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Autore: Angelika_Morgenstern    06/05/2015    15 recensioni
Seconda Classificata al contest "Contest in Reverse" indetto dal gruppo Efp - We're Nothing Without Music
5 giugno 1975, Abbey Road
Questo arpeggio.
Questo arpeggio così solitario.
Questo arpeggio solitario, malinconico.
Dove sei? Che fine hai fatto? Perché sei così diverso da ciò che eri?
Quando ci siamo conosciuti tu eri… una stella.
No, un diamante.
Cosa sei, dove sei?
Che cosa stai facendo?
Ti sto pensando intensamente e le mie dita vanno da sole mentre la parte di tastiera registrata in precedenza suona in sottofondo, disegnando nella mia mente quell’immagine di un mare piatto e calmo, di uno spazio nero puntellato di stelle splendenti, esattamente com’eri tu una volta, amico mio.
L’effetto svanisce e decido che questo è l’unico momento valido per far partite il mio arpeggio, struggente come lo è stato il destino della tua mente.
Dove sei?
Non riesco a non domandarmelo.
Dove sei?
Genere: Introspettivo, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: David Gilmour, Nick Mason, Richard Wright, Roger Waters, Syd Barrett
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Shine on you crazy diamond
 
5 giugno 1975, Abbey Road
Questo arpeggio.
Questo arpeggio così solitario.
Questo arpeggio solitario, malinconico.
Dove sei? Che fine hai fatto? Perché sei così diverso da ciò che eri?
Quando ci siamo conosciuti tu eri… una stella.
No, un diamante.
Cosa sei, dove sei?
Che cosa stai facendo?
Ti sto pensando intensamente e le mie dita vanno da sole mentre la parte di tastiera registrata in precedenza suona in sottofondo, disegnando nella mia mente quell’immagine di un mare piatto e calmo, di uno spazio nero puntellato di stelle splendenti, esattamente com’eri tu una volta, amico mio.
L’effetto svanisce e decido che questo è l’unico momento valido per far partite il mio arpeggio, struggente come lo è stato il destino della tua mente.
Dove sei?
Non riesco a non domandarmelo.
Dove sei?
Mi volto e sobbalzo.
Sento la voce dei tecnici domandare chi sia quell’uomo.
Un uomo calvo, grasso, che tiene una busta della spesa in mano e sta guardando attraverso il vetro nella nostra sala prove, proprio quella dove siamo noi.
Mi sta fissando.
Mi sta fissando con occhi vacui, vuoti, buchi neri oltre i quali c’è il nulla, un unico, immenso universo nero senza stelle, senza luce, senza vita.
Quello sguardo mi trasmette un silenzio che rompo io stesso con la mia voce, mormorando il nome dell’uomo oltre il vetro, l’uomo che conobbi, l’uomo che fu.
–Syd.-.
L’uomo che è.
–Roger.-.
Sei qui.
 
 
 Febbraio 1969
 
Sono così stanco.
Sono ancora così stanco.
Passo quasi tutto il giorno sdraiato sul materasso che ho buttato direttamente sul pavimento così, senza un supporto.
Non ne ho bisogno.
Non ho bisogno di supporti, non ho bisogno di loro.
È passato quasi un anno e sono ancora così stanco.
Così deluso.
Perché?
Perché mi hanno cacciato?
Forse lo so perché.
Perché ho fatto questo e quello.
Anche Lindsay se n’è andata, preferendo il retro di una Mini Cooper a me.
Ma forse non le piaceva semplicemente il mio appartamento.
In fondo, anch’io ho lasciato quell’appartamento, poco dopo.
Ed ora sono qui, a dividerne uno con un pittore, standomene sdraiato sul materasso tutto il santo giorno.
A cosa penso?
Ho ancora la testa per pensare?
Pensavo di essere arrivato al capolinea.
Quello che vedevo, che sentivo, che provavo durante i miei viaggi, i miei trip, tutto quello mi aveva dato l’spirazione.
Ed alla gente piaceva cosa provassi, lo so, hanno apprezzato sempre i miei lavori.
A loro piaceva.
Anche a me piaceva. Mi piace tutt’ora essere trasportato via, in quel mondo pieno di benessere e di fantasia, in quello spazio colmo di stelle fulgide, nel nero sfondo sul quale si disegnano aurore boreali di mille colori brillanti, contrastanti, colmi di luce, di giochi cromatici.
Colori, oh quanti colori vivono nella mia mente.
Ne sono così assuefatto da averli nel sangue, li sento vibrare in continuazione nelle mie vene, pulsano nel mio cervello coi loro moog, danno vita al mio cuore, aria ai miei polmoni.
Ma tutto ciò ha un prezzo.
La mia mente è andata distrutta, lo so.
So che probabilmente ero predisposto e che gli acidi hanno solamente aiutato il mio cervello ad andare in pezzi.
Non riuscivo più a ragionare.
Devo smetterla di essere incazzato con loro, in fondo è tutta colpa degli acidi, di ciò che mi hanno fatto.
Si, deve essere così.
Quando ho guardato quello stronzo di Boyd in quel modo, cosa credeva? Ci aveva lasciati a quello lì, Smith, cosa pensava? Che avrei fatto la parte dell’amicone come gli altri?
Io non sono gli altri, io sono Syd. Io ho creato il successo del gruppo, il nostro successo, tutto quel che ci è piovuto addosso è stato solo grazie a me, ai miei viaggi, ai miei acidi!
Cosa credevano?
Cosa credevo?
Che non ci fosse un prezzo da pagare? Eccolo, lo scotto è arrivato in poco tempo.
E perché? Perché io si e gli altri no?
Cazzo!
Me ne sto su questo materasso a riflettere da tempo, quanto tempo?
Ore?
Giorni?
Mesi?
Anni?
Che giorno è oggi?
Che ore sono? Dov’è Fields?
Cazzo!
Non riesco a mettere insieme il mio cervello! No!
No!
No.
Sta calmo, Syd, sta buono Roger.
Non sta succedendo nulla. Riprendiamo da dove hai lasciato, si, facciamo così.
Dove ho lasciato?
Quando ho lasciato?
Ho lasciato tutto su quel palco, quando mi hanno cacciato, quando mi hanno detto che… che cosa mi hanno detto?
Ah, si, che non potevo più suonare con loro.
Adesso c’era quello, David lì, come si chiamava…?
Si, David Gilmour. Alla faccia dell’amicizia di vecchia data! Mi ha rubato tutto.
Gli amici, il gruppo, la vita.
Le mie opere!
Quelli suonano ancora le mie opere, si arricchiscono ancora grazie a quel che io, IO ho dato loro, ho creato per loro!
Cazzo!
No, no, stai calmo.
È vecchio, è passato. Stai buono, non pensare.
Anzi, no, pensa.
Pensa ad altro.
Pensa a… qualcosa. Qualcuno.
Ma a cosa?
Non c’è nulla nella mia mente.
Ho guardato così Boyd per quale motivo? Mi era antipatico?
No, però ci aveva mollati così. Cosa c’era da essere amichevoli? Bisognava salvare la faccia?
L’ho fissato così perché… perché… non lo so il… perché… perché?
Perché l’ho fissato così, senza neanche battere le palpebre?
A cosa pensavo?
Ma pensavo?
Cazzo.
 
