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Autore: Blue_moon    05/05/2015    2 recensioni
Terzo libro della trilogia Similitudini.
Per la comprensione della storia è necessaria la lettura delle prime due parti, Prigioni e Spie.
Sono passati tre anni da quando Loki è scomparso nuovamente con il Tesseract.
Nè sulla Terra, nè ad Asgard si sono più avute sue notizie.
Apparentemente le cose sono tornate alla normalità.
Ma nell'ombra antichi nemici stanno preparando la loro mossa, dritta al cuore.
Avvertenza: nella trama sono presenti forti SPOILER riguardo Thor: The Dark World e Iron Man 3, se non volete rovinarvi la sorpresa, non leggete.
AGGIORNAMENTI MOLTO LENTI
Genere: Angst, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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Buonasera.
Lo so, ormai di questo passo pubblico un capitolo ad ogni uscita di un film Marvel XD ma spero sul serio di concludere la FF entro il 2019 :-P

Vi lascio immediatamente al capitolo, senza tante parole.
Grazie mille a chi continua a leggere, nonstante gli aggiornamenti lenti.

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Viaggiare attraverso i portali creati dal Tesseract era estremamente facile, come un respiro profondo, un battito di ciglia. Non era nemmeno paragonabile ai sentieri tortuosi tra i mondi che Loki aveva scovato, esplorato e percorso in più occasioni, nella sua vita.
Più volte, per il solo gusto di scoprire dove il percorso l'avrebbe condotto, aveva rischiato la vita, precipitando negli angoli più oscuri dei Nove Mondi.
Gli mancava quel senso di trionfo che lo scuoteva dentro quando si trovava improvvisamente dall'altra parte, ennesima conferma della sua intelligenza, del suo valore.
Loki aveva la sfrontatezza di chi si era dovuto accontentare per anni della propria autostima, e non sentiva mai il bisogno di approvazione da parte di qualcuno che non fosse se stesso. Aveva smesso di illudersi al riguardo molto prima.
Per questo era certo che tutto sarebbe andato come previsto.
Aprendo gli occhi nella penombra, Loki prese un profondo respiro dal naso.
Fino a quel momento era stato semplice ma ora, su Svartalfheim, iniziava la parte più complessa del piano.
Ne aveva studiato ogni minima variabile, sin dal momento in cui aveva saputo della morte di Frigga.
Thanos, Malekith, lo loro pretese, le aspettative di Thor, Odino, il traditore misterioso ad Asgard... ogni singolo elemento era una piccola parte di un complesso ingranaggio perfetto, oliato, che si muoveva all'unisono con la sua volontà.
Nonostante gli enormi poteri in gioco, solo una piccola parte insignificante, una variabile infinitesimale, lo impensieriva davvero.
No, impensieriva non era la parola più adatta.
Infastidiva... ecco il termine più calzante.
Fastidio era decisamente la parola più consona a descrivere quella variabile del tutto fuori dal suo controllo.
«Loki?», soffiò una voce, quasi impercettibile, da un punto imprecisato dietro di lui.
Eccola, quella variabile infinitesimale, eppure così ingombrante.
Khalida.
Voltandosi, Loki sfoderò un sorriso enigmatico.
«Credevi che non sarei venuto?», la sfidò, squadrandola da capo a piedi.
Nonostante le situazioni complicate in cui l'aveva vista, Khalida aveva sempre mantenuto una dignità invidiabile, per una della sua razza. Era una donna solida, a tratti impenetrabile e fredda come le nebbie eterne di Niflheim.
Ore le gelide nebbie si era dissolte.
Khalida aveva un aspetto terribile.
Pallida, con l'abito a brandelli, i capelli sporchi e scarmigliati, sembrava appena uscita dalle profondità di Hel. Ogni centimetro della sua pelle era ricoperto da ferite recenti, ustioni tondeggianti che in più punti esponevano la carne viva, sulle guance aveva lunghi graffi incrostati di sangue rappreso.
Conosceva i metodi di tortura degli Elfi Oscuri, violenti ed efficaci.
Era prevedibile che Khalida sarebbe stata una loro vittima; tuttavia non si aspettava di trovarsi davanti una Khalida spezzata, con le labbra tremanti e gli occhi lucidi per le lacrime celate a malapena.
