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Autore: Skred    09/05/2015    1 recensioni
«È triste. Davvero triste. Quel giorno fosti proprio tu a dirmi di non dimenticarti. Di cercarti... e invece. Però... non importa, non mi arrenderò così facilmente. A costo di dover farti innamorare di nuovo di me...»
Non capivo se mi stesse prendendo o meno in giro, eppure mentre diceva quelle parole, sembrava così seria e sincera. Strinse con forza la tracolla della borsa e, nonostante tenesse il viso chino, notai che si stava mordendo un labbro.
Subito dopo scattò, dandomi le spalle e iniziò a muovere dei passi. Non appena si allontanò abbastanza, si voltò nuovamente verso di me, alzò il braccio e mi puntò il dito contro.
«... perché io ti amo!»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario, Sovrannaturale
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La sua testa, delicatamente appoggiata sulla mia spalla. Il suo respiro irregolare. La sua folta chioma argentata. Era questa la descrizione della ragazza che era comodamente seduta nel sedile accanto a me, di quel vasto treno.
Soltanto che...
“Chi diavolo è.”
Pensai, un po' stufo. Era salita nel mio stesso vagone, nella mia stessa fermata, e nonostante all'inizio vi erano moltissimi posti, si era proprio seduta accanto a me! E come se non bastasse, dopo giusto due fermata, si era appisolata sulla mia spalla. In effetti, ora che la osservo meglio, non è la prima volta che la vedo. Sono diversi giorni che mi sento osservato e, probabilmente, era lei il mio stalker. La vedevo sempre con quel cappotto marrone di qualche taglia in più e una grande custodia che portava a tracolla su una spalla, ma che ora aveva completamente invaso i due sedili difronte ai nostri, come per evitare che qualcuno potesse sedersi. Forse conteneva un qualche strumento musicale, ma era davvero grande, quasi il doppio di lei, esagerando.
In quel momento, pensai a diverse ipotesi.
E se fosse un serial killer?
Se dentro quell'enorme custodia mettesse i cadaveri fatti a pezzi delle sue vittime?
Deglutì. Forse ero andato troppo di fantasia, non era possibile. Allora perché mi seguiva? Ero solo un normale adolescente. Mentre la mia mente si riempiva dei più strani pensieri, lei stava sempre lì, beatamente accoccolata sulla mia spalla. Come faceva a stare così tranquilla al fianco di uno sconosciuto? Forse ispiravo fiducia o, ancor più probabile, era pazza. Una dopo l'altra, le fermate del treno scorrevano velocemente, fra meno di mezz'ora sarei arrivato a destinazione. Fu proprio in quel momento che, udendo dei passi, il controllore stava facendo la sua ronda lungo il corridoio della carrozza. Nulla da preoccuparsi, avevo ovviamente il biglietto.
Infatti, quando mi si parò davanti, gli porsi senza problema il piccolo foglietto di carta. Nel mentre controllava che fosse in regola, lo vedevo gettare occhiatacce alla ragazza. Sospirai nuovamente. Ricordavo che, prima di addormentarsi, aveva infilato nella grande tasca sinistra della sua giacca il biglietto, così, senza farmi qualche problema, feci scivolare la mano dentro quella, estraendo due oggetti: il biglietto e una collana che era rimasta impigliata a quello. Lei non si accorse di nulla, continuava a ronfare beatamente. Verificato anche quest'ultimo, me li restituì entrambi, rimettendosi a camminare. Io li fissai qualche secondo, notando come fossero completamente identici: sia la partenza che...
“Okay, mi sta davvero seguendo.”
La destinazione era la medesima. Prima di rimetterle tutto dov'era, iniziai a giocherellare con la collana che le avevo trovato in tasca. Aveva davvero una strana forma e vi erano molteplici incisioni, che tuttavia non riuscii a decifrare... o magari non avevano alcun senso. Senza rendermene conto, la nostra fermata si fece vicina, e dovevamo scendere. Cosa dovevo fare? Svegliarla o lasciarla lì? Se ero davvero io il suo obiettivo, dovevo far sì che non riuscisse a seguirmi, però...
«Ehi, tu. Svegliati, dobbiamo scendere.»
Le diedi un lieve colpo sulla testa, dopodiché mi rimisi in piedi.
Visto che mi ero dimenticato di metterle a posto biglietto e collana, li infilai velocemente dentro la tasca dei pantaloni. Dei mugolii precedettero il suo risveglio: si portò entrambe le mani sul viso e, strofinandosi gli occhi, lentamente li aprii. Erano grandi e luminosi, nonostante fossero grigi.
«Allora? Datti una mossa.»
Non avevo voglia di perdere la fermata a causa sua, così, presi con una mano la grande borsa che si portava dietro e con l'altra, l'afferrai per un polso, trascinandola di forza. Camminammo per un po' in religioso silenzio, spezzato ogni tanto da un suo sbadiglio. Poi, finalmente, decisi di aprire bocca.
