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Autore: Liviuz    03/05/2015    1 recensioni
“Heartbreak Girl”
Era quello che aveva detto, ma non si rendeva conto che era…
“Heartbreak Boy”
***
Sbattei velocemente le palpebre distogliendo lo sguardo dalle parole che aveva inciso Michael. “Amici per sempre”.
- Michael… - lo chiamai. Dovevo dirglielo. Forse alla fine anche lui ricambiava.
- Oddio! - mi interruppe lui. - Sono le due! Non mi ero reso conto che fosse così tardi, mi dispiace Alex. Dormi bene mia piccola studentessa modello. -
- Certo… - non riuscii a completare nuovamente la frase.
- Ti chiamo domani alle dieci. - e chiuse la chiamata.
- ‘Notte Heartbreak Boy. -
Genere: Parodia, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '5 Seconds of Winter [Raccolta di One Shot]'
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“Heartbreak Girl”
Era quello che aveva detto, ma non si rendeva conto che era…
“Heartbreak Boy”

"You wanna play, you wanna stay, you wanna have it all,
You started messing with my head until I hit a wall,
Maybe I shoulda known, maybe I shoulda known,
That you would walk, you would walk out the door.
"
- Demi Lovato - Really Don't Care
 
"You must be a miracle,
Walk up, swearin’ up and down,
You can’t fix whats been broken,
Please don’t give my hopes up, no no,
Baby, tell me how could you,
Be so cruel.
"
- Demi Lovato - Fix A Heart

 
"Don't want nobody else,
He's special, I know,
His smile, it glows,
He's perfect, it shows,
I've been starin' at ya,
And I could do it all night,
You're looking like an angel,

With that kind of body needs a spotlight."
- Demi Lovato - Who's That Boy


Dedicato a coloro che sono innamorati ma non corrisposti.

 
- È un dolore insopportabile. - singhiozzò Michael dall’altro capo del telefono. - È come se avessi un fottuto buco in mezzo al petto ora. -. Non risposi. Cosa potevo dirgli? Era da giorni che mi chiamava solo per dirmi quanto stesse male per Katie. Ed io dovevo ascoltarlo, ma chi me lo faceva fare? I cuori spezzati erano due. Il suo… ed il mio. - L’amore fa schifo. - sputò poi improvvisamente. Sentii un colpo al muro. Michael imprecò ad alta voce.
- Ti sei fatto male? - domandai stupidamente. Era ovvio che bene non gli aveva fatto di certo. Presi il labbro inferiore tra i denti ed aspettai la sua risposta.
- No. - mi liquidò in fretta lui. Un silenzio tranquillo calò tra di noi. - Sai… - riprese nuovamente lui. - Sarebbe più semplice se noi due stessimo insieme. - ridacchiò poi lui tirando su col naso. Il mio cuore prese a battere all’impazzata come al solito. - Ci conosciamo da così tanto tempo. Riesco a riconoscerti anche solo dai passi per le scale di casa mia e scommetto che ora sei seduta sul davanzale della tua finestra a fissare le incisioni sul telaio della finestra. -
Sbattei velocemente le palpebre distogliendo lo sguardo dalle parole che aveva inciso Michael. “Amici per sempre”.
- Michael… - lo chiamai. Dovevo dirglielo. Forse alla fine anche lui ricambiava.
- Oddio! - mi interruppe lui. - Sono le due! Non mi ero reso conto che fosse così tardi, mi dispiace Alex. Dormi bene mia piccola studentessa modello. -
- Certo… - non riuscii a completare nuovamente la frase.
- Ti chiamo domani alle dieci. - e chiuse la chiamata.
- ‘Notte Heartbreak Boy. -
 
