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Autore: Giorgia Alfonso    07/05/2015    1 recensioni
"Lontano dagli occhi lontano dal cuore", un motto che potrebbe confermare Gemma Brizzi. Passare dalla piena felicità ad una voragine di sentimenti cupi, contrastanti e senso di perdita, ma non volersi arrendere nemmeno per un secondo. Nemmeno per un attimo di riposo. Eppure, colui che l'ha spinta dentro quel buco nero è l'uomo che un tempo avrebbe considerato la sua stessa vita. Tanti sacrifici buttati in aria, tanti viaggi affrontati solo per lui. E quel fato diabolico che sembra volerle dare un'altra possibilità, un'ultima partenza, un ultimo arrivo, un ultimo viaggio, un'ultima occasione ... per riprendersi quell'amore apparentemente perduto.
Seoul, la grande città coreana che di primo acchitò la spaventò tanto, giungendo lì per una vacanza che, in teoria, doveva essere semplice relax. Invece si era rivelata una manna ... per lo meno inizialmente. Ora invece, tornare a calpestare quel suolo potrebbe portarla alla rovina più completa o ad un nuovo inizio.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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30 Capitolo








«Non so bene cosa sia successo!» Urlò terrorizzata al telefono. «L’hanno portata in ospedale! La prego, potrebbe accompagnarmi? Non ce la faccia ad andare da sola. La chiamata era di un medico. Potrebbe essere grave!»
«Esattamente dov’è in questo momento?» Rispose la voce maschile con un cenno di inizio di panico.
Sarah Kim si guardò attorno. «Sto venendo da lei, ma sono ancora a Sinchon. Possiamo vederci alla fermata degli autobus di Hongdae? Sono quasi arrivata!»
Song Rok si scostò le mani di Sae Bom dal corpo, alzandosi nervosamente. «Purtroppo non sono in zona al momento, quindi ci metterò una mezz’ora, ma cerco di fare il più presto possibile.»
La bella collega nel frattempo rimase seduta sul divanetto. «Qualcosa non va? Salta anche questa volta?» Aveva già capito a grandi linee come sarebbe andata a finire la serata e di questo ne era infastidita.
Im Song Rok non la guardò nemmeno, si spostò verso l’uscita. «E' un’emergenza.» Non pronunciò altro, non era necessario spiegarle tutto, non erano affari che la riguardavano dopotutto. O forse a Song Rok non importava e non voleva renderla partecipe, dandole spiegazioni. La lasciò salutandola con un minimo cenno del capo.
Il traffico era limitato vista l’ora, ed in trentacinque minuti giunse a Hongdae, fermandosi in sosta per permettere a Sarah di salire. Dieci minuti più tardi arrivarono insieme all’ospedale dove era stata portata Gemma Brizzi. Vennero accompagnati poi dal medico nella camera della paziente, entrambi senza togliere dal volto quella maschera dall'espressione contrita, seriamente preoccupata.
Lei sembrava stare piuttosto bene in verità. Semplicemente … dormiva. La testa fasciata da una benda e un enorme cerotto sul dorso della mano.
«Dalla tac non sembra aver riportato gravi lesioni», cominciò il suo discorso il medico osservando nuovamente la cartella clinica, « quindi per ora dovrete solo aspettare pazientemente. Trattandosi del cervello la situazione è piuttosto imprevedibile, anche se non ci sono lesioni. La paziente sta dormendo, tecnicamente il suo stato viene chiamato coma e non sappiamo quando potrà risvegliarsi, potrebbe essere comunque questione di ore o pochi giorni. Non si può risvegliare un paziente dallo stato di coma e lei per ora non risponde agli stimoli, ma rimaniamo fiduciosi.» Si spostò verso l’uscita, vedendo che i due avevano recepito il suo messaggio. «Appena la paziente si sveglierà controlleremo ancora le sue condizioni, ricordatevi che la mente può giocare strani scherzi. Potrebbe non ricordare quel che è successo o riportare altri disturbi.»
Sarah stringeva la sporgenza del letto, mordendosi le labbra per trattenere le lacrime. «Che diavolo hai combinato? Sciocca.»
«Dottore aspetti!» Song Rok si avvicinò al medico, « cosa le è successo esattamente?»
Egli scosse la testa, «qualcuno sembra aver chiamato il primo soccorso dopo aver trovato Gemma Brizzi a terra. Altro non sappiamo, chi ha lanciato l'allarme non era sul posto quando è giunta l’ambulanza. Crediamo che la ragazza sia caduta, sbattendo appunto la testa. Era distesa vicino ad una muretta.»
«Non …», gli venne improvvisamente un dubbio atroce, «… aveva bevuto vero?»
«No, negativa al test dell'alcool e droga.»
Con quell’unica conferma l’uomo in camice bianco aveva spazzato via ogni sentore negativo, rincuorandolo un po’ e risollevando di un pelo la sua coscienza, timorosa di aver causato lui stesso quell’incidente, inducendola a soffocare i suoi problemi nel bere. Ma nonostante questo non si liberò certo del senso di colpa che lo affliggeva.
Non poté far altro che annuire e ringraziare, tornando al letto della paziente. Si sedette accanto all’addormentata, proprio di fronte a Sarah, che le stava tenendo la mano ferita, liberandosi finalmente in un pianto di preoccupazione.
«Svegliati!» Cercava di spronarla, «che diavolo hai fatto? Dov’eri? Perché?» Si asciugò le lacrime, tornando a mostrarsi forte. «Okay ora basta. Gemma, i medici dicono che stai bene. Quindi forza, vedi di svegliarti presto, eh?! Dormire troppo fa male.»
Il direttore stette in silenzio ad osservare la scena e il volto pacifico della giovane distesa sul letto. Continuava a ripensare a come l’aveva trattata quella sera e si tormantava chiedendosi se non fosse stata davvero un po’ colpa sua. In fin dei conti, se non l’avesse lasciata scappare in quel modo, se non l’avesse indotta ad andarsene dalla noraebang, se solo l’avesse seguita per chiederle scusa e chiarire, forse …
Rimasero tutta la notte con lei, in un mesto e speranzoso silenzio. Ad un certo punto Sarah si addormentò sopra l'arto dell’amica, senza staccarsi un attimo. Si era ripromessa di non piangere più, perché non c'era motivo di farlo. Gemma aveva solo bisogno di dormire un po’. Ultimamente si era stressata troppo, dunque una pausa non poteva farle male. L’indomani era certa che si sarebbe risvegliata.
Im Song Rok attese proprio il momento in cui l'italo croreana si abbandonò alla stanchezza, per poter stringere la mano dell'addormentata a sua volta, massaggiandole le dita infreddolite.
«E’ colpa mia?» Chiese. Lo sguardo tenuto perennemente in basso. «Sei ancora arrabbiata con me? Se me ne vado ti svegli? La tua amica è davvero in pensiero e … anche io.» Alzò il volto per osservare il viso della giovane donna. «Scusami. Scusa per questa notte, non ti ho trattato bene … Se non ti avessi fatta scappare in quel modo forse ora non saresti qui, in questo letto di ospedale.» Si sporse, continuando a mantenere il contato con lei, allungando l'altro braccio sopra la nuca, per poterle accarezzare la fronte mezza fasciata. «Svegliati per favore. Hai ancora un ragazzo da riconquistare, ricordi? Per non parlare del fatto che mi devi un sacco di soldi.» Scherzava, si sforzava, ma l'espressione sul volto era perennamente contrita.


 
****


La mensa dell’ospedale era ricca di prelibatezze tipiche del luogo, ma Im Seong Rok e Sarah Kim non sembravano aver appetito. Specialmente lei non avrebbe voluto lasciare Gemma sola in camera, ma fu il direttore stesso a consigliarle di scendere e mangiare con lui qualcosa di sostanzioso. Sforzarsi per lo meno, perché dovevano comunque riprendere energie dopo la notte passata tra sonno irrequieto e lacrime.
Così scelsero una zuppa di alghe semplice, la mioku, con del riso e un po' di kimchi come contorno. Mangiare in ospedale non era il massimo, ci si sente un po' ammalati anche se in perfetta salute, ma alla fine era come se già si sentissero infetti loro stessi di una triste malattia.
Si sedettero l’uno di fronte all’altra, sollevando a stento lo sguardo dal povero piatto, ma pur sempre sostanzioso. Assaggiarono in primi bocconi di malavoglia, senza proferire parola.
La prima a spezzare quel mutismo fu Sarah: «Secondo lei è normale che non abbia ancora aperto gli occhi?» Con il cucchiaio mescolava la zuppa insistentemente. «Voglio dire, pensavo di ritrovarla sveglia stamani e invece … »
«Hai sentito i medici. Quando si tratta del cervello anche una piccola botta può creare problemi, eppure gli esami non hanno rivelato nulla di preoccupante per cui ... » Nemmeno lui sembrava aver chissà quale appetito. Si era soffermato sul riso con le bacchette, quando lasciò la preso posandole malamente sul tavolo. Sospirò nervosamente, prima di gettare il sacco: «Ieri sera, prima che accadesse tutto, c'eravamo visti.» Esordì, liberandosi di qualcosa che aveva trattenuto anche troppo. «Non l'ho trattata bene e ho lasciato che se ne andasse. Avevo bevuto troppo ed ero arrabiato con lei perciò … mi sono comportata da vero stupido.»
Sarah lo osservava cercado di cogliere il significato tra le righe. «Che sta succedendo tra di voi?»
Alzò lo sguardo appena, quasi timoroso. «Niente ...» rispose velocemente, tornando ad impugnare il cucchiaio e sorseggiare finalmente la zuppa. “... solo un errore” aggiungendo nella sua mente.


 
****


La porta si aprì lentamente, come se la persona dall'altra parte si mostrasse titubante nel spalancarla o meno. Infatti si soffermò di fronte alla stanza, indecisa se entrare o meno. Quell'antro asettico, dalle pareti color crema, illuminate dalla luce tiepida del mattino era vuoto. Non vi era nessuno oltre a colui che era appena entrato e un letto occupato dalla paziente, vicino alla grande finestra dalle tende tirate.
Il giovane temeva che Gemma fosse in compagnia, quindi fino a quel momento aveva evitato di presentarsi al suo cospetto. Oltretutto era spavantato dalla reazione che la ragazza poteva avere una volta trovatasi di fronte al colpevole di quel spiacevole incidente. Invece contrariamente a quel che pensava, la sua ex fidanzata dormiva ancora. Era nello stesso identico stato di quando l'aveva lasciata, appena era giunta l'ambulanza in suo soccorso.
«Cosa fai ancora qui?» Domandò mentre si sedeva accanto al letto. «Perché stai ancora dormendo?» Aspettò la risposta invano. Forse sperava che fosse l'ora del pisolino, che avesse chiuso gli occhi per un attimo, ancora sottosopra a causa della ferita alla testa. «Scusa ...» per quanto potesse trattenerle, alla fine le lacrime sfuggiro al suo volere. Impossibile reprimere quella preoccupazione che lo attanagliava, miscelata anche al senso di colpa per quanto accaduto. «Ti prometto che non soffrirai più. Sistemeremo le cose, tornerò da te, lo giuro, quindi ora svegliati.»
Supplicando singhiozzante, non si accorse che l'uscio era stato aperto e due persone serano rimaste interdette a causa della sua presenza. Quando il suo sguardò notò le due figure appena giunte, sollevò il volto dal braccio di Gemma, dove l'aveva posato, stringerole una mano dolcemente, come se fosse stato colto in fragrante a fare qualcosa di sbagliato.
Sarah Kim lo stava fissando con un'espressione di rimprovero in quegli occhi ormai stanchi, provati dal pianto e dalla pessima nottata passata al capezzale dll'amica. «E tu che diavolo ci fai qui?» Domandò subito la ragazza, alzando la voce lentamente. «Con quale diritto?» Ma Yon U era troppo impegnato a fissare con astio l'uomo al suo fianco. «Esci subito da questa stanza!»
Proprio in quel momento si alzò, come se volesse dare retta all'ordine della ragazza. In verità non ubbidì affatto. Invece preso da un impeto di rabbia quasi non afferrò per il colletto il direttore Im, scegliendo chi frontare, digrignando i denti furiosamente. «Piuttosto lui! Se io non ho il diritto di stare qui, lui ne ha ancora meno.»
Sarah quasi si contrappose, parandosi in mezzo tra i due uomini. «Lui è-»
«Io!» Urlò il ragazzo interrompendola volutamente, « … io sono il suo … » si fermò per un attimo, non riuscendo a mettere una sigla, di sole due lettere, davanti alla parola “fidanzato”. «Ho passato quattro anni con questa ragazza, lui invece? Chi diavolo è per lei?»
Song Rok non proferì parola, perché effettivamente in quel momento si sentiva in difetto. Chi era lui per stare in quella stanza, bella domanda. Un amico? Un amante? Un conoscente o uno sconosciuto?
«E' solo un attore.» Esordì Jin Yon U, rispondendo al posto dell'interessato, attirando gli sguardi sorpresi dei presenti. «Io e Gemma ci siamo visti ieri sera e mi ha confessato tutto.» Vide l'apparente rivale deglutire nervosamente. Sbuffò divertito, «mi ha raccontato il motivo per cui ti ha ingaggiato. Solo per far ingelosire me.» Era riuscito a colpire il ciarlatano davanti senza usare la violenza fisica, si sentiva vicino alla vittoria e per questo cominciò a scagliere i pugni chiusi in una morsa dolorante. Sorrise contento.
Fu Sarah ad utilizzare le mani invece, spingendo il petto rigonfio di boria di Yon U. «Vattene.»
«Perché dovrei?» Ribatté lui pronto e spavaldo.
«Qui tu non servi.» Le lacrime tornarono a striarle le guance, ma questa volta si trattava di un misto tra rabbia e disperazione. Vedere quella persona lì e ricordare che Gemma era ancora incosciente in quel letto la faceva impazzire. «Tu hai lasciato Gemma con un messaggio! Hai gettato via tutto quello che lei ha fatto per te senza nemmeno guardarla negli occhi. Hai ferito enormemente i sentimenti della mia amica e vederti mi da i nervi. Non lo accetto! Sparisci!» Tra le urla di Sarah nessuno si accorse di un piccolo particolare.
«Basta … » La voce spezzata da una gola troppo secca per proferire correttamente la parola, bloccò il battibecco in atto. «Basta … voi due … », provò a dire nuovamente.
La bella addormentata si era finalmente svegliata. La potevano ben vedere, ancora distesa sul materasso, con gli occhi socchiusi, la testa ancora bendata e le mani che massaggiavano la fronte.
«Ho un cerchio alla testa, potete fare silenzio?» Aprì un occhio, sforzandosi di mettere a fuoco. Il viso di Song Rok lo trovò visibilmente sollevato, come quello degli altri due. Yon U che da prima le voltava le spalle, si era girato e stringeva i bordi del letto e Sarah stava piangendo, ma aveva un mezzo sorriso sulle labbra. Cercò di mettersi a sedere da sola con un movimento ciondolante. Il suo ex si offrì subito di aiutarla. Era scattato anche Song Rok nell'immediato, ma si era trattenuto perché anticipato dal ragazzino, molto più vicino a Gemma di quanto lo fosse lui … in tutti i sensi.
«Che è successo? Perché avete tutti quelle facce?» Domandò colei che apparentemente doveva sapere meglio di chiunque altri cosa le fosse accaduto. Ma c'era qualcun altro li presente che conosceva molto di più sulla realtà dei fatti.
Sarah le si avvicinò mostrandosi felice, triste e infastidita allo stesso tempo. «Questo dovremo chiederlo noi a te! Sei rimasta in coma un intero giorno!» Le prese una mano, stringeola forte.
«Eppure non mi sento affatto rilassata.»
Sapeva di poter osare con le battutacce, l'amica non l'avrebbe colpita dato il suo attuale stato. «Non scherzare!» Questo non le impediva di rimproverarla a voce. «Che è successo ieri sera?»
Gemma sospirò, guardando per un attimo il ragazzo alla sua sinistra, quello con lo sguardo più colpevole di tutti. «Beh, non che ricordi molto, ma … Credo di aver avuto un giramento di testa. Perciò sono caduta.»
«Ragazzaccia! Ci hai fatti spavantare a morte lo sai?» Gli occhi di Sarah Kim si rendevano ancor più malinconici quando erano colmi di preoccupazione.
Annuì sinceramente dispiaciuta. «Scusate.» Ma sollevando lo sguardo verso Song Rok si sorprese nel vedere un volto imperturbabile come una maschera di cera. La stava ancora fissando dritta negli occhi, ma non sembrava voler rivelare le sue vere emozioni. Eppure c'era una luce pietosa che rifletteva in quegli occhi mandorlati. «Non hai le prove a teatro oggi?» Domandò all'uomo che fino a quel momento non si era permesso di fiatare. «Sei molto impegnato in questi giorni, quindi non ti sentire obbligato a star qui. Vai se devi andare.» Lo spronò, cercando di non fargli cogliere nessuna emozione, proprio lo stesso atteggiamento che aveva adottato lui. «Appena starò meglio vengo a vedere lo spettacolo. Ma sappi che se non mi piacerà questa volta riceverai dei pomodori in faccia.»
Anche se non aveva nessuna voglia di ridere, Im Song Rok le mostrò comunque un sorriso lieve.
«E visto che ci siamo ...» toccò un braccio dell'italo coreana, «potresti uscire un attimo anche tu? Vorrei che mi asciaste sola con Yon U.»
Sarah rimase scioccamente perplessa: «Perché mai?»
Gemma non aveva nessuna voglia di supplicarla. Sospirò, rispondendo: «Lasciaci un attimo soli.»
Storzando il naso l'amica ubbidì. «Okay, intanto vado a chiamare il dottore.» Rispose spostandosi lentamente verso la porta, voltandosi di tanto in tanto per fissare i due ex fidanzati, ancora vicini.
Anche Song Rok seguì la ragazza. «Io invece sono qui fuori.» Sottolineò mestamente.