1966
“Remember when you were young
You shone like the Sun
Shine on You crazy Diamond”
 
- Sei ancora qui? Andiamo che tocca a noi!- esclama Roger.
Sempre sull’attenti, lui, sempre lì pronto a dare lezioni su come fare questo, come fare quello.
Bah.
Sono io con la mia creatività il genio del gruppo, non lui.
Sono io che ho i fan, io che ho la responsabilità di portare avanti la baracca. Cosa ne sa lui?
Neanche gli rispondo, mi limito e cacciarmi l’ennesimo acido sulla lingua. Non prendo dosi forti, mi limito a quelle da 50, le meno potenti.
Posso ingannare gli altri in questo modo, fingere di essere me stesso ed invece sono già sotto l’effetto degli allucinogeni, seppur in piccola parte.
Ah, che ingenui!
Salgo sul palco, la folla come al solito mi adora, sono ipnotizzati da me, da quel che dico o faccio. Qualsiasi cosa è oro colato dalla mia lingua, ogni oggetto che tocco si trasforma in oro, sono il Re Mida della scena musicale londinese, tutto ciò grazie a loro, ai miei compagni più cari.
Gli acidi.
Sono spettacolari, da quando ho iniziato a farne uso vedo, sento, percepisco cose che in vita mia non avrei mai… oh, insomma, wow!
Le vedo anche ora, seppur la dose sia minima: le persone sotto di me diventano delle fiamme danzanti di diversi colori, attorniati da auree che sfumano sullo sfondo psichedelico.
E la musica, oh, questo moog come mi aiuta nei miei viaggi!
Fantastico.
Riesco ad essere ancora più carismatico di prima, mi sento in grado di volare e mi muovo con una leggiadria, una grazia che nemmeno un ballerino.
Adoro questi acidi, adoro il loro effetto.
Gli altri mi invitano a smetterla, ad usarli sempre meno, ma chi se ne frega? Insomma, ci stanno dando il successo, un piccolo aiutino.
Cosa vuoi che mi facciano?
Non mi hanno mai fatto niente, dopo un po’ l’effetto svanisce e tutto torna normale, come una caramella alla menta forte. La stessa, identica cosa.
Torniamo nei camerini dopo lo show, mi sento ancora su di giri ma l’effetto inizia a svanire. Che tempismo perfetto!
Mi è parso di vedere nel pubblico Paul McCartney abbigliato da arabo, sicuramente per non farsi riconoscere.
Do un’occhiata e lo vedo, dirigendomi da lui, ma sono bloccato spesso da fan che vogliono congratularsi con noi. Che carini.
- Ehi!- esclamo e Paul si gira, sorridendo prima con gli occhi, poi col resto del viso- Ciao, Syd.- risponde- Ottimo concerto. Quanta ne hai presa?-
- Poca, devo mantenermi lucido quando ci esibiamo. Tutte queste persone vengono qui per ascoltare roba di qualità, voglio farle contente.-
- Altrimenti perderesti tutto.- suggerisce il Beatle con un sorriso complice- Già.- rispondo, ridendo.
Sono un tipo estremamente amichevole. C’è chi dice che io sia carismatico, ma non so questo quanto sia dato dall’effetto degli acidi.
Sicuramente mi frullano tantissime idee per la testa e gli acidi hanno solo contribuito ad accentuarle ed esprimerle in maniera del tutto nuova. Insomma, riesco a vedere cose che prima non avrei neanche potuto immaginare.
- Sai che c’è anche Marianne?- domanda Paul, interrompendo il flusso dei miei pensieri che mi ricordavano il momento in cui decisi di dare alla band il nome dei miei due gatti, Pink e Floyd.
Pink Floyd.
Così semplice, così strano, nomi presi a loro volta da musicisti blues.
Così psichedelico, perfetto per noi Beat.
- Davvero? Dov’è? Voglio salutarla.- dico, guardandomi intorno, preso dall’entusiasmo come al solito- Non so, forse è andata via con qualcuno.- Paul fa spallucce ed io me la rido.
Ah, l’amore libero! E brava Marianne, mica tanto piena di fede come suggerisce il suo cognome.
- Vuoi prendere qualcosa? Offro io, stasera sei stato fenomenale.- dice Paul ed io annuisco- Ho proprio voglia di una buona dose di alcol.-
Qualcuno mi poggia una mano sulla spalla e mi volto, convinto sia il solito fan che vuole dirmi quanto siamo stati grandiosi.
Invece è solo quel guastafeste di Waters- Stiamo smontando, pensi di venire a darci una mano?-
So che è ironico e non dovrei, ma mi irrita fortemente nonostante mi stia sorridendo.
Tutto quel che facciamo è proiettato per il lavoro, anche il mio rapporto coi fan, gli amici, le mie droghe, è tutto a quel fine.
Non riesce a capirlo?
- Arrivo.- dico, profondamente infastidito.
Lascio Paul al bancone e mi avvio a smontare, come fossi un tecnico qualsiasi. Fanculo queste cose, io penso già a scrivere i testi e le musiche, devo anche occuparmi di questo?
Paul deve aver notato il mio disappunto perché si avvicina, aiutandomi- Grazie ma non devi.- dico
- Se non altro nessuno mi riconoscerà.- risponde lui, sorridendo cordiale come al solito. Questo qui un giorno diventerà baronetto, me lo sento.
- Syd Barrett…?- mi chiama una voce esitante e mi volto verso l’alto, iniziando a vedere sfuocato.
Forse ho bisogno di altro acido- Si?- rispondo.
Ci sono due uomini davanti a me, ma non sembrano dei fan. Sono abbigliati meglio dei ragazzini che ci seguono, hanno roba di qualità addosso. Chissà cosa vogliono.
- Piacere, siamo Peter Jenner e Andrew King.- dice uno dei due, dandomi un bigliettino mentre l’altro coi barbetta e capelli lunghi mi sorride. Che vogliono questi adesso?
Penso che la domanda si rifletta seduta stante sui miei lineamenti, poiché il secondo mi dice- Siamo di un’etichetta indipendente, ci interessa il vostro stile. Siete interessanti e vorremmo discutere con voi per qualche progetto.-
Come?
Questi vogliono assumerci?
Non sto più nella pelle: un sorriso che parte da un orecchio e arriva all’altro mi appare in faccia e mi volto, sbracciandomi verso quel rompipalle di Waters, impegnato a riaccordare il suo maledetto basso, come al solito.
 
