso il suo bambino, «Ha il raffreddore.» esclamò, «Dobbiamo rientrare.» si scusò, girò la carrozzina e tornò indietro, arrabbiata con quella vecchia che voleva toccare il suo prezioso bambino. Nessuno doveva sfiorarlo tranne lei, nessuno doveva vederlo.
Lukas era solo suo. Suo e di nessun altro.

***

Maria abitava proprio di fronte alla casa comprata da Ingrid. Non era perché fosse una donna sola con un bambino, —per quanto ne sapesse il marito poteva essere via per lavoro, magari all'estero —, o che avesse una quarantina d'anni, no, c'era qualcosa di altro che rendeva il tutto inquietante. Nessuno aveva mai visto quel bambino, nessuna persona del quartiere l'aveva avuto l'occasione per poter vedere il visetto del piccolo Lukas. E non era iscritto nemmeno dalla pediatra — lì ce n'erano tre e lei li conosceva tutti e tre e nessuno aveva fra i proprio pazienti di nome Lukas.
Maria afferrò il binocolo e lo portò agli occhi, fissando la casa di fronte. La stanza alla sua destra era una camera vuota, poteva vedere solo una libreria dagli scaffali vuoti. Al centro si trovava un bagno — riuscì a vedere le porte di vetro della doccia.
L'anziana spostò il binocolo a sinistra e sobbalzò quando vide Ingrid seduta sulla sedia a dondolo, che cullava il bambino. Maria regolò la messa a fuoco e aumentò lo zoom, ingrandendo la coppia. Ingrid stringeva al petto il bambino, quasi come se volesse farlo entrare nel proprio corpo. Ingrid si girò e Maria si allontanò dalla finestra, dicendosi che doveva indagare perché c'era qualcosa che non andava.

«La vicina è strana.» esclamò Giorgio, il marito di Maria.
«Perché?»
«Perché le ho chiesto se potevo vedere il viso del bambino e lei mi ha risposto come mi permettevo di fare una richiesta del genere!» risposo Giorgio, «Quella è fuori di testa!»
Maria annuì, «Anche secondo me.» disse e ripensò alle parole di Anna, la sua amica che abitava quattro case più in là. Quando Anna aveva detto a Ingrid che secondo lei quel bambino era troppo coperto e che aveva il lenzuolo tirato fin sotto il naso, era stata aggredita dalla madre del piccolo, che le aveva detto, senza troppi giri di parole, di farsi gli affari propri.

***

Ingrid sbuffò e decise di non uscire più di casa con il bambino. Troppe persone le chiedevano di vedere Lukas e lei non voleva che nessuno lo vedesse.
Quel fagottino era solo ed esclusivamente suo. Suo e di nessun altra persona. Lo aveva atteso per vent'anni ed era che dormiva tranquillo fra le sue braccia non avrebbe permesso a nessuno di vederlo o di toccarlo.
«Sei solo della mamma, vero?» mormorò Ingrid contro la fronte del bambino, «Sei il mio bambino.» continuò e baciò la fronte del figlio.
Avrebbe fato qualsiasi cosa per poter mantenere la sua famiglia al sicuro.

***

Maria era sempre più preoccupata. Ormai il bambino aveva quasi sei mesi e non usciva mai di casa. L'anziana aveva continuato a spiare la vicina, scoprendo che faceva dormire il bambino nella culla e che lo faceva addormentare nella carrozzina, anche se ormai era troppo grande per starci. Il suo nipotino, che ormai aveva quasi quindici mesi, a sei mesi se ne stava già nel passeggino, curioso di guardare il mondo.
Maria vide Ingrid uscire, vestita di tutto punto, e pensò che fosse strano, perché di solito la donna non usciva mai. Al limite arrivava al cancello per prendere la posta o portare fuori la spazzatura.
«Ingrid esce.» disse ad Anna, che era andata da lei per prendere il caffè e sparlare un po' dei vicini e di quello che succedeva in Beautiful.
«Con il piccolo?» domandò Anna
«No.» rispose Maria, «È da sola.»
«Magari c'è la baby sitter.» disse Anna.
«Con la casa al buio e le persiane chiuse?» replicò Maria.
Anna tacque, «La cosa è strana.» disse, «Aspettiamo un quarto d'ora, se non torna chiamiamo i carabinieri.»
Maria annuì e posò la scatola dei biscotti sul tavolo.