 
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31 Capitolo








Deglutendo faticosamente, Jin Yon U si sedette accanto a Gemma, che gli stava rivolgendo uno sguardo interrogativo e quasi di riprovero materno. Non aveva il coraggio di affronterla, perciò continuò a fissare le coltri bianche che le ricoprivano le gambe.
«Mi hai portato tu in ospedale?»
La domanda lo costrinse ad alzare il capo e incrociare finalmente quegli occhi chiari. «E' stata colpa mia ...» sentì la sua stessa voce vuotare il sacco senza realmente riflettere, « … è stata … colpa mia. Tutta colpa mia Gemma.» Dai suoi occhi che credeva aridi di lacrime, cominciarono ad uscire piccole gocce. Iniziò così un lieve pianto silenzioso, che oltreutto durò poco. «Ti chiedo scusa. Perché quanto è accaduto … è stata colpa mia.» Anche la voce cominciava ad affievolirsi. «Mi hai spaventato.» concluse riabbassando la testa e sospirando privo di forza.
Non l'aveva mai visto piangere prima di allora. Quattro anni insieme, se pur saltuariamente fisicamente vicini, ma Yon U non le aveva effettivamente mai mostrato il suo lato debole. Mai pianto di fronte a Gemma Brizzi, tanto che lei non lo credeva capace. Colta quasi dalla compassione, allungò un braccio, per poter accarezzargli una guancia, asciugandola un po' da quella tristezza.
«Non importa Yon U. E' solo una botta da niente.»
Lui afferrò la sua mano quasi nell'imediato, sussurrando: «Mi occuperò io di te ora! Te l'ho promesso.»
Ma Gemma non comprese esattamente l'entità delle sue parole. Si limitò a corrucciare la fronte, attendendo una spiegazione.
«Ti avevo promesso che se ti fossi svegliata sarei tornato da te, perciò ...»
Rimase sorpresa da quella confessione e si sentì quasi spaventata dalla cosa. Una strana sensazione di malavoglia contrastò quel che sembrava volere il suo cuore. «Al dire il vero … » non era sicura di quel che voleva seriamente. Una volta la certezza era a portata di mano, ma d'allora né era passata di acqua sotto ai ponti. «Yon U, io mi sono abituata a stare senza di te.» Era cambiato qualcosa in lei, sicuramente e non a causa della botta presa in testa, il cambiamento era avvenuto molto prima. «Mi chiedo dunque … possiamo davvero tornare indietro?» Domanda errata, doveva porrla diversamente: voglio tornare indietro? Ma in quel momento vagava in una valle sconosciuta dove i sentimenti erano incerti.
Il giovane si alzò di scatto, prendendole il viso tra le mani delicatamente. «Ora non ragionare su queste cose. E' chiaro che non sei in te.» La baciò sulla fronte. «Vado a vedere se Sarah ha chiamato il dottore. Aspettami qui.» Lasciò la presa su quelle guance ed uscì senza voltarsi. Sembrava voler scappare nuovamente da lei, ma questa volta forse lo fece proprio per rimanere al suo fianco e non per lasciare nuovamente la presa.


Appena il ragazzino uscì dalla stanza, Mr Im si alzò dalle poltrone della sala d'attesa. Gli si avvicinò con passo sicuro e sereno, anche se dentro di lui c'era tutt'altro che un mare calmo. «Il medico arriverà a momenti, ho mandato Sarah a prendere qualcosa da bere per Gemma.» Le onde si infrangevano negli scogli, indice di un tormento, forse l'arrivo di una tempesta.
«Vattene.» Jin Yon U era rimasto immobile, come paralizzato. I pugni chiusi e il corpo rigido, la testa china. La sollevò solo dopo aver preso il coraggio necessario, guardando quel volto sicuramente più maturo del suo. «A quanto pare siamo tornati insieme.» Esordì, notando un lieve spasmo in quell'espressione tanto fredda e indifferente. «Abbiamo parlato ancora una volta della nostra situazione e … ho sbagliato. Mi sono reso conto di essermi comportato da moccioso con lei, evitando le responsabilità, ma ora voglio riavere quel che ho perso.» Fece una pausa, per rimettere in ordine le sue idee, sperando che l'uomo di fronte non intervenisse con chissà quale predica.
«“Voglio riprendermi quel che ho gettato”, forse intendi dire questo.» Song Rok si permise di dire solo questo. «Credo che tu ti sia espresso male-»
Ma venne interrotto poco dopo: «Fai bene a pensare che non me lo merito, ma .. è lei a volerlo. Lei vuole perdonarmi e darmi una seconda chance. Anzi lo vogliamo entrambi.» Questa volta sembrava averlo zittito sul serio, «vedere Gemma accanto a te mi ha dato parecchio sui nervi. E scoprirla in un letto di ospedale mi ha fatto tremare di paura. Tutto ciò non può essere che amore, giusto? Lei è ancora molto importante per me, ne sono consapevole ora più che mai.» Deglutì per lo sforzo, compiaciuto però di come stava affrontando il nemico. «Gemma non prova nulla per te, questo lo sai vero? Lo dico perché sembra che tu invece-» si fermò da solo. Sospirò decidendo di lasciar perdere e non infierire ancora. Inoltre era meglio non provocare un uomo innamorato, se davvero lo era. «Comunque, che tu tenga a lei come amico o come uomo, se le vuoi davvero bene, lasciala andare. Non accollarti a lei e lasciaci riviere la nostra storia.»
Song Rok annuì innervosito, abbassando il capo per smascherare emozioni che potevano fuoriuscire comunque dalle sue espressioni facciali. Poi sicuro risollevò il volto. «Se è questo che vuole lei … » rispose quasi con un tono arrogante al ragazzetto. «Se vuoi e credi che questo possa aiutarvi, posso sparire come hai fatto tu! Che ne dici? Devo trattare anche io Gemma come un sacco della spazzatura e disfarmene?» Quella era chiaramente una provocazione, eppure c'era qualcosa che suggeriva a Song Rok di lasciare il campo, estraniarsi da ogni faccenda. «Io e lei ci siamo conosciuti per caso e pian piano siamo diventati confidenti … amici. Credo di sapere molte più cose su di lei di quante non ne sappia tu. Visto come la trascuravi. Anzi, in effetti so anche molto sul tuo conto.» Gli si avvicinò quasi minaccioso, scrutandolo negli occhi, tanto vicino che i loro nasi quasi si toccavano. «Per questo immagino già che tu possa ricadere nell'errore. Quindi ti avviso: ti tengo d'occhio. Vedi di non farla più soffrire, se no vengo a prenderti a pugni personalmente. In cambio, se Gemma rivuole davvero la sua storia d'amore com'era in passato, io mi farò da parte, ma sappi che sarò sempre nell'ombra, pronto ad azzannarti al primo passo falso.» Concluso il discorso, Mr Im si scostò appena dal ventitreenne, urtando spalla contro spalla, lasciando quel luogo.
Prima di recarsi all'uscita dell'ospedale però mandò un messaggio a Gemma:


 
Vuoi davvero tornare con quel ragazzino?


Gemma lo ricevette subito, ma non sapendo bene come rispondere, lesse e rilesse quella domanda all'infinito, senza voler dare spiegazioni, senza poter dare alcuna conferma o, al contrario, dissentire. Non capendo bene come doveva comportarsi con entrambi e cosa doversi aspettare da loro.
In fin dei conti solo Yon U si era nuovamente dichiarato a lei, ma Song Rok? Faceva sul serio? Oppure era solo un amico del quale era caduta troppo facilmente tra le braccia? E lui stesso si era pentito di quella debolezza, considerandolo solo un errore o tratteneva dentro di sé qualcosa di più?


 
Commediante

Allora … rimettiti presto.

Lesse anche quel nuovo messaggio più e più volte, pentendosi di non aver dato risposta precedentemente. Lo aveva fatto attendere troppo e avrebbe fatto lo stesso in futuro.
Le dispiaceva, certo, ma la testa le doleva, le emozioni la sconcuassavano e la voglia di mandare a fanculo tutti gli uomini possibili su questa terra la sovrastava.


 
****


Rimanere per troppo tempo ricoverata non giovò al suo umore. Spesso si trovava a mutare come cambia la luna: se un momento poteva dirsi rilassata, quello successivo veniva scossa da un forte nervosismo o dalla noia più cieca. In quei quattro giorni Sarah Kim e Jin Yon U dovettere sottostare ad ogni suo minimo cappriccio ed entrambi speravamo che al loro turno, l'altro avesse compiaciuto abbastanza la “padrona”, da non doversi per forza di cose sentirsi degli schiavi. Logicamente i due non potevano vedersi in faccia, quindi si erano organizzati per fare visita alla paziente in tempi diversi.
Oltre a loro nessun altro si ripresentò e forse era proprio questo il motivo che giocava a loro sfavore: Gemma era irrequieta a causa di qualcun altro.
«Song Rok?»
Le venne posta finalmente la tanto attesa domanda. Alla quale non rispose prima di aver sospirato. «Non so. Immagino sia tanto impegnato con il teatro.» Era stata Sarah a porgliela.
In quel momento l'italo-coreana era rapita dall'azione dell'infermiera, che stava delicatamente togliendo la benda dalla fronte di Gemma Brizzi. «E … non ti ha nemmeno mandando un messaggio?»
«No.» Fu secca.
«E tu non hai ben pensato di mandarglielo?» Non si vedeva la ferita, ormai poteva dirsi guarita e questo era di enorme sollievo per l'amica.
Guardò il cellulare indecisa. «No.» Rispose sconfitta. Sollevò però il capo di scatto quando le giunse uno schiaffo sulla mano.
«Che aspetti a farlo?» Protestò Sarah, «Ho capito che sei offesa per il fatto che non si è fatto vivo per primo, ma anche tu come lo hai trattato? Lui è sempre stato al tuo fianco finché non è tornato il tuo ex. Guarda caso poi ha lasciato il campo libero.»
«Appunto!» Annuì sicura, «E questo secondo te che significa? Lui doveva stare al mio fianco finché io non avessi riconquistato Yon u, ora che non è più necessario è giusto che continui la sua vita. Evidentemente è questo che vuole anche lui.»
Per un attimo la coreana abbassò gli occhi per riflettere. «A proposito … che intenzioni hai con quello? Dunque mi stai dicendo che è ufficiale? Siete tornati insieme?»
Gli occhi di Gemma si spostarono in un punto poco preciso della stanza, osservando gli spostamenti dell'infermiera intenta a ripulire e andarsene silenziosamente. «No, non ancora. Per quanto mi riguarda … devo valutare.»
«Cosa?» Si dimostrò impaziente l'altra.
A quel punto l'agitazione tornò a farsi sentire: «In questo momento non mi va di pensarci!»
«Lui non sembra pensarla come te.» Le fece notare alzandosi dalla sua postazione con fare vittorioso. Aveva l'atteggiamento di chi la sapeva lunga. «Lui è convinto di averti in pu-» troncò la frase appena sentì l'infermiera salutare qualcuno, che entrò in quella stessa camera. Sarah roteò gli occhi fissando quelli chiari di Gemma. «Parli del diavolo. Io vado.»
Yon U fece un leggero inchino, lasciò andare entrambe le donne, senza dover per forza salutarne una in particolare, ma anche Sarah non fece cenno di alcuna cortesia. I due semplicemente continuavano ad ignorarsi. Entrò ciondolante, sedendosi poi di fianco a lei in modo svogliato.
«Mi sembri parecchio stanco.» Allungò una mano, accarezzandoli la frangia. «Lavori come un mulo. Potresti anche evitare di venire qui per un'ora soltanto. Per lo meno non tutti i giorni.»
«Verrei alla mattina, ma Sarah mi odia.» Yon U le porse il bricchetto che teneva in mano. «L'ho preso per te, è il melon uyu che ti piace tanto.» Aveva fatto un pist off al minimarket dell'ospedale prima di salire al reparto.
«Tanto alla mattina dormi sempre come un ghiro. Grazie.» Lo prese, scartò la cannuccia, la infilò e cominciò a bere di gusto. Si staccò dopo aver fatto dei lunghi sorsi. «Posso chiederti una cosa? Cosa siamo esattamente?»
Attirò immediatamente gli occhi tristi del ragazzo: «Fidanzati? No! Dimmelo tu.»
«Davvero torneresti con me Yon U?»
A quel quesito lui rispose sospirando pesantemente. Quasi sembrò liberare l'ultimo fiato che aveva in corpo. Per il resto lasciò per qualche minuto che il silenzio riempisse la stanza. «Non capisco me stesso. Ammetto che pensarti al fianco di quella persona mi da sui nervi, ma altre volte mi dico che non sono pronto a ricominciare un rapporto così difficile. Eppure non voglio lasciarti ad altri. Se immagino di nuovo le scene che ho dovuto assistere, quel tizio e le tue labbra incollate a lui.» Strinse i pugni nervosamente. «Di colpo giunge la smania di riaverti. Eppure ci sono delle volte, quando stiamo insieme, che vorrei essere solo. Sono annoiato e … stanco. Ma non voglio che tu stia accanto a nessun altro.»
Gemma sorrise quasi rassegnata. O almeno così poteva apparire la sua espressione. Tornò a coccolare la fronte del suo ex fidanzato dolcemente. «Allora permettimi di decidere per entrambi.» Esordì fissandolo negli occhi con tenerezza. «Questo non è amore Yon U. Il tuo è solo possesso.» Non era senso di rassegnazione ma forse liberazione. «Credo sia vero che non mi ami più. Tieni molto più a te stesso che a me. Per te tutto è pesante. Stare accanto ad un'altra persona, venire a trovarla qui in ospedale, attenderla mesi e anni, con quella maledetta distanza in chilometri che ci separa. Non fa per te.»
Lui deglutì, il suo volto faceva trasparire una paura malinconica. «Cosa stai …»
Di nuovo Gemma allargò il suo sorriso, togliendo la mano dal capo del giovane. «Quindi io ti lascio. Sei libero.» Lo osservò muoversi nervosamente sulla sedia, lo sguardo ormai verso il basso. «La mia risposta: tu non puoi tornare da me e io non voglio che tu lo faccia. Non possiamo tornare insieme e non lo faremo.»
«No aspetta ...» quasi rise, ma era un gesto dettato dal nervosismo, «e lo dici così? Io ora sono comunque confuso Gemma. Devi darmi un po' di tempo per riflettere meglio sulla situazione. Non me la sento di chiudere con te definitivamente. Ritorno a pensarti con un altro e questo mi fa una grande rabbia e inoltre l'incidente? Lo sai che la colpa è mia!»
«Fai finta che non sia successo nulla.»
«Gemma» cercò di dire lui, ma venne interrotto:
«C'è davvero qualcuno!» Improvvisamente la ragazza sentì il bisogno di dirlo.
Yon U sbatté le palpebre, chiedendosi se avesse capito male o se stesse fraintendendone il significato. «Cosa … vuoi dire?»
Strinse i pugni e fissandolo con uno sguardo triste, si preparò ad impugnare l'arma: «Non c'è nessuno concretamente, ma … nel mio cuore sì», sollevò l'accetta e colpì una prima volta, « qualcuno che ha preso il tuo posto nel mio cuore.» Di nuovo fendette e questa volta il colpo fu letale.
La vittima si alzò dalla sedia di scatto, come se fosse stato realmente colpito dalla persona li presente. Non ebbe nemmeno il coraggio di guardarla, mentre si allontanava lentamente e indeciso da lei. «Devo andare al lavoro.» Tentò di dire. La voce bassa, roca, quasi assente. «Ne … ne riparliamo meglio quando torno, okay? Intanto pensaci meglio. Stai sbagliando, io … » Ormai alla porta, si fermò. «Ne parliamo dopo.» E se ne andò con l'eco della voce di Gemma alle spalle:
«Non voglio più parlarne Yon U. Ho già fatto la mia scelta.»


