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Autore: Soqquadro04    10/05/2015    4 recensioni
[What if? | possibili spoiler!teorie sui finali | possibile OOC]
I. Love
II. Life
III. Death
«Ti amo.» dice lui, ma non risponde e ora piange davvero, sente il volto bagnato di lacrime non sue, «Ti amo.» lo ripete ancora e ancora, come se volesse scolpirlo tanto a fondo dentro di lei da lasciargliene il ricordo anche quando non potrà ricordare più nulla, ma l'ha già fatto – l'ha fatto ogni notte, con ogni bacio, ogni carezza sussurro giuramento.
L'ha già fatto.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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N/A - Note dell'Autrice:
... mi dispiace. Davvero.
E' che fa troppo male (perdonate la totale mancanza di coerenza col canon, ma questa ho iniziato a scriverla parecchio tempo fa e non avevo la forza di ricominciarla).
E anche questa avventura è giunta alla fine *se ne va nel suo angolino a piangere* *addio*

Grazie a tutte e a presto,
la vostra Soqquadro

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III. Death
Until the end of everything


I remember tears streaming down your face
when I said “I’ll never let you go”,

when all those shadows almost killed your light.
I remember you said “Don’t leave me here alone”,
but all that’s dead and gone and passed, tonight.
[…]
Don’t you dare look out your window, darlin',
everything’s on fire.

The war outside our door keeps raging on,
hold onto this lullaby.
Even when the music’s gone.
[…]
Just close your eyes,

the sun is going down.
You’ll be alright;
no one can hurt you now.
Come morning light,

you and I’ll be safe and sound.
[…]
Safe and sound – Taylor Swift


Quando rientra, Damon è in piedi davanti al camino, il volto illuminato dalle fiamme e un bicchiere in mano.
Si richiude il portone alle spalle, silenziosamente, ed è sicura che le si fermerebbe il cuore, se solo non fosse già fermo e se solo potesse davvero ricordare tutte le volte che l'ha trovato così, immobile a cercare qualcosa di invisibile fra le braci, forse a guardarsi dentro, le notti prima dell'attuarsi di una di quelle loro idee sempre pessime.

Gli si avvicina lentamente, un passo dopo l'altro, lo abbraccia e appoggia il mento alla sua spalla, voltando appena il viso per sfiorargli il collo con le labbra.
Lui intreccia le dita della mano libera con le sue, abbandonate appena sopra il suo stomaco, e stringe, forte ma senza farle male. Non ti lascio, le sta dicendo, senza spendere una parola, ed Elena solo sospira e lo bacia di nuovo, nello stesso punto.

È terrorizzata e non può farci niente, ma essere in due ad avere paura è quasi confortante, e per un attimo, mentre Damon si volta e la bacia davvero, le mani sui suoi fianchi e la bocca morbida sulla sua, può quasi illudersi che sia una sera come tante altre.
Quasi.

(Lo sarebbe se Damon non la stesse accarezzando baciando consumando così, con questa furia e questo terrore e se solo non sentisse lo stesso bisogno disperato di non lasciarlo allontanarsi neppure di un centimetro, ogni singolo lembo di pelle che non tocchi la sua è spazio sprecato, inutile, e il suo sguardo, i suoi occhi li ricorderà per sempre – per sempre e un giorno, gli promette mormorando sulle sue labbra, non importa quante vite dovrà vivere ancora, l'eternità è niente paragonata agli occhi di Damon, quella notte, è polvere e scrosci di pioggia, niente).

 

Più tardi, nel buio vellutato della camera da letto, si abbracciano senza poter dormire e giacciono così, fianco a fianco, immobili a studiare il viso dell'altro come per imprimersi nella memoria ogni insignificante particolare, conservarlo per i giorni a venire, lenti e incerti in quelle loro vite che stanno per crollare una volta di più.
Damon sospira sulla sua bocca, e forse è solo un'impressione, ma sente un tremito nella sua voce e l'ombra di un dolore immenso, devastante.
«Non fare niente di stupido, Elena. Ti prego.» vorrebbe poter chiedere spiegazioni, poterlo guardare come se fosse impazzito perché cosa mai potrebbe fare, lei?
Vorrebbe, ma Damon conosce ogni singola espressione del suo volto.

Gli stringe più forte la mano, e non risponde.

 

La cosa peggiore, Elena lo sa, è il silenzio.

Tutti loro non fiatano, sparsi fra i capannoni, aspettando immobili che Kai si faccia vedere. È lì, da qualche parte, se ne va in giro nascosto dall'occultamento e probabilmente li guarda sorridendo mentre decide chi uccidere per primo, e non possono fare assolutamente nient'altro che attendere e per un attimo è certa che potrebbe impazzirci, in quell'attesa.

Le mani le tremano talmente tanto che può sentirle anche se le tiene rilassate lungo i fianchi, e riesce a malapena a frenarsi quando l'improvviso impulso di gridare cerca di risalirle in gola – stringe i pugni tanto forte da ferirsi i palmi con le unghie, espira, inspira, si dice che non deve avere paura ma oh, non è così facile.

