In
un momento come quello, pieno di incertezze, ambiguità e
mistero, l’unica cosa
assodata era che la paranoia di Malocchio Moody stava raggiungendo
vette
incredibili.
L’ultima
grandiosa idea che aveva partorito era stata quella di cambiare sede
per ogni singola
riunione dell’Ordine; inutile fargli presente che
l’organizzazione della cosa,
il decidere dove incontrarsi e il farlo sapere a tutti i componenti,
era
davvero impegnativa, per non dire “faticosa e prettamente
inutile”, come sbuffò
un giorno Sirius Black.
“D’accordo!”
aveva sbraitato lui in risposta “D’accordo!
Rimaniamo pure nello stesso luogo,
facciamoci trovare da quella feccia Mangiamorte, lasciamo che le nostre
famiglie vengano sterminate, perché no,
l’importante è non affaticarsi
troppo!”.
Il
resto della congrega non aveva saputo trovare una controbattuta
altrettanto
forte: per prima cosa, il finto bulbo oculare di Alastor stava roteando
impazzito in segno di pesante indignazione, e tutti sapevano che quando
l’occhio gli roteava così era meglio assecondarlo
e basta; e seconda e più
importante ragione, quella che fino a quel momento era stata la sede
centrale
dell’Ordine, un ex bar Babbano di Soho ora gestito da maghi,
era stato
individuato e attaccato dai Mangiamorte dopo una soffiata di qualche
talpa
all’interno del Ministero.
James
Potter sospirò forte, togliendosi un momento gli occhiali e
massaggiandosi la
porzione di naso tra gli occhi. Come per tutti, anche lui e Lily non
avevano
potuto opporre alcuna resistenza, ed ecco che l’Ordine della
Fenice al completo
ora stanziava nel lindo e accogliente salotto di casa Potter.
Avrebbe
davvero preferito evitarsela, quella scocciatura; la sicurezza era
importante,
certo, ma sua moglie aspettava un bambino, e tutta quella confusione, i
doveri
di padrona di casa, le preoccupazioni derivanti dalle riunioni, davvero
non le
giovavano.
Come
a conferma delle sue idee, Lily Potter comparve dalla cucina con un
vassoio con
tazze e teiera, e il volto stanco. Sul ventre le pesavano cinque mesi
di vita e
di amore, di cure infinite, e di speranze fragili come le tazze di
ceramica che
stava portando. Quelle discussioni la turbavano più del
dovuto, e nessuna
parola, persino nessun primo calcio di quella piccola canaglia,
riusciva a
scuoterla per molte ore.
“Potresti
ricordarmi quanti miliardi di volte ti ho chiesto di
sederti?” le chiese,
tentando di toglierle di mano il vassoio.
“Ho
perso il conto, ormai, ma credo che sia più o meno lo stesso
numero di volte in
cui io ti ho detto che sto benissimo e che muovermi mi fa
bene” rispose Lily,
tenendo salde le mani sull’oggetto del contenzioso.
“Ti
prego Lil, fammelo come favore personale, siediti e lasciami far finta
di
inciampare e rovesciare apposta il the caldo su Malocchio”.
La
rossa rise. “D’accordo, a patto di non macchiare il
divano”.
Grazie
alla pronta collaborazione di Sirius, Malocchio finì
inzuppato di the dalla
testa ai piedi, – e ben lontano dal divano – e solo
dopo essersi asciugato
ringhiando, Silente riprese in mano il filo della discussione.
“Dunque,
ora che ci siamo di nuovo tutti” Malocchio sbuffò
“possiamo continuare. I turni
di pattuglia li abbiamo decisi, per ogni dubbio chiedete ad Alastor,
visto che
è lui che li gestisce. Ora temo che dovremo passare al punto
meno gradito di
queste riunioni, ossia agli attacchi registrati in questa settimana. A
parte i
soliti attacchi isolati a Babbani sconosciuti, più bravate
che veri attacchi,
abbiamo registrato un solo attacco, ma pesante. Nel Somersetshire
l’intera
famiglia di Henry Rusker è stata sterminata”.