 
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32 Capitolo








Aveva deciso come comportarsi … finalmente. Era stata una decisione sofferta, la riflessione era durata giorni e giorni, ma aveva avuto molto tempo in quell'ultimo periodo passato in ospedale. Ormai era stata dimessa, poteva uscire e andare in cerca dell'imbecille di turno, perché lei sembrava essere una di quelle donne che attirava solo cretini pronti a darsela a gambe levate.
Lo credeva diverso, anzi ancora lo giustificava, dicendosi che forse la sua improvvisa sparizione era da imputare solamente a se stessa. Lo aveva trattato a sua volta con freddezza, preferendo in un primo momento lasciare la decisione al caso, quasi però mostrandosi più interessata a mantenere solido il legame con il suo ex ragazzo. Per cui, molto probabilmente, l'altro si era fatto da parte, come se fosse stato sconfitto dall'avversario. Invece si trattava di un malinteso, uno sbaglio di Gemma, dovuto al pigrismo e alla confusione mentale di quel tempo.
Non doveva cedere, non doveva pensare a lui, ma tentare di soffocare quel qualcosa che la smuoveva dentro. Non poteva permettersi di mostrarsi debole e persa al suo cospetto. Non voleva lasciargli le redini di quel che stava accadendo tra loro, qualsiasi cosa fosse. O meglio forse si doveva dire: “di quel che stava per accadere tra loro”, perché tutto si era ormai affievolito e anche piuttosto velocemente. Questo però non l'aiutava certo a cancellare i suoi nuovi sentimenti, anzi erano proprio questi a far si che si preparasse per l'incontro tanto atteso, dopo giorni che non si vedevano ne sentivano. Perciò era rimasta davanti allo specchio per mezz'ora, prima di dare un consenso al suo outfit, trucco e parrucco compreso.
Non voleva eccedere, quindi aveva optato per jeans e maglietta. Perché avrebbe dovuto vestirsi in modo intrigante? O meglio per chi? Lui nemmeno se lo meritava. Eppure alla fine i pantaloni erano stati sostituiti con una gonnella, la felpa con una maglietta in stile camicia attillata e dal leggero scollo aperto. In complessivo lo stile appariva delicato, giovanile e sobriamente accattivante.
Arrivò all'Artkukjang, dopo averlo cercato al goshiwon di Hongdae. Se non era all'Ilmol-House, doveva provare a teatro. Immaginando inoltre che fosse stato parecchio impegnato lì, in quei giorni di manifestazioni teatrali.
Si fermò all'entrata, riconoscendo la collega dalle gambe lunghe che spesso ricordava incollata al bel direttore. Improvvisamente il coraggio si spense come se qualcuno avesse premuto l'interutore. In quel momento la donna sembrava sola e visto che anche lei la notò, si avvicinò di proposito alla ragazzina.
«Sei l'amica di Song Rok, giusto?» Le chiese ancora distante. «Cosa ti porta qui?»
«Sae Bom, se non ricordo male.» Le fece anche un piccolo inchino educato nel salutarla. «A causa di alcuni problemi non ho più visto il direttore Im. Mi chiedevo se stesse bene, così … sono venuta a trovarlo, ma non l'ho nemmeno avvisato e temo sia troppo impegnato … » la smania di rinunciare era sempre più palpabile, per questo si voltò, facendo come per andarsene, ma fu la stessa Sae Bom a bloccarla, afferrandole un braccio.
«Sto per andare da lui.» Miagolò la gatta morta. «Se mi riferisci il tuo messaggio glielo faccio avere io.»
Sorrise di circostanza a quell'invito fredo e meschino. Avrebbe potuto accompagnarla direttamente dal direttore, al posto di fare la gentile per niente. La osservò un attimo, tenendo sempre un'espressione di mesto e falsa gratitudine. Aveva con sé una torta e forse notò l'interesse della ragazza, perché spiegò: «Ah! Questa è per festeggiare. Oggi è un giorno speciale. Il nostro anniversario.»
Lo sgomento le si poteva leggere chiaramente in faccia. «State … insieme?»
Sorpresa Sae Bom ribatté: «Ma come? Sei sua amica e non te l'aveva detto?»
Ora invece la delusione imperversava in quegli occhi chiari da cerbiatta. Lasciò andare il fiato trattenuto in uno sbuffo quasi dolorante. Fece un mezzo sorrisetto incredulo nel mentre. Possibile che si fosse fatta un'impressione sbagliata? Possibile che lo avesse frainteso così tanto? Oppure Song Rok fin dall'inizio intendeva giocare con lei, proprio come lei lo aveva usato per arrivare a Yon U? Ma non era la stessa cosa. Il loro era un accordo! Lui aveva accettato di prestare la sua figura per un guadagno o per pietà, visto che effettivamente Gemma non lo aveva mai retribuito. Ma l'idea era di utilizzarsi a vicenda, in comune accordo! Invece lui che aveva fatto? L'aveva presa in giro fino a quel momento? Si era divertito ad entrare in quella storia, aveva interpretato un ruolo marginale e distaccato, finché non ha deciso di immedesimarsi un po' troppo, seducendola anche senza realmente provare qualcosa di sincero, usandola per colmare la noia, o cosa? Se così non fosse, perché improvvisamente lui era scomparso per poi farsi ritrovare insieme ad un'altra? E chissà da quanto tempo durava il rapporto con la collega statuaria. Addirittura Gemma si chiese se i due non fossero stati insieme già da ben prima? In ogni caso adossava la a se stessa, che erroneamente aveva avvertito da parte sua qualcosa di inesistente.
La suoneria interruppe i suoi pensieri aggrovigliati. Era una bella melodie di un gruppo femmile della musica pop coreana, ma non distingueva né le voci né la canzone stessa. «Oh! Guarda che caso. Ne stavamo giusto parlando! Questo è lui!» Disse la donna di fronte, prima ancora di prendere in mano il telefono. Lasciò subito la presa sul suo braccio di quella che lei poteva ritenere una ragazzina, visto la differenza di età, per afferrare il telefonino. Gemma dunque era finalmente libera di scappare e andare a ritirarsi in una angolo buio per piangere tutta la notte, invece rimase immobile con lo sguardo perso a terra, non le riusciva di schiodarsi. «Riconoscerei che è lui anche se non lo vedessi scritto.» Sollvevò il viso verso la giovane dal cuore spezzato, «E' la nostra canzone!» Confessò prima di rispondere alla chiamata. «Oh! Song Rok caro, sto per arrivare sono nell'atrio.» Si fermò un momento per ascoltare la controparte, sorridendo mentre guardava dritta negli occhi la straniera. Non c'era nessun segno di provocazione in quello sguardo, si poteva solo definire tranquillo, rilassato e vittorioso. Che gusto c'era lanciare una sfida quando hai già ottenuto il premio senza dover muovere un dito? «Ascolta, qui ci sarebbe una tua amica che vorrebbe giusto salutarti.» Affermò ignorando lo sbracciarsi di Gemma, che cercava a motti di intimarla di lasciar perdere. «E' quella ragazza straniera … Ah, okay la porto con me allora. Però che sia una cosa veloce, sai che abbiamo un appuntamento importante oggi!» Sottolineò le ultime parole sghignazzando eccitata, e spostando di profilo il volto, come per rendere la conversazione un po' più intima, fintamente visto che poteva anche abbassare il tono della voce e spostarsi di più. Gemma Brizzi infatti sentì perfettamente e poté anche notare l'emozione in quel volto di donna più che trentenne. Kim Sae Bom doveva essere più vicina alla quarantina di quanto non sembrasse. Costei tornò a fissarla proprio nel momento in cui pronunciò: «mmm, ti amo anche io.» Chiudendo così la chiamata.
Gemma tentò di trattenere lo stupore e ci riuscì appena, mentre Sae Bom sferrò finalmente quello che si aspettava: la sfida stampata nello sguardo, il sorriso compiaciuto dell'aver dimostrato una valida prova di quel che fino a quel momento aveva solo fatto credere. Lei e Mr Im stavano insieme. Addirittura erano nella fase più seria del rapporto, vista la dichiarazione d'amore aperta e pronunciata con tanta disinvoltura, come se non fosse la prima volta. Ecco il punto, il “Game Over”, fine dei giochi.
Subito dopo sciolse l'espressione di ghiaccio, tornò amichevole e prese a bracetto l'italiana. «Andiamo! Ma un saluto veloce, eh!»


 
****


Al centro del palcoscenico avevano posto un tavolo con una lunga tovaglia bordeox, lì l'attrice posò la torna, ma non scartò l'involucro che la proteggeva. Gemma si fermò ben prima invece, osservando da lontano Im Song Rok avvicinarsi con passo sicuro. Arrivato di fronte alla collega le toccò un braccio, come per salutarla. Si capiva che stava trattenendo l'intimità che ormai si doveva essere creata tra loro. Poi cercò il volto straniero, daii colori e fisionomia diversi rispetto a quelli presenti nella sua terra.
«Ciao.» Saluitò per prima Gemma con decisione.
Song Rok sembrò titubante, non sapendo bene se potersi avvicinare o meno. «Ciao.» Infine si appoggiò sul tavolo, stando li di fronte a lei con le mani congiunte. «Quando ti hanno dimessa?»
«Ieri.» Rispose telegraficamente.
Song Rok annuì lentamente. «E come stai?»
Gli mostrò allora un sorriso forzato. «Bene. Era solo una botta», per poi spegnere ogni sorta di fintamente gioiosa espressione. Abbassò per un attimo lo sguardo, cercando di fare ordine nella sua mente. Qualcosa la stava punzecchiando dall'interno. Era un prurito spiacevole, una di quelle sensazioni che vuoi togliere al più presto, prima che ti faccia impazzire. Eppure non poteva farlo. Doveva trattenersi. Aveva già capito cos'era accaduto tra loro e il perché lui se ne fosse andato. Si era divertito a prenderla in giro e quando lei ha ottenuto il suo ex, lui è tornato dalla sua fiamma. Bene, non serviva far uscire il coniglio dal cilindro, non poteva! Non si doveva abbassare a tanto, avrebbe potuto infatti mettere zizzania in quella meravigliosa coppia. Sae Bom e Song Rok erano fatti l'uno per l'altro, bellissimi, astuti e odiosi entrambi. Anche se quel cognigliaccio mordeva il fondo del cappello, doveva far in modo che non scappasse al suo volere perché, «Perché non sei mai venuto a trovarmi?» Al diavolo quella strega e il suo diabolico commediante, al diavolo la bontà e la superiorità! Distruggi quel maledetto cilindro, anzi apri le gabbie fai uscire l'intera conigliata.
Song Rok sembrò attutire bene il colpo a bruciapelo. «Perché avrei dovuto? Avevi il tuo ragazzo accanto, non bastava?» E lo fece sparando a sua volta.
«Un amico è sempre il benvenuto!» Decise di non scappare e nemmeno risparmiarsi, farlo voleva dire perdere la battaglia in quel botta e risposta a chi aveva più ragione.
«Non sono molto simpatico al tuo ragazzo.» Cominciò ad indietreggiare lui, mettendosi sulla difensiva.
Ad aiutarlo ci pensò la collega, che gli si avvicinò, cingendogli un braccio e posando il proprio mento sulla spalla, faticando poco ad arrivarci nonostante la chilometrica statura dell'attore. Ma Sae Bom, oltre ad un'altezza a sua volta di tutto rispetto, aveva dalla sua un paio di scarpe tacco dodici che normalmente le donne oltre il metro e settantacinque non si permettono di indossare. «Song Rok caro, tra poco arriveranno i ragazzi per la nostra festa, non dovremo prepararci?» Interruppe la loro conversazione con piacere. Poi si rivolse alla ragazza, quasi scusandosi. «Cara, ti inviterei ma è un party privato. Ci sono giusto alcuni colleghi. Quindi se puoi lasciarci, noi avremmo da fare.»
Sospirò mentre ascoltava l'ormai più che fastidiosa voce di quella donna. «No, non preoccupatevi, anzi vi chiedo scusa io.» Affermò subito. «In verità sarebbe stato meglio non venire affatto. Ora vi lascio.»
«Ma cosa dici, non sentirti un disturbo, piccola! E vieni a vedere lo spettacolo quando vuoi!» Riferì Sae Bom lasciando la presa sul direttore, che nel frattempo si era ammutolito, scomparendo in quel ring di sole donne.
Gemma fece per voltarsi, quando lanciò un ultimo sguardo ai due, gettando all'aria il suo orgoglio quando impacciata disse: «Ah! Dimenticavo. Auguri per il vostro anniversario.» Non poté farne a meno. Mostrarsi cupa per il trattamento riservato era già un punto a suo sfavore. Dover ammettere le cose come stavano e congratularsi con quei due era una buona mossa per affermare che di loro non gliene importava nulla. Purtroppo il suo volto e i suoi gesti sembravano non concordare con quanto diceva la sua voce.
Song Rok invece alzò un sopracciglio osservando l'attrice al suo fianco. «Ci ha fatto gli auguri per ... il nostro anniversario.» sussurrò.
La fascinosa alzò le spalle. «Tesoro, ringraziala! Io intanto vado a prepararmi, ma dovresti finire di cambiarti anche tu.» Gli accerezzò sinuosamente un braccio, facendolo scendere dalla spalla, prima di lasciare il suo fianco e andarsene.
Sbuffando e sorridendo, come se volesse trattenere una risata, «sì beh … allora grazie», rispose il commediante a quegli auguri inaspettati.
Gemma si era già voltata, mancava solo quell'addio per spronarla a togliere i tacchi definitivamente. Era evidente che a lui non importasse molto nemmeno di coltivare quella blanda amicizia che sembrava essersi instaurata tra loro. Anzi, faceva presuporre che a tutti gli effetti non c'era mai stato nulla tra i due: né attrazione né una sorta di amore né tanto meno amicizia.
Lui rimase immobile e pensieroso, mentre osservava la ragazza allontanarsi pian piano. Finché non scomparve dietro le quinte, a quel punto scattò in avanti e corse in quella stessa direzione. La raggiunse in un attimo, afferrandole una mano, costringendola a fermarsi. Fissando quello sguardo severamente allibito, lasciò la presa. «Sono curioso. Davvero sei tornata con lui?»
«Ha importanza?»
«L'ultima volta che sono stato in ospedale da te lui mi ha fatto comprendere di sì.» Tornò ad insistere sull'argomento. «Ma … voglio sentire e credere solo alla tua versione. Per questo te lo sto chiedendo.»
Gemma sospirò, muovendosi verso di lui, così da poterlo fronteggiare per bene. «E' da circa cinque mesi che io e Yon U non siamo più una coppia. Da quando lui mi ha piantata.» Fece una pausa, credendo che lui avesse qualcosa da dire, ma ricevendo solo il silenzio, pensierosamente continuò: «C'è stato un momento in cui lui ha voluto ritornare da me e una parte di me optava per accoglierlo nuovamente, ma … alla fine ho deciso di lasciarlo libero. E così ho liberato anche me stessa da un peso gravoso. No, decisamente non ho bisogno di un uomo che non sa starmi accanto come si deve.»
«Direi di no.» Finalmente poté risentire quella grave voce. «Quindi è finita?»
«Sicuramente.» Nessuna esitazione nell'ammetterlo. «Mi sono abituata a stare senza di lui e infine ho inziato a riflettere su ciò che è meglio per me stessa. Direi che i miei sentimenti per lui pian piano si sono inariditi e ho cominciato ad amare più me stessa di quanto amassi quella persona.»
«E questa è la cosa più giusta, Gemma.» Confermò il sajangnim, con un sorriso contento sul volto.
Si fissarono entrambi a lungo senza dire una parola. Gemma con sguardo inquisitorio e Song Rok con una ritrovata serenità nel volto. «Devi andarti a preparare, no? Vai!» Fu la prima ad interrompere quell'osservazione reciproca.
Come se aspettasse un suo permesso, fece qualche passo indietro, voltandosi appena, bloccandosi però di profilo. «Sei … arrabbiata con me.»
«Sì.»
«Non voleva essere una domanda. L'ho percepito e non ti biasimo.»
Il sospiro rispose prima delle parole stesse e la sincera divampò: «Mi hai deluso. Non sei tanto diverso da tutti gli uomini che ho conosciuto.» A quelle parole Mr Im non sapeva come ribattere, come giustifacarsi o scusarsi, così ascoltò in silenzio. «Avresti dovuto farti comunque sentire.»
Poi colse il momento per farlo: «Chiedevo a Sarah delle tue condizioni.»
Quella puntualizzazione, attirò lo sguardo di Gemma, ma non la sua compassione. «Non me l'ha detto! E poi che senso aveva? A questo punto potevi benissimo farti vivo!»
«Te l'ho detto! Il tuo ragazzo non mi sopportava e sinceramente nemmeno io ho questa forte simpatia per la sua faccia.» Anche il suo tono si era fatto più combattivo.
«Non era il mio ragazzo!»
«E poi avevi il mio numero! Se avevi bisogno di me potevi scrivermi.» Sentenziò Song Rok.
«Che buffo … pensavo la stessa cosa di te.» Ribatté Gemma.
Lui annuì mestamente, abbassando lentamente il capo. «Scusa.»
«Accetto le tue scuse. Ora vai! La tua ragazza ti sta aspettando.»
Improvvisamente Song Rok sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Cercava di trattenere qualcosa di più simile ad una risata, e non era il caso di scoppiare a ridere proprio in quel momento. «Gemma ...» tentò di spiegarsi, ma le voci dei colleghi sopraggiunsero. Si voltò vedendo un gruppo di uomoni allegri avvicinarsi a lui.
«Ci vediamo.» Fu Gemma la prima ad andarsene, voltandogli le spalle velocemente.
«Aspetta un attimo!» Tentò di fermarla, ma ormai la ragazza si era già allontanata con passo veloce, mentre lui dovette sottostare alle richieste degli invitati alla “sua” festa.














