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Autore: Clockwise    02/05/2015    2 recensioni
«Il fatto è che tu sei un uomo di scienza: le definizioni sono un obbligo, per te. Io, non proprio. Le definizioni, anzi, mi spaventano. Perché, inevitabilmente, escludono qualcosa. E io non voglio escludere niente, voglio avere ogni possibilità, ogni sfumatura possibile.»
«Cerchi l'infinito.»

John parla, Sherlock ascolta.
Alla ricerca di definizioni, di parole – amore?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fra le righe'
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ἀγάπη
(amore incondizionato, devozione)

 
E tu cui lungo
amore indarno, e lunga fede, e vano
d'implacato desio furor mi strinse,
vivi felice, se felice in terra
visse nato mortal.

Giacomo Leopardi, Ultimo canto di Saffo


 
Let me not to the marriage of true minds
Admit impediments. Love is not love 
Which alters when it alteration finds,
Or bends with the remover to remove.

William Shakespeare, Sonnet 116



Amanda, con molta discrezione, si era allontanata verso il cancello, per lasciarlo solo.
Lui si guardò intorno con circospezione e, quando fu sicuro di essere solo, abbassò gli occhi sulla lapide fredda, e un brivido gli corse lungo la schiena.
«Tutto questo è assolutamente inutile, lo so che non puoi sentirmi, ma non ho altro in cui sperare.»
Trasse un respiro profondo, chiudendo gli occhi un attimo.
«Vorrei pregarti di tornare da me, ma è già abbastanza irrazionale che io stia qui a parlarti, figurarsi un desiderio come questo. Anche se il tuo si era avverato, quindi chissà.»
Piegò le labbra in una smorfia così amara da far male a guardarla, infilando le mani in tasca.
«È così che ti sei sentito, allora? È stato così doloroso? Non avrei mai immaginato, all'epoca... Questa dev'essere la mia punizione.»
Tutto questo, tutta una vita di parole a metà e frasi non finite, di sentimenti a senso unico che non hanno mai...
Strinse la mascella e guardò lontano.

 
•°•

Amanda chiuse l'ultimo vasetto di miele e lo ripose nella credenza insieme agli altri. Sherlock doveva essere molto orgoglioso dei prodotti di quest'anno, di gran lunga l'annata migliore: ben venti vasetti di cinque gusti diversi – come avesse fatto, lo sapeva solo lui.
«Hai finito con quelli, tesoro?»
«Sì, papà» rispose, voltandosi verso John, sulla soglia della cucina. Trafficò ancora un po' con gli armadietti, come per evitarlo.
«Sherlock è...»
«Sul portico.»
«Ok.»
John fece per andarsene, ma esitò.
«Amanda, tesoro...»
Lei strizzò le palpebre, come se provasse una fitta dolorosa. Negli occhi, ancora la spiacevole, goffa conversazione avvenuta durante il pranzo. Avevano vissuto insieme per quasi quarant'anni, quei due, possibile che non avessero ancora un nome?
«Papà, per favore. Solo... Chiarisci, ok? Sono anni che rimandi, è ora che la facciate finita, una volta per tutte.»
Schiuse gli occhi lentamente, come temendo la reazione del padre, che invece le sorrideva benignamente. Ora più che mai, osservando il suo volto segnato, Amanda capì che aveva combattuto in più di un deserto.
«Ti voglio bene, tesoro.»
Gli occhi della giovane donna si riempirono di lacrime, mentre annuiva. John le sorrise e si diresse zoppicando appena verso il portico.
L'avevano fatto costruire l'autunno precedente, su insistenza di John, che voleva un posto dove mettere un paio di sedie e guardare il tramonto. Sherlock l'aveva preso in giro all'infinito, dicendo che stava diventando un vecchietto da manuale, ma alla fine John l'aveva spuntata.
L'ex-dottore si appoggiò alla solida ringhiera di legno scuro, sentendone la ruvida e confortante consistenza sotto le dita.