1967
“You were caught on the crossfire
of childhood and stardom
blown on the steel breeze.”
 
Ne abbiamo fatta di strada!
Ormai siamo l’attrazione fissa dell’UFO, il Club più gettonato della Londra moderna, il punto di riferimento per la Beat Generation. Che roba!
Ed abbiamo anche collezionato successi su successi. Un tizio, un certo Boyd ci ha fatto registrare un 45 giri. Incredibile, siamo passati dai locali ai dischi in men che non si dica, non è passato nemmeno un anno!
Ed il tour? Ne vogliamo parlare?
Siamo di ritorno dai Paesi Bassi, è stato estenuante ed effettivamente tutto è così bello, così figo e moderno, ma inizio a sentirmi un po’… stanco.
Pressato, forse è la parola adatta.
Ma forse è solamente per via del fatto che stiamo facendo tanto successo, devo solo prenderla in maniera più tranquilla, giusto?
Stasera vogliono andare ad un altro avvenimento, a Londra, in periferia. Si chiama qualcosa come 14 Technicolor bla bla bla, sinceramente non l’ho nemmeno capito, sono talmente fatto…
Roger continua a dirmi di stare attento a tutte queste droghe, di limitare il consumo a quando voglio comporre visto che mi hanno aiutato tanto a ideare quello stile innovativo.
Ho solamente riprodotto l’effetto che l’LSD produce nella mia mente ed è fantastico.
Sapete perché piace così tanto?
Perché fa questo effetto su tutti.
Quella roba ha trovato larga diffusione a Cambridge, prima c’era la cannabis e lo speed, ma questo, wow!
È tutta un’altra cosa, roba forte eh, mica cosette da nulla.
Ti fa vedere certe cose…
Ti fa pensare, dire, fare cose che non faresti, no, che dico, non vivresti da lucido!
L’acido è sicuramente la cosa migliore della mia vita.
Però mi sento un po’ stanchino…
- Tutto bene?-
Chiede Roger. Sospiro- Si, ho solo sonno.-
- Sei stato grande questi giorni, ora riposa. Ne hai bisogno.- dice, piazzandomi una pacca sulla spalla con quel suo sorriso da cavallo.
Non sa nemmeno quanto io possa essere stanco ora.
Dove cazzo trova tutta quell’energia, lui? Io me ne starei volentieri a dormire per giorni.
E dobbiamo ancora suonare.
 
Il concerto è stato devastante. Sono distrutto.
Bello il successo, belle le groupie, bello tutto ma questa vita… non so. Forse me l’aspettavo diversa, in fondo a me piace creare. Il resto è un po’ da contorno.
C’è una cosa che non mi piace affatto: sto togliendo del tempo alla pittura.
Quando ero uno studente potevo fare tutto, mi gestivo gli orari come meglio credevo… ora è solo musica, solo richieste.
Mi hanno scambiato per cosa…?
Una macchina?
Stanno facendo successo grazie a ciò che IO ho creato, non loro.
Vorrei solamente un po’ di pace e di tranquillità dopo tutto questo lavoro, ed invece no, chiedono subito altre creazioni, altre opere ed io devo fare altri trip, dieci, cento, mille viaggi per ideare qualcosa.
E non va bene qualsiasi cosa, deve essere qualcosa di nuovo, di diverso. Ma io nei miei viaggi vedo sempre le stesse cose.
Ed allora?
Cosa dovrei fare?
…forse…
…forse devo aumentare le dosi di acido…?
 
“You reached for the secret too soon
you cried for the moon.
Shine on You crazy Diamond.”
 
Siamo in sala prove e sto osservando gli altri montare le loro cose.
Non mi sto muovendo, non sto facendo nulla.
Mi limito a stare seduto a terra, fermo, buono, calmo.
Cerco di respirare: sono in preda ad un lungo trip, ogni voce è ovattata e carica di suoni contrastanti, alti e bassi che vanno e vengono molto velocemente.
Ho aumentato le dosi ed è tutto più irreale… Dio, che trip! Mai fatto un viaggio così!
È quasi doloroso, sento la testa pulsare e ad ogni pulsazione vedo le figure dei miei compagni trasformarsi in fiamme umane che divampano a tempo, regolarmente come avessi ingoiato un metronomo e cambiano continuamente colore, una volta sui toni del blu, un’altra arancione, poi rosso, rosa, violetto, giallo… un giallo abbagliante, quasi fosforescente.
Sono costretto a chiudere gli occhi e sento delle voci in lontananza.
Non capisco cosa dicano, mi sembra di essere immerso in acqua.
Sta già finendo…?
Il Capitano Bob mi aveva detto che questa dose era davvero forte, non la solita roba ma mi sa che dovrò aumentare ancora.
Alzo il viso: la figura di Roger fatica a tornare nitida e, improvvisamente mi accorgo del calore della sua mano contro la mia spalla- Stai bene? Vogliamo rimandare?-
Cazzo, no! È il primo giorno di registrazioni, posso farcela.
- Tutto a posto.- gli rispondo.
Tento di alzarmi, ma incespico- Resta a terra, dobbiamo ancora finire di montare.- mi dice Roger.
Gli altri mi stanno guardando.
Devo avere un aspetto pietoso, cazzo.
Annuisco e Roger si allontana, mentre appoggio la testa al muro per riprendermi.
Potrei sempre sfruttare quel momento per farmi venire in mente qualcosa…
…no.
Voglio riposare.
La mia mente ha bisogno di riposare cinque minuti.
- Allora, siete pronti? Dobbiamo iniziare, altrimenti non ci basterà il tempo.- urla Norman Smith, quello che ha sostituito Boyd e che ora sta entrando nella sala.
Cosa cazzo ha da urlare?
- Ci sentiamo benissimo.- gli rispondo, apatico.
Che strano, mi sento davvero apatico. Il trip avrebbe dovuto farmi venire qualche idea in mente, invece…
Ho recuperato le mie capacità motorie e mi alzo, seppur lentamente, mentre gli altri mi guardano come se mi stessero tenendo d’occhio. Sono abituato ad avere sguardi addosso, ma quelli dei fan. Pensano che abbia bisogno della balia?
Mi muovo, dirigendomi al microfono- Dobbiamo registrare, chi inizia?- dico, dando poi un paio di colpetti.
Quel tipo, Smith, decreta che inizierà la batteria.
Nick si dirige verso la sua strumentazione mentre noi usciamo dalla sala.
Aspettiamo con pazienza e siedo sul divano, sperando di recuperare un po’ di forze.
E mi addormento.
 