 
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33 Capitolo








L'aria fredda dell'ormai sopraggiunto inverno scompigliava loro i capelli, inutile averli cacciati sotto al cappotto. In Corea del sud il pregio invernale è l'assenza di umidità, al contrario dell'estate afosissima. Il punto più dolente era proprio quel vento freddo che spazzava via ogni espressione sul volto della gente, congelando i muscoli all'istante. Lo stesso “baram” che non soffia quasi mai durante il periodo estivo, ma di cui tanto si avrebbe bisogno.
Stavano camminando per le strade di Habjeong, dopo aver fatto un giro al centro commerciale. Quella sera erano state a cena a casa del fidanzato di Sarah, per poi salutarlo e apprestarsi ad accompagnare Gemma, appunto in giro per negozi. Per lo più erano state in tutti i make up shop del luogo e avevano fatto uno spuntino con del gelato, che lì va per la maggiore anche in inverno. Gemma aveva evidentemente la smania di distrarsi, quindi era vietato parlare di uomini. Nessuno in realtà aveva fatto la richiesta specifica, lo si capiva ad una prima occhiata.
«Visto che siamo a fine serata … Sarah», attirò lo sguardo ignaro e ancora sorridente dell'italo-coreana, «quando ero in ospedale il direttore non si è proprio mai fatto vivo?»
L'espressione gioiosa pian piano sembrò irrigidirsi. «N-no. Te l'ho già detto. Non l'ho più visto.»
Gemma annuì. «Lo hai sentito però.»
Aveva per un attimo spostato l'attenzione davanti a sé, ma tornò a fissare l'amica timorosa. «E' … una domanda?»
«No.» Rispose secca e quasi infastidita questa. «Non volevo proprio parlare di queste cose stasera ma ...» Erano sulla via del ritorno, se potevano risparmiare mille won e fare al col tempo una salutare passeggiata, lo facevano più che volentieri. Ecco perché si spostarono da un luogo all'altro senza l'utilizzo dei mezzi, dirigendosi verso la vicina Hongdae, dove vi era il goshiwon di Gemma. Da lì poi Sarah Kim avrebbe preso un bus, nel suo caso non poteva fare chilometri e chilometri di strada per il rientro. «Ho visto Song Rok l'altro ieri e me lo ha detto.»
Si sentì afferrare il braccio in quello stesso momento. «Scusa Gemma, scusa!» Anche se quasi la implorava, l'amica non si degnava nemmeno di guardarla in faccia, timorosa. «Mi aveva fatto promettere di non dirtelo!»
«Quindi è vero.»
Sarah sospirò lasciando la presa. «Sì. Era molto preoccupato per te, ma non voleva incontrare Yon U. Così ha cominciato a mandarmi messaggi chiedendomi della tua salute. Giorno dopo giorno. Non ci siamo mai chiamati però, erano solo piccoli aggiornamenti su di te.» Confessò tutto.
Quasi un lieve sorriso emerse in quelle labbra infreddolite. «Davvero?»
«Eravamo tutti preoccupati. E credo che lui lo fosse maggiormente visto che non ha più potuto accertarsene di persona.» Provò a spiegare, in difesa dell'attore.
Gemma finalmente si voltò a guardarla. «Mi ha detto perché non è venuto a trovarmi dopo che mi sono svegliata, ma non è una giustificazione che regge.»
L'amica alzò le spalle. «Sai come sono gli uomini! Sono orgogliosi e il loro testosterone fa un gran casino ogni volta! Ma sappi che lui ti è stato accanto quanto me mentre eri incosciente in quel letto. Yon U no! Per farti un esempio.» La osservò in attesa di una replica, poi abbassò lo sguardo arrendevole. «Se lo hai visto vuol dire che vi siete incontrati-»
«Io sono andata a cercarlo!» La interruppe, precisando immediatamente, con un filo di rabbia nella voce. «E ora che ci penso, visto che vi sentavate, lui sapeva benissimo che ero uscita dall'ospedale, dico bene?» Guardò negli occhi Sarah, che colpevole cercava ancora di sfuggire a quello sguardo. «Il tuo silenzio dice tutto.» Congiunse le braccia e aumentò il passo, seguieta a ruota dall'amica, che sembrava più un silenzioso cagnolino, spaventato dall'umore del padrone. «Non si è degnato nemmeno di bussare alla mia porta. Eppure ci lavora in quel dannato goshiwon.»
«E ...» Sarah provò a continuare la conversazione spostandola su ciò che le interessava maggiormente. «Dato che ... come posso capire, avete parlato un po' … che cosa … »
Gemma si fermò all'istante. «E' fidanzato.»
Sgranò gli occhi, «Come prego?»
«La vera ragione per cui se ne è altamente infischiato di me è perché aveva altro per la testa forse.»
«Ma cosa stai dicendo!» Eclamò sconvolta. «No! E' impossibile!»
Gemma gesticolò nervosamente, «E' così invece! Semplicemente non sono poi così importante, in fin dei conti era già accasato e credo anche da molto prima di conoscermi.» Continuò ad auto ribattere alle sue ipotesi, quando queste si rivelavano troppo positive.
«Mi dispiace non ci credo. Ti giuro che lui sembrava davvero molto preoccupato per te.»
Tonrò a camminare danvati a sé. «Beh, immagino che come amico per lo meno doveva starmi accanto, ma siccome era già accompagnato ha preferito informarsi tramite te. Logico.»
Sarah Kim cercava a sua volta di ragionarci su. Aveva compreso che tra lui e l'amica si stesse instaurando un po' troppa complicità e che forse i due avrebbero potuto oltrepassare quel rapporto di lavoro e balzare dall'amicizia a qualcosa in più con estrema facilità, ma in effetti Im Song Rok non sembrava aver oltrepassato con lei quella linea pericolosa, che scinde in due i sentimenti che un uomo può provare per una donna. Oppure Gemma non le aveva raccontato tutto.
Era ormai passata la mezzanotte, ma essendo Seoul una città che non dorme mai, le luci illuminano sempre il cammino dei cittadini nottambuli. La musica fa da colonna sonora fino a tarda sera in quel di Hongdae e il traffico diminuisce rendendo quel posto più vivibile, ma per questo non solitario e silenzioso. Non ci si sente mai soli nella capitale coreana. Nemmeno volendo.
Le ragazze si fermarono di fronte al semaforo, attendendo di passare. «Non importa. Tra poco tornerò a casa e mi scorderò di lui. Mi toglierò dalle palle lo stronzo Song Rok e anche il problematico Yon U.»
La ragazza al suo fianco, con il naso all'insù intenta a fissare un cielo coperto da nubi o smog, completamente scuro, privo di stelle, sospirò. «Non manca molto, eh?»
«Tre settimane.» Sottolineò tristemente Gemma avanzando allo scattare del verde. Passarono la prima parte delle strinsce pedonali in silenzio. In quel punto vi era molta più gente per le strade. Dall'uscita otto però non entrava più nessuno, giusto qualcuno usciva, ma ormai la metro doveva aver fatto l'ultima corsa.
Si stavano per accingere a passare anche la seconda parte della strada, quando Sarah si fermò sulla banchina della fermata dell'autobus. Lo sguardo fisso a terra. «Mi mancherai molto. Già a pensare che presto non ti avrò più qui mi rende ansiosa.»
Gemma si avvicinò a lei e l'abbracciò. Rimasero ferme immobili in quelle coccole quasi fraterne, quando il rosso ricomparve nel semafoto e le poche automobili ripresero la corsa.
Uno dei mezzi, una macchina nera lucida, si fermò davanti alle due e l'uomo alla guida abbassò i finistrini. «Dove state andando belle donzelle?» Domandò una bella voce maschile.
Sarah subito si scostò da Gemma per sferrare gli artigli: «Non siamo interessate, pervert-» si bloccò immediatamente quando vide il volto dell'uomo forse più affascinante della terra. Per lei. «Sajangnim!»
Anche Gemma era rimasta di stucco nel vederlo uscire da quell'auto e avvicinarsi. «Ieri sei proprio fuggita, non hai sentito che ti stavo chiamando?» Disse fissando quegli occhi tanto diversi da essere quasi alieni.
«Mi pareva avessi da fare e noi avevamo concluso.» Ribatté la ragazza.
«Aaah! Sì, l'anniversario.» Gli scappò una brevissima risata, ma la bloccò quasi nell'immediato, facendola risuonare come uno dei suoi soliti sbuffi caratteristici. «Allora! Dove stavate andando di bello? Volete bere con me?»
«Non siamo dell'umore, stavamo tornando a casa.» Fu fredda e concisa. Diede un'occhiata al semafoto, pregando che divenisse presto verde per scappare da quella situazione. Al limite, pensò di voler provare l'ebrezza di essere investita. Tutto, piuttosto che rimanere a parlare con quello la.
«Sajangnim ...» Lo richiamò l'italo-coreana, «Mi sono sbagliata su di lei, non è un gentiluomo come credevo. Perché non l'ha chiamata tutto questo tempo? Era impossibilitato?» Sarah indossava una maschera di graziosità ogni qual volta apparisse Mr “bella mano”.
Quel viso mascolino mostrò un'espressione più che ovvia. «No, volutamente non l'ho fatto. E poi c'eri tu che mi informavi su tutto, no?»
La lasciò senza parole. «S-sì, ma … perché non … » Mentre Gemma lo stava guardando con un misto di delusione e tristezza negli occhi, colpita ancora una volta dalle sue parole, che avevano il potere di infierire come schiaffi in faccia.
Song Rok allora alzò le spalle. «Semplicemente non volevo farlo.» La sua tranquillità nel proferire tanta freddezza, rendeva ancora più doloroso il tutto. «Visto che state andando a casa, vi do un passaggio.»
Il semaforo avvisò i pedoni della possibilità di passare, attirando l'attenzione di Gemma con quel colore sgargiante. La ragazza non se lo lasciò ripedere due volte: «No!» Affermò prendendo per braccio Sarah, per passare oltre, ignorando l'invito appena posto.
O meglio cercò di fare tutto ciò, ma Song Rok la bloccò, afferrando entrambe le ragazze per il polso. «Non siete in una zona apprezzatissima per la sicurezza!»
Voltandosi con sguardo severo, lo fulminò. «Siamo ad Hongdae!»
«Appunto! Sai quanti playboy e ubriachi ci sono da queste parti?»
La fece sbuffare ironicamente. «Seoul è sicura in tutti i suoi angoli, non ti preoccupare.»
«Mai esserne certa di questo.» Replicò il direttore.
Infastidita dal continuo contrapporsi, da quello sguardo subdolamente di sfida e sensuale allo stesso tempo e dal tocco che le ricordava una certa intimità passata con lui … Si scostò dalla sua presa leggera e con fare infastidito girò attorno alla macchina fino ad arrivare dalla parte del passeggero. «D'accordo allora! Accompagnaci, scassa palle. Basta che la smetti!»
Anche Sarah, un po' confusa da quella scena, senza dire una parola aprì la porta del veicolo e si accomodò.
Song Rok poté solo brontolare tra sé e sé: «Da quanto non vedevo la Gemma antipatica? Mi ricorda il nostro primo incontro in effetti.»