Il tempo di un respiro e la donna si gettò in avanti, coprendo a lunghi passi i pochi metri che la separavano da Loki, circondagli il petto con le braccia sottili.
Confuso ed incredulo, l'asgardiano ci mise un minuto interminabile a reagire.
Con cautela, posò le mani sulle sue spalle. Aveva la pelle gelida, ma coperta di sudore.
Khalida sollevò appena il volto, incrociando il suo sguardo perplesso.
«Non avevo nemmeno osato sperarlo», mormorò, in un flebile respiro.
Accennando un sorriso, si sollevò sulle punte, cercando la bocca di Loki.
Quando le loro labbra si toccarono, Khalida emise un lieve gemito, di gola.
Istintivamente Loki approfondì il bacio.
Capì subito che qualcosa non tornava.
Sulle guance sentiva le lacrime di Khalida, e lei non piangeva mai.
Un sapore insolito, dolciastro, gli grattò la gola.
Khalida gli sfiorò le labbra appena, un'ultima volta.
E Loki capì.
Avrebbe sorriso, se la potente droga non gli avesse già paralizzato i muscoli facciali.
“Mi dispiace”, mimarono le labbra di Khalida, silenziosamente.
La piccola variabile insignificante aveva fatto esattamente ciò che doveva.

Seduto sul suo scranno; al riparo nella camera più profonda della sua astronave ammiraglia, Santuario II, sospesa sui cieli bui di Svartalfheim, Thanos rigirava pensoso tra le dita massicce una delle centinaia di sfere simili al Tesseract che possedeva.
Dopo molti anni di ricerca, aveva trovato finalmente le rovine del pianeta che i creatori del Tesseract avevano utilizzato per i loro esperimenti. La sua pazienza era stata premiata con un bottino di grande valore. Certo, nessuna di quelle sfere possedeva il potere del Tesseract, ma in quegli anni di ricerca gli erano state molto utili.
Gli occhi azzurri del Titano si posarono distrattamente sul corpo dell'asgardiano, abbandonato al centro della grande sala. Si sarebbe risvegliato a momenti dalla potente droga che l'umana gli aveva somministrato.
La sfera azzurra, dal diametro di pochi centimetri, ruotò più velocemente nella mano del Titano.
Lei, ancora più bella dell'ultima volta che l'aveva vista, seguì con la punta delle dita la curva del suo braccio, con fare languido. Gli occhi accesi di malizia seguirono lo sguardo di Thanos. «Ho proprio voglia di assaggiarlo», mormorò, mordendosi le labbra.
«A suo tempo, mia cara», la rabbonì Thanos.
«Sangue Jotun, con un retrogusto di Asgard... una vera rarità», insisté Lei, leccandosi lentamente gli incisivi superiori.
Thanos le prese la mano, e Lei si voltò a guardarlo.
«Avrai tutto ciò che desideri, mia Signora», le disse, fissandola con sguardo adorante.
I recenti doni che gli aveva portato, sacrifici di asgardiani ed Elfi Oscuri in uguale quantità, le avevano accesso gli occhi azzurri di una nuova vitalità. La pelle splendeva, color delle stelle, nella notte immensa dei suoi capelli.
Lei fece un sorriso sottile. «Me lo prometti?».
«Ti darei la mia vita, se tu la volessi», giurò Thanos.
«Un giorno forse accadrà», gli fece notare Lei, ammiccando.
«Così sia», mormorò Thanos.
«Vedo che parli ancora da solo», lo interruppe la voce di Loki.
Era roca, flebile, quasi irriconoscibile; ma conservava quella punta di irriverenza che tanto piaceva a Thanos.
Amava quando le sue vittime si ribellavano.
Rendeva tutto molto più divertente.
Thanos girò gli occhi e squadrò lentamente l'asgardiano.
Forse da qualcuno la sua presenza poteva essere definita imponente, perfino inquietante, ma di fronte a lui Loki si rivelava per ciò che era davvero: un infante in mezzo ad un mondo enormemente più grande di lui.