- Sveglia. Sveglia! Accidenti, ma che ha questo?-
Una voce che non conosco mi sta trapanando il cervello, tutto rimbomba come ogni volta che il trip finisce. Ma di solito sono a casa quando questo accade, sdraiato sul pavimento attorniato dai miei strumenti e pezzi di carta sparsi qua e la senza un ordine, buttati a terra semplicemente perché non trovo posto migliore dove appoggiarli.
Pensateci: siete appena stati riportati alla realtà dopo un trip.
Riuscireste subito a muovervi? Certo che no.
In questo modo, allungo un braccio e trovo la chitarra.
Stendo l’altro, ed afferro carta e penna.
Logico, no?
Pensano tutti sia strambo o pazzo, semplicemente non seguo le regole altrui ma ne creo di nuove a seconda delle mie esigenze. E, quando sono di ritorno da un trip sconvolgente come quello appena avvenuto, devo assecondare il mio corpo al fine di non sconvolgerlo ulteriormente.
Ma questo idiota che urla chi è?
Cosa vuole?
Sospiro – Che c’è?-
- C’è che tocca a te, alzati!- risponde quello. È quel rompipalle di Smith.
Che tipo petulante…
- Mi alzo, mi alzo.- borbotto, rigirandomi per dormire ancora cinque minuti.
Lo sento grugnire qualcosa simile ad un – Professionalità zero.- con Richard che cerca di calmarlo mentre Roger mi si avvicina- Ehi, è davvero ora di andare. Tocca a te, dai.- dice, a voce bassa.
Sa che ho bisogno di qualche momento per riprendermi, ha capito che ero in trip.
- Ancora due minuti, intanto perché non andiamo a bere qualcosa?- domanda proprio lui agli altri.
Sento Richard e Nick che approvano l’idea, mentre Smith li segue non proprio entusiasta.
Finalmente se ne sono andati.
Apro prima un occhio e poi l’altro. La luce mi infastidisce ed ho un gran mal di testa.
Sbuffo e cerco di alzarmi, ricadendo subito sul cuscino.
Che sonno…
Ma mi sforzo e mi alzo, aspettando che la vista riprenda a funzionare come al solito.
Ci mette un po’ ma giusto in tempo per farmi trovare pronto nella sala da Smith, che appare indifferente alla mia presenza- Cominciamo.- dice, facendo partire il playback sul quale registrare.
Sto cantando e penso di farlo bene, ma quel tipo mi ferma- Syd- inizia- devi cantare in maniera più fluida. Cerca di seguire il flusso del moog, non essere troppo scattoso, sembra tu stia andando in levare.-
Annuisco ma non cambio espressione. Accidenti, non riesco a concentrarmi come al solito.
Deve essere questa stanchezza che mi opprime.
Riprendo a cantare e… cos’aveva detto?
Quel tale mi ferma di nuovo- Syd- dice- non ci siamo capiti.-
Ripete le sue raccomandazioni ma io non lo sto ascoltando molto. Cosa sta succedendo?
Perché non riesco ad essere più reattivo? Che mal di testa…
Riprendiamo ma stavolta dimentico direttamente le parole.
- Basta, sospendiamo per oggi.- esclama Smith, spazientito.
Esco dalla sala a testa bassa. Non mi era mai accaduta una cosa del genere.
- Che ti succede? Sei malato?- è la prima cosa che Roger mi domanda, avvicinandosi. Sembra in ansia.
Si preoccupa per me? Che carino.
Sorrido per tranquillizzarlo- Sono solo molto stanco, sai… tutte queste cose, i concerti, questa vita sregolata… tutta questa pressione…-
- Beh, è la vita dei musicisti famosi e noi lo siamo. Tutto grazie a te.- risponde quello, il suo volto cavallino che mostra un grosso sorriso. Quando fa così, somiglia tantissimo a Mick Jagger.
- E voi siete contenti così? Vi piace questa vita?- domando. Sono davvero curioso di saperlo.
Lui mi guarda, estasiato- Scherzi?!? È la cosa più bella che ci potesse mai capitare! E dobbiamo solo ringraziare te, il tuo genio!-
Me?
Quindi è colpa mia se tutto ciò sta accadendo?
Sorrido, forse debolmente ma sono sicuro che penserà sia per via della mia stanchezza.
Roger si allontana, parlando con gli altri per le prossime sessioni ed io mi siedo, la testa tra le mani ed una grandissima emicrania a tormentarmi.
Voglio riposare, voglio dormire.
Voglio stare solo.
 
“Threatened by shadows at night,
and exposed in the light.
Shine on You crazy Diamond.”
 
Un'altra giornata ha inizio.
Una giornata costellata di prove, interviste e un’esibizione in serata.
Che palle.
Non che mi dispiaccia la celebrità, ma ne vale la pena?
Ho dormito tutto il weekend e non ho composto nulla, spero solo non mi facciano una testa così per questo.
Non sono nemmeno riuscito a dipingere.
Ho fatto un sogno dove era tutto colorato, un caleidoscopio di immagini e suoni, soprattutto suoni. Vorrei riportare tutto questo in un pezzo.
Mi alzo a fatica e mi avvio ai miei strumenti, sedendo a terra e cacciandomi una sigaretta tra le labbra. Ho la chitarra tra le mani ma non so da dove iniziare.
Da qui? No, suona stonato.
Da qui?
O da qui?
Si, qui.
Adesso devo solo… ecco. E se alzassi il volume?
Lo alzo.
E lo abbasso.
In successione, così.
Wow, davvero psichedelico. Sembra un trip anche questo, ma… voglio renderlo più… ancora più estremo.
Inizio ad alzare ed abbassare il volume incessantemente, giocando con la leva della mia chitarra, finché non salta una corda.
Quella corda…
Ne ho un’altra?
Anzi, no, me ne servono molte! Moltissime!
Inizio a suonare, scordando la chitarra e picchiettando sulle corde, come fosse un basso, come fossi Roger.
E poi le tiro sempre più, le tiro e le lascio andare, generando un suono che sembra un sorta di strappo.
Finché non saltano, una ad una, in modi diversi.
Sono riuscito a rompere tutte le corde, strappandole e creando un suono che non saprei descrivere.
Ma non voglio finisca subito e batto il pugno sulla cassa di risonanza per prolungarlo e far si che svanisca sfumando, esattamente come la fine di un trip.
Devo sottoporlo agli altri!
 