 
****


Gemma aveva accettato il passaggio solo perché ci sarebbe voluto un attimo per arrivare nella via del goshiwon. Erano già ad Hongdae dopotutto. E invece Mr. Direttore, commediante e attore da strapazzo non svoltò affatto alla sua sinistra, come avrebbe dovuto fare, continuò invece per la strada principale. Quando le ragazze fecero presente il fatto, lui rispose che prima di tutto intendeva portare a casa la più lontana delle due, perché tanto poi sarebbe dovuto anche lui recarsi di nuovo all'Ilmol-House.
Entrò così dopo circa venti minuti in un bella zona formata da casette a schiera. Delle “villette” che sicuramente avevano un affitto di tutto rispetto. Si fermò quando Sarah Kim glielo ordinò, indicando la casa dal muro di finti mattoni rossi. Mise il sterzo a mano, ma non spense il motore, attendendo che la giovane suduta nel retro scendesse. Sentì la portiera aprirsi e una voce ringraziare, ma non ci fece troppo caso, attirato da ciò che stava per fare colei che era seduta al suo fianco. Anche Gemma aveva fatto scattare la serratura e stava per scendere dall'auto, quando Song Rok si sporse per afferrarle l'avambraccio. «Non è la tua fermata.»
Già con la punta del piede che toccava terra, si voltò con sufficienza a fissare l'autista improvvisato. «Hai fatto troppo per me! Da qui posso anche andare in bus.»
«E' troppo tardi non troverai molti bus a tua disposizione.» Rispose subito di rimando il giovane.
Lei scostò il braccio in malomodo, per indurlo a lasciarla. «Allora prenderò un taxi.»
Sospirando Song Rok tornò al suo posto. Posò la mano sul volante. «Che sciocca. Ti ho detto che devo tornare ad Hongdae, non è un disturbo per me, davvero.» Alzò lo sguardo verso la figura che si stagliò di fronte a loro, ma fuori dal mezzo.
Sarah Kim sollevò il polpaccio di Gemma, costringendola a fare marcia indietro contro la sua volontà, poi chiuse anche la portiera dell'auto. Qualcuno abbassò subito il finestrino per protestare, ma l'italo-coreana interruppe le lamentele prima che iniziassero: «Se Mr. Im torna all'Ilmol non vedo perché devi fare i cappricci e non accettare il passaggio.» Li salutò con la mano per poi dirigersi verso la porta d'entrata della sua abitazione.
Con un sorriso sornione e di riconoscenza, Im Song Rok aspettò che la giovane componesse il pin del codice per rincasare definitivamente prima di partire. Uscì da quelle viette e si rimise nel grande stradove a più corsie per marcia. Anche se Gemma sembrava non aver più dato cenno di voler rifiutare il passaggio, comunque non aveva nemmeno ringraziato o proferito una qualunque parola.
«Ho notato che la prenotazione si conclude a fine mese.» Ruppe il ghiaccio lui. «Vai da qualche parte?» Con la coda dell'occhio la vide annuire. «Cambi struttura?»
«No.» Finalmente anche la sua voce si degnò di risuonare nell'abitacolo. «Semplicemente tra tre settimane torno in Italia.»
«Ah … » Uscì solo una vocale cupa dalla sua gola, lasciando che il silenzio si rimpadronisse del momento. Finché non spezzò nuovamente la tensione: «Fino ad ora sei mai stata all'Han River di sera?»
«Sì, una volta.»
«Ti dispiace se ci fermiamo un attimo lì?» Propose.
Gemma manteneva il conttato visivo di fronte a lei, sulla strada. Il suo volto di profilo appariva freddo e insensibile. «Sì, in effetti mi dispiace. Siamo ben distanti dall'Hangang
«E se ti ci porto comunque rischio di essere denunciato per sequestro di persona?» Finalmente, con quella battuta, sembrò fare un forellino nell'iceberg:
Gemma infatti trattenne il sorriso a stento. «Stupido.» Si lasciò sfuggire però.


Tirava un bel vento da quelle parti, a causa dell'assenza di protezioni edificate. Solo il silenzio, l'ombra della notte attutita dalle illuminazioni arancio del ponte da cui erano appena scesi, l'oscillare dell'acqua calma del fiume e in lontananza il lieve rumore del traffico cittadino, ormai molto distante.
Non vi era anima viva da quelle parti, o forse era troppo tardi. L'Hangang si animava la mattina, fino a fine pomeriggio, riempiendosi di famiglie con bambini allegri, coppie di fidanzati in bicicletta, anziani in passeggiata o persone di tutte l'età intenti a fare un po' di sano jogging. Perfino d'inverno era possibile ammirare la piccola folla sulle rive del fiume. In quel momento invece Gemma tirò un sospiro liberatorio, inspirando l'aria fredda e solitaria del luogo. Era bello potersi allontanare dal trambusto della metropoli di tanto in tanto. Lì in quella lieve tenebra poteva finalmente sentire la voce dei suoi pensieri, offuscata di solito dal brusio della vita che scorreva frenetica.
C'erano degli alberelli alle loro spalle, con degli spazzi per il parcheggio delle auto o roulotte per chi intendeva fare camping da quelle parti. Di fronte a loro una struttura di vetro tutta colorata, un edificio galleggiante in mezzo a quelle acque piatte. In totale mutismo, si erano seduti su delle scalinate, proprio dove la luce flebile del parcheggio e del ponte non arrivava.
«Quindi … » provò a proferire sempre lui per primo, « … con il tuo ex è tutto apposto? Hai chiarito?»
Gemma si voltò ad osservarlo stranita. «Perché questa domanda?»
Lo vide alzare le spalle e fare un versaccio con la bocca, continuando a mantenere il contatto visivo verso l'Han River. «Semplice curiosità.» La sentì sospirare, prima di avere la risposta:
«Sì. Io ho chiarito. Gli ho detto quel che pensavo, spero solo che lui lo abbia capito.»
«Se così non fosse, ignoralo!» Con quel consiglio attirò di nuovo l'attenzione e nello stesso momento anche i suoi occhi cercarono quelli dell'italiana. «Non sei più una ragazzina, ma una donna. Accanto a te hai bisogno di un uomo non di un bambino da assecondare. Non conosco bene lui, ma in tutto questo tempo ho potuto conoscere un po' te e sinceramente non comprendo perché tu non lo abbia mandato al diavolo quando ti aveva lasciata.»
Lei annuì. «Me lo domando anche io.»
«Dopo tutto quello che tu gli hai dimostrato ...» si voltò ancora una volta verso il fiume, appoggiando gli avambracci alle ginocchia, congiungendo le mani. «Sembra che tu lo amassi davvero tanto.»
«Forse è per quello che non l'ho mandato al diavolo subito?» Ipotizzò lei, seguendo la traiettoria visiva dell'uomo accanto. «Sì, parlare al passato è giusto. L'ho amato … lo amavo. Le cose hanno cominciato a cambiare senza che me ne accorgessi.»
Im Song Rok cercò di spostare solo lo sguardo, osservando il profilo di Gemma. Non proferì parola, intento ad ascoltare quello che la giovane aveva da dire.
Gli occhi color fumo dell'italiana puntavano ormai tristemente verso il basso. «L'ho fetito e per questo sono riuscita a comprendere le cose. La gelosia che lo divorava, ha solo sottolineato quel il senso reale dei suoi sentimenti verso di me: non era amore, ma abitudine, solo possesso e io non voglio un rapporto simile.» Sorrise malinconicamente, guardando nuovamente il volto del direttore, che ricambiò annuendo. A quel punto l'espressione della ragazza tornò seria e perplessa. «E per quanto riguarda te?» Chiese mantenendo il contatto visivo, facendosi più seria. «Non credi che la tua ragazza si possa ingelosire sapendoci insieme?»
Non smorzò il suo sorriso rilassato rispondendo: «Basta non dirglielo.»
Gemma allora lo colpì leggermente, «così sembra quasi che io sia una sorta di amante!» Facendo scaturire in lui una grossa e sciocca risata.
Alzò addirittura il volto enfatizzando un'esagerata quanto finta ilarità. Tornò infatti serio in un lampo, osservandola come un cretino di fronte a qualcosa che non riesce a capire o forse finge di capire. «E perché dovrebbe ingelosirsi?» Domanda legittima e sensata. Ma anche il pensiero di Gemma non era del tutto insensato: una donna potrebbe provare gelosia delle amicizie femminili del partner.
Lei ci pensò un attimo, abbassando lo sgurdo e corrucciando la fronte, indecisa sulla risposta da dare. «Beh, diciamo che ho avuto l'impressione che marcasse il territorio più di qualche volta.» E sperava di aver visto giusto, per non fare la figura lei stessa di quella interessata e per questo un tantino maliziosa.
Song Rok rise di nuovo come poco prima. «E sentiamo un po', in che modo lo avrebbe fatto?» Di nuovo aspettò che Gemma confessasse, lasciando trapelare in quegli occhi da finto pesce lesso un barlume di divertimento.
Sentendosi troppo esposta quasi si ritirò da quel dialogo, ma non sapendo come far cessare l'interrogatorio scomodo, continuò ad abbassare e alzare lo sguardo verso di lui, che cominciava versamente a metterla in soggezione. «Ho … ho avuto solo … un'impressione.» Vedendo il volto dell'uomo scontento, andò ancor più nel pallone. «Senti, so quel che ho visto!» Cominciò a blaterare. In quel modo lui stava facendo passare lei per quella gelosa e magari paranoica. «Davvero! Quando sono venuta a trovarti, prima che mi accompagnasse da te, lei ha cominciato a parlare del vostro rapporto, come per metterlo in chiaro. E non mi è sfuggita nemmeno qualche occhiataccia nei miei confronti.» Sputò il rosto, osservando la bocca della persona di fonte a sé allargarsi a dismisura. Cercò di non dargli troppo peso. «Scusa se te lo chiedo e non prenderla sul personale, ma non avevi detto che quella donna non era nulla di speciale?»
Lo fece tornare serio e pensieroso. «Sì, l'ho detto.» Annuì.
Attese qualcosa in più di quella semplice ammissione, ma non aggiunse altro. «Mmm immagino si possa cambiare idea. In fondo con me lo hai fatto.»
Spostò l'attenzione verso l'Hangang distrattamente. «Vero anche questo. Ho cambiato idea su di te ...», disse riflessivo quanto prima, «... ma non su di lei.» Tornò a fissare la ragazza accanto nuovamente con espressione sciocca. Il volto di Gemma appariva stranamente molto infantile e per questo adorabile: gli occhi spalancati, le rughe di espressione della fronte accentuate a causa delle sopracciglia leggermente sollevate e corrucciate al coltempo, bocca semi dischiusa. Rimase un attimo in silezio per fotografare a mente il mutismo della ragazza e l'intero volto: ora toccava a lei apparire un po' come una beota. Scrollò poi il capo informandola: «Io e Sae Bom non stiamo insieme.»
La disincatò nell'immediato: «Eh?» Anche se non credeva ancora a quel che aveva appena appreso. Pensava di aver sentito male o che vi fosse una spiegazione ovvia. «Scusa ma ha chiaramente detto-»
«Ha chiaramente mentito.» La interruppe. «Qualsiasi cosa abbia detto.»
Sorrise forzatamente per un attimo, quella situazione era assurda. Esattametne cosa voleva dire? Lei aveva davvero mentito così spudoratamente o Song Rok la stava prendendo in giro? «Ma la telefonata allora? Ha risposto “anche io ti amo”.»
Trattenne in quel momento una sincera risata. «Non ho sentito nessun “ti amo”, avrò riagganciato prima che lo dicesse.» Continuò a sostenere con fare sincero.
«Assurdo!» Sospirò, non riuscendo ancora a farsene una ragione e non solo per la menzogna escogitata da Kim Sae Bom, ma anche per il sollievo che cominciò ad avvertire nel cuore.
«Già.» Ribatté Mr Im fissando l'orizzone scuro.
«Aspetta ...» la ragazza richiamò la sua attenzione nuovamente su di sé. Guardandolo severamente dritto negli occhi gli fece notare una cosa che sembrava per un attimo sfuggire ad entrambi: «Anche tu mi hai fatto credere di esserci insieme.» Si morse le labbra infastidita quando Song Rok mostrò un sorriso da colpevole.
«Ammetto che … » sollevò gli occhi al cielo pensando ad una scusa plausibile, ma non ne aveva una, « … ho retto un po' il suo gioco. Mi era sembrato divertente.»
«Divertente?» Si alzò all'istante, fissandolo per un attimo dall'alto in basso seccata. Poi non lo degnò più di parola, allontanandosi da lui e tornando verso il ponte dove avevano lasciato la macchina.
Lui per un attimo non fece nulla, seriamente dispiaciuto dell'errore commesso. Cercò di capire un po' le sue azioni, perché avesse finto con Sae Bom di fronte a lei. Si ostinava a mentire a se stesso e a quella ragazza, dicendo che era stato solo per divertimento. Fece una smorfia sofferta e sconfitta quando si voltò a chiamarla: «Gemma, aspetta!» La verità è che era risentito del fatto che non l'avesse più contattato da quando era tornato il suo ex alla carica. Si era pentito di aver rinunciato di fronte a quello che sembrava meglio per lei, mostrandosi perdente davanti a quel ragazzino. Non era stato davvero un modo per vendicarsi e nemmeno per troncare del tutto quel loro strano legame. Era semplicemente stato solo uno stupido errore. Perciò si alzò a sua volta per correrle dietro, afferrandole le spalle appena poté.
«Lasciami!» Si scostò subito da lui. «Smettila di prendermi in giro.»
«L'anniversario era vero.» Con quelle parole la fece andare ancora di più nel pallone. «Non ho detto solo bugie e non ho sempre retto il gioco volente. Era il nostro anniversario, inteso come quello della scuola teatrale.»
Non le importava. Alzò le spalle, gesticolò priva di forza. Non aveva più voglia di perderci del tempo. Tornò allora ad avvicinarsi alla macchina, salendo poi senza fiatare.
Lui fece altrettanto. Lasciò che Gemma sfogasse la rabbia e silenziosamente si mise al posto di guida, allontanandosi poi dal fiume Han.