«Dipartimento dei Servizi Sociali, sono Gemma, come posso aiutarla?»
«Salve Gemma, sono Maria Bianchi.» disse Maria. Alla fine, dopo un'ora di chiacchiere, lei e Anna avevano visto che Ingrid non era tornata, così avevano chiamato gli assistenti sociali. «Vede, davanti a me abita una signora con un bambino di quasi sei mesi... è un'ora che la signora Ingrid è via ed è uscita senza Lukas.»
«Lukas è il bambino?» domandò Gemma.
«Sì.» disse Maria, «La casa è chiusa e non ho visto Ingrid portare il bambino da una baby sitter o al nido o qualcuno entrare in quella casa. Il bambino è solo!» le ultime parole furono quasi urlate, dopotutto Maria aveva quattro figli e cinque nipoti, quasi sei se si contava il figlio ancora nel grembo della sua ultimogenita ed era stata maestra elementare per tanti anni e non poteva fare a meno di preoccuparsi.
«Ho capito.» fece Gemma.
«In più nessuno ha mai visto il bambino.» continuò Maria e vide Anna rientrare, era andata a controllare il cognome sul campanello di Ingrid.
«In che senso?» chiese Gemma.
«Nel senso che all'inizio lo portava fuori nella carrozzino, con il faccino sempre coperto e se qualcuno gli chiedeva di poter vedere il viso Ingrid lo aggrediva... a un signore ha dato del maniaco quando lui gli ha fatto notare che con il lenzuolo sul viso il bambino avrebbe fatto fatica a respirare!»
Gemma inspirò a fondo. «Mando subito qualcuno.» disse, «Mi dia l'indirizzo di questa persona e poi il suo.»
«Va bene.» esclamò Maria, «Il bambino si chiama Lukas, con la kappa al posto della C. La madre è Ingrid e il cognome è tedesco, non so la pronuncia.»
«Me lo dica lettera per lettera, signora.»
«B di Bari, U di Udine, C di Cremona, H di hotel, O di Otranto, L di Lecco, T di treno e Z di zaino. Bucholtz.» disse Maria leggendo il foglio che Anna le aveva passato. Poi diede l'indirizzo, disse le sue generalità, ringrazio Gemma che le assicurò che sarebbero intervenuti immediatamente e rimase in attesa.

***

Ingrid sbuffò mentre rientrava in casa. Stupido esame ginecologico! L'aveva tenuta un'ora e mezza lontana dal suo bambino. Appena entrò in casa corse al piano di sopra, e fissò Lukas che dormiva nella culla. Scostò le zanzariere e lo prese in braccio.
Il bambino non emise nessun suono e Ingrid sorrise mentre si sistemava sulla sedia a dondolo.
«La mamma è qui.» mormorò, «La mamma è qui non ti lascerà mai.»
Qualche minuto dopo il campanello suonò e Ingrid sobbalzò, posò il bambino nella culla e scese di sotto, imprecando sottovoce contro quello scocciatore.
«Che c'è!» fece aprendo la porta e rimase sorpresa quando vide due donne davanti al cancello.
«Siamo assistenti sociali.» esclamò quella con i capelli biondi, «Siamo qui per controllare Lukas.»
Ingrid sbiancò. «No.» disse, «Non potete.» fece.
«Signora, sono Gemma.» esclamò l'altra donna, non quella bionda ma quella con i capelli neri e lunghi, raccolti in una treccia, «Abbiamo ricevuto alcune telefonate e dobbiamo controllare.» aggiunse, infilò le mani fra le sbarre del cancello, trovò il pulsante e lo spinse, facendo aprire il cancello.
«No!» gridò Ingrid e corse di sopra, nella sua stanza, aprì il mobile e afferrò la pistola semi automatica già carica.
«Dov'è il bambino?» sentì dire dalla donna bionda, «Qui c'è solo una bambola!»
Ingrid sentì un tonfo e corse nella stanza del bambino e fissò con orrore la bionda tenere per un piedino suo figlio.
«Lascia stare mio figlio!» gridò, «Lascia il mio bambino! Nessuno lo può guardare!»
Le assistenti sociali si fissarono negli occhi, poi sbiancarono quando videro la pistola.
«Signora... dov'è Lukas?» chiese Gemma.
«Lascia stare mio figlio!» gridò Ingrid, la vista offuscata dalle lacrime e le mani che tremavano. «Puttana, ridammi mio figlio!» urlò e poi sparò.