- Alexandra! - urlò mia madre dal piano di sotto. Non risposi, continuai imperterrita a suonare la mia chitarra, o meglio a torturare quel povero strumento, e a mettere a posto le parole della canzone che stavo componendo. Una vera schifezza. La porta si spalancò improvvisamente. Rimasi di sasso davanti alla figura di Michael. Mi alzai improvvisamente in piedi facendo cadere rovinosamente a terra la mia amata chitarra acustica. Michael la afferrò con un’espressione preoccupata in viso.
Non sapevo se fosse dovuto alla chitarra che si sarebbe potuta fracassare, ma che miracolosamente era illesa, o almeno credevo e speravo, o al fatto che non gli avessi risposto al telefono nonostante le trentasette chiamate perse, i diciotto messaggi in segreteria e i non so quanti messaggi non visualizzati su Whatsapp, o al fatto che avessi saltato non un giorno qualunque di scuola, ma proprio quello in cui c’erano tutti i laboratori e che quindi anche uno scansafatiche come lui si sarebbe presentato.
- Cosa-cosa ci fai qui? - balbettai tirandomi giù la maniche della felpona che indossavo fin sotto le punte delle dita.
- Sono passato a vedere come stavi. - rispose facendo spallucce. - In più devo ribadire a metà del corpo insegnanti il motivo per cui la loro studentessa preferita non si è presentata a scuola senza prima avvisare come suo solito. - aggiunse con un sorriso canzonatorio dipinto in viso. - E tua madre mi ha chiamato tipo dieci volte durante l’ora di chimica e ho creato una mini esplosione dando da bere ad un acido. Mi ha pure detto di andare a comprare del gelato al cioccolato! Cioccolato, Alex! Questo è un allarme rosso! - esclamò buttando le braccia all’aria.
In circostanze normali, cioè con un qualsiasi ragazzo di fronte, l’avrei rimproverato per la stupidaggine della mini esplosione, insomma  non dare da bere ad un acido era una delle prime cose che si raccomandava di dire una qualsiasi insegnate di chimica che aveva a che fare con dei ragazzi come Michael Gordon Clifford e come buona amica e compagna di laboratorio glielo avevo urlato dietro così tante volte che dopo due ore l’aveva già memorizzato pure lui.
- Ho solo… - iniziai guardandomi attorno per cercare di trovare una scusa qualunque che non sia stata “Mi hai spezzato il cuore Michael, come fai a essere così stupido?! Sono innamorata pazza di te e tu sei così fottutamente, meschinamente, stupidamente, scioccamente cieco!”. - … un blocco artistico! - buttai lì guardando quei stupidi testi che avevo scritto.
- Un blocco artistico? - domandò confuso il biondo.
- Uhm… già. -. Cavolo, ora avrei dovuto fargli leggere quegli obbrobri. - Vo-volevo scrivere una canzone e andare a cantare in un locale, così tanto per provare com’è stare sul palcoscenico, sotto le luci della ribalta. -. Una scusa più idiota di quella non potevo inventarmela… Evviva la sincerità!
- Sei seria? - mi domandò lui aggrottando la fronte. Sbuffai sonoramente. Ovvio che no! Meno male che mi conosceva molto bene…
- Lo so. È solo una stupidaggine, non avrei dovuto saltare una giornata di scuola solo per un attacco di follia. - ridacchiai nervosamente. Dai che se la beve, dai che se la beve, dai che se la beve
- Wow! Non sapevo che lo desiderassi così tanto. - mi sorrise a trentadue denti. Mi corrucciai. Se l’è bevuta seriamente?! - Sai cosa…? -
- Cosa…? - risposi flebilmente.
- Ti aiuterò io. Ho dei contati in alcuni locali e poi non me la cavo male a scrivere canzoni, sai che ne ho scritte già un paio con i ragazzi della mia band. - Già. Motivo per cui mi ero innamorata ancora di più. Al diavolo l’amore.
- Ma no, Mikey! - dissi ridendo sguainatamente. Ridevo in quel modo solo quando ero disperata e per di più l’avevo chiamato così solo una volta, un attimo prima di tirargli un calcio sui suoi gioielli di famiglia quando aveva insultato Albert Einstein dandogli dell’idiota perché gli avevo raccontato che la sua vita sentimentale era stata coronata solo da delusioni. Peccato che Michael fosse così stupido da non collegare l’episodio. - Non ti disturbare, tanto farei solo fiasco! -
- Non credi mai abbastanza nelle tue capacità, Alex! - esclamò ammonendomi scherzosamente. Certo come la volta che avevo fatto piangere i miei avversari nella gara di sillabazione in terza elementare perché sapevo che li avrei stracciati tutti quanti dopo nemmeno mezz’ora, o quando avevo fatto congedare da sola la supplente di matematica il giorno stesso in cui era arrivata in seconda media perché non l’avevo fatta sentire all’altezza di insegnare ad un gruppo di ragazzi al quanto immaturi che non la stavano a sentire. Certo Michael.
- Dici? - chiesi con un filo di ironia.
- Certo che sì! Ma stai certa che ti aiuterò! -
Bene. Ero fregata.
- Michael non credo che dei ragazzi possano tirare su il morale di Alexandra in questo momento. - sentii mia madre dire dal piano di sotto. Avrei voluto sprofondare dieci metri sottoterra oppure buttarmi direttamente giù da un palazzo di cinquanta piani. Sarebbe stato meno penoso.
- Non ti preoccupare, Rita. - la rassicurò lui. - I miei amici sanno il fatto loro. - rispose ambiguamente.
- Brutto stronzo. - mormorai con la faccia sulle ginocchia, mentre mi trovavo accucciata sulle scale, lontana da occhi indiscreti. Ok, forse il “brutto” potevo risparmiarmelo, visto che quasi gli sbavavo dietro.
- No, davvero Michael. -
Quasi sicuramente Michael le aveva posato tutte e due le mani sulla spalle e aveva incatenato i suoi occhi di ghiaccio in quelli di mia madre. Inutile dire che nessuno gli resisteva.
- Basteranno tre ore. Non di più. È un gesto fatto col cuore, credimi. -
A quel punto qualcuno avrebbe anche potuto pensare che era meglio se andavo a preparami. Meglio se andavo a stendermi sul letto. Al diavolo Michael. Al diavolo i suoi amici. Al diavolo la mia situazione sentimentale!
- Non mi avrei preso alla lettera, Alex! - scoppiò Mike. Non mi ero nemmeno resa conto che fosse entrato nella mia stanza. Mi ero buttata sul letto e mi ero coperta il viso con le braccia perdendomi semplicemente nei miei pensieri. Non mi ero nemmeno accorta del modo in cui mi ero coricata sul letto. Che idiota. - Forse però Calum ti farebbe un pensierino… - continuò malizioso. Gli avrei volentieri stretto le dita attorno al collo. Quello che doveva essere Calum gli tirò un coppino che per poco non lo fece cadere a terra. Incontrai il suo sguardo, e nonostante non ci conoscessimo affatto, ci scambiammo un sorriso d’intesa. Michael era un povero imbecille. E cieco avrei aggiunto volentieri.
- Ok. Allora iniziamo? - domandai fingendo malamente dell’entusiasmo.
 