 
****


Visto che avevano un po' di strada da fare e il mutismo per rabbia stava cominciando a diventare pesante, il proprietario del veicolo optò per un aiuto da parte della radio. Il veicolo quindi si riempì di rilassanti melodie ballad, tra pezzi del momento in Corea e alcuni intervalli di canzoni americane del passato.
Il direttore sembrava rilassato, con una mano sul volante e l'altra appoggiata tranquillamente alla gamba. Gemma invece guardava fuori dal finestrino, con un braccio appoggianto alla portiera dell'auto, ancora con le sopracciglia corrucciate e il volto severo.
Una mano si allungò verso la manopla del volume, per regolarlo e abbassare il sottofondo. «Mi chiedevo ...», intervenne finalmente uno dei due, lasciando per un attimo sospesa la questione, « se fossi stato fidanzato con lei o meno, esattamente a te cosa cambiava?» Song Rok non poteva guardarla in voto, era troppo impegnato nella guida, inoltre non avrebbe potuto osservarla comunque bene, visto che il passeggero teneva costantemente il capo rivolto all'esterno del mezzo. Era l'unico modo per lei di sfuggire da quell'abitacolo. Quindi non poteva sapere in quali espressioni si stesse contorcendo la ragazza. «E' una domanda semplice.» Continuò a spronarla. Il volto del guidatore invece era indecifrabile, imperturbabile, ma nemmeno Gemma poteva saperlo, perché non si era permessa nemmeno un'occhiata da quando era salita in auto.
Logicamente la risposta non arrivò mai. La cocciuta continuava a fissare le enormi strade di Seoul e il traffico metropolitano incessante, mordendosi le labbra. Sperava solo che la smettesse con quei scomodi quesiti. Non aveva nessuna intenzione di rispondere. Farlo voleva dire ammettere che …
«Sei per caso gelosa?»
«No!» Esclamò immediatamente, voltandosi dalla sua parte. Proprio in quel momento anche Song Rok le concesso un'occhiata durata un'istante, quanto bastava per sfoggiare un ghigno compiaciuto. «Come ti viene in mente? Credi che tutte le donne debbano per forza cadere ai tuoi piedi come Sae Bom? Io non di certo!» Si difese, rossa in volto. L'imbarazzo aveva avuto la meglio, facendola addirittura schiodare dal proprio mutismo di protesta.
Lui nel frattempo tornò serio e impassibile. «Ho semplicemente esposto un mio dubbio, non voleve essere un'insinuazione.» Lsciò nuovamente andare le parole, nascondersi dietro la sua freddezza e l'apparente imbarazzo della ragazza. Ma continuò ad ossere alla sua destra di tanto in tanto, sogghignando dentro di sé, segretamente. «Allora, torniamo al goshiwon o vieni da me stanotte?»
Di le venne da sollevare il capo e fissarlo incredula. Dopo la litigata e dopo tutto quello che lui aveva insinuato, come poteva saltar fuori con una proposta simile? «E credi che io sia in grado di accettare ora come ora?»
Lo vide fare spallucce. «Perché? Ti senti in imbarazzo?»
«Certo che mi sento in imbarazzo!» Ammise.
Di nuovo sulle labbra di Mr “bella mano” passò un sorriso sornione. «E quale sarebbe il motivo? Se non hai provato gelosia … perché imbarazzarsi tanto?» La mise a tacere con poco.
Gemma sprofondò nel sedile, la testa china e lo sguardo interrogativo. In effetti aveva ragione, il problema non era né il litigio né la domanda in sé, ma ciò che provava lei. I sentimenti che non volevano mettersi in pace e ingarbugliavano anche la sua mente. Come poteva entrare nell'appartamento di un uomo del quale sentiva ormai una forte attrazione? Sebbene lui non provasse nulla e non sapesse nulla, giocando solamente un po' con quella che forse ormai era diventata un'amicizia bizzarra, accettare l'invito voleva dire rischiare di farsi scoprire. Sarebbe riuscita a mantenere il controllo o vi sarebbero state occasioni di imbarazzo simile a quella passata qualche minuto prima?
«Non importa, tanto credo anche io che non sia conveniente. Torniamo al goshiwon.» Decise per lei il direttore.
Spostò lo sguardo di lato guardandolo sospettosamente. «Perché non è … conveniente?» Domandò parlando lentamente, cercando di capire cosa gli passase in quella testa ripiena di complicato pensiero coreano. Se aveva imparato una cosa di quel popolo, è che per dogmi, società e pensieri comuni, i coreani si complicavano spesso la vita inutilmente. «Sono già stata più di qualche volta a dormire da te.»
«Ho sempre sostenuto che fosse scomodo e sconveniente.» Ed in effetti era vero. Per lei aveva in un certo senso chiuso un occhio e più di una volta.
Gemma si ricompose, drizzando la schiena. «Sì, torniamo al goshiwon. Avrei voluto solo rivedere Kureum prima di partire, ma immagino ci sia ancora tempo.» Fece una pausa e nel mentre lo osservò guidare sicuro. Aveva raggomitolato la camicia fino al gomito, mostrando gli avabracci definiti. «Comunque … » spostò l'attenzione verso il suo profilo, osservandone il lungo collo magro, che in quel momento avrebbe voluto tanto annurare, leccare e poi addentare come un vampiro, « … io mi fido di te. Voglio dire, non temo di dormire nuovamente a casa tua. Mi fido di te, per cui non ci sarebbero problemi. Anche perché io non ti piaccio e tu … non ...»
Le venne incontro, interrrompendo le sue indecise parole: «Perché dovresti? E perché io dovrei acconsentire?»
Gemma guardò i suoi piedi facendo oscillare la testa. «No, non hai capito non è una richiesta. Era solo così … tanto per mettere in chiaro che non voglio tornare al goshiwon per paura o perché nascondo … qualcosa.» Cominciò a grattare le unchie contro unghie nervosamente, le mani in grembo. Si stava facendo scoprire da sola, era meglio tacere quanto prima. «Piuttosto, appena vedi un market puoi fermarti per favore? Ho sete.»


Non era una scusa la sua. Aveva davvero bisogno di qualcosa da bere, per alleviare il senso di gola secca. Poi, certo, non era male potersela filare da quell'angusto spazio, dove c'erano solo loro due, musiche romantiche, luci soffuse e un'aria ormai irrespirabile.
Song Rok scese dall'auto con lei, come se volesse a sua volta fare spese, ma in verità passava di scaffale in scaffale osservando la merce senza decidersi. Forse voleva solo accompagnarla. O ancora temeva che la ragazza potesse sfuggire a gambe levate.
Grazie alla sua chilometrica altezza Gemma lo poteva osservare anche se si trovava distante da lui, dietro ad altri scomparti: afferrava una confezione di qualcosa e ne leggeva gli ingredienti, riposandola poi pensieroso, sollevando quelle sue sopracciglia così sexy. Ma cosa di lui poteva definire “poco sexy”? Forse la grossolana risata da ebete che ogni tanto tirava fuori dalla manica. Però, in quel caso diveniva adorabile.
Mr. Im passò poi ad altri alimenti, per fare la medesima cosa. Si era fermata di fronte al frigo, mentre lo fissava rapita e non riuscì a liberarsi di quel torpore nemmeno quando lui ricambiò lo sguardo, cercandola in quel piccolo market. Anzi a quel punto dentro di sé avvertì quasi una fiammata dolente.
Afferrò una bottiglietta d'acqua a caso e poi passo in rassegna il cibo, chiedendosi se comprare anche qualcosa di solido, ma non aveva granché fame, era solo un diversivo per allungare l'attesa e nel frattempo distrarre la mente da quel palo della luce alias commediante. Non aveva tanta voglia di rientrare in auto, l'imbarazzo di qualche minuto prima non era ancora del tutto scemato. Temeva inoltre altre domande da parte di Song Rok o peggio ancora qualche azione insensata.
In realtà forse ad una mossa azzardata ci sperava lei stessa, nonostante ciò non si sentiva pronta, oltretutto per non illudersi troncò fin da subito ogni fantasia. Quando in quel momento sollevò il capo, si ritrovò il viso del direttore dall'altra parte del basso scaffale, intento a fissarla curioso. Abbassò subito il campo visivo arrossendo e maledicendosi. Quando si trovava in quel tipo di situazioni si trasformava quasi in una timida ragazzina. Ma dov'era finita la tigre che c'era in lei? Beh, era meglio lasciarla dormire, o sarebbe potuta saltare in groppa a Song Rok, azzannandogli il collo.
Corse dalla parte opporta del negozio, seguita a ruota da colui che continuava a cercarla con lo sguardo. Nuovamente non poté fare a meno di ricambiare, e questa volta sorrise pure di fronte all'espressione dolce che Song Rok le stava mostrando. Quando decise che quel gioco di sguardi e timidezza poteva finire, andò alla cassa e fece per pagare, ma la intercedette lui, offrendole non solo da bere, ma anche qualche snack che lui stesso scelse all'ultimo. Il sacchettino infatti finì subito nelle mani della giovane donna.
Salirono in macchina, nuovamente chiusi in un silenzio, questa volta non ostile, ma sereno. Improvvisamente Gemma lo vide chinarsi dalla sua parte, allungando un braccio quasi per abbracciarla e avvicinando il loro volti pericolosamente. Sgranò gli occhi ritrovandosi le sue labbra a pochi centimetri di distanza, continuando a fissarle in attesa. Invece Mr. “belle labbra/bella mano/bell'altezza/bello tutto” afferrò la cintura di sicurezza e l'allungò verso di sé per poterla allacciare. Visto che lei sembrava essersene dimenicata, ci pensò il guidatore a garantire la sicurezza del suo passeggero.
Eppure Im Song Rok non si scostò nell'immediato, subito dopo aver compiuto l'azione. Rimase per un istante lì, immobile, fissando da vicino quegli occhi a suo dire così singolari. «Sai perché non voglio che tu dorma da me?» Gemma negò di avere già la risposta in pugno. «Perché qualcosa è cambiato da un po' di tempo.» A quel punto decise di scostarsi, tornando a fissare la strada pensieroso. «Confesso … che ora vorrei baciarti.» Le disse prima di mettere in moto l'auto.
La ragazza rimase per un attimo interdetta, non sapendo se voler esporsi a sua volta, o osservare ancora per un po' le sue mosse. Ma quella morsa opprimente al petto, poco dopo la esortò a dire qualcosa: «Allora fallo!»
Song Rok la guardò assumendo un'espressione poco decifrabile, a tratti seria imperturbabile alle volte triste. «Perché? Lo vuoi anche tu?» Non aspettò molto per avere la conferma della ragazza, che per lui forse stava tardando troppo ad arrivare, perciò girò il volante e si rimise in strada, verso la via del ritorno.
Così per l'ennesima volta, quel giorno, si ammutolirono entrambi. Mr Im concentrato sulla guida e Gemma a fissare le sue scarpe, grattando le unghie dal nervoso e mordendosi le labbra. Quella era una sorta di penitenza, per non aver risposto sinceramente fin dall'inizio. In fin dei conti, cosa aspettava? Se aveva ormai chiari i suoi sentimenti per quell'uomo, perché non confessava tutto? Specie dopo che Song Rok le aveva chiaramente lanciato un'esca, stava a lei abboccare o meno. Eppure le era difficile comprendere se quella rivelazione fosse sincera, nonostante potesse immaginarlo, ormai lo conosceva abbastanza bene per sapere che non ci scherzava su certe cose. Eppure di quale entità fossero i suoi sentimenti, proprio non riusciva a capirlo e questo la spaventava. Era già stata scottava diverse volte, non solo a causa di Jin Yon U, quindi era più che normale che volesse andare avanti con i piei di piombo.
«Perché vorresti baciarmi?» Si trovò a chiedere, come se la sua voce avesse intelligenza propria, distaccata dal cervello e tutto il ragionare, che non faceva che aumentare le paure e chiuderla in sé in una sorta di scudo protettivo. Insomma parlò l'istinto in quel momento. Il cuore.
«Perché un uomo vorrebbe baciare una donna?» Propose egli stesso una seconda domanda.
«Di ragioni … potrebbero essercene tante. O almeno così immagino.»
«Mmm … anche questo è vero.» Convenne Song Rok.
L'indecisione la divorava, cercando un metodo che le permettesse di rompere quel muro che lei stessa aveva edificato. «Quella volta … », un modo anche per testare il terreno o prepararlo a qualsiasi cosa sarebbe potuta crescere. Voleva uscire allo scoperto e mostrargli ciò che provava, si stava preparando a ricevere qualsiasi cosa lui avrebbe potuto donarle. «Perché mi hai baciata?»
«Quale volta?» Mr. Im aveva una scusa plausibile per non gurdarla negli occhi, visto che stava guidando e in un certo senso in questo modo la stava inconsapevolmente aiutando. Quel suo impedimento giocava a favore di Gemma, che non aveva problemi invece a sollevare gli occhi verso la bella figura maschile. «Stavo recitando.» Annunciò all'improvviso, raggelando con quelle parole la giovane accanto, che abbandonò le unghie, per stringere i pugni. «La prima volta. La seconda ero ubriaco. Lo eravamo entrambi lo sai.» Non faceva trasparire nulla dal linguaggio verbale e nemmeno dal tono della sua voce. «E l'ultima volta ...» Ma ecco che sembrò cedere, lasciando incompleta la frase.
«L'ultima volta?» Impaziente com'era, lo guardava quasi supplichevole. Quella volta non era per alcool e nemmeno una recita, ne era sicura. Ma allora per quale motivo l'aveva baciata? Era davvero interessato a lei? Probabile, ma in che modo? Un errore portato solo dall'attrazione o … «Ti piaccio o non ti piaccio?»
Song Rok qualche attimo dopo svoltò bruscamente alla sua destra, cambiando percorso. Gemma girò il capo per osservare fuori dal finestrino strade sconociute e conosciute allo stesso tempo. A volte quelle vie erano tanto similari tra loro, che sembrava di girare intorno senza una meta precisa.
«E tu?» Attirò il suo sguardo nuovamente. «Tu cosa provi per me?» La ragazza aveva inclinato lo scudo facendo la fatidica domanda e lui prese la palla al balzo per tentare di scalfire quella muraglia.
Gemma svuotò la mente. Non andò in cerca di una risposta precisa, perché già l'aveva pronta. Abbassò l'attenzione sulle mani di Song Rok: le dita picchiettavano sul voltante. Era la prima volta che vedeva da parte sua un gesto d'ansia forse dovuto all'attesa. «A dir la verità è da un po' che io provo qualcosa per te.» In quell'istante le dita di quella bella mano si arrestarono. «Non l'ho mai detto perché … perfino ora non sono sicura di volermi esporre.» Nessun stratagemma, nessuna scappatoia, questa volta si sentì di dire solo la verità. «Sembra comunque che io lo stia facendo.» Tornò ad osservare la sua intera figura, alzando lentamente la visuale, notando Mr “sicurezza” deglutire nervosamente. «Eppure ho paura e in questo momento se potessi scappare lo farei. Immagino sia un bene essere costretta ad affrontare le cose.» Il fatto che lui non si fosse ancora esposto fino a quel momento, non era per Gemma Brizzi un segno troppo positivo. «Non so cosa pensi di me, continui a startene zitto. Non so se provi solo attrazione, curiosità, pietà o chissà cosa, perciò sono spaventata. Ma anche se mi ricambiassi, siamo distanti Song Rok. E io so cosa vuol dire e so cosa comporta. Ho già passato le pene di una relazione a distanza, che hanno ucciso il rapporto passato. Quindi non so se sarò in grado di provare di nuovo. Non credo di riuscire a fidarmi cecamente di qualcuno e del mio destino. Non sono fortunata in queste cose.» Parlando, non aveva notato che ormai erano vicini alla meta.
Im Song Rok infatti fermò la macchina lungo la muretta accanto al complesso di appartamenti lussuosi. Spense il motore e slacciò le cinture. «Sono affamato. Vuoi del ramyeon?» Chiese frettolosamente, scendendo dal mezzo. Gemma lo osservò combattuta, non comprendendo il suo comportamento. Era forse lui quello che stava scappando ora? Impacciatamente lo seguì, cominciando a provare un misto di terrore e fastidio: lo aveva forse messo alle strette in quel modo? Doveva risolvere, ma allo stesso tempo avrebbe voluto bloccarlo e prenderlo a schiaffi. Era stato lui a provocarla, perciò si era messo da solo paura. Se non era pronto ad una confessione simile doveva starsene zitto. Lei avrebbe continuato a tenerlo a distanza, salutandolo nel momento della partenza e ognungo avrebbe continuato a vivere la propria vita senza complicazioni.
Lo seguì fino alla rampa delle scale. «Mi dispiace se ti sto spaventando, ma ormai mi hai fatto parlare ed è giusto che io ti dica le cose come stanno.» Contiunò per la sua strada. Ormai era fatta. Era una persona insicura a volte e per questo molto cauta, finché non osava. Oltrepassando, affrontando le proprie paure, Gemma mutava, divenendo disperatamente coraggiosa. «Quando ero a teatro e lui mi ha contattata, io ho preferito ignorarlo e rimanere dov'ero e sai perché?» Si erano entrambi fermati lì, ma di Song Rok la ragazza poteva vedere solo la figura di spalle. «I miei occhi erano incollati su di te e non solo quelli ...»
«Non serve convincermi. So cosa provi e ho capito anche il tuo punto di vista.» Riferì solamente, prima di salire nuovamente verso il suo piano. Contrariamente a quanto detto fin dal principio, non l'aveva riportata all'Ilmol House. Il proprietario di casa compose il codice e afferrò la maniglia della porta fermandosi un istante. «Gemma … » Alzò lo sguardo fissandola finalmente dritta negli occhi, mostrandole uno sguardo serio e deciso. «Considerando i tuoi tormenti, devo chiedertelo.» Spalancò la porta, «Sei sicura di volere entrare? Se lo fai potrebbero accadere due cose: nulla oppure ...» Gemma sperava solo che non lasciasce sospsesa la frase ancora una volta e indugiò trepidante, sentendo quasi il respiro affaticato dovuto all'agitazione. «Oppure potrei non voler più farti uscire.»
Quella era la buona ragione che cercava. Annuì e velocemente si infilò dentro l'appartamento prima di farsi domare dalle sue paure. Non le importava di sbagliare entrando in un luogo che poteva dar vita ad un inizio disastroso o addirittura apparente. In fin dei conti nella vita non vi è una sicurezza in nulla, poteva capitare tra le braccia di quello giusto o meno, ma non aveva la palla di cristallo per capire quale dei due le riservasse il fato.
Song Rok la seguì, chiudendo poi la porta e osservando le spalle della straniera, che si era fermata di fronte allo spazioso e già consociuto appartamento, non riuscendo davvero a focalizzare gli oggetti presenti, distratta dal rumore che emetteva il suo cuore e dalla voce dei suoi sentimenti che strillava. Si voltò poco dopo, finalmente mettendo a fuoco qualcosa: il volto di Im Song Rok, che la stava osservando con un'epsressione immutata rispetto alla precedente, forse un tantino più rilassata. Il giovane le si avvicinò lentamente, prese tra le mani il suo viso e accostò le loro labbra. Aveva dimenticato cosa voleva dire baciare un uomo in piena coscienza e volontà, ma non aveva scordato il saporte di quella bocca. Si staccò appena da lei, per scrutare da vicino quelle iridi così esotiche, come per Gemma lo era la forma dei suoi occhi. Posò la fronte su quella della ragazza, sospirando, per poi lasciarsi andare entrambi e incollare nuovamente le labbra, in un bacio più spinto e quasi soffocante. Una sensazione che normalmente potrebbe essere opprimente, ma che per loro istigava solo al desiderio.
Il secondo distacco fu quasi doloroso. Il pradrone di casa si tolse le scarpe velocemente e poi si inginocchiò per toglierle anche alla sua ospite. Poi si rialzò, prese per mano Gemma e la portò con sé.
La stanza era molto semplice e moderna, non poté però fermarsi sui particolari e in quel momento nemmeno lo voleva. Lasciò invece che quella persona tornasse a riempire il suo mondo, il suo olfatto, il suo sapore e tatto, incatenandosi in un terzo sensuale bacio. E questa volta non la lasciò andare nemmeno per potersi spogliare: continuando ad accarezzarle la bocca, lasciò la presa dal suo corpo, scostandosi con il busto quel tanto per poter sbottonare la camicia. Fu Gemma ad indurlo ad allontanare anche il volto, fermando il bacio. Ma continuò a legarsi a lui con lo sguardo, fissando quegli occhi tanto diversi, ricchi di tradizioni e particolarità appartenenti ad un'altra terra. Tanto distante da esserne completamente affascinata. Allungò la mano, per aiutarlo con l'indumento, accettando decisa ciò che sarebbe accaduto poco più tardi.
In quel momento non volevo pensare alle conseguenze, non voleva farsi intrappolare da qualcosa che poteva essere solo un effetto delle sue insicurezza. Colse l'attimo perchè così desiderava. E se dopo quella notte Im Song Rok avesse voluto creare una storia reale e seria con lei o no, non le importava. Avrebbe accettato tutto, anche se voleva dire contrastare ancora la sofferenza, che fosse dovuto alla lontanaza, alla diversità e alle incomprensioni o ad un abbandono precoce. Ripeteva a se stessa che non era in grado di prevedere il futuro, quindi lanciarsi nel presente e tentare comunque di costruire qualcosa, aveva per lei più senso che ritirarsi, scappare e magari vivere di rimpianti. Poteva andarle male anche con lui, ma con le stesse probabilità poteva andarle anche bene. Si aggrappò alle sue spalle quando Song Rok la sollevò da terra e prese l'occasione per chinarsi sul suo collo e fare quello che aveva aveva sognato qualche minuto prima in auto. Lo morse anche, debolmente, facendolo rabbrividire.
Alla fine ascoltò il suo desiderio di ricominciare. Nonostante potesse sembrare un nuovo complicato inizio, voleva farlo. Voleva lanciarsi da quel bangee jumping insieme a lui. Ora stava solo al sajangnim decidere se cotinuare a stringerla tra le sue braccia, come stava già accadendo, o se lasciare la sua mano subito o durante il difficoltoso tragitto che li attendeva.



