Serie TV > Bones
Segui la storia  |       
Autore: Gobbigliaverde    08/05/2015    1 recensioni
Jeffersonian, sempre pieno di confusione e di cervelli, ma il lato completamente irrazionale può risolvere tutti i casi. Come mi diceva sempre Angela, l'arte non serve solo a creare misteri.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

IMITAZIONI E LIMITI (parte 2)

 

    Che imbarazzo. Non avevo la minima idea di che cosa dire. Forse starsene in silenzio e non dire nulla sarebbe sembrato più intelligente che fare una delle mie solite figuracce. Ebbene, non andò proprio così.
    «Allora, ora puoi dire di aver visto tutto… Come ti sembra la Grande Mela?» Chiese Wendell con lo sguardo fisso sull’asfalto che scorreva veloce sotto le ruote della berlina scura.
    Quella si che era un’auto. La mia in confronto era un catorcio.
    «Grande…» Commentai io senza riflettere.
    La Grande Mela. Come diavolo c’eravamo finiti a New York? Ah si. Io avevo stupidamente detto che non c’ero mai stata, e in tre ore e mezza siamo arrivati lì. Di notte.
    «Quindi devo immaginare che tu venga da un posto sperduto, se grande è l’aggettivo più adatto che puoi dare ad una città.»
    «In effetti… forse il più adatto è “caotica”» Mi corressi sorridendo.
    Non era il momento migliore per parlare del perché mi fossi trasferita a Washington. Probabilmente non lo sarebbe stato mai. Il mio passato doveva rimanere nel passato.
    «E come mai hai abbandonato la vita di campagna per il caos della città?»
    Ecco. La domanda che non andava fatta. Ma in questi casi sapevo già salvarmi la pelle allora.
    «Forse perché in tutti i miei venticinque anni suonati non sono mai stata a una festa come si deve.» Commentai ironica.
    «A tutto c’è un rimedio… Conosco un posticino che farebbe al caso tuo.» Ridacchiò.
    Non replicai nulla. Non avevo idea di come si sarebbe conclusa la serata. Erano le quattro del mattino, e ancora stavamo girando per New York, sotto mia richiesta, perché non c’ero mai stata, e probabilmente nemmeno lui. In quel viaggio in macchina non ero ancora riuscita ad incrociare il suo sguardo, anche se ogni tanto, mentre guardavo la città dal finestrino, avevo la sensazione che mi osservasse.
    Non ricordo molto di quello che accadde dopo. Le uniche cose che mi sono rimaste impresse nella mente sono la musica forte, l’odore di alcool, e infine la visuale mozzafiato delle miriadi di luci di New York dal ponte di Brooklyn. Poi, buio totale.
    Erano le dieci quando ho aperto gli occhi. Non avevo mai bevuto così tanto in tutta la mia vita. I miei arti erano così pesanti che non sarei mai riuscita ad alzarmi, se non fosse stato per il mio cellulare. Sembrava come impazzito. Squillava di continuo. Nella mia testa volevo fermarlo, ma il mio corpo non rispondeva ai comandi. Rimasi distesa a faccia in giù ancora per qualche minuto, prima che la parte razionale di me mi obbligasse a spostarmi.
    Quando si dice un risveglio traumatico. Mi alzai in piedi e raggiunsi il comodino con la grazia di un ippopotamo. Avevo la vista appannata, e la testa mi doleva come se qualcuno mi avesse calpestato il cervello con i tacchi a spillo. A proposito di scarpe. Era curioso che io ne avessi indosso una soltanto.
    Raccolsi il telefono svogliatamente. - Dannazione.
    