- No. No. No! - sbottò Ashton alzandosi in piedi. Sbuffai esasperata, altro che tre ore, eravamo lì da almeno sei ore e avevo una strana voglia di chiudermi in bagno in compagnia di una lametta.
- Cosa c’è? - domandò Michael scocciato. Solo un attimo prima stava suonando degli accordi nel pieno di un attacco di ispirazione.
- Dobbiamo scrivere una canzone che rappresenti lei, Mike! Non noi. - fece Ash. Sbattei le palpebre inebetita. Avevo sentito male? Mi stavano finalmente prendendo in considerazione?
- È una canzone d’amore, Ashton. Calza a pennello con chiunque incontri. - lo rimbeccò Michael.
- Quindi le parole “I love ya babe, I love ya like a milkshake.” - lesse il riccio dal foglio che aveva davanti. - Sono le parole che uscirebbero da una ragazza minuta in prossimità all’anoressia? - replicò lui gesticolando. - Senza offesa ovviamente. - aggiunse poi rivolto a me.
- Non mi offendo. - risposi mettendo le mani avanti.
- Dovresti offenderti invece! - ribatté Mike. - Non è in prossimità all’anoressia. -
- Mi stai dicendo che sono grassa? - chiesi fissandomi la pancia. Me la tastai un po’ sotto la sguardo dei quattro ragazzi. Certo un filo di ciccetta, ma andava sempre bene, no?
- No… cioè… - provò a riparare a ciò che aveva detto prima il mio migliore amico.
- Queste parole sono quelle di un pazzo sclerato ossessionato dal cibo. - sintetizzò Luke dando una rapida occhiata a ciò che aveva scritto anche lui. Mike provò a dire qualcosa gesticolando animatamente, ma alla fine ci rinunciò.
- “You’re so sweet that I would eat you like a piece of roastbeaf.” - lesse Calum ad alta voce.
- No, anzi aggiungerei un pazzo sclerato ossessionato dal cibo e cannibale. - si corresse Hemmings.
- Hey! - fece Michael offeso. - Dovete cogliere il senso allegorico della frase! -
- Sono troppo squallide perché si possa cogliere il significato allegorico di queste frasi. - fece Calum. Eravamo tutti d’accordo con lui.
- Quindi lasciando perdere questo squallido testo. - riprese Ashton evidenziando bene la parola “squallido”. - Di cosa vuoi che parli il testo della tua canzone, Alex? -
Uhm. Bella domanda.
 