Loki raddrizzò la schiena, appoggiandosi al bastone del Tesseract. La sua mente era vigile, ma il suo corpo era ancora scosso dagli effetti collaterali della droga paralizzante. Faticava a percepire la punta delle dita di mani e piedi e le corde vocali erano insolitamente rigide.
«Tu hai ancora la tua Lingua d'Argento», osservò il Titano, lasciando trapelare un sorriso dalle labbra solitamente inespressive.
Loki aggrottò le sopracciglia. «Suppongo di doverti ringraziare per non aver tenuto fede alla tua minaccia».
Una risata roca vibrò nella gola di Thanos. «Per essere un bimbo, sei sempre stato piuttosto intelligente».
«Non giriamoci intorno, Eterno», tagliò corto Loki. «Cosa vuoi da me?».
«Sorprendimi asgardiano».
Loki serrò le labbra, inspirando forte dal naso.
L'aria della sala era gelida, e il fiato si condensò in una piccola nuvola di vapore. Tutto ciò che vedeva intorno a lui; le rocce, il cielo trapuntato di migliaia di stelle, le pozzanghere di acqua gelata; erano solo un ologramma, una simulazione del pianeta natale del Titano, ormai scomparso per sempre. Quel luogo lo metteva a disagio, e non solo perché custodiva il ricordo del primo incontro con l'Eterno.
L'insinuazione di Thanos era corretta. Raramente sbagliava, quando decideva di parlare.
Loki possedeva un'idea piuttosto precisa del suo ruolo nei suoi piani, e la cosa lo spaventava.
Aveva già visto come andava a finire a quelli che credevano di aver capito i giochi di potere del Titano. Di loro non era rimasto molto più di qualche granello di polvere.
Fingere di non sapere sarebbe stato inutile, per cui la sua unica speranza era quella di riuscire a sostenere l'ennesima finzione abbastanza a lungo.
«Il Guanto dell'Infinito», dichiarò Loki, senza esitazione. «È l'unica cosa celata nella Sala delle Armi di Odino che possa avere un qualche valore per te».
L'espressione di Thanos rimase impassibile, ma qualcosa nel suo sguardo trasudava compiacimento. «Quel manufatto appartiene alla mia stirpe. È tempo che io sfrutti il suo potenziale», la voce di roccia di Thanos si colorò appena di una nota più calda, e Loki ormai aveva imparato a riconoscerla.
Era bramosia. Fame di potere.
Quel genere di ambizione che si lascia dietro solo cenere e morte.
Loki aveva già imparato a sue spese che con Thanos non esisteva una parte da cui stare, una scelta. Ubbidire al suo volere era puro istinto di sopravvivenza.
E se esisteva una verità universale riguardo al Dio degli Inganni era che non aveva mai desiderato morire.
«Cosa ne ottengo in cambio?», chiese, immaginando le vuote promesse con cui Thanos lo avrebbe allettato.
Thanos fece una carezza distratta ai capelli di Lei, che continuava ad osservare l'asgardiano con ingordigia. «Dentro di te c'è ancora una luce, figlio di Laufey. Porta a termine il tuo compito e ti permetterò di estinguerla per sempre».
A stento Loki riuscì a calmare il proprio battito cardiaco, improvvisamente accelerato.
Era trascorso troppo tempo dall'ultima volta che era stato al cospetto di Thanos, aveva dimenticato quanto il Titano Pazzo lo conoscesse.
L'Eterno sorrise, pregustando sulla lingua la resa di Loki. «Avrai a disposizione l'intero esercito di Malekith. Lui ha avuto ordine di assisterti. Ora va», ordinò, con la sua solita voce calma e allo stesso tempo crudele. «Questa guerra è già durata abbastanza».
Loki fece solo un cenno con il capo, percependo la presenza dell'Altro, il chitauro, alle sue spalle.
«Questa volta, non fallire», gli disse la creatura, con la voce di Thanos. «Non saremo clementi una seconda volta».
Quando l'asgardiano lasciò la stanza, Lei passò le braccia intorno alle spalle di Thanos. «Davvero intendi lasciargli uccidere l'umana?».
Thanos soffiò una risata, tra i denti stretti. «No. Quella luce dentro di lui lo rende debole. E io ho bisogno che lui rimanga tale».