***

Maria e Anna gridarono quando sentirono gli spari. Si strinsero l'una all'altra, tremanti. Avevano visto le due assistenti sociali entrare e pensarono che avrebbero risolto in fretta la situazione, invece era peggiorata del tutto.
«Chiamo la polizia.» esclamò Giorgio

.

***

Quando, dieci minuti dopo, Arturo, carabiniere da quindici anni, entrò nel civico dieci, rimase di sasso.
Nella cameretta del bambino si presentò ai suoi occhi una scena inquietante e irreale: una donna se ne stava accucciata a terra, accanto a una culla bianca di vimini, che cullava un bambolotto sporco di sangue e cervella; una donna se ne stava a terra accanto a lei, con un buco nel cranio e il petto insanguinato, una ragazza era poco più in là, che si premeva una mano sul fianco destro e gemeva piano.
«Signora.» disse a Ingrid, «Lasci la bambola e mi segua.»
«Io il mio bambino non lo lascio.» pigolò lei.

***

C'erano volute quattro persone per strapparle Lukas dalle braccia. Adesso Ingrid se ne stava in quella stanza, sedata e legata, e piangeva perché non aveva più il suo bambino.
Le avevano detto che era una bambola, non un bambino vero, ma lei aveva urlato che quello era il suo bambino e che dovevano ridarglielo immediatamente.
Ma nessuno glielo avrebbe ridato.

***

Arturo osservò la scatola che recitava, con grossi caratteri maiuscoli: "Bambole Reali! La prima bambola che è uguale a un vero neonato!". Pensò che quel bambolotto assomigliava veramente a un neonato. E che una donna era morta per una matta che credeva che quel bambolotto fosse vero. Per sei mesi era andata avanti quella storia e pensò che, se i vicini non avessero chiamato gli assistenti sociali — non era stata solo Maria a farlo, ma anche altri vicini, anche nei giorni precedenti — probabilmente quella sceneggiata sarebbe andata avanti ancora a lungo.
Con un sospiro lasciò perdere la scatola, uscì da quella stanza, preparata per un bambino vero ma abitata da un bambolotto e decise di andare a trovare Gemma, che stava bene, anche se aveva rischiato di morire dissanguata prima e di perdere un rene poi.

***

Sei settimane dopo
Ingrid era nell'ospedale psichiatrico penitenziario, dove era in attesa della sua sentenza. Piangeva ogni giorno, gridando che rivoleva il suo Lukas, che dovevano ridarle il suo bambino.
Gemma si era ripresa e continuava a lavorare come assistente sociale. Le era sempre piaciuto quel lavoro e non avrebbe mai smesso di farlo.
Maria e Anna erano in attesa di entrare in quella trasmissione televisiva che trattava casi di cronaca nera, per parlare di Ingrid e la sua bambola che veniva trattata come un bambino.
Il bambolotto Lukas, invece, era stato chiuso in una scatola e messo sopra uno scaffale del magazzino delle prove della città, dove sarebbe rimasto, probabilmente, per molti anni, lontano dalla donna che desiderava così tanto essere madre che aveva aperto internet, aveva cercato bambole reali e, dopo aver scartato i siti che proponevano bambole gonfiabili, aveva trovato quello che cercava: una donna che produceva bambole che sembravano veri neonati. Ne aveva scelto uno, lo aveva ordinato, aveva pagato ed aveva atteso quasi tre mesi prima che arrivasse nella sua vita. E poi lo aveva amato come se fosse vero, come se fosse fatto di carne, ossa e sangue.
Invece non lo era, era solo un ammasso di plastica e polipropilene.

***

«Sei il mio bambino.» mormorò Ingrid accarezzando il cuscino, «Il mio bambino.» ripeté.



Okay, non so bene da dove sia uscita sta cosa... ah, sì lo so: per caso sono finita sul sito "Real Doll" (ma giuro che cercavo bambole maledette/impossesate/demoniache!) e sono rimasta sorpresa nel leggere alcuni commenti che dicevano "Finalmente il mio bambino è arrivato!" e sono rimasta un po' così o.O
Così è uscita sta cosa. Bho, spero che vi piaccia!

   
 
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