«Senti... ho capito che mi insegui. Chi sei? E cos'è che vuoi da me?»
Ora ci ritrovavamo faccia a faccia. Lei mi fissò qualche secondo, poi distolse subito lo sguardo, puntandolo sulla borsa. Seguendo i suoi occhi, anch'io finii per fissarla, dopodiché, decisi di restituirgliela. Non era davvero pesante, ma nemmeno leggera, nonostante ora ne conoscessi approssimativamente il peso, il cosa potesse contenere diventava sempre di più un'incognita. Dopo essersela messa di nuovo sulla spalla, tornò a fissarmi. Passò qualche minuto, dopodiché decise di aprir bocca.
«Davvero... non ti ricordi me?»
Alzai un sopracciglio.
«Perché dovrei ricordarmi di una persona che non conosco?»
Lei sbuffò.
«Hmm... prova ad immaginarmi con i capelli molto più lunghi! E anche un po' più bassa... non ti viene niente niente in mente?»
Perché doveva continuare ad insistere?
«No, e non capisco a che gioco tu stia giocando.»
Incrociai le braccia. Lei piegò leggermente la testa a sinistra, gonfiando una guancia. L'avevo fatta arrabbiare?
«Non volevo arrivare a far questo... però...»
Iniziò a muovere dei passi verso me. Uno dopo l'altro, eravamo praticamente a meno di due centimetri di distanza. Inizia a sudare freddo: che la mia tesi del serial killer fosse vera?
Alzò di scatto le mani e le portò sulle mie spalle, lentamente le fece scivolare, fino ad arrivare al colletto della camicia, in seguito, tirò con forza, portandomi quasi alla sua altezza. Fu allora che accadde l'ultima cosa che avrei potuto immaginare: mi baciò.
Aveva sul viso un'espressione così buffa che se non avessi avuto la bocca “impegnata”, sarei scoppiato a ridere. Lei teneva gli occhi ermeticamente chiusi, mentre io la continuavo a fissare, quasi impietrito. Mi aveva davvero preso alla sprovvista, così, grazie all'ausilio delle braccia, la allontanai da me.
«M-ma sei impazzita!?»
Mi portai subito una mano sulla bocca, per evitare che le venisse chissà quale altra stana idea.
«E ora?»
Mi domandò lei, speranzosa.
«Ora cosa?!»
«Hmm! Pensavo che un forte shock ti avrebbe fatto ricordare di me! Ma evidentemente mi sbagliavo.»
Sorrise, credendo che quello bastasse per ovviare a ciò che aveva appena fatto.
«Tu sei tutta matta! Non ti conosco, rassegnati. E-E lasciami stare!»
«È triste. Davvero triste. Quel giorno fosti proprio tu a dirmi di non dimenticarti. Di cercarti... e invece. Però... non importa, non mi arrenderò così facilmente. A costo di dover farti innamorare di nuovo di me...»
Non capivo se mi stesse prendendo o meno in giro, eppure mentre diceva quelle parole, sembrava così seria e sincera. Strinse con forza la tracolla della borsa e, nonostante tenesse il viso chino, notai che si stava mordendo un labbro. Subito dopo scattò, dandomi le spalle e iniziò a muovere dei passi. Non appena si allontanò abbastanza, si voltò nuovamente verso di me, alzò il braccio e mi puntò il dito contro.
«... perché io ti amo!»
Esclamò tutta convinta, con un sorriso che le invadeva il volto. Io continuavo a fissarla ammutolito, anche quando ormai la sua figura era diventata solo una fugace sagoma sfuocata. Per tutto il tragitto, pensai soltanto all'accaduto, ancora scosso e confuso. Quella ragazza si stava sicuramente sbagliando. Non avevo una buona memoria, ma di certo non era così pessima da farmi dimenticare di lei.
«Finalmente ti abbiamo trovato.»
Immerso nei miei pensieri, fui interrotto dalla voce di un uomo, seguito a sua volta da altre persone, cinque compreso lui. Tutta questa gente che mi cercava ma che io non conoscevo... cosa stava succedendo?
«Devi solo darci la collana.»
La collana? Continuai a ripetere quella parola insistentemente, cercando di capire cosa volessero. Poi, realizzai. Infilai una mano nella tasca dei pantaloni e fra i due biglietti, tirai fuori l'oggetto.
“Oh, mi sono scordato di restituirgliela...”
Pensai, fissando prima l'oggetto, poi gli uomini davanti a me.
«Mi dispiace, ma non è mia. Non posso darvela.»