L'inattesa ospite asgardiana non era Lady Sif, ma un'imponente e giunonica donna, con i capelli color rame, che si era presentata come Amora.
Era vestita come un soldato, e non aveva la tendenza a sorridere.
In modo irriverente, Stark aveva fatto notare a Fury che sembrava fatta apposta per lui.
Clint aveva annoverato l'occhiataccia rivolta al miliardario dal Direttore tra le cinque peggiori che avesse mai visto. Le altre quattro erano state tutte rivolte a lui, seguite immediatamente da missioni in cui aveva rischiato puntualmente la pelle.
Lady Amora parlava con autorità e decisione, mentre descriveva ciò che era accaduto ad Asgard solo poche ore prima, mentre quegli strani terremoti squassavano Parigi e Londra. L'aspetto della Dea incuteva un certo timore. Perfino Steve Rogers al suo fianco appariva come un ragazzino che giocava al supereroe con un il coperchio di un bidone della spazzatura al posto dello scudo di vibranio.
«La situazione ad Asgard è critica», concluse Amora. «Il Principe Thor mi ha inviato in sua rappresentanza a chiedere il vostro aiuto, in quanto Eroi della Terra e suoi compagni. Le nostre spie hanno riportato del movimento tra le file dell'esercito nemico. Ci aspettiamo un attacco nel giro di poche ore».
La mente addestrata di Rogers aveva già elaborato in fretta le informazioni fornite dall'asgardiana. «L'inferiorità numerica è notevole», osservò. Per quanto eroi più forti della Terra, loro erano solo cinque, e non riusciva ad immaginare come la loro presenza potesse cambiare realmente qualcosa in un esercito così avanzato come quello asgardiano.
«Non è stata un problema a New York», gli ricordò Tony, per il solo gusto di contraddirlo.
«Se escludiamo il fatto che sei finito con un missile sulla schiena nella versione 2.0 dello Stargate», lo punzecchiò Clint, giocherellando con la cinghia del parabraccio.
«Piantatela», tagliò corto Steve, rivolgendo di nuovo la sua attenzione ad Amora.
«Cosa sta accadendo di preciso ad Asgard? Che ruolo hanno Khalida e Loki in tutto questo?», domandò.
Amora posò la mano destra sulla spada. «Il Principe Thor aveva richiesto l'aiuto dell'umana solo per rintracciare il fratello, il quale era ragionevolmente in possesso di molte informazioni riguardo l'essere chiamato Thanos. Subito dopo le esequie della Regina, era previsto che Khalida tornasse a casa».  Sospirò profondamente. «Sfortunatamente l'umana è stata attaccata dal comandante degli Elfi Oscuri, mentre tentava di fuggire attraverso il Bifrost. Lady Sif, incaricata della sua protezione, si trova ancora nella Camera di Guarigione in seguito alla ferite riportate nello scontro. Non conosciamo la sorte di Lady Khalida».
«Starà bene?», domandò l'agente Coulson.
«Vivrà», replicò Amora. «Se vinceremo la battaglia che incombe all'orizzonte».
«E Loki? Si trova anche lui ad Asgard?», chiese Fury.
«Non al momento. Il Principe Thor gli ha affidato un incarico».
Un silenzio imbarazzante calò sul gruppo.
«Che diavolo...», iniziò Clint.
«Ha perso completamente la testa?», sbottò Coulson.
«Non ha mai brillato per intelligenza...», rincarò Tony.
«Che tipo di incarico?», la voce di Natasha sovrastò quella di tutti gli altri, mettendo a tacere a poco a poco le proteste.
Amora sostenne lo sguardo della Vedova Nera. «Non mi è stato detto. Solo il Principe conosce la risposta».
«Si fida di Loki?», intervenne Bruce, sorpreso, quasi parlando tra sé e sé.
«Il Principe Loki è un asgardiano, per quanto a lui piaccia pensare il contrario. Thor sa che combatterà per la sua città», rispose Amora. «E ora, se avete terminato con le domande, posso avere la vostra risposta?».
Steve, Tony e Bruce si scambiarono una lunga occhiata.
Clint, istintivamente guardò Natasha, che a sua volta scrutava le reazioni del Direttore Fury.