- Che ne dici di “Sometimes you’re so close to confession.”, invece di “There will be the day that you’re gonna cry for me.” - proposi a Luke. Michael mi aveva fissata in modo strano quando avevo detto di voler scrivere un testo su un amore impossibile… o quasi. Sembrava quasi che avesse capito che era lui il mio amore impossibile. Poi però se n’era andato perché Ashton aveva bisogno di un passaggio fino a casa sua, e non era ancora tornato.
- Uhm, sì. Decisamente suona meglio. - assentì lui. Cancellai la frase e la rimpiazzai con quella che mi era appena venuta in mente.
- Oh! - esclamò Calum radioso. - Sentite questa “You gotta get it throught my head, that I belong to you instead.” - disse lui. Non era male.
- E se invece diventasse “I gotta get it throught your head, that you belong to me instead.”? - chiese Hemmings. Calum ed io ci guardammo.
- Sì. Va bene così. - acconsentì lui, ed io annuii in segno di conferma. Stavo scrivendo la frase quando la porta si spalancò improvvisamente. Oddio. Era lui.
- Ok, ci sono! - esultò Michael. - Allora, avete scritto qualcosa? - domandò poi allungandosi verso di Calum che era davanti a lui, seduto su un puff.
- Veramente avremmo già finito. - ribatté Luke rileggendo il testo e scrivendo qualcosa altro sul foglio. Michael ci guardò sorpresi.
- Davvero? -
Mi schiarii la gola e mi massaggiai il collo imbarazzata. - Uhm, già. -
- E com’è? - domandò curiosamente. - La musica? Il testo? -
- La musica dobbiamo ancora metterla a posto. - ammise Luke. - Ma se vuoi leggere il testo, ecco te lo. - disse passandogli il suo foglio. Cazzo. Ora ero decisamente fottuta. Fa che si prenda un colpo in testa, che svenga e si dimentichi della ultime ventiquattro ore, Dio. Ti supplico! Ma ovviamente quando mai i miei desideri vengono espressi?
- “You call me up, it’s like a broken record, saying that your heart hurts…” - smise di leggere ad alta voce ed incatenò il suo sguardo al mio. Impallidii sotto quello sguardo di ghiaccio.
- Un po’ strana come canzone, ma non è male. - commentò Luke stiracchiandosi. Si alzò in piedi e tirò una pacca sulla schiena di Michael. - La prossima canzone che scriverò sarà con Alex. -
Ma Michael non li stava ascoltando, i suoi occhi vagavano sulle parole scritte.
- “Heartbreak Boy.” - disse in un sussurro. Solo io ci avevo fatto caso. - “Heartbreak Girl” sarebbe suonato meglio. - borbottò. Ma non risposi. Molto probabilmente non voleva essere sentito.
- Grazie, Luke. - sbuffò Calum fingendosi imbronciato. Sorrisi per un attimo distogliendo lo sguardo da lui.
- Oh, sì. Dimenticavo che c’era anche il Kiwi. - ribatté con un sorriso sfacciato stampato in faccia.
- Vaffanculo. -
- Preferisco andare a casa. - sghignazzò Hemmings di risposta. - Che ore sono? -
-  Credo le otto. - rispose distrattamente Mike. Aveva ripreso a leggere quel dannato testo.
- Che ne dite se andate a casa voi. Io aiuto Alex con la musica. -
Calum si alzò in piedi e sbadigliò. - Per me va bene. Ma non prenderti tutto il merito, bastardo fortunato. Dovevi dircelo che avevo un’amica così talentuosa. Un giorno potremmo rimpiazzarti con lei. - ed ammiccò nella mia direzione. Presi un po’ di colore sulle guance e sfuggii allo sguardo dei tre ragazzi.
- Uhm, grazie. - risposi goffamente incrociando le mani, coperte oltre il polso dalle maniche, al petto.
- Certo, certo. Andatevene vi prego, i miei occhi stanno sanguinando alla vista dei funghi atomici che avete il testa. -
Calum si portò la mani alla testa e si scompigliò ancora di più la testa, mentre Luke sembrava preoccupato dalla situazione in cui erano ridotti i suoi capelli.
- I miei capelli sono sexy anche così, Mike, a differenza dei tuoi. - ribatté facendogli poi la linguaccia. O no. Adesso succede una rissa. Ovviamente avrei tifato per Calum. Insomma, io non avrei avuto il coraggio di sfidare Michael e la sua ossessione per i suoi capelli… e nemmeno quella per i videogiochi ed il cibo. Ma con mia grande sorpresa Michael si limitò a ghignare e a scuotere la testa.
- Ci vediamo domani. -
I due ragazzi non continuarono la conversazione di prima, ma si limitarono a salutarmi ed a sparire fuori dalla porta della mia camera. Ed eccomi ad affrontare il mio problema più grande.
- Quindi... – provai a dire.
- Alexandra. Ho capito tutto. – e con questo caddi a terra.
 