Profondi
sospiri e gemiti strozzati fecero da eco a quest’ultima
notizia.
“Purtroppo,
dovevamo aspettarcelo” borbottò Moody
“Un alto funzionario del Ministero in
corsa per la poltrona da Ministro che difende a spada tratta i diritti
dei non
maghi, figurarsi” concluse amaro “Quanti
erano?”.
“Era
una squadra piuttosto nutrita. Ne sono stati riconosciuti alcuni,
comunque,
alcuni sono appena usciti da Hogwarts…”
affermò il Preside, con un mezzo
sorriso triste.
L’attenzione
di James Potter si disconnesse alla menzione della squadra di
Mangiamorte.
Qualcosa nel viso di sua moglie si era improvvisamente irrigidito,
rendendolo
teso, vigile, ed immensamente triste. Inutile fingere che fosse per la
sorte
toccata ad Henry Rusker, un completo sconosciuto, o per la paura che la
situazione incuteva. Lily non era tipo da lasciarsi abbattere, per
quanto
l’orizzonte potesse essere cupo. No, la motivazione gli era
palesemente chiara,
ed era il momento di discuterne, anche se faceva male.
La
riunione non durò molto di più, il tempo di
ricordare a tutti i rispettivi
compiti e ringraziare i padroni di casa per
l’ospitalità. Fu quando era
impegnato a dare sonore pacche sulla schiena al suo migliore amico per
salutarlo che James la vide.
Lily
aveva silenziosamente avvicinato Albus Silente, intento a posare la sua
tazza
da the, ormai vuota, nell’acquaio. Lo stava guardando
intensamente negli occhi,
chiedendo risposta a una tacita domanda.
Lui
aveva scosso leggermente il capo, sorridendo lieve.
“Non
ha fatto niente. Non era neanche nel gruppo”.
La
vide rilassarsi, come se mille anni di ansia e preoccupazione
l’avessero
finalmente abbandonata di colpo.
Dopo
aver velocemente riassettato, James raggiunse la moglie di nuovo in
salotto, in
mano due tazze di the fumante.
“Grazie”
sorrise grata Lily, prendendo la tazza.
“Attenta,
è bollente”.
“Forse
avresti dovuto avvertire anche Malocchio, prima di rovesciarglielo
addosso”
rise.
“Me
ne ricorderò per la prossima volta”
ghignò lui, sedendosi accanto a lei.
“Devo
dunque dedurne che ci sarà una prossima
volta?” chiese la donna, tra il divertito e lo
scandalizzato.
“Assolutamente
sì. In qualche maniera dovremo pur fargli capire che questa
storia degli
spostamenti è assurda, no?” le rispose tranquillo,
allungando le gambe sul
tavolino davanti a loro.
Per
un po’ regno il silenzio, interrotto solo dal tintinnare
delle tazze.
“Lil?”.
“Sì?”.
“Perché
non hai chiesto direttamente a me se Piton era nella
mischia?”.
Lei
abbassò la tazza di colpo, il viso in fiamme e
l’espressione colpevole.
“Come
fai a saperlo?”.
James
sorrise divertito mezzo nascosto nella sua tazza di the.
“Rassegnati,
ti conosco come le mie tasche. E se la mia onnipotente intelligenza non
fosse
abbastanza, ti ho vista parlare con Silente. Allora?”.
“Io…
beh, non volevo… insomma, non è davvero un
mistero quel che provi per lui,
no?”.
“Infatti”
annuì lui sereno.
“Quindi,
ecco, visti i trascorsi… non volevo farti
arrabbiare… o peggio, farti pensare
che, beh, magari…” s’interruppe, ormai
viola in volto.
“Che
magari provassi per lui qualcosa di più di
un’amicizia che dovrebbe essere
morta e sepolta ma in realtà non lo è poi
così tanto, almeno da parte tua?”.
Lei
annuì, il volto celato volutamente dai capelli.
“Sai,
non è una situazione facile” mormorò,
rigirandosi distrattamente la tazza tra
le mani “E’ come hai detto tu, dovrebbe essere
un’amicizia finita, e in teoria
lo è, ti assicuro che lo è. Se domani si
presentasse alla nostra porta, non
credere che lo accoglierei a braccia aperte, o che gli perdonerei
tutto.