Nick Fury si massaggiò la radice del naso. «Questa decisione spetta a voi. Lo S.H.I.E.L.D. può solo tentare di rimediare ai danni qui sulla Terra», iniziò, incrociando le braccia al petto. «Fermare ciò che sta succedendo è compito vostro. Salvare Asgard è difendere la Terra».
Steve Rogers strinse appena il pugno al fianco. Cercò il consenso negli occhi dei suoi compagni, ottenendo da ognuno di loro un cenno d'assenso.
«Preparate l'armatura. Andiamo ad Asgard».

Seduta a gambe incrociate sul letto, Match in bilico sulle ginocchia, Khalida si sforzava di riflettere, respirando profondamente.
Aveva tentato di raggiungere l'entità all'interno del manufatto, ma era stata una pessima idea. Ci aveva guadagnato solo un attacco violento di epistassi e un mal di testa mai provato prima.
Il suo fisico era troppo debilitato per sostenere quel tipo di sforzo, e forse non ne sarebbe più stato in grado.
Aveva dormito per diverse ore, ma ugualmente si sentiva stremata.
Non aveva la minima idea di dove si trovasse.
Dopo aver somministrato la droga a Loki, e averne subito a sua volta gli effetti, un Elfo l'aveva prelevata dalla sua cella e trasportata in quella stanza. Era stato un tragitto piuttosto lungo, e Khalida sospettava di non essere più sul pianeta natale degli Elfi Oscuri, o dovunque fosse quel buco in cui l'avevano rinchiusa.
La ricompensa per il suo tradimento era una vera stanza, ammobiliata con gusto eccentrico e singolare, ma pur sempre con un letto vero, del cibo e la possibilità di cambiarsi d'abito e fare un bagno.
La prima volta che l'aveva vista, risvegliandosi dalla paralisi indotta dalla droga, aveva soffocato un conato di vomito.
Non avrebbe mai voluto arrivare a tanto, eppure non possedeva altra scelta se non quella.
Non era la sua vita che stava tentando di difendere, né quella di Loki.
Non più.
Ivy non aveva armi in quello scontro intergalattico, e doveva restarne fuori in ogni modo.
Se Thanos avesse scoperto la sua esistenza, non se lo sarebbe mai perdonata.
Involontariamente, Khalida aveva stretto le dita intorno all'impugnatura di Match, stampandosi la trama della filigrana sul palmo della mano. Sciogliendo le spalle contratte, si alzò in piedi, misurando la stanza a lunghi passi.
La meditazione non stava funzionando, la sua mente era un caos di preoccupazioni, rimorsi e rimpianti. Non aveva nessun piano, né alcuna possibilità di sfuggire da dovunque fosse.
Era del tutto in balia degli eventi, e questo significava che doveva giocare ogni singola carta che aveva ancora nel mazzo.
Un fruscio leggerissimo la sorprese alle spalle.
Khalida non sentì il bisogno di voltarsi.
La partita decisiva della sua vita era appena cominciata.

In piedi sulla soglia della stanza, attorniato da un manipolo di Dannati, Loki la fissò a lungo.
Fece un lieve cenno con la mano. «Lasciateci», ordinò agli Elfi Oscuri, che ubbidirono senza emettere alcun suono.
Una scintilla di rabbia divampò nel petto di Khalida. «Vedo che Thanos non ha faticato molto a convincerti», disse.
Gli occhi di Loki si strinsero. «Sicuramente molto di più che per convincere te», la pugnalò con quella frase, in modo freddo e spietato, guardandola poi sanguinare.
E con il sangue, svanì anche al rabbia di Khalida, così come era comparsa.
«Non implorerò perdono», mormorò, stringendosi le braccia al petto. «Ho fatto ciò che dovevo per sopravvivere», aggiunse, voltandosi.
Impercettibili rughe si formarono agli angoli della bocca di Loki, una smorfia appena celata.
«Per me, eri disposta a morire».
Khalida sollevò il mento. «È vero», ammise. «Ma ora ho un motivo per continuare a vivere», concluse, rabbrividendo, quando incrociò gli occhi verdi dell'asgardiano.
Loki indossava l'armatura completa, scintillante e letale, come lei l'aveva sempre percepito.
