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Autore: chiara_raose    05/05/2015    4 recensioni
PruAus
Gilbert sbirciò in quella immensa libreria, fin quando non fu attirato da una copertina priva di titolo: un libro con poche pagine ingiallite e che al loro interno rivelarono le parole "Caro diario".
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA • Salve! Rieccomi nel fandom hetaliano a ripartire con una storia che avevo scritto ma che ho eliminato per riscriverla meglio -e con l'intento di gestirla meglio. Non me ne vogliate, ma non l'avrei mai continuata così come stava venendo e com'è rimasta bloccata per anni!
Spero che possa piacervi questo piccolo esperimento di scrittura >w< e grazie in anticipo a chi leggerà/recensirà o apprezzerà questa storia ^^





Esiste un momento in cui la coscienza urla all'interno del tuo animo; strepita e scalcia per poterti avvisare, con buonsenso, che è il caso di fermarsi, di non fare qualcosa di tanto infimo. Probabilmente ora la sua voce si farà suadente, cercherà di tentarti a rinunciare ai tuoi intenti. C'è sempre un momento in cui la correttezza, la fiducia e la realtà ti fermano dal fare un gesto infantile, insensato...
C'è da considerare, però, che a te non è mai importato molto, vero Gilbert?
Ancor meno mentre hai tra le mani quel blocchetto: piccolo quanto metà di un foglio comune, la copertina rigida e scura, ruvida al tatto con appena gli angoli smussati in modo quasi impercettibile. I chiari segni del tempo presenti anche sulle pagine un po' ingiallite, per quanto tenuto bene, ti esprimono sussurrando la vita datata di quel piccolo oggetto, ancor più di quanto lo facciano urlando le scritte e le date al suo interno. Raffinato come il proprietario, non riesci a fare a meno di pensarlo con un mezzo sorriso di scherno sulle labbra. Le dita assaporano il bordo della copertina, scivolano tra le pagine carezzandone il profilo, pinzandole appena come a metà tra la tentazione e l'indecisione del sfogliarle, aprirle, rivelarle. Non hai più sentito le dita fremere in quel modo da parecchio tempo, vero? È una sensazione che vibra nelle vene e pulsa nelle arterie; pressante ed invitante. Ti volti a guardare la stanza deserta, semibuia sotto la flebile luce di una lampada. Resti in silenzio per carpire possibili ed ulteriori presenze oltre quella soglia chiusa. È forse la prima volta che il silenzio ti rincuora tanto da farti sfuggire un sospiro di sollievo dalle labbra. Sei ancora incerto se curiosare o lasciar perdere e non violare così la privacy altrui; ma è un momento che ti passa solo fugacemente per la testa. Non ti è mai davvero importato così tanto della privacy altrui, ammettilo. Quando la tentazione si fa troppo grande perché tu possa reggerla sulle spalle, finalmente ti decidi ed apri una pagina a caso, giocando con te stesso a scommettere cosa vi troverai: scritte? Disegni? Appunti di accordi e note musicali? Fotografie così vecchie da sembrare appartenenti ad un altro mondo?


11 febbraio 1763
Un'altra guerra è finita. Altri sette anni volati e svaniti come fumo all'aria. So bene che quelli come noi hanno la concezione temporale particolarmente distorta; ma è quantomeno incredibile come, durante i periodi di guerra, le lancette dell'orologio paiono muoversi con la lentezza di una chioccia che si trascina controvento. Finalmente, almeno, è finita. Non è finita nel migliore dei modi, lo ammetto, e se ci penso mi vengono i brividi ancora ora per il nervosismo che mi causa. Cerco di essere il solito ottimista e, finalmente sollevato, posso prendere fiato per un solo momento dopo che ieri, a Parigi, è stata firmata la pace: la conclusione di questa faccenda. So bene che per i miei regnanti e Maria Theresia più di tutti, non è finita qui... e da domani neanche per me. Sarà per questo che mi soffermo un attimo ora a scrivere qualcosa di diverso dai documenti e dalle firme, senza soffermarmi a pensare al linguaggio, alle regole o chissà cos'altro. In fondo, non chiedo che un momento d'aria. Non avendo il pianoforte, né il violino, né nessun altro strumento a portata di mano, finisco per rovesciare tutto in alcune piccole pagine, sperando di riuscirci in egual misura.
Com'è finita la guerra? Non lo saprei spiegare. Come nazione non posso definirmi completamente vinto, ma neanche lontanamente vittorioso dal momento in cui la Slesia è rimasta lì dov'era: nelle mani di Preußen.


Eccolo, nella penombra di quella stanza chiusa. Eccolo sotto la flebile luce artificiale della lampada. Quel sorriso di soddisfazione al ricordo di quel momento, sia quello della conquista, sia quello del mantenimento. Cosa c'è di male? Ne sei consapevole che, chiunque, sarebbe felice ed orgoglioso quanto te per una cosa simile -e, al contempo, nessuno come te. Inumidisci le labbra, sentendole secche, apparendo come un felino che si lecca i baffi dinanzi alla più prelibata pietanza. La portata più grande e ricca di tutto il pasto è esattamente lì, tra le tue mani, a farsi e lasciarsi docilmente sfiorare ai polpastrelli delle tue dita. Quale occasione migliore per poter leggere oltre una barriera che avvolge da secoli, ormai, la figura altrui. Come se, come tutti, ti credesse incapace di capire che quegli occhiali sono solo una mera barriera da quella parte di anima che rivelerebbero i suoi occhi. Come se, come tutti, anche lui ti credesse stolto al punto da non ricordare o non aver notato il cambiamento nel corso della sua crescita. Come se, come tutti, ti ritenesse incapace di osservare qualcun altro al di fuori di sé e di un riflesso allo specchio. Lo sai bene anche tu, in fondo, che il tuo egocentrismo altro non è che un grido disperato, una richiesta d'aiuto ed una supplica che ricorda a tutti di essere lì: esistere ancora.
Prendi un profondo respiro, non vuoi esser condizionato dal malumore di un damerino come l'austriaco e dalla sua fine calligrafia. È decisamente meglio perdersi tra quelle lettere scritte così piccole da affaticarti la lettura, quasi si volessero nascondere da loro stesse. La somiglianza col proprietario è impressionante ed il strano sorriso che ti fa nascere sulle labbra ti spaventa per un momento: tenerezza. Come sei arrivato a pensare e definire tenero un paragone così sciocco? È possibile provare tenerezza dinanzi a queste piccole cose, anche quando le pagine che stai leggendo non mostrano altro che rancore ed invidia? Questa volta trattieni il fiato, cancellando possibili pensieri eccessivi e ripetendoti di non lasciarti trascinare; vuoi solo mirare a goderti quel prelibato pasto che sostieni con gesti abitudinari. In fondo, hai la possibilità di vedere cosa lui pensa di te. Fa uno strano effetto, vero? Accanto al proprio nome, in quel diario, non può esserci solo la parola odio ed il suono della pagina che crepita sotto le dita, invogliandoti a scoprirne di più, è come una tacita conferma per te.
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