- Fortunatamente non è niente di grave. – disse il dottore toccandomi la caviglia. Lanciai un urlo disumano. Niente di grave, giusto? Un attimo era bastato, lui che mi diceva di aver capito ed io come una deficiente che scivolavo sopra una biro caduta a terra. – Oh, la smetta di urlare, un attimo e glielo metto a posto. – ribatté lui seccato. Gli avrei volentieri slogato la sua di caviglia. Intanto Michael stava aspettando fuori dalla stanza. Aveva capito. Ovvio, alla fina l’aveva capito. Peccato che non avevo potuto indagare più a fondo e dichiararmi a causa del dolore troppo forte alla caviglia. Mi aveva trasportata d’urgenza al pronto soccorso ed eccomi lì seduta su un lettino in preda ad atroci dolori.
- Si sbrighi allora. – dissi tra i denti.
Lui mi massaggiò il piedi e tac. Non sentivo più dolore. No, seriamente, era riuscito a mettere a posto la caviglia senza che me ne accorgessi. Non sapevo se piangere o ridere in quel momento. Se mi fossi rotta la caviglia almeno potevo dirmi che avevo perso la conversazione più importante della mia vita per una cosa grave, invece no. La mia solita fortuna.
- Ora può andare. – disse il medico alzandosi in piedi. Annuii ancora un po’ confusa. Uscii dalla stanza, Michael era lì che stava trafficando con il cellulare, messaggiando con non so chi.
- Michael... – lo chiamai. Lui alzò lo sguardo e mi squadrò dall’altro al basso con fare sorpreso.
- Già a posto? – chiese.
- Uhm, già. –
- Quindi non ti fa male più niente? –
- No. Sono guarita, era solo una distorsione lieve. – o quasi.
Trasse un sospiro di sollievo e mi sorrise dolcemente. – Allora ho una bella notizia per te... ho trovato il locale. Domani sera sarai una vera artista. –
O cazzo. Me ne stavo dimenticando.
 