La mia idea è stata bocciata.
È passato qualche giorno e stiamo promuovendo il nostro primo lp, ma non ho voglia di parlare a nessuno. C’è Boyd!
Come gli è venuto in mente di lasciarci nelle mani di quel tizio lì, Smith?
Sono tutti amichevoli, beh, a me non va di esserlo, neanche un po’!
- Ciao, Syd!- mi saluta lui.
Non ho voglia di rispondergli. Cosa potrei dirgli? Quanto è stato stronzo?
Mi guarda, aspettandosi una risposta.
Ricambio lo sguardo ed ho un momento di vuoto.
Lo guardo, lo fisso ma non riesco a muovermi. Cosa succede? Ho come un black out nel cervello e lo assecondo.
Basta, sono stanco di tutto. Voglio tornare alla mia vita!
Senza contare che quelli della casa discografica premono per nuovo materiale, altre cose, innovazioni… gli ho dato l’anima, cos’altro vogliono?
Per colpa loro faccio viaggi sempre più lunghi, unicamente per trovare l’ispirazione per le nuove cose che chiedono in continuazione.
Ma non hanno una vita? Per loro è facile, ordinano ed io eseguo.
Syd, fai questo. Syd, fai quello. Non così, colà. Non colà, coquà.
Che vi colga un accidente!
- Syd? Stai bene?-
Boyd è ancora davanti a me?
Perché non me ne sono accorto?
Sono così incazzato da perdere il contatto con la realtà?
…ma sì.
Ma sì.
Basta.
Basta, sono stufo marcio.
Ho perso la mia vita per loro, per dare loro il successo.
Io neanche lo volevo, questo successo.
Adesso le cose inizieranno a girare come voglio io.
IO comando su me stesso, non la casa discografica. Non permetterò che loro sfruttino l’arte per soldi, hanno finito di speculare attirandomi con la celebrità, usandola come specchio per le allodole.
Sono stufo di essere un’allodola.
Voglio essere un diamante.
 
Me ne sto per fatti miei, quando qualcuno viene dalla mia parte- …Syd?!?- domanda, sconcertato.
Cosa c’è che non va?
Ho i capelli lunghi, ricci ed arruffati, un po’ di occhiaie e non riesco a coordinare i movimenti come vorrei, certo. Non sono più quello che dipinse il camioncino della band col nostro nome e neanche ho più voglia di parlare alle interviste come facevo spesso, saltando davanti agli altri, senza farli parlare, conscio del fatto che IO ero i Pink Floyd, solo IO avevo diritto di parola.
Cosa ne sapevano gli altri di cosa provavo quando componevo? Non avrebbero saputo dare risposte.
Senza di me i Pink Floyd non sarebbero nulla.
- Syd, sei davvero tu?-
Ancora questa voce, ma perché si stupiscono tutti di vedermi?
Guardo il tipo che mi sta parlando.
È un uomo avvenente, biondo, bel viso, chissà chi diavolo è.
E cosa diavolo vuole.
Me ne stavo così bene isolato dagli altri a pensare ai fatti miei, aspettando che l’ennesimo trip degenerasse, ed ecco che arriva questo scocciatore, questo…
...questo…
…questo.
…ma io lo conosco.
Lo conosco?
-…David?- domando, dubbioso- Sei… David Gilmour?-
Il mio amico d’infanzia David Gilmour?
Come ho fatto a dimenticarlo? Dimenticare il suo viso, il suo aspetto?
Che cosa mi sta succedendo? Ogni giorno che passa sono più stanco, più stufo, più alienato…
Sono sempre stato strano, è vero, ma sono sempre stati tutti abituati ai miei colpi di testa, alle mie stranezze. Del resto, gli altri sono degli architetti ed hanno una testa più quadrata della mia, sono più precisi, seguono schemi. Io sono un’artista, vengo dalla pittura e non seguo schemi predefiniti, sono caotico e seguo le mie emozioni a fine di imprimerle nella mia arte, musica o pittura che sia.
La mia musica è stata creata grazie alla spinta degli acidi, c’è tanta gente che si fa di acidi ma nessuno ha mai pensato di sfruttare questa potenzialità, questa nuova percezione nel mondo dell’arte.
Io si e sembra che sia stato l’unico.
Ma sono stanco.
Mi pento amaramente di ciò che ho fatto. Ora mi tocca sopportare tanta, troppa gente che pretende chissà cosa da me.
Cosa vogliono?
Che cosa cazzo vogliono tutti quanti?
Chi siete? Perché venite da me?
Chi sono io?
 