 
•°•

Serrò i pugni e si impose la calma. Si figurò John davanti a sé, sorridente e incoraggiante.
«Sei a Londra, nel caso non te ne fossi accorto. Non l'avevi specificato, quindi ho fatto di testa mia, ma era piuttosto ovvio che non avresti voluto stare da nessun altra parte.»
Si alzò il vento, muovendo i fiori davanti ai suoi piedi.
«Mary è dietro di te, alla tua sinistra. Credevo che vi avremmo messi vicini, l'usanza è questa, fra moglie e marito; mi ha stupito il testamento. Hai espressamente scritto di voler essere seppellito accanto a me.»
Chiuse gli occhi, commosso e addolorato, nonostante il tono leggero.
«Vicini anche nella morte, eh?»
Quanto, quanto vorrei raggiungerti in questo momento, John.
Riaprì gli occhi per vedersi la lapide di solido marmo tremolare davanti a lui – non stava davvero piangendo?
Non si rese conto di essere crollato in ginocchio se non quando avvertì il terreno duro sotto di sé.
Non aveva creduto in nessun Dio, né nel karma, né nelle coincidenze, o in altro che non fosse la propria mente, la propria ragione, per anni; dopo, aveva semplicemente creduto in John.
E questo è più di quanto io possa dire di chiunque.
Gli aveva lentamente fatto perdere la ragione, quel piccolo soldato, tant'è che ora si trovava lì a parlare ad una pietra – un tempo avrebbe riso sguaiatamente, se qualcuno l'avesse previsto. John era entrato nella sua vita in silenzio, con fermezza ma senza imporsi, e la sua presenza era diventata una costante a cui Sherlock non era stato in grado di rinunciare.
Caring is not an advantage, diceva Mycroft, quando un piccolo Sherlock piangeva disperato stringendosi addosso al suo cucciolo malato;
Caring is not an advantage, sospirava Mycroft, quando un affranto Sherlock adulto accettava senza fiatare le pesanti e possibilmente letali conseguenze del più avventato gesto d'amore che avesse mai compiuto;
Caring is not an advantage, mormorava Mycroft, quando Sherlock stringeva fra le braccia quel piccolo fagotto biondo che era stata Amanda, mentre John cedeva all'autocommiserazione nel buio della propria stanza;
Sentiment is a chemical defect found in the losing side, diceva Sherlock, e mai aveva avuto più ragione.
Perché è così semplice vivere soli, ciascuno chiuso nella propria bolla; preoccuparsi, amare qualcuno è deleterio in tutti i casi, farsi male è inevitabile; è sfiancante, una grande perdita di energie che potrebbero essere impiegate altrimenti – non a caso Sherlock si era professato sposato con il suo lavoro.
Amare John, in mezzo a tutte le intemperie, gli era costato, e costava ancora, un mare di dolore che non avrebbe mai immaginato. E si chiese, inginocchiato nella polvere, se ne fosse valsa la pena, a cosa fosse servito soffrire tanto. E allora capì che le stesse domande potevano essere poste sulla vita, e che non c'era vita degna di questo nome senza sofferenza, né senza amore – che esistenza vuota e inconsistente, altrimenti, più sottile della polvere.
Sì, aveva perso, era stato ferito, sanguinava ancora, ma c'era un calore, intorno al suo cuore, che nessuno gli avrebbe potuto rubare, e la consapevolezza di aver vissuto per qualcuno, non invano. Le gesta di Sherlock Holmes sarebbero, un giorno, diventate cenere; il sentimento che l'aveva legato a John Watson li avrebbe avvolti per l'eternità come li aveva uniti in vita.
Rialzò il capo e tirò su con il naso. Il severo Mycroft nella sua testa scuoteva la testa con riprovazione, come per farlo vergognare della sua debolezza, ma lui non se ne curò: era un vecchio uomo stanco, e aveva smesso da tempo di preoccuparsi di difendere la sua vulnerabilità.
«Suppongo di doverti ringraziare, allora, John» mormorò, carezzando con la punta dei polpastrelli la fredda pietra. «Per avermi fatto perdere la ragione, per tutte le cicatrici che porto: mi hai reso un uomo migliore.»
Ero così solo, e ti devo così tanto.
Raddrizzò la schiena, mentre un refolo di vento gli solleticava un ricciolo argentato.