Il tempo era passato in un baleno ed ero riuscita a trovare gli accordi tutti da sola ed ora mi trovavo appena sotto il palco, pronta ad esibirmi. Non mi sarei sentita così nervosa se non ci fosse stato anche lui. Invece era lì, proprio accanto a me.
- Stai bene? – mi chiese sorridendomi. Annuii leggermente. Non avevo ancora avuto il coraggio di parlargli della conversazione di ieri, del fatto che ui avesse capito. – Non sembra. – commentò.
- No, davvero sto bene, anzi benissimo. – ribattei convinta, o quasi.
Silenzio.
- Uhm, Alex? – mi chiamò lui.
Incrociai per un attimo il suo sguardo.
- Sì? –
- Senti, volevo parlarti di quello che ti ho detto ieri. –
O no.
- E... - lo incitai, anche se non avrei dovuto. Affatto.
- E ho capito di dover smettere di piangermi addosso. - si fermò. Il cuore mi stava battendo in gola ora. - Ho capito di dover reagire ed è quello che ho avuto intenzione di fare, Alex. -
Non risposi. Aspettai che proseguisse, peccato che qualcuno lassù ce l’avesse con me.
- Ed ora, chiamiamo sul palco Alex! - disse il proprietario del locale da sopra il palco. No! Doveva prima dichiararsi! Ce l’avevo quasi fatta...
- Oh, è ora. - fece Mike guardandosi attorno leggermente spaesato. - Meglio che vai. Buona fortuna. -
Non dissi niente li mimitai ad annuire debolmente in preda a mille emozioni.
Salii sul palco e mi sedetti sullo sgabello alto e mi misi bene a posto.
- Dedico questa canzone ad una persona. - iniziai imbracciando la chitarra e schiarendomi la voce rauca. Non ebbi il coraggio di alzare lo sguardo verso di lui, che era andato ad appogggiarsi al muro in fondo alla sala. Quell'aria strafottente era ritornata, le braccia incrociate al petto e quel suo sguardo di ghiaccio. Non avrei resistito. Mi sarei gettata tra le sue braccia e l'avrei solamente baciato. Dovevo esibirmi prima. Dannazione. Lo volevo troppo ora. - La canzone si chiama Heartbreak Boy. Spero che vi piaccia. - conclusi fissando la cassa della chitarra acustica. Le mani si mossero da sole. Come pure la voce. Non ero più incatenata alle parole di quella canzone. Lui mi voleva. - You call me up, it’s like a broken record, saying that your heart hurts, that you never get over her getting over you... -. Era riuscito a superare quella rottura ed io non l'avrei fatto soffrire. Continuavo a cantare. - ... I know someday it’s gonna happen, and you’ll finally forget the day you met her, sometimes you’re so close to perfection... -. Ormai ero arrivata alla fine. - ... I’m right here when you gonna realise that I’m your cure, Heartbreak Boy. -. Era finita. Non ascoltai gli applausi o i complimenti o le critiche. Non vidi nessun altro all'infuori di lui. Corsi verso di lui. Era arrivato il momento in cui l'avrei finalmente baciato. Mi prese tra le sue braccia e mi fece fare una giravolta. Ero euforica all'ennesima potenza.
- Sei stata fantastica. -
Oh ti prego! Dimmelo Michael! Dimmi che mi ami alla follia come io ti amo...
- Grazie. -
- Alex. Ti devo dire una cosa. - disse staccandosi e dandomi un buffetto sulla guancia. Il suo tocco...
- Sí...? - domandai incitandolo a continuare.
- Ecco... -
- Lo so Michael. - lo interruppi gettandogli le braccia al collo. Non ce la facevo più.
- Lo sai? Quindi per te va bene se vado a casa di Katie? -
Katie? Cosa cazz...
- Siamo appena ritornati insieme. - mi sorrise. - Volevo passare la serata con lei, festeggeremo domani noi due. -
E rieccomi in questo circolo vizioso.
- Ok. -
- Grande! Sei la migliore migliore amica che potessi desiderare! -
Appunto.

 






Spazio Autrice:
Ed eccomi risorta!
Ok, sì, sono ancora viva,ma per poco oserei dire, visto che non so se riuscirò ad arrivare alla fine dell’anno scolastico a causa dei professori!
Comunque lasciamo perdere la scuola e parliamo della storia un po’ strana che ho scritto, Frienzone, voi ci siete mai state? Spero di no. Fortunatamente a me non è mai successo fino ad ora, ma conosco persone disperate da questa situazione.
L'ospedale è ricorrente nelle mie syorie, quindi un'altra infotunata, come me d'altronde... Odio gli ospedali!!
Nel frattempo 
perdonatemi, non so quando mi rifarò viva, ma vi prometto che non mi abbandonerò, quindi prima o poi pubblicherò ancora qualcosa. Ok, meglio che mi dileguo, bye bye!
 
 
Ps: Se avete voglia di leggere altro potete passare alla mia FF “69 Things That I Hate About You” è incentrata su Ashton e non è una Slash. Non ha a che fare con il “69 Cose Che Odio Di Te” con Louis Tomlinson, quindi vi prego solo di non giudicare dal titolo come altri hanno già fatto. Basta cliccare sul banner sottostante per iniziare a leggere il prologo.
Oppure se volete potete passare a leggere la mia nuova FF "Shadowhunters: Il Cacciatore" su Wattpad, sarebbe davvero fantastico se lo faceste, anche lì basta cliccare sul banner, oppure nel caso voleste stare sul genere One Shot ci sono le mie prima due Os "Bad Girls..." e "Everything You...".










Casting:

 
Alex (Taylor Spreitler)
 
Michael Clifford 
   
 
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