Sono rimasti tutti esterrefatti quando, due settimane fa mi sono presentato a Top of the Pops in pigiama. Perché, loro non lo indossano mai?
Ero stanco, sono sempre stanco, non mi andava di vestirmi e non l’ho fatto, semplicemente.
Appena tornato a casa, sono potuto tornare a dormire senza tanti complimenti.
A cosa serviva vestirsi? Sarebbe stato inutile, no?
Volevano invitarmi per la terza volta… ma che palle, possibile che non capiscano?
Ero molto seccato ed ho mandato altri a dire che, se non ci va quel mediocre di Lennon, non vedo perché dovrei andare io.
Ma chiamassero qualcun altro, che ne so, Pete Townshend, lì. Usa quei così, quelli che schiaccia, come si chiamano? I pedali, lì. È uno degli unici a farlo e poi spacca sempre tutto a fine concerto, anche lui produce suoni innovativi, nuovi, un fracasso che ci sta bene, no?
Ecco, andassero da lui, che vogliono da me?
Giusta stasera non posso stare in pigiama perché c’è l’ennesimo concerto.
Ovviamente non ho molta voglia ma me la farò venire lo stesso.
Siamo già sul palco, ma quando ci sono salito?
Oddio, tutta questa folla… iniziamo a suonare e va tutto bene finché una luce mi colpisce negli occhi e sento il bisogno di spostarmi.
Ma cos…?
Perché i suoni stridono così? Non sono come al solito, qualcosa non va.
Non vedo più nulla, non c’è più nessuno davanti a me, non sento più nulla.
Ho perso l’udito?
Così, all’improvviso?
Cosa mi succede?
Vedo Roger guardarmi esterrefatto mentre mi dirigo vicino all’amplificatore, tendendo l’orecchio per sentire se esce qualcosa.
Niente.
Mi siedo e cerco di alzare il volume ma ugualmente non sento nulla.
Roteo la manovella in direzione opposta.
Niente.
Non sento assolutamente nulla.
Alzo lo sguardo: la folla è tornata sotto di me, estasiati.
Perché sono felici? Cosa sto facendo?
Non sento nulla, vedo Nick suonare ma non sento la batteria. Roger plettra ma non sento il suo basso.
Mi sta dicendo qualcosa… o sta solo mimando col labiale?
Dio mio, cosa posso fare?
Cercherò d’improvvisare.
Continuo a muovere la manovella avanti e indietro e guardo fisso Nick, cercando di andare a tempo con i colpi che sferra al suo strumento.
Poi mi accascio sulla tastiera della mia chitarra specchiata ed ho l’idea di scordare la chitarra.
Devo suonare, non può mandare la chitarra.
Plettro, plettro anch’io seguendo i movimenti di Nick ed il plettro di Roger.
Continuo così, fino alla fine del concerto, cercando di buttare tutto sullo strumentale e dicendo di tanto in tanto qualche- Yeah.- poco convinto.
Alla fine del concerto mi alzo e non riesco a camminare dritto, avviandomi ondeggiante giù per le scale ed i camerini.
Resto seduto fisso, guardo nel vuoto e traggo un profondo sospiro: cos’è successo?
La porta sbatte, la sento distintamente e faccio un balzo alto così.
Ci sento…?
- Ma che cosa ti è saltato in testa?- Roger è furioso e si avventa su di me come un matto.
Già, cosa mi è successo?
Resto a fissarlo senza riuscire a battere le palpebre e gli altri si placano, guardandomi così.
Noto la loro furia tornare nei ranghi e, lentamente trasformarsi in spavento- Guarda i suoi occhi.- suggerisce Richard- Sono completamente vuoti.-
Vuoti?
Come fanno i miei occhi ad essere vuoti?
Ho visto, vissuto realtà di cui non conoscevamo l’esistenza, seguito onde anomale di colori complementari infrangersi sul muro del suono, creare distorsioni multicolori, fiori che nascono, crescono ed appassiscono a ritmo di musica, melodie ora alte, ora basse… ho visto bambine giocare, fiamme danzare, ho visitato lo spazio infinito catturando ogni particolare, ammirando esplosioni di stelle splendenti che quasi mi accecavano.
Cos’ho visto?
Mi chiedono cos’ho visto?
- Syd, ti senti male?- domanda Nick ma Roger interviene- Sono mesi che vai avanti così. Cosa ti sta succedendo?-
- Non lo so…- balbetto.
E già il balbettare mi fa tintinnare un campanello d’allarme. Non è da me.
Io sono sempre stato quello sicuro, quello che nelle interviste parla a raffica, e adesso?
Adesso cosa?
Adesso non riesco a dare risposte e mettere due parole in fila?
Andiamo, io sono Syd Barrett.
E sto perdendo la mia personalità. Perché?
- Credo tu debba consultare un bravo medico.- dice di nuovo Roger.
Io lo guardo e sorrido.
Non credo che un medico possa aiutarmi, non dopo quel che ho vissuto nei miei trip.
Forse la risposta sta proprio lì, nei miei viaggi.
Dovrei smetterla. E poi? E poi non sarei più in grado di produrre, comporre… cosa dovrei comporre, la normalità? E a che pro? La conosciamo tutti.
Non voglio creare robe normali e sentirmi dire – Oh, come sei bravo, Syd, è così somigliante.-
Grazie tante, non me ne frega niente di quello.
Voglio fare cose originali, cose mai viste, diverse. Condividere quel che la mia generazione vive, farla conoscere al mondo, esprimere me stesso, non quello che è di qualcun altro.
 
Ci hanno prenotato una vacanza e la casa, ovviamente, ha ripreso a rompere per nuova roba.
Gli ho consegnato quella robetta lì che mi è venuta rompendo le corde, ma non è andata loro bene.
I signori vogliono altro, materiale inedito, hanno detto loro, ed aspettano che torniamo da Formentera.
Ma vaffanculo.
Non ho voglia di fare nulla: c’è chi ha detto che mi ha trovato diverso dopo il successo di See Emily play, e ti credo.
Non ho voglia e non ne sono neanche più capace. Ogni mia idea viene rifiutata da Roger e così ho pensato di scavalcarlo e di andare dritto alla casa discografica, ma ormai anche quelli mi rifiutano tutto.
Che cosa dovrei fare?
Non lo so, ma mi godo la vacanza e per bel po’ non voglio pensare a niente.
 
“Now there’s a look in your eyes
like black holes in the sky.
Shine on You crazy Diamond.”
 
Sta di nuovo squillando il telefono, ma non ho voglia di rispondere.
Siamo tornati a casa da un po’, eppure mi sono chiuso in me stesso. Una volta ero amichevole, adesso no.
E non faccio altro che farmi trip su trip, uno dietro l’altro, tutto il giorno.
Ho un aspetto pessimo, a volte sto solo nel letto per ore, come adesso.
Ora che sta squillando il telefono.
Seguo la ritmica del suono.
Driiiiiiin.
Drrrrr-iiiiii-nnnn.
1-2-3.
1-2-3.
Pum.
Pum.
Cha.
Pum.
Pum.
Cha.
Pum-pum-cha.
1-2-3.
Pum-pum-cha.
Oh.
Ha smesso di squillare.
Simpatica questa cosa di fare rumore con la bocca.
Nick non è qui.
So che sono negli studi ma non ho voglia di andarci.
Non voglio sentirmi nuovamente pressato.
Ho delle idee in testa ma so che non andranno bene. Ultimamente nulla di me va bene.
Non mi capiscono, non mi comprendono.
Non capiscono che io sto male e quanto, fisicamente come prima cosa, poi anche mentalmente, ovvio.
Ci sono momenti in cui perdo l’udito e mi ritrovo a vagare in una bolla senza suoni.
Altri momenti in cui non controllo i miei muscoli e sto attimi interi senza battere le palpebre o muovermi. Oppure mi blocco su un movimento.
O ancora inizio ad effettuare movimenti ripetitivi, se sto riflettendo.
E perdo la cognizione dello spazio: improvvisamente mi sento a testa in giù e vedo, vedo tante cose.
Molte cose che vedo anche nei miei trip.
Sono in trip senza essere fatto. Stupefacente!
E cerco di scrivere, ma non riesco.
Non riesco più ad imprimere su carta quel che vivo, non ci riesco.
Perché?
Eppure ho aumentato le dosi per far contenti quelli della EMI, sono stato diligente ma non gli sta mai bene niente.
Maledetti!
Anche Roger ha iniziato a pensare a comporre qualcosa per il secondo album.
Vogliono rubarmi il posto!
Li ho affrontati e mi hanno risposto che no, non è così Syd, noi vogliamo aiutarti e basta.
Beh, grazie tante.
Quello è il MIO compito! Nessuno può rubarmelo e nessuno può sentire quel che provo io!
Tantomeno scriverlo.
COSA vorrebbero scrivere, esattamente?
COSA?!? EH?
Le loro musiche da architetti? Blues? ANCORA blues?
Non siamo mai stati bravi come i bluesmen ed abbiamo deciso di sperimentare per creare un nuovo contesto che ci avrebbe permesso di suonare, di esprimerci.
IO ho INVENTATO di SANA PIANTA TUTTO, tutte queste MELODIE, DISTORSIONI, musiche, PAROLE, le FAVOLE, le tracce, i pensieri, le VISIONI!
CAZZO!!!!!
Come hanno potuto dimenticarlo?
Li ho sentiti, li ho sentiti che parlavano di un ritorno alla normalità, di tornare ad un sound più blues, più normale, più adatto ai canoni di questa epoca. Più pulito, ecco la parola precisa.
E io?
Io rimarrò solo in questo pianeta psichedelico, fatto di visioni, suoni, allucinazioni.
Solo, come sono sempre stato.
Ero solo da creativo, sono solo da fallito.
 