Al mio rifiuto, gli uomini si mostrano tutto fuorché tolleranti. Iniziarono a sogghignare, sgranchirsi le ossa e simili. Quella ragazza non faceva altro che portarmi sventure! Sospirai, socchiudendo gli occhi. Dovevo trovare una soluzione. Mi passai una mano fra i capelli, volgendo lo sguardo al cielo. Dovevo iniziare a correre? O semplicemente dovevo cedere e dargli quella collana?
I miei dubbi furono del tutto chiariti dall'arrivo della fonte dei miei problemi: la ragazza dai capelli argentati. Tra le piccole mani stringeva forte una spada ancora dentro il fodero e questo, a sua volta, era ricoperto da bende. Si pose subito in mezzo fra me e quegli uomini.
«Non provate a toccarlo! Non permetterò che me lo portino via un'altra volta!»
Un'altra volta? Perché ancora questi riferimenti al passato se avevamo appurato che io non la conoscevo?
«Signore! È lei! È lei ragazza che ci ha rubato la collana!»
«Quella collana apparteneva al mio promesso sposo. Non vedo il perché dobbiate averla voi.»
«Ragazzina, smettila di delirare. L'ultimo a possedere quella collana fu un uomo che morì almeno mille anni fa. Abbiamo fatto molte ricerche sulla sua origine.»
«E anche voi cercate il segreto dell'eterna vita, non è vero? Siete patetici.»
Non riuscivo a seguire il loro discorso. Quella semplice collana era così importante?
«Come osi parlarci così? Ti faremo vedere che con noi non si scherza.»
Iniziarono ad avanzare, più minacciosi di prima. Fissai la ragazza, che rimaneva inchiodata davanti a me, puntando verso gli uomini il grande pezzo di legno che stringeva fra le mani. Ammiravo il suo coraggio, ma sapevo che non ce l'avrebbe fatta, visto che era ben visibile come le sue dita stessero tremando: una sola folata di vento e sarebbe caduta. Mossi velocemente l'iride da una parte e l'altra, cercando qualcosa o qualcuno che potesse aiutarci. Fu allora che posai lo sguardo sulla borsa della ragazza, aveva la cerniera leggermente aperta e lì dentro potei intravedere qualcosa. Mi posizionai direttamente dietro le sue spalle e portando entrambe le mani ai lati del suo collo, le feci indossare il tanto desiderato oggetto del desiderio.
«Questa è tua.»
Ritirai le mani, facendole scivolare questa volta sulla sua borsa.
«Ma questa la prendo io!»
Velocemente, feci scorrere la cerniera e in questo modo mi fu semplice recuperare ciò che la borsa nascondeva al suo interno: una katana. Era molto più grande rispetto quella della ragazza, ora capivo il perché delle dimensioni di quella borsa. Tuttavia, non trovavo spiegazioni del perché una ragazza dovesse girare con delle armi, ma ora non importava.
«Ti dispiace se... ti do una mano?»
Forse sbagliavo nel dimostrarmi così gentile nei suoi confronti, visto quello che mi aveva detto qualche momento prima, eppure lei, nonostante tutti i miei rifiuti, era corsa a soccorrermi, mettendo sé stessa in pericolo. Era un tipo davvero strambo... ma anche interessante. Ora ci ritrovavamo fianco a fianco, anche se eravamo solo in due, sentivo che in qualche modo ce la saremmo cavata.
“Ci vorrebbe un miracolo.”
Non l'avessi mai pensato. Prima che me ne rendessi conto, gli uomini difronte a noi si erano fermati, fissandoci con espressioni miste all'angoscia e alla confusione. Gli avevamo messo paura? Non credo proprio.
Spostai lo sguardo sulla ragazza accanto a me, ed è lì che notai qualcosa di strano.
«Senti... da quand'è che hai dei capelli così lunghi?»
In quel momento, mi tornarono in mente le sue parole... era questo quello che intendeva?
«Anche i tuoi non sono niente male, sai?»
Alle sue parole, passai subito la mano che avevo libera fra i capelli, rendendomi conto che era diventati incredibilmente più numerosi. Allora mi diedi uno sguardo anche al resto e, con grande stupore, notai che anche i miei abiti erano cambiati.
«Ma quando è successo? Anche tu? E perché ho mezzo petto di fuori?!»
Indossavo una specie di kimono, che mi copriva tuttavia soltanto la parte destra del torace, e su di esso passavano diverse cinghie, simili a quella che avevo attaccata alla vita e finiva su uno degli stivali. Non che la ragazza indossasse qualcosa di più sobrio, eh. I lunghi capelli facevano intravedere ben poco, ma mi fu possibile notare che, nonostante il vestiario non lasciasse nulla all'immaginazione anteriormente, dietro le lasciava tutta la schiena completamente scoperta.
«Allora era questo che intendevi col “non ci separeremo mai”, idiota...»