Avevo sette chiamate perse da Angela. Rovesciai uno degli scatoloni del trasloco in cui ero certa aver messo qualche vestito, e indossai le prime cose che mi capitarono sotto mano.
    Il taxi arrivò più tardi del previsto, e io arrivai in ritardo galattico al lavoro. Secondo giorno. Quando irruppi nell’ufficio di Angela però, non sembrava affatto arrabbiata. Anzi. Era piuttosto preoccupata.
    «Tesoro, non sai quante volte ho provato a chiamarti. E… che brutta cera che hai… stai bene?» Chiese.
    Mai stata meglio. - Commentai con sarcasmo nella mia mente.
    Mi limitai a sorridere e fingere che non mi avesse posto nessuna domanda. Mi sentivo uno straccio, e non avevo ancora smaltito tutto quell’alcool. E in più non ricordavo nulla della sera precedente. E ciò mi turbava non poco.
    «Allora… Hodgins ha appena finito di ripulire le ossa, credo che la Brennan a questo punto sia a fare una chiacchierata con i parenti della vittima assieme all’agente Booth, e noi non abbiamo nulla da fare… Se vuoi possiamo prendere un caffè, magari ti sentirai meglio.» Disse con dolcezza.
    «Magari…» Replicai io con sguardo adorante.
    Un caffè. Era proprio quello che mi serviva. Arrivai di fronte alla macchinetta assieme ad Angela, per scoprire che era guasta. Guasta. 
    Come l’ascensore. - Pensai.
    Sconfortata mi sedetti ad un tavolino poco vicino, perché se fossi stata ancora cinque minuti in piedi sarei crollata a terra come un sacco di patate. Angela si sedette affianco a me, probabilmente con l’intenzione di fare conversazione, ma più mi parlava, più la sua voce mi rimbombava nella testa così forte da impedirmi di capire il significato delle parole.
    «Hai un’aspirina?» La interruppi ad un certo punto.
    Lei si riscosse e mi guardò con aria stranita. «È bello parlare con te, stai in silenzio e io posso andare avanti finché voglio.» Rise. «E no, non ho un’aspirina. Tranquilla, tra un po’ passa, anche io facevo festa la sera, prima di avere mio figlio. Ne so qualcosa.»
    Si vedeva così tanto? Diedi retta all’evidenza, e continuai a tacere in preda alla mia stanchezza.
    «Merda.» Dietro le mie spalle qualcuno stava imprecando contro la macchinetta del caffè.
    Come lo capisco. - Pensai.
    Mi voltai a guardare la scena e rimasi congelata all’istante. Wendell se ne stava immobile, con la schiena appoggiata alla superficie lucida della macchinetta, gli occhi chiusi cerchiati da due solchi neri, e probabilmente in uno stato peggiore del mio.
    «Aaaah, ora ho capito…» Sussurrò Angela, facendomi trasalire. Mi ero quasi scordata che era seduta affianco a me. «Tu e Wendell…»
    «Non dirlo neanche per scherzo. Non ci voglio pensare.» La interruppi io bruscamente, ma lei sembrava nutrire un certo interesse nei confronti di questa storia.
    «Siete andati a letto assieme?» Domandò, senza alcun riguardo per il mio malessere fisico e mentale.
    «Non ne ho idea, ecco.» Ammisi finalmente.
    «Allora non è andata così. Una notte con lui non si può dimenticare.» Commentò.
    Rabbrividii. Non ci volevo nemmeno pensare. Non lo conoscevo nemmeno da un giorno, e io non sono tipa da fare certe cose con gli sconosciuti. Mi voltai e sperai che non mi notasse. Pregai che se ne tornasse nel suo laboratorio esattamente come era arrivato fin qua. Ma Angela fu più veloce.
    «Ehi, Wendell! Vieni a sederti qua con noi, non abbiamo nulla da fare!»
    Maledetta. Ecco. Ora avevo un valido motivo per sotterrarmi. E lavoravo li da solo due giorni. Lui si voltò con aria perplessa. Si stava avvicinando a passo lento, quando fui salvata dall’arrivo della Brennan.
    «Abbiamo un altro cadavere, andiamo.» Disse gelida, trascinandolo via per la manica prima che potesse rivolgermi la parola.
    Forse questa giornata non fa poi così schifo.
    