 
•°•

Sherlock non ebbe bisogno di girarsi.
«Non credo che raccoglieremo altro miele, quest'anno.»
John annuì.
«Ne abbiamo raccolto parecchio. È più che abbastanza.»
Sherlock sollevò appena il mento, i ricci argentei – combattevano fieramente il bianco – riscaldati dal tramonto dietro la collina.
«Forse avremmo potuto fare di più, non solo miele; avremmo potuto raccogliere la cera, o la pappa reale.»
John abbassò il capo, accusando il colpo, consapevole delle delicate metafore nascoste dietro le parole.
«Forse. Ma chi dice che ci saremmo riusciti? E che avremmo raccolto tutto quel miele, e così dolce?»
Sherlock, non visto, sorrise della caparbietà del suo dottore che era andata solo peggiorando, con gli anni.
«John, quanto tempo credi ancora che vivremo?»
John raddrizzò appena la schiena, con proteste dalle sue ossa, accigliandosi.
«Ancora un pezzo. Prima di uccidere te dovranno passare sul mio cadavere, e fidati che sono un osso duro.»
C'era ancora una lama sottile di dolore sotto l'apparente celia – ancora, dopo tutti questi anni...
«Eppure accadrà, prima o poi. Se non sarà per mano di qualche criminale, sarà sicuramente vecchiaia e malattia, e Dio solo sa se mai avrei giudicato anche solo probabile morire per una delle due. O avere i capelli grigi, se per questo.»
«Bianchi» rettificò John, con un mezzo sorriso, avvicinandosi.
«Grigi. Invidioso» lo liquidò Sherlock, lanciandogli un'occhiata obliqua. John sorrise e si appoggiò alla ringhiera, di fianco a lui.
«Hai sempre avuto un rapporto migliore di me, con Amanda» esordì, stupendo sé stesso: non era affatto quello che aveva intenzione di dire. Eppure era calmo, lo sguardo fisso al sole morente.
«Non è così, anche lei...»
«Mi vuole bene, lo so, però con te è diverso. In un certo senso, le sei stato più vicino. E sei stato molto più franco con lei. Io non ci sono mai riuscito, non del tutto. Non lo sono mai stato neanche con te, o con me stesso.»
Voltò il capo verso l'altro, che però continuava ad aggrapparsi all'orizzonte.
«Il fatto è che tu sei un uomo di scienza: le definizioni sono un obbligo, per te. Io, non proprio. Le definizioni, anzi, mi spaventano. Perché, inevitabilmente, escludono qualcosa. E io non voglio escludere niente, voglio avere ogni possibilità, ogni sfumatura possibile.»
«Cerchi l'infinito.»
John annuì, grave, consapevole di sé stesso, dell'uomo accanto a sé e del loro immutabile ed imperituro posto, l'uno accanto all'altro, nell'impetuoso mare del tempo e della vita, l'interminabile panta rei, eterni nel sole morente.
«Sherlock, abbiamo condiviso la vita migliore che potessimo mai avere. Mela di Platone, anima gemella, come ti pare...»
«John, ti prego, non c'è bisogno di altro miele...»
«A me, è sempre andata bene così.»
C'era una sincerità disarmante, in quegli occhi scuri, e Sherlock si sentì improvvisamente sollevato, di anni più giovane: aveva cercato in lungo e in largo definizioni inesistenti, scatole per stelle e maree, senza sapere che le uniche risposte di cui aveva bisogno le aveva avute davanti a sé dal primo momento in cui i suoi occhi avevano riso con quelli di John. In un istante, ripercorse tutti i sorrisi che quegli occhi si erano scambiati, tutte le promesse e i patti; mai, neanche per un momento, si erano traditi: erano sempre stati l'uno al fianco dell'altro, ogni qualvolta ce ne fosse stato bisogno. Si erano trovati, semplicemente, per fortuna, e avevano condiviso la vita, sacrificandosi l'uno per l'altro in più e più modi.
Sherlock distolse finalmente gli occhi, per non ferirsi e mostrare quanto fossero diventati vulnerabili – e commossi e traboccanti di gratitudine.
«Pochi potrebbero ottenere miele migliore.»
Con la coda dell'occhio colse il sorriso di John, che si rifletté nel suo, complice, gemello.
Amanda li osservò dalla finestrella della cucina, sospirando sollevata. Si diede della sciocca: dopo tanti anni, avrebbe dovuto sapere che quei due avrebbero trovato un modo per uscirne, in ogni caso.

 
•°•

«Non esiste una parola per noi, John.»
Ti dirò che ti amo, e ti ho sempre amato.
«Tu sai che intendo.»
Si rialzò a fatica e, ricordatosi improvvisamente, infilò una mano in tasca.
«Guarda che ti ho portato, me l'ero quasi dimenticato...»
Si chinò e posò un barattolino di miele ai piedi della lapide, fra i garofani di Amanda – millefiori amaro, il preferito di John, dall'ultimo raccolto di cui si erano occupati insieme, il più felice di sempre.
Lo sguardo lontano, a giorni passati di un tempo che non sarebbe tornato, girò sui tacchi e fece per voltarsi, poi esitò.
«Oh, e per la cronaca: tua figlia si è messa a scrivere libri su due tipi che si chiamano William ed Hamish. Dimmi che non è il tuo spirito che si prende gioco di me, per favore.»
Un soffio di vento gentile gli carezzò la guancia e lui celò l'improvvisa ennesima ondata di malinconia, rimpianto, rimorso ed indicibile dolore dietro ad un mezzo sorriso.
«Ciao, John.»
Rialzò il bavero del cappotto con un gesto meccanico e incassò la testa nelle spalle, voltandosi verso Amanda che gli sorrideva piano, accanto al cancello. Si incamminò senza guardarsi indietro.
Che strano amore, quello fra lui e John: silenzioso, pieno di parole che erano solo musica, che non avevano troppo peso; senza nome, che nome non cercava. Infinito.


 
Fine.







Leopardi potrebbe essere un po' un pugno nello stomaco, lo so, ma io adoro quell'uomo. E Shakespeare – chi l'avrebbe mai detto, dopotutto non lo infilo in qualsiasi mio scritto, no no – non sono capace di tradurlo ed è così bello in originale che non mi va neanche, ma qui c'è una buona traduzione. 

E anche stavolta, siamo alla fine. Non è stato facile ma ce l'abbiamo fatta, più o meno. E, per la prima volta in quattro anni, il greco si è rivelato di qualche utilità – applausi alle libro di grammatica, grazie, grazie.
Grazie di cuore a chi è arrivato fin qui, alle belle personcine che hanno messo fra preferite/seguite/ricordate e a chi ha recensito <3
A presto (forse),
peace&love
-Clock
  
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