Sussurrò lei, nascondendo un sorriso. Una cosa era certa: una volta che saremmo scampati da quegli uomini, mi avrebbe dovuto spiegare un sacco di cose. Il gruppetto rimaneva ancora lì, non comprendendo l'evolversi della situazione.
«Ci state prendendo in giro? Credete che così vi lasceremo in pace?!»
Si erano innervositi ancor di più, o forse nascondevano la paura dietro quella finta maschera.
I miei muscoli iniziarono a muoversi da soli: una mano, appoggiandosi sul fodero della katana, lo sfilò velocemente, mettendo in bella mostra la lama che luccicava. Dopodiché, piegai leggermente il braccio, per poi stenderlo completamente, facendo fare alla spada il medesimo movimento. Improvvisamente, si innalzò una folata di vento talmente forte e intesa, che scaraventò gli uomini lontano da noi. Ipotizzai che lei non avrebbe usato la sua lama, visto che il fodero era completamente bloccato da quelle bende... ma mi sbagliavo. Fece strisciare due dita per tutta la lunghezza della spada, poi, socchiudendo gli occhi, sussurrò non so che strane parole in una lingua a me del tutto sconosciuta. Come risultato, una scarica di fulmini si abbatté sul gruppetto, con l'intento di farli allontanare ancor più da noi.
«S-siete dei mostri!»
Esclamò uno, riuscendo ad alzarsi da terra.
«Capo, cosa dobbiamo fare?!»
Chiese un altro titubante, rivolgendosi a colui che evidentemente dava gli ordini.
«Per questa volta... vi lasceremo andare. Ma troverò il modo per riprendermi quella collana, potete starne certi.»
Ed ecco che, con le solite minacce da “cattivo sconfitto”, gli uomini lasciavano la scena. Dunque.. avevamo vinto?
«Wo... non ci credo!»
Esclamai, quasi esaltato. Non riuscivo ancora a capacitarmi di quello che era accaduto, ma era stato incredibilmente figo. Non feci nemmeno in tempo a metabolizzare la situazione, che la ragazza mi si lanciò subito fra le braccia, stringendomi forte a sé.
«Lo sapevo che eri tu... Daichi. Non puoi immaginare quanto io sia felice... poterti rivedere... abbracciare, non è un sogno, vero?»
Non sapevo più per cosa essere sconvolto, per il fatto che sapesse il mio nome nonostante io non glielo avessi mai rivelato, o il resto. Improvvisamente, il corpo della ragazza si fece più pesante, tanto ché fui costretto io stesso a sostenerla.
«Gin! Va tutto bene?!»
Okay... perché avevo pronunciato quel nome? E probabilmente doveva essere il suo.
Lei ovviamene non mi rispose, aveva gli occhi chiusi, o meglio, uno solo, visto che metà volto era completamente coperto da una maschera. Quanti misteri erano legati dietro la figura di quella ragazza. Continuai a tenerla stretta fra le mie braccia mentre riponevo nella sua borsa entrambe le armi. Fu proprio allora che mi resi conto di essere tornato quello di prima, avevo di nuovo la solita camicia e i soliti jeans e lei lo stesso. E tutto ciò era accaduto quando avevo riposto la lama nel fodero... che fosse quindi colpa di quelle spade? Il cervello mi stava andando completamente in fumo, ma dovevo per forza trovare una spiegazione a tutto ciò. Caricai la borsa sulla spalla; questo mi costrinse a dover portare la ragazza in braccio e non sulle spalle, come avrei voluto. Avrebbe mai avuto una fine quella faticosa giornata? Fortunatamente, casa mia non si trovava molto distante da lì, quindi non dovetti percorrere chissà quanta strada ridotto in quelle condizioni, come un mulo. Aprii la porta e, quando annunciai il mio rientro, non ottenni nessuna risposta. Capii quindi che, fortunatamente, i miei genitori non erano ancora rientrati. Non avrei sopportato domande del tipo “perché c'è una ragazza?” o sopratutto “perché è svenuta?”. La casa era costruita su due piani, e le stanza da letto si trovavano al piano superiore. Lasciai la borsa di sotto, al fianco delle scale - sarei sceso dopo a prenderla – e proseguii con solo la ragazza in braccio.
Giunto nella mia stanza, la poggiai delicatamente sul letto, togliendole poi quell'ingombrante impermeabile che aveva sempre addosso. Aveva uno strano sorriso sul volto, come se fosse in pace con sé stessa. La fissai così intensamente, che anche a me venne da sorridere.
Alla fine, la piccola stalker aveva raggiunto il suo obiettivo: si era persino intrufolata nella mia camera. Soltanto quando mi resi conto che, a causa della mia ospite, non avrei potuto dormire nel mio letto, mi passò totalmente la voglia di sorridere. Feci un sospiro, almeno il decimo di quella giornata, per oggi era andata così... ma almeno ero vivo.

   
 
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