“Well you wore out your welcome
with random precision,
rode on the steel breeze.”
 
Siamo in dicembre, l’anno volge al termine.
L’anno del nostro debutto, della nostra ascesa nel mondo delle rockstar ma anche del mio declino.
E ne ho combinate davvero tante al resto della band, me ne rendo conto.
Siamo tornati in tour nei Paesi Bassi e non ho suonato affatto. Fingevo.
In California, invece ho proprio dato di matto, fuggendo da un concerto a bordo di una Cadillac.
La gente in America è molto più esigente, lo so e non volevo affrontarla in questo stato.
Non volevo affrontarla e basta.
I miei trip non finiscono mai, vedo mostri ovunque, i miei sogni sono popolati da musica e visioni apocalittiche condite da paesaggi psichedelici. Il risveglio è un inferno.
Ed ho delle crisi atroci, crisi di panico…? Non so come definirle ma non ci sto più con la testa.
Mi sto chiudendo e non capisco nemmeno se lo stia facendo di mia spontanea volontà o per via della mia… pazzia?
È pazzia questa?
Sono malato? Di cosa?
Se fossi pazzo non mi renderei conto di essere malato, vero?
Sto… no, sono già impazzito.
Tutta questa pressione, questa fama, questa gente… tutto che ruota attorno ai soldi.
Io non volevo tutto questo, non volevo essere una macchina.
A me piace solo fare arte.
Io volevo solo sperimentare, non mi sarei mai aspettato una valanga di responsabilità, richieste su richieste. Io ho anche una vita al di fuori di questo mio ruolo nel mondo della musica.
Io non ho UN mondo, io ho TANTI mondi.
Possibile che non lo capiscano?
O forse non gli importa.
Proprio come ho risposto io a quell’intervista. Mi han chiesto perché, secondo me Apples and Oranges aveva avuto poco successo.
- Non me ne frega molto.- ho risposto, ed è vero.
Sto prendendo coscienza del fatto che ho problemi DAVVERO gravi, non posso stare dietro a quel che la gente pensa.
Mi sto… mi sono rovinato per questo lavoro.
Ne è valsa la pena?
Non lo so. Non lo so più.
Io volevo solo divertirmi, sperimentare, creare qualcosa di artistico semplicemente perché mi piace farlo.
Non ho mai chiesto di arrivare alle stelle per mano altrui, mi bastava andare e tornare grazie agli acidi.
Ne ho combinate talmente tante che ormai nemmeno Roger mi stima più. L’ho sentito parlare con King, ha detto che – Syd è un problema e va risolto, ne va del futuro del gruppo.-
Il futuro del gruppo.
Roger è rimasto accecato dalla fama, deve trovare a tutti i costi una sua strada.
È sempre stato testardo, non immaginavo fosse anche un debole.
Hanno preso quel tale che non riconobbi, quel mio amico, David Gilmour.
Sembra sia nel gruppo per “risolvere i miei problemi”. Perché adesso Syd crea problemi.
Scommetto che mi scaricheranno, a breve.
Perché, ora che Syd è malato, non serve più.
Ora che Syd è in difficoltà, non riesce più a creare, adesso non è più utile.
Ora Syd è un problema, un piantagrane.
Certo.
Bella cosa l’amicizia.
 
Gennaio 1968
 
Sono andati ad un concerto.
Sono andati a suonare e non sono passati a prendermi.
Nessuno mi ha detto nulla.
Che comportamento meschino. Questi sarebbero amici?
Mi sono presentato ad un concerto di testa mia. In realtà non avevo ancora capito ed ero disperato, solo, in preda alla depressione per via della morte definitiva della mia vena creativa.
Ma mi sono fatto forza. Ho guardato la scaletta- Hai un concerto, non deluderli ancora.- mi sono detto.
Così mi sono fatto una doccia, ho cercato di rendermi più presentabile possibile e mi sono diretto da loro, che stavano iniziando a suonare. Le loro facce nel vedermi sono state qualcosa d’indescrivibile e mi ha ferito molto il disappunto nei loro occhi- Come va?- ho chiesto, senza che nessuno mi rispondesse.
Ero pronto per suonare, davvero.
Volevo ricominciare e combattere le mie crisi, la mia misteriosa malattia. Magari avrei potuto seguire i loro consigli ed andare da un medico, mi pare me l’avessero consigliato.
Ma Roger venne da me.
Roger, che sembrava aver preso il potere del gruppo da quando io non c’ero più.
Ma da quando non c’ero?
Chi l’aveva deciso?
- Ci dispiace, Syd. Stasera non suonerai con noi.- mi ha detto Roger, gentile.
Quella schifosa gentilezza la ricorderò per tutta la vita.
Mi stavano scaricando.
Avevano deciso di soppiantarmi, cacciarmi, ed al mio posto avevano preso David.
David Gilmour.
In questo momento odio quell’uomo come non mai, ma in quel mentre non sono riuscito a mettere in fila una frase sensata. Cos’è che mi ha bloccato a tal punto?
Ho guardato delle interviste di appena un anno e mezzo fa, cos’è che mi ha cambiato così tanto?
Non capisco.
Qualsiasi cosa sia accaduta nella mia testa, ha fatto sì che la mia creatura mi sfuggisse dalle mani, volasse via, tra le stelle e lo spazio immenso nel quale ho sempre viaggiato io stesso.
Ho perso anche i miei amici.
Ho perso la mia vita.
Cosa mi resta?