 
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34 Capitolo








Che sia passata un'ora o giorni interi, non faceva alcuna differenza. Gemma sentiva ancora quel tepore inverosimile alla testa, quella pericolosa sensazione che tutto potesse rivelarsi soltanto un sogno. Quasi non aveva il coraggio di aprire gli occhi per paura di scoprire una realtà differente da quella a cui non sembrava aver ancora fatto l'abitudine.
Erano stati giorni pieni, ricchi sul piano affettivo. Anche se ognuno aveva il suo da fare, sfruttavano al meglio ogni minuto libero per incontrarsi. Avevano ancora molto da capire l'uno dell'altra, per poter passare come si deve alla fase successiva, quella di un rapporto serio per quanto possibile e sempre che questa fosse l'intenzione di entrambi. In realtà non avevano parlato in termini di tempo, Gemma non si era mai permessa, per paura di rovinare un momento tanto propizio, facendo scappare l'ennesimo uomo. Mentre lui non aveva accennato a nulla, dimostrando di voler vivere il momento. Cogliere il fatidico attimo. Per lo meno non se ne era andato dopo la prima notte in cui si erano amati, al contrario quella fu l'inizio di una, per il momento, incomprensibile storia.
La prima cosa che mise a fuoco la ragazza al risveglio, fu i suoi occhi: quel simbolo imponente della sua cultura asiatica. Song Rok infatti la stava osservando chissà da quanto tempo. Si trovavano a casa sua, dove ormai Gemma poteva dire di essersi trasferita, per tutte le volte che ci era rimasta a dormire, sia in termini di ospite, che di … qualunque cosa fosse in quel momento per il direttore.
Lui non disse una parola, semplicemente continuò a fissare la ragazza con un'epsressione colma di dolcezza. Lei lo lasciò fare, sospirando e cercando di trattenere uno sbadiglio. Erano entrambi distesi su coltri in chiaro e scuro, l'uno accanto all'altro come da tre mattine a questa parte. Però non era solita avere un risveglio simile: aprire gli occhi e incrociare i suoi fu l'ennesima conferma che non si trattava di un sogno. L'incognita più spaventosa era proprio la mattina, perché non sapeva mai se lo avrebbe trovato ancora al suo fianco o meno. Ma fino a quel momento Mr “bella mano” non dimostrava l'intenzione di volerla lasciare andare, proprio come aveva detto la sera in cui si erano confessati reciprocamente: “potrei non voler più farti uscire”. Non sapeva quando quella porta si sarebbe aperta, per permetterle o intimarla di andare verso l'esterno freddo. Per il momento rimaneva chiusa, con lei dentro a quell'ambiente ancora calorosamente accogliente. Pensare di poter essere nuovamente scaricata la demoralizzava, meglio per lei continuare a viversela giorno per giorno.
Sorrise a Song Rok e poi si mise a sedere nel letto. Stava per scostare le coltri e scendere dal materasso, quando la grande mano maschile le afferrò un polso. «Dove scappi?» La fermò e dolcemente la costrinse a distendersi nuovamente nel letto. «E' bello godersi il risveglio tranquillamente.»
Gemma piegò il gomito, appoggiandosi al braccio destro, sorreggendo con la mano la testa. «Già. Anche io credo sia piacevole questo tipo di risveglio.»
Con un sorriso malizioso Song Rok cominciò a stuzzicarla: «E perché mai? C'è un motivo particolare?»
Gemma sorridendo sollevò gli occhi al cielo. «Magari è perché ci sei tu al mio fianco?»
«Ma che cosa carina che stai dicendo. Anzi forse troppo. Troppo zuccherata, fai venire il diabete.» Risero entrambi brevemente.
«Proprio perché è così piacevole, temo finisca presto.» Aggiunse la giovane smorzando i toni gioiosi.
Song Rok allora si sollevò, appoggiando a sua volta sugli arti. «Pensi già alla partenza?»
«Manca una settimana! Come potrei non farlo?» Ribatté quasi accigliata. Non avrebbe voluto tirare in ballo la questione, si era ripromessa di non imporgli nulla e di viversela spensieratamente, ma schiava delle sue abitudini stava già iniziando a cadere nell'errore di imporre la presa di una decisione. Per lo meno che le rivelasse i suoi piani. Gemma sarebbe partita e lui? Avrebbe continuato la sua vita come sempre, dimenticandosi di lei.
«Non preoccuparti troppo okay? Non ti farò star male. Viviamo la cosa spensieratamente per ora.» Quella sembrava l'unica risposta che poteva avere di fronte alle sue evidenti paure. Allungò un braccio, accarezzandole una guancia, facendole sollevare lo sguardo sconsolato. «Aspettiamoci.» Propose improvvisamente. «Proviamo semplicemente a fidarci l'uno dell'altra.»
Un tantino sorpresa di quanto stava dicendo, Gemma sorrise, senza però che una vena di malinconia la lasciasse. Annuì, perché era l'unica soluzione che si poteva avere, purtroppo e al contempo per fortuna, perché anche lei non voleva che finisse tra loro. A quanto pare era davvero così anche per Mr Im. Eppure … «Ho già avuto le mie belle delusioni in questi termini, ma … sì. Anche io voglio fidarmi di te.»
«Hai avuto delusioni perché ti intestardivi a fare da madre a dei ragazzini, qui davanti a te hai un oppa.» Disse ridendo sotto i baffi che cominciavano a spuntare, una leggera peluria che contraddistingue l'uomo prima della rasatura. «Hai mai chiamato qualcuno oppa prima d'ora?»
A quel punto spuntò un sorriso di scherno anche sul viso della giovane: «No! E mai lo farò! Non mi piace come usano quella parola alcune ragazze qui.»
«E come vorresti chiamarmi allora? Oppa è molto usato.» Si avvicinò al suo viso, sfiorandole le labbra senza baciarla realmente. «Sajangnim?» Le toccò le labbra in quel momento, in uno schiocco di bacio. «Seongsaenim?» E nuovamente premette bocca contro bocca velocemente.
Gemma socchiuse gli occhi osservandolo con finto astio: «Byeonte ajeo-», ma prima che finisse la parola, Song Rok la fermò prontamente, tappandole la bocca in un lungo e finalmente più appassionato bacio. Im Song Rok si sollevò sopra di lei, schiacciandola con il suo corpo ancora caldo, grazie al tepore delle coltri. La strinse tra le sue forti braccia, assaporando la sua essenza in ogni minimo lembo di pelle.


 
****


Alla fine non c'era mai una volta in cui Gemma si svegliasse da sola. Recentemente si addormentavano insieme e aprendo gli occhi si ritrovavano sempre accanto. Ma d'altronde i loro giorni erano contati, quindi dovevano sfruttare ogni singolo momento. Ecco che Song Rok quindi posticipava magari l'entrata al lavoro per lei e rincasava appena poteva o la invitava a prendere parte alle prove del teatro. Certo, anche la sua carica gli permetteva ciò che altri non avrebbero potuto permettersi.
Quella mattina però, a due giorni dalla partenza, Gemma svegliandosi si accorse di una grave mancanza. Si alzò dal letto in cerca nella stanza, che magari non si fosse messo nella scrivania per correggere qualche copione, finché lei riposava. Uscì addirrittura dalla camera per cercarlo, ma a parte Kureum, la cagnolina, non c'era anima viva. Dispiaciuta e perplessa, tornò in camera da letto per rivestirsi e magari inviare a Song Rok un messaggio. Così si accorse del biglietto posto proprio sopra al cellulare:


 
Scusa se scappo, ho delle faccende urgenti in teatro. Ti avrei portata con me, ma dormivi così profondamente che ho preferito non svegliarti. Oggi alle 6:00 pm vieni all'Artkukjang, ti aspetto li.


La ragazza così si era lavata e vestita in tempi di record, per correre da quello che fondamentalmente nel cuore identificava come il suo “lui” … ormai.
Era giunta in teatro dalla parte dedita al pubblico, trovando sbarrate le porte, quindi aveva provato a cercarlo proprio nella scuola. Alla reception avevano detto che il direttore si trovava a teatro, ma che per quel giorno le prove erano chiuse al pubblico. Nonostante non le fosse permesso, Gemma tentò di entrare dalla parte dei camerini, ma venne prontamente bloccata da una guardia.
«Signorina, dove pensa di andare? Se non ha il badge, non le è permesso l'accesso. Oggi le prove non sono nemmeno ammesse al pubblico.»
«Sì, me lo hanno detto, ma sono stata invitata qui dal Sajangnim. Mr Im.» Rispose sicura.
La guardia, sulla cinquantina, coreano e dai capelli ancora perfettamente neri la guardò di sbieco: «Ah … se è così. Ma purtroppo come posso essere sicuro di quel che dice? Chi è lei?»
«Sono ...» stava per dirlo. Stava per nominare una parola proibita. Non ne avevano ancora parlato, si erano solo promessi di aspettarsi una volta che lei sarebbe tornata in italia, ma questo non faceva di loro una coppia vera e propria o per lo meno non tanto da dichiararsi …
«E' la mia ragazza.» Affermò un uomo dietro la guardia. Era sopraggunto insieme alla solita volpe di collega. Doveva essere una sorta di vicedirettrice per essere sempre appiccicata alle chiappe del direttore. Kim Sae Bom prese a squadrare sia il chilometrico attore, sia la giovane ancora di fronte alla porta con aria seccata. Mentre Song Rok non si curava di sguardi altrui se non quello di Gemma. Continuando a fissarla negli occhi, si avvicinò a lei e le porse la mano, un cenno che voleva dire tutto.
Gemma strinse immediatamente quella grande, immensamente calda mano e si posizionò al fianco del giovane uomo.
«Ah! Sajangnim! Avevo capito che frequentava qualcuno da un po' di tempo ...», aveva preso a parlare la guardia, scusandosi quasi dell'aver fatto il pignolo con la fidanzata del capo, « … ma non immaginavo che si fosse addirittura fidanzato. Ha davvero una bella compagna, congratulazioni ad entrambi.»
Kim Sae Bom incrociò invece le braccia. «E da quando questo?»
«Mmmm ...» Song Rok alzò gli occhi al cielo in segno di riflessione, « … E' successo circa tre mesi fa. Ci siamo conosciuti proprio qui a teatro, ma non c'eravamo piaciuti molto. Poi per una cosa o per l'altra siamo usciti una sera e alla fine abbiamo concluso lì la nostra conoscenza, ma ...» abbassò lo sguardo verso Gemma Brizzi, che in quel momento taceva imbarazzata, « … stranamente la conoscenza è andata oltre e le rose sono sbocciate, diciamo così.»
La guardia sorrise compiaciuto. «Quando si dice destino, no?»
Il direttore annuì, «Sì, anche io credo sia stato destino, alla fine ci siamo incontrati per cause maggiori e anche la frequentazione è avvenuta non proprio per volere nostro. Eppure poi tutto si è trasformato in qualcosa di voluto.» Strinse ancora di più la presa su Gemma e la trascinò con sé. «Scusate ma noi abbiamo una cena molto importate. Vi lasciamo.»
Sae Bom afferrò il braccio di Mr Im appena gli fu davanti. «Cena?»
Lui con un'espressione indefinibile, rispose: «Del nostro anniversario!» Per poi scoppiare in una strana risata, punzecchiato dalla fidanzata, che cercava di intimarlo a smetterla. Era stata una vendetta sciocca.
Gemma si voltò a salutare le due persone rimaste indietro, prima che Song Rok la tirasse nuovamente a sé.