Per l'ennesima volta, ebbe la sensazione di guardare in faccia la propria morte.
Poi accadde.
In un battito di ciglia e di cuore, il volto di Loki passò dall'apatia al divertimento, e nella testa di Khalida la sua risata risuonò come un gong foriero di distruzione.
«Cosa c'è di così divertente?», chiese, risentita e inquieta.
Loki si prese ancora qualche secondo per sfogare la sua ilarità, muovendo qualche passo nella stanza. «Sei sempre stata così ridicola nelle tue convinzioni».
Qualcosa scattò nella mente di Khalida, una consapevolezza che fino ad allora era rimasta ai margini della sua mente.
«Perché sei qui, Loki? Cosa stai architettando?».
«La mia redenzione», rispose lui, in modo sibillino.
«Parla chiaro Loki!», esclamò Khalida, irritata, facendo istintivamente un passo verso di lui.
Loki non fece caso al tono autoritario della donna. «Pensa a come tutto suoni armonioso. Il cattivo rapisce la donzella in difficoltà, il povero eroe sfortunato accorre in suo soccorso, ma per salvarle la vita deve sottostare a un terribile ricatto, che lo costringerà a tradire la sua città e l'amato fratello da poco ritrovato».
Il fiato scappò dai polmoni di Khalida. Era quasi ironico, a guardarlo dall'esterno.
«Intendi sul serio usarmi come scusa per giustificare il fatto che hai deciso di collaborare con Thanos?», domandò. Non era arrabbiata, né offesa, anzi.
Si domandava come avesse fatto a non arrivarci prima.
Era una strategia valida, a tratti geniale.
Una finzione elaborata, ragionata, da chissà quanto tempo.
«Asgard ama le storie tragiche, e i martiri ancor di più», assentì Loki, sorridendo.
Annuendo, con fare distratto, Khalida si sedette sul bordo del letto.
«Mi aspettavo di vederti più... alterata», ammise Loki, scrutandola a fondo.
Khalida si strinse nelle spalle. «A cosa servirebbe?», chiese, ironica. «Probabilmente funzionerà. Conoscendo Thor farà di tutto per crederci. E tu sei un attore convincente».
Un barlume di sorpresa brillò negli occhi di Loki.
Intuendone il motivo, Khalida gli sorrise in modo stanco. «Sul serio credevi che fossi dalla sua parte? Ormai dovresti conoscermi».
«E da che parte saresti?», per una volta, la scintilla di curiosità nella voce di Loki sembrava genuina.
Khalida sospirò. «Mi piacerebbe davvero dire che sono dalla mia parte, ma non voglio mentirti», una breve pausa, in cui la donna fissò gli occhi neri in quelli di Loki. «Sono sempre stata dalla tua parte, e probabilmente lo sarò sempre».
«E questo dovrebbe significare qualcosa?», la derise Loki.
«È la verità, Loki. Puoi farne ciò che vuoi», replicò Khalida poi, senza aspettare una risposta da parte dell'asgardiano lo incalzò. «Cosa vuole Thanos da te?».
«Ti aspetti che ne parli con te?».
Khalida alzò un sopracciglio. «Mi hai coinvolta tu in questa storia. Almeno fammi il favore di essere onesto sulla posta in gioco».
Loki forse ebbe l'onestà di ammettere che la donna non aveva tutti i torti. «Thanos vuole che recuperi per lui un manufatto dalla Sala delle Armi su Asgard».
«Lo Scrigno degli Antichi Inverni?», ipotizzò Khalida.
«No. Un oggetto antichissimo chiamato Guanto dell'Infinito».
«Il nome non promette bene», commentò lei, lasciandosi sfuggire un breve sorriso, che Loki ricambiò. «A cosa serve?».
«Centinaia di anni prima della creazione dei Nove Mondi, gli esseri più potenti dell'Universo, gli Antichi, crearono sei Gemme e in esse racchiusero il controllo assoluto su spazio, tempo, anime, realtà, potere e mente. Con la loro estinzione, l'ubicazione delle Gemme venne dimenticata. Fino a quando gli Eterni; loro diretti discendenti, anche se inferiori; non ritrovarono la Gemma della Mente. Grazie all'immensa sapienza celata al suo interno, costruirono il Guanto dell'Infinito, un dispositivo in grado di controllare e utilizzare il potere di ognuna di queste Gemme, perfino di localizzarle, in alcuni casi».