 
5 giugno 1975, Abbey Road
 
Syd se ne sta seduto su un divano di pelle blu vicino ad altre poltrone dove tutti sono seduti.
Ci teniamo che ascolti la nostra ultima creazione.
Sappiamo che ce l’ha con noi, non immagina quanto sia stato doloroso doverlo estromettere dal gruppo, ma i suoi problemi erano davvero ingestibili, non sapevamo come porvi rimedio ed eravamo davvero tutti tanto, troppo giovani ed inesperti con queste cose.
Tuttora non sapremmo come prenderlo, ma istintivamente mi è venuto un groppo alla gola nel riconoscerlo in quest’uomo che è solamente l’ombra di colui che fu, il geniale ragazzo di Cambridge che ideò suoni psichedelici, trasferendo le sensazioni delle droghe in musica e rendendole di dominio pubblico, conquistando una vastissima fetta di pubblico londinese e non solo.
Non potevamo cacciarlo anche stavolta, non era possibile. Lui fisicamente non c’era ma la sua presenza ha sempre aleggiato su di noi, nei nostri lavori si avverte sempre la sua influenza, la sua pesante eredità, cosa difficile, davvero difficile da eliminare.
Syd non si rende conto, non può rendersi conto di quanto sia stato difficile gestire tutto questo, tutto quel che ci ha lasciato. Non avremmo mai voluto che finisse così, che lui stesse male e le cose prendessero questa piega.
Ma sarebbe inutile dirglielo.
Sarebbe inutile dirgli che tutto questo è grazie a lui, tutta la nostra produzione è ispirata a lui, le nostre ricerche, le nostre melodie, tutto, tutto quanto.
Sarebbe inutile dirglielo a parole.
Per questo abbiamo scelto di usare la musica, l’unica cosa che forse lui capisce ancora.
Non si sarebbe diretto qui, altrimenti.
Non sarebbe venuto a seguire le registrazioni.
Abbiamo inciso in poco tempo questo pezzo ed il suo embrione è pronto, possiamo farglielo ascoltare.
- Non abbiamo più avuto notizie di te.- dico, mentre sistemo il nastro per fargli ascoltare il pezzo, una delle canzoni a lui dedicate.
Syd si limita a fare spallucce- Non era necessario che ne aveste.- risponde.
Ancora ce l’ha con noi. Logico, lo abbiamo cacciato dal gruppo.
Cosa lo ha portato alla sua cacciata, ormai è storia, tutti lo sanno anche se nessuno riesce ancora a darsi una spiegazione ai suoi comportamenti bizzarri.
Anzi, si.
Qualche medico ha parlato di effetti devastanti degli acidi sul cervello, che viene irrimediabilmente danneggiato. Se ci sono persone predisposte per fattori genetici a malattie mentali, per dire, ci si può “restare sotto” ed avere allucinazioni per lunghi periodi senza consumare la sostanza.
In buona sostanza, sembrerebbe che Syd sia stato vittima di questa cosa, tra le tante. Ma non possiamo dirlo con certezza, in quanto non si è mai fatto visitare.
Ora se ne sta buono, buono ad aspettare- Dopo andremo a mangiare insieme.- dice Roger, contento di averlo tra noi.
Sembra quasi che sia tutto come prima, loro sono di nuovo insieme e siamo davvero felici che sia qui con noi. Vogliamo assolutamente il suo parere, è importante.
La musica parte e sono molto emozionato.
Scruto più volte l’espressione di Syd, che resta impassibile. Faceva così anche negli ultimi tempi, sembrava sempre apatico.
Non mi stupisco.
Dopo aver ascoltato il tributo che abbiamo composto esclusivamente per lui, Syd non dice nulla.
Ci alziamo e decidiamo di andare allegramente a mangiare, tutti insieme, come una volta.
La strada è breve ed il pranzo passa in fretta, sicuramente il tempo viene influenzato dalla sua presenza. Non vuole dirci molto sulla sua vita privata, ci dice solo che stava per sposarsi ma non è andata e così ora vive solo ed ha il frigo pieno di carne di maiale.
Roger non dice nulla, ma so che una volta lo vide acquistare tre buste di dolciumi. Syd lo scoprì e le lasciò cadere a terra per fuggire. Me l’ha raccontato Roger stesso.
Proprio Roger si volta verso di lui- Allora, non ci hai detto nulla di cosa pensi sul pezzo che ti abbiamo fatto ascoltare.-
Syd lo guarda di sottecchi e ci mette un po’ a rispondere, anche se non sembra minimamente emozionato- Suona un po’ vecchia.- si limita a dire, riprendendo a mangiare.
Noi ci guardiamo: nessuno sa cosa dire e nessuno ha capito se gli piace oppure no.
È così cambiato, così solo, anche mentre è in mezzo a noi.
Ma siamo comunque tutti contenti di averlo nuovamente qui, anche se non si può certo dire che conduca una vita normale, anzi.
Vive da recluso, non ama la compagnia, non ama farsi vedere.
È stato schiacciato dal suo stesso genio.
Mi alzo per andare a pagare il conto, oggi offro io. Ogni giorno tocca offrire a qualcuno e la cosa non ci dispiace, anzi, ci prendiamo sempre bonariamente in giro in proposito.
Pago col sorriso sulle labbra perché sono davvero, davvero felice di aver offerto un pranzo a Syd e non vedo l’ora di scambiare ancora quattro chiacchiere con lui.
Ma, quando torno non lo vedo- Dov’è Syd?- domando.
Roger si volta subito e non lo trova.
Tutti ci guardiamo attorno, senza vederlo.
Ci alziamo e andiamo a cercarlo in lungo e in largo, chi in bagno, chi nel parcheggio, chi agli studi, chi per la strada.
Niente.
Syd se n’è andato.
Stavolta di sua spontanea volontà, quasi volesse prendersi una rivincita.
Syd ci ha lasciati e stavolta temo che non lo rivedremo mai più.
 
“Come on you raver,
you seer of visions,
come on you painter, you piper, you prisoner
and shine!”
 

 
FINALMENTE abbiamo avuto il via libera per pubblicare le storie per il contest.
Non ne sapevo molto dei Pink Floyd, a parte The Wall (che non considero nemmeno Pink Floyd, ma Roger Waters e basta).
Quando è stato indetto questo contest, io che sono una drogata di musica dall'età di 4 anni, ho immaginato subito ottomila pezzi. Ma nessuno mi sembrava adatto, erano tutti fini a sé stessi, pubblicati per proprio autocompiacimento.
Poi ho ascoltato per caso questo pezzo, Shine on you crazy diamond, ed è stato come essere colpiti in piena faccia da un mattone. Ed uso la parola faccia solo perché rende meglio l'idea.
Una tristezza infinita. Solitudine, malinconia, senso di colpa, c'era DI TUTTO in quel pezzo.
Ho letto che era per Syd Barrett.
"E chi cazzo è Syd Barrett?" mi sono domandata.
Mi sono documentata per qualche giorno e poi sono partita.
Una storia triste la sua ma anche affascinante. A chi non piace essere un'artista? Va così di moda, ora come ora, chiunque farebbe di tutto per emergere dalla massa.
Ma essere diversi è male, non un bene. Essere diversi davvero ti fa stare male nell'intimo, nel profondo, non pensi ad altro semplicemente perché, prima o poi anche chi ti vuole bene ti abbandona. Così è successo a lui e mi sono domandata quanto si possa essere sentito triste, deluso, abbandonato, solo, depresso...
"Povero Syd." 
Forse non sono riuscita a rendere bene l'idea, ma volevo provarci.
Mi dilungo troppo :)
Lascio il link al pezzo e vi saluto -> https://www.youtube.com/watch?v=bT7bbgsyzKc <-
Grazie a chi leggerà la fic.
Alla prossima


- A.
 
   
 
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