Altro cadavere, altro identikit. Questa volta dovevo lavorare da sola, Angela era occupata, a quanto aveva detto. Non sono mai stata molto brava con i computer, anzi ci litigo spesso. Soprattutto con questo. E nel momento in cui Wendell entrò nell’ufficio con altri dati, io stavo insultando coloritamente la tastiera perché non faceva quello che volevo io.
    «Hai uno strano modo di usare la tecnologia…» Commentò con un sorriso tirato e stanco.
    «Ah si? Da cosa lo capisci?» Sbottai sbattendo con forza il mouse contro il tavolo.
    Lui mi fermò delicatamente la mano. Un brivido percorse il mio braccio. Mi ritrassi velocemente, come se mi fossi scottata. Lui mi osservò per qualche istante, i suoi occhi nei miei. Non ci eravamo mai guardati così a lungo, almeno, che io ricordi.
    Nessuno era abbastanza veloce a pensare, con tutto quell’alcool che avevamo ancora in circolo. Ma qualcuno doveva chiederlo.
    Che cosa è successo ieri sera? - Il mio cervello non riusciva a collegarsi alla bocca, e lui mi batté sul tempo.
    «Facciamo così. Tu prendi questo foglio di carta e questa matita e ci disegni sopra, esattamente come hai fatto ieri. Non ti serve un computer. Ti ho visto farlo una volta, e puoi farlo di nuovo.»
    Annuii senza aggiungere altro, e presi il materiale che mi porgeva stando bene attenta a non sfiorare di nuovo le sue mani. L’imbarazzo tra di noi era palpabile, ma nessuno aveva intenzione di parlarne. Meglio così.
    Completai il disegno in meno di una ventina di minuti, e lui era rimasto lì senza proferir parola per tutto quel tempo.
    «Anche questa la conosci?» Domandai scherzando.
    Lui si limitò a scuotere la testa e afferrare il foglio. Poi lo vidi scomparire dietro la porta. Non si fece più vivo per tutto il resto della giornata, fino a quando non ci furono sviluppi sul caso.
    L’agente Booth ci chiamò a raccolta tutti quanti. A quanto diceva, sembrava una questione piuttosto delicata.
    «L’omicidio di questa seconda donna, non ancora identificata, è lo stesso modus operandi. È stata uccisa con una sbarra d’acciaio, decapitata e nascosto il corpo. Si suppone che abbiamo a che fare con un serial killer. Ma, come tutti ben sapete, per affermare ciò, dovremmo avere almeno tre vittime. E suppongo che nessuno di voi voglia un cadavere in più.» Iniziò lui, freddamente.
    «Tecnicamente avremmo bisogno di più prove, perciò…» Obiettò la dottoressa Brennan.
    «Bones.» La bloccò lui.
    Il gelo era calato tra i presenti. Nessuno fiatava. L’agente dell’FBI tamburellava nervosamente le dita sulla scrivania e Angela era più bianca di un cadavere.
    Lance Sweets prese parola. «È altamente probabile, come aveva brillantemente fatto notare la nuova stagista, Sarah, che il killer stia imitando il caso di Gage. E questo, assieme ad altri indizi che abbiamo trovato sulla prima vittima, ci porta dritti all’Università della California, Los Angeles, che come dovreste sapere è tra le più importanti al mondo. È qui che il caso di Gage tuttora viene studiato.»
    «Per la precisione, per la prima volta, nel 2012, un team di ricercatori, di cui io facevo parte, ha simulato l'incidente per analizzare le lesioni della materia bianca che collega tra loro diverse parti del cervello.» Continuò la Brennan.
    «Bones, abbiamo capito quello che vuole dire Sweets.» La bloccò Booth. «Dobbiamo incontrare quel gruppo di scienziati e interrogarli.»
    «Questo è un lavoro da Roxy e Tony per caso?»
    «No, ti conoscono troppo bene, e si da il caso che conoscano anche me… Ci vuole qualcuno che sia appena entrato nella nostra squadra, ad esempio…» Concluse l’agente guardandomi dritta negli occhi.
    Arrossii violentemente. Tutta l’equipe mi stava fissando. Ero così stanca che avevo capito poco e niente di quello che stava accadendo, eppure mi stavano mandando a lavorare sotto copertura. Quando lo realizzai, il sangue mi si gelò nelle vene. Ma con tutti quegli occhi puntati su di me non riuscii a dire di no.
    «Va bene, sono pronta. Spiegatemi cosa devo fare e lo farò.»
    La dottoressa Saroyan cercò di rassicurarmi. «Avrai un collegamento con l’FBI, sarai sempre sorvegliata. Non devi preoccuparti di nulla.»
    Tranne che di un pazzo assassino che uccide le sue vittime con una sbarra di ferro e poi le decapita. - Pensai tra me, ma quello che diedi a vedere fu solo un sorrisetto spaurito.
    Era deciso. Mi ero guadagnata il posto di “vittima da macello”. E ribadisco il fatto che era solo il mio secondo giorno al Jeffersonian. Avevo il cuore in gola. Sarei andata a scovare un assassino in carne e ossa, quando fino ad ora mi ero occupata solo di identikit. Tutti se ne stavano andando, quando una voce espresse al meglio i miei pensieri.
    «Non può andare da sola! C’è un serial killer!» Obiettò Wendell.
    «Non sarebbe andata da sola, ma siccome si è offerto lei, andrà al posto di Booth. grazie signor Bray.» Sorrise la Brennan.
    «Che cosa?» Disse lui, ma ormai se n’erano andati già tutti.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Bones / Vai alla pagina dell'autore: Gobbigliaverde