«Gli Eterni? Quindi il popolo a cui appartiene Thanos», commentò Khalida.
«Thanos non possiede più un popolo. È l'ultimo della sua razza, dato che ha sterminato ogni singolo Eterno vivente, cominciando dalla propria madre».
Khalida rabbrividì, ma evitò di concentrarsi troppo su quel dettaglio. «Se Odino possiede questo Guanto, perché non l'ha mai usato?».
«Fu il padre di Odino, Bor, a stabilire che il Guanto non dovesse mai essere utilizzato, ritenendolo troppo pericoloso. Nessuna creatura vivente può sostenere a lungo un potere del genere senza bruciare».
«E le Gemme? Dove si trovano?», domandò ancora Khalida, ora sinceramente curiosa.
«Nel corso degli anni a volte sono giunte notizie ad Asgard del loro ritrovamento. Odino si è sempre preoccupato di accertare la verità di quelle voci e poi di nascondere nuovamente la Gemma. L'ultima notizia del genere risale a quando ero poco più di un bambino».
«Thanos ne possiede qualcuna?».
Loki gettò uno sguardo impercettibile allo Scettro e al Tesseract che brillava sulla sua cima. «Se è così, ha tenuto l'informazione per sé, ma non credo che cercherebbe il Guanto, se non fosse in possesso di almeno una delle Gemme».
Khalida si passò una mano tra i capelli, accarezzando l'asta di Match con la punta delle dita. «Se il potere di questo manufatto è così immenso, come farà Thanos ad utilizzarlo?».
«Lui appartiene alla razza che l'ha creato. È in grado di resistere al suo potere per un tempo ragionevole».
«Ma alla fine anche lui verrà consumato da quel potere», concluse Khalida, seguendo il ragionamento di Loki. «Non possiamo semplicemente darglielo ed aspettare che si uccida da solo?», domandò.
Loki sorrise. «Non è così semplice. Se Thanos completasse il Guanto, sarebbe in grado di distruggere l'intero universo con un semplice gesto. Niente gli sarebbe impossibile».
Khalida strinse le labbra, raggelata da una simile prospettiva. Lei teneva solo ad una vita, in tutti i Nove Mondi, ma questo non significava che il resto delle persone gli fosse indifferente.
Qualcuno bussò forte alla porta della stanza, spezzando il caos calmo di quella conversazione piena di sottintesi. Il rumore risuonò a lungo nelle pareti, e per la prima volta Khalida ebbe il sospetto di trovarsi a bordo di una sorta di astronave, e non su un pianeta.
«Asgardiano, il nostro signore attende», annunciò una voce di cenere e fuoco.
«Sono io il tuo signore, Elfo», replicò Loki, assumendo un tono quasi feroce.
Khalida cercò il suo sguardo, ma lui sfuggì i suoi occhi, indossando l'elmo dorato.
Con uno sfarfallio verde, sulle sue spalle comparve il solito mantello oro cupo.
Un nodo alla gola costrinse Khalida a deglutire.
«Dimmi solo una cosa, Loki», iniziò, attirando finalmente lo sguardo del Dio degli Inganni. «Nel tuo piano è previsto che io sopravviva?».
Loki sollevò un angolo della bocca, dando poi le spalle alla donna.
Ad un suo gesto, la porta della stanza scivolò sui cardini, spalancandosi senza fare rumore.
«Credo che tu conosca già la risposta a questa domanda», disse Loki, prima di scomparire nel corridoio buio.
Khalida sentì le lacrime premere agli angoli degli occhi.
«Dopotutto, Asgard ha sempre amato i martiri».
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La colonna sonora dell'intero capitolo è "Final Masquerade" dei Linkin Park.

Aspetto con ansia le vostre impressioni.


Nel frattempo vi invito a seguirmi su instagram al nome @ithil_89_book.from.moon dove ho una rubrica di recensioni sulle mie svariate letture.


Nicole :***
  
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