Assolutamente no. Sono pienamente cosciente di cos’è,
e non lo prendo alla leggera. Ma… quando sento parlare di
Mangiamorte,
per un momento dimentico chi è, cosa è diventato,
ciò che mi ha fatto, e
ritorna il bambino che mi spiava dalla siepe prima di avere il coraggio
di
dirmi che anche io ero una strega. Poi la realtà torna con
prepotenza, e io non
posso non chiedermi cosa sia successo perché cambiasse
così tanto. E
considerata quanto la situazione sia confusa già per me, ho
pensato fosse
inutile e forse controproducente provare a parlartene”.
“Va
bene, Lily” fece dopo un breve momento di silenzio, posando
la tazza e scostandole
i capelli ramati dal viso “chiariamo un paio di punti. Io mi
fido ciecamente di
te, e so che non mi avresti mai e poi mai sposato se non fossi
assolutamente
certa dei tuoi sentimenti. Quindi non ho motivo di sospettare
chissà quale
interessamento dietro la tua preoccupazione. Secondo: – e
questo ascoltalo
bene, perché è importante – voglio che
ti sia ben chiaro che non devi avere
nessuna paura a parlare con me, di qualsiasi cosa si tratti”.
“Lo
so, tesoro, ma…”.
“Ma?
Non c’è nessun ma. Io capisco le tue buone
intenzioni, ma non ce n’è motivo,
davvero. Io non soffro particolarmente Piton, verissimo; anzi, a essere
proprio
sincero lo odio, mi disgusta, è sempre stato così
e di certo la mia opinione
non è cambiata, né lo sarà in futuro.
Ma per te è diverso, o lo era. E’ stato
un capitolo fondamentale della tua vita, tanto quanto Sirius lo
è stato per me.
E quando ho scelto di amarti, non ti ho diviso in scomparti e ho preso
solo ciò
che mi piaceva. Ti ho presa a pacchetto completo. Perché
tutto, tutto ciò che
sei, ogni evento del tuo passato, chiunque ne abbia fatto parte, ti ha
reso la
donna che sei. Perché è questo, amare. Tu gli hai
voluto bene, e tanto basta.
Quindi non devi avere paura di ammettere che sei preoccupata che gli
succeda
qualcosa, o che commetta qualcosa di brutto. Non
c’è niente di incredibile o di
confuso in ciò che provi. Fa parte di te, sei semplicemente
tu”.
C’era
una lacrima tra le ciglia di Lily, incerta se scendere o meno, e lui si
premurò
di asciugarla.
“Così”
sorrise lei “ mi ami a pacchetto unico?
Completamente?”.
“Completamente”
confermò lui, solenne “Se non è una
prova d’amore questa, ammettere che potrei
persino sopportare l’idea di Piton nel tuo passato, per amor
tuo…”.
“Oh,
scemo che sei!” rise Lily lanciandogli un cuscino di ciniglia
“Persino l’unico
atto romantico della tua vita, dovevi rovinare…”.
“L’unico?
E tutto quel che ho combinato a scuola per elemosinare un
appuntamento?”.
“Quelli
non contano” sentenziò lei con una scrollata di
spalle “Oh, senti, il bambino
scalcia!”.
“Davvero?”
esclamò il marito, una mano corsa subito sul pancione
“Accidenti, si fa proprio
sentire!”.
“Altrochè”
sospirò divertita Lily “A quanto pare, non gli
piace essere escluso dalla
conversazione”.
“Magari
invece è il segno che diventerà un asso del
Quidditch!”.
“Per
l’amor del cielo, James, non
incominciare…”.
“Come
sarebbe a dire, non incominciare…?!!”.
James
Potter sbuffò forte: sua moglie davvero non capiva
l’importanza di trasmettere
al bambino sani valori come lo sport. Ma quando la vide sorridere,
finalmente
di un sorriso sereno ad appagato, mentre si accarezzava il pancione,
decise che
forse per quella volta – ma per quella volta soltanto!-
avrebbe potuto soprassedere.