Ora poteva immaginare perché amasse il suo lavoro: potendo fantasticare di aver di fronte tutti posti occupati, si sentiva quasi un leone ruggente di fronte al caloroso sole al tramonto; un re seduto nel suo trono di fronte ai suoi sudditi. Era impressionante quanta energia e tensione si avvertisse da quella prospettiva.
Le aveva detto di aprire la porta di fronte a sé ed entrare per prima. E l'attesa rese Gemma ancora più nervosa. Improvvisamente si ritrovò sul palco, le tende tirate mostravano gli spalti e le luci l'accecavano.
«Wow.» Sospirò meravigliata di cotanta bellezza.
«Bello vero?» Proferì una voce alle sue spalle, nell'oscurità di un angolo del palcoscenico. Song Rok le si avvicinò, sfiorandole una spalla, per poi prenderle la mano e accompagnarla di fronte al tavolino al centro della scena. C'erano dei semplici fiori come centrotavola, posate e piatti eleganti, del vino e un carrello con vassoi coperti, dai quasi proveniva un profumino di tutto rispetto.
«Hai preparato tu tutto questo?» Chiese strabigliata.
Song Rok prese una rosa e si avvicinò alla ragazza. «Beh, diciamo che mi sono fatto aiutare.» Le diede quell'unico, bellissimo, fiore. Naturale, un bocciolo che doveva ancora sciudersi del tutto.
Lei sorrise compiaciuta, ricordando: «Ti avevo detto che non mi piacevano gli uomini pompati che regalavano mazzi su mazzi di rose.»
Lui si dimostrò disarmato, allargando le braccia e facendo spallucce, «infatti io ti regalo una singola rosa.» Fece sorridere Gemma, che si portò poi verso la sedia. Galantemente Mr. Im la fece accomodare e poi si sedette egli stesso. Non aspettò tanto: dopo averle versato del vino, rovistò nelle tasche del bel completo, tirando fuori una scatoletta dal rivestimento blu. «Non è un anello.» Cancellò dalla mente della ragazza ogni singola fantasia che oltrepassasse l'effettiva entità del loro rapporto. «Non ancora per lo meno.» Ci tenne però a specificare.
Gemma esitò prima di aprilo, ma venne spinta dal cenno del capo che fece il commediante. All'interno vi era un bellissimo bracciale d'argento, con due charmes d'oro giallo e rame raffiguranti due maschere teatrali. Una rideva e l'altra aveva un ghigno triste.
Im Song Rok le rubò la scatoletta dalle mani. «Spero ti piaccia. Dammi il polso.» Lei obbedì, così che lui potesse allacciarle il dono e in quel momento, Gemma notò lo stesso identico bracciale in mezzo a quelli che lui era solito portare.
«E' un bracciale per coppie!» Esclamò compiaciuta.
«Sì e l'ho scelto apposta. Non è solo il simbolo del mio lavoro, che amo.» Cominciò a spiegarle. Prese in mano il bicchiere e le fece segno di voler fare un brindisi. Accostarono così i bicchieri e poi sorseggiarono entrambi. «La rosa che ti ho dato è un bocciolo giusto?» Aspettò che lei annuisse, prima di continuare: «Come noi siamo quella rosa rossa, splendida ma ancora all'inizio della sua crescita, così siamo anche quei charmes che rappresentano anche il nostro incontro, qui a teatro. Avremo tempo per ridere e piangere assieme, o almeno questo è quello che spero.» Quelle parole alimentavano la speranza di un rapporto serio e duraturo in Gemma, anche se sapeva che tutti hanno quella prospettiva, all'inizio. «Inoltre … ti ho visto piangere, ridere e in qualche modo io ero accanto a te.» Teneva lo sguardo perso in qualche punto del tavolo, riflettendo sulle parole consigliate dai sentimenti. «Mi ci sono trovato senza volerlo in effetti. Perfino da estraneo, poi amico e infine … », sollevò in quel'istante lo sguardo verso la giovane donna, «Spero che anche tu in futuro potrai sostenermi nel dolore e conituare a gioiere con me. So che sembra una proposta di matrimonio.» Rise tra sé e sé. «Non lo è!» Disse spalancando gli occhi, come per mostrarsi spavantato, ironizzando sulla cosa. «Ma il fatto è che ti ho conosciuto in circostanze assai bizzarre e poi la cosa si è evoluta, i miei sentimenti sono mutati. Il mio cuore improvvisamente ha desiderato avvicinarsi sempre di più al tuo. Un tempo mi davi quasi fastidio, non me ne fregava niente di te, mentre ora … », allungò una mano, per afferrare quella di Gemma, «... se provi ad ascoltarlo, il mio cuore ...», con l'altra posizionò le dita della ragazza sul suo polso, « … appena ti guardo, cosa dice? Cosa sta dicendo il mio cuore?» Lei osservò prima quello sguardo intenso, poi i movimenti delle sue mani, il suo polso e rimase in attesa, in ascolto. «La senti la sua voce?»
Gemma tornò a guardare Song Rok nel momento stesso in cui percepì quei battiti, ricordandosi di come le aveva insegnato a comprendere i sentimenti di una persona con l'uso del sol tatto. Era successo alla loro prima uscita. Al primo esperiemento in quello che doveva essere la tattica per far tornare da lei il suo ex fidanzato.
«Cosa sta dicendo?»
«Batte forte.» Rispose.
«Esatto.» Song Rok mollò la presa, ma intrecciò le sue dita a quelle di Gemma, posando la mano sul tavolo. «Non ti posso promettere amore eterno. Chi lo sa il domani dove ci poterà? E quali cambiamenti avverranno. Nemmeno tu puoi essere sicura dei tuoi stessi sentimenti, giusto? Nessuno può. Posso prometterti però di esserci adesso e mettercela tutta per continuare a farlo anche in futuro.»
Annuì compiaciuta, trattenendosi nell'allargare troppo il suo sorriso. «Allora anche io ti faccio la stessa promessa.»
Lui ricambiò il sorriso dolcemente, per poi tornare improvvisamente serio. Posò la schiena alla sedia, rilassandosi in un sospiro, allontanando un po' la mano da quella della fidanzata. «Ora però arriviamo alla brutta notizia.»
Quell'annuncio la spaventò un tantino. Questa volta fu lei a spostarsi in avanti, per colmare la distanza appena imposta da lui. «Che succede?»
«Ho deciso di perfezionarmi. Prendere una pausa dal lavoro e tornare a studiare teatro. Lascerò a Kim Sae Bom le direttive per un po', perciò … non credo che starò a Seoul a lungo.» Confessò.
La ragazza si guardò intorno confusa. «Non credo che cambi qualcosa, visto che saremo comunque distanti. Almeno che tu non mi facessi la sorpresa di trasferirti in Francia o che ne so, Germania? Anche l'Inghilterra sarebbe meno lontana di Seoul voglio dire.» Ma lui stava già denigando. «E quale sarebbe il programma?»
«L'idea è di stare via per un anno forse di più se ce la faccio. Ho già avuto contatti con la sede e alcune persone si stanno occupando del mio inserimento in una scuola specifica. Parto tra un mese.» Era una maschera inacessibile in quel momento.
«Immagino che aver sperato per un momento che fosse l'Italia la tua meta, sia stata una cosa sciocca.» La buttò lì, non voleva essere una battuta, ma un semplice dato di fatto. Sì, per un attimo aveva sperato che avesse scelto il suo paese per questa avventura. Attese comunque di sapere qual'era il luogo designato.
Song Rok teneva gli occhi puntati verso il basso e li rialzò di scatto solamente dopo aver lasciato che il silenzio farcisse il dubbio di lei. Sollevò gli angoli della bocca, svelando così una seconda sorpresa, la più grande.
«Cosa vuol dire quel sorriso?» Anche lei stava sorridendo, involontariamente. «Ho paura di chiedertelo, ma … Non stai scherzando vero?»
Di nuovo oscillò la testa. «Affatto.»
Con una spinta la ragazza si alzò, facendo cadere la sedia all'indietro, girò il breve tavolo per andare a stringere la persona che le stava di fronte. Lui nel frattempo aveva cercato a sua volta di sollevarsi, ma venne rifatto sedere, quando le braccia della fidanzata lo strinsero forte. Gli saltò praticamente in braccio. E così lasciò che fosse lei la prima a scostarsi, lasciò che lei gli afferrasse il volto, stringendo le guance scarne, e che baciasse poi le sue labbra fine. Interruppe quel gioco di sorrisi e coccole quando Gemma cominciò seriamente a premere tanto da fargli male.
«Ma che modi sono!» Le disse guardandola con sguardo severa da quella breve distanza, «Mi stai facendo un tantino male, signorina. E poi non mi trattare come un bambino.» Le aveva afferrato i polsi, per farle mollare la presa dalla sua faccia. Lo sguardo cambiò, divenendo malizioso: Song Rok si protese verso di lei con uno scatto, per baciarla a modo suo, sinuosamente. Tornando ad accomodarsi sulla sedia, la fissò intensamente, tenendola ancora a bada, lontana, perché non riiniziasse a giocare con lui. «Voglio che tu sappia una cosa: questo viaggio serve di certo a me, ma è anche il primo passo che faccio verso di te Gemma.»
«E io allora? Cosa posso fare per te?»
A quella sua domanda Mr Im scattò, sollevandosi dalla postazione, obbligò anche la ragazza ad alzarsi dalle sue gambe. La sorresse quando questa stette per cadere, a causa della foga. Non lasciò nemmeno un momento le sue mani, conducendola a posarle sul tavolo e ad appoggiare il peso dell'intero corpo su di esso. «Non devi fare poi molto.» Sospirò, piegandosi su di lei, avvicinandosi al volto dell'amata, continuando a fissarla seriamente e intensamente. «Devi solo fidarti di me e starmi accato serenamente.» In quel momento la provocazione c'entrava poco, ma era così che appariva il volto di Im Song Rok. «Credi di potercela fare?»
Gemma Brizzi gli sorrise, abbassando poi lo sguardo sulle morbide e fine labbra. Scivolò via dalla presa delle sue mani, per poter allacciare le braccia al collo. Sospirò tornando ad osservarne gli occhi a mandorla. E non disse una parola. Delicatamente si scostò, sollevò le proprie mani, accarezzando con le dita la pelle liscia del sajangnim. Tornò a bloccargli il viso debolmente, per poi donargli uno dei tanti baci che ci sarebbero stati tra loro da quel momento in poi.






 
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Epilogo








Su una cosa non mi sbagliavo, mio caro diario: non ho scritto poi molto da quando sono arrivata a Seoul. Che avevo detto dal principio? Non sono in grado di tenere diari vari, nemmeno quello dell'alimentazione che obbligatoriamente mi faceva scrivere il dietologo. Sì, come tutte le ragazze, ho avuto un periodo di “mangio solo dolci quindi ingrasso” verso i quindici anni di vita.
Comunque, avrò riportato le mie problematiche quanto? Due? Tre volte? Mi sono sfogata poco con te quando ho rivisto dopo mesi e mesi Yon U, quando l'ho affrontato. Mi sono arrabbiata per l'incontro con quell'arrogante sajangnim, ma ho corretto col tempo il mio pensiero nei suoi confronti, cominciando a trovarlo simpatico e gentile. Ho pianto sopra le tue pagine rare volte, ma l'ho fatto. Scarabocchiando rabbiosamente alcune parti, in particolare mentre pensavo alla tizia in compagnia del mio ex. Ed infine ho dato di matto cercando di riportare a penna strane sensazioni, che non riuscivo a comprendere. Nemmeno tu mi eri di aiuto allora, ricordi? Ho scritto due righe sul mio strano stato emotivo e poi mi sono interrotta. Forse perché in quel momento non volevo davvero comprendere i miei sentimenti per … lui?
Su tutto il resto invece mi sbagliavo alla grande: queste pagine si sono tinte anche di tristezza, ma pure di novità e speranza, per quanto poco sia stata presente tra le tue righe. Diciamo che se fossi stata un'assidua scrittrice, la storia che avrei potuto raccontare, contrariamente a quanto pensavo, si sarebbe tinta di rosa e non di tenebra nera.
Eccomi qui dunque a scusarmi con te, come se tu fossi un'entità mistica, avessi pensieri propri e non fossi invece uno stupido quaderno dove annotare cose a caso.
Lontano dagli occhi lontano dal cuore. Certo è vero, ma non per questo si deve rinunciare nel provarci! Se si ha il coraggio di farlo, se entrambe le parti hanno la grinta per buttarsi, allora è già qualcosa. Le distanze poi si dovranno accorciare, logico! Ma nel frattempo proviamo a piccoli passi ad avvicinarci alla nostra meta!
Se c’è amore c’è speranza. Lo pensavo prima e ora che ho ritrovato quella cosa chiamata speranza, lo penso ancor di più.
Con l’amore si affronta ogni ostacolo. A volte si fallisce, ma sono ancora convinta in questo: se c'è amore vero si può scalare montagne insormontabili, ma in una coppia entrambe le parti devono dare il meglio di sé.
La gente è strana, prima si odia e poi si ama, cambia idea improvvisamente”, cita una canzone italiana. L’amore miracolosamente può sbocciare dall’odio o può trasformarsi pericolosamente in insoddisfazione. A volte inaridisce anche con una velocità piuttosto sorprendente … come può nascere in un lampo o coltivarsi nel tempo.
Consiglio invece di continuare a non credere nella favola “lui è quello giusto”. Obbiettivamente nessuno può davvero confermarlo! Nemmeno coloro che sono sposati da dieci anni hanno quell'assoluta certezza. Però diamo e diamoci fiducia. Se è il nostro cuore a volerlo, dobbiamo per lo meno provare a fidarci l'uno dell'altra. Sperando di aver trovato la persona adatta a noi, che voglia lottare con noi.
Tornare a Seoul non era certo una cosa prevista fin dall’inizio, non così tanto in fretta per lo meno, ma avevo bisogno di porre delle domande e di avere altrettante risposte. Tra lascrime e ferite rimarginate, ho trovato il modo di superare il cuore infranto e questo mi ha portato qualcosa di nuovo, qualcosa di inaspettato.
Non ti aggiornerò su di me, ma se vuoi ti lancio la news del secolo: Sarah stava per farsi mollare dal suo fidanzato. Sì hai capito bene! Questa volta è toccato a lei pregare in ginocchio un uomo e già che è riuscito nell'impresa colossale, direi che ha grandi possibilità di sposarsela. Non so quanto gli convenga però.
Ora sono seduta all'aeroporto di Incheon, in una diversamente comoda … ehmm, si tratta di una panchina questa volta e sono in partenza verso l'Italia. Si torna a casa e ci si lascia alle spalle il dolore. Ma devo dire che di questo avevo già iniziato a lavorarci parecchio tempo fa.
E ora ti saluto mio caro diaro, penso che sarai deposto definitivamente in un cassetto in qualche angolo della casa nuova che compreremo io e il commediate da strapazzo appena giungerà in Italia. Ops, ho detto anche troppo temo ...
Concludo incrociando le dita per una vita serena e gioiosa, quindi qui ci sta una citazione in coreano: aja aja fighting!



 
Fine.



 
Sperando che questa mia storia originale vi sia piaciuta,
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