Pensa a Caroline, a Bonnie che è nascosta da qualche parte perché se la trovasse lui la ucciderebbe senza la minima esitazione, l'avevano capito tutti, a Stefan, persino a Enzo – pensa a Damon. Se si sforzasse potrebbe sentire ognuno di loro respirare e tremare in quella notte già calda.
E spera che scelga lei.

Spera che se quella notte qualcuno deve morire allora che sia lei, perché Stefan e Caroline hanno già perso troppo e hanno bisogno l'una dell'altro, perché Damon deve restare – restare per suo fratello e per Alaric e Jo e per il loro bambino (un bambino che merita tutto un altro futuro), restare perché se n'è già andato una volta e una seconda lei non potrebbe sopportarla.

Damon è forte, Damon potrà tenerli tutti insieme, tutti loro, come lei non potrà mai fare – se anche solo uno di loro morisse, Elena lo sa che non riuscirebbe a tenere insieme neppure se stessa, figurarsi la sua famiglia.
A dire il vero ci pensa già da un po', alla possibilità che succeda – andarsene davvero, nessun trucco, stavolta, è un'idea che la sfiora un po' troppo spesso da mesi, come se la morte stessa la stesse inseguendo, appena dietro di lei, pronta ad afferrarla se solo rallentasse un istante.

E ora sono lì, ad aspettare che un pazzo decida del loro destino, e l'idea che possa scegliere chiunque altro è molto più spaventosa di quella della morte – non c'è soluzione, non quando potrebbe stare avvicinandosi a Damon proprio in questo momento.
Respira, respira il più profondamente che le riesce – si porta una mano al volto e sente le lacrime, le guance umide, ma le asciuga con rabbia e solleva il mento e sussurra; il sorriso di Kai le compare davanti all'improvviso, un baluginio bianco nell'oscurità.

«Qui.» sussurra, piano, sottovoce, perché non capiscano subito, perché non accorrano all'istante anche se stanno ascoltando, e può giurare che lo stanno facendo.
Lui ha un paletto, se lo rigira fra le mani, quasi sovrappensiero – Elena pensa che Damon non la perdonerà mai e lo guarda, lo guarda bene, perché è ciò che la ucciderà. È di legno scuro, lungo e appuntito, quindi forse non farà troppo male, forse sarà solo un momento di sofferenza terribile e poi sarà come addormentarsi, lasciar spegnere i suoni del mondo e sentirsi scivolare via, fino all'oblio.

 

(Ti amo, pensa, ti amo.
A labbra chiuse affida le parole al vento e spera che le porti da lui, perché non sa se potrà mai più dirglielo prima che sia finita davvero e non può lasciarlo senza che lo sappia).

 

L'istinto le grida di combattere, quanto meno di scappare, ma lui è troppo vicino per lasciarle qualsiasi spazio di manovra.
Quasi non nota il movimento, ma lo sente – oh, lo sente, il contraccolpo che le riverbera fin nelle ossa e il legno che brucia come se fosse coperto di verbena – e si rende conto quasi immediatamente che non le permetterà di andarsene in fretta.

Cade in ginocchio, senza fiato.

È bloccato tanto vicino al cuore che non può respirare senza essere perfettamente consapevole della posizione di ogni scheggia, e il volto di Kai accanto al suo è una maschera divertita, gli occhi accesi da una scintilla di crudeltà e la follia che domina su tutto.
Vuole farli soffrire, lei e Damon, e quando sente i passi di corsa e le voci che la chiamano non fa nient'altro che sorridere di un sorriso spietato, e sollevare appena lo sguardo per capire chi stia arrivando.

Sa che è Damon prima ancora che giri l'angolo, anche se non lo vede, sa che ha iniziato a correre nel momento in cui l'ha sentita mormorare – non è solo, c'è qualcun altro, con lui, e dev'essere Stefan, perché è lui che vede scagliarsi contro Kai, Kai che ride anche se lo sta quasi soffocando (avrei scelto lui, ma abbiamo avuto una volontaria).

Dopo spariscono entrambi, il rumore del combattimento si fa più distante ma lei non li vede più, limitata da macchie nere di sofferenza che esplodono ai confini della sua visuale – carponi, cerca di riprendere fiato, gemendo, ma non può nemmeno pensare di riuscire a togliere il paletto, il dolore è accecante e tremendo, annegare non è nulla, in confronto.

E poi c'è Damon – Damon che le è accanto in un battito di ciglia, le sue mani la sua bocca i suoi occhi (oh, i suoi occhi – gli occhi di Damon sono l'ultima cosa che vedrà, e ne è felice perché chi vorrebbe morire in altro modo se non fra le braccia della persona che ama?).
Le si inginocchia di fronte, e si aggrappa più forte alle sue dita quando serra la presa attorno al legno – lo guarda e stringe i denti tanto forte da sentirli stridere, e grida quando sfila il paletto, carne muscoli sangue che sgorga.

La sua voce è fragile e spaventata ed Elena si chiede come può solo pensare di lasciarlo, mentre se la porta in grembo, con cautela, scostandole i capelli dal collo, e le bacia il capo e trema, trema.

«Shh, calma... andrà tutto bene, nessuno si occupa più di noi, siamo soli.» le accarezza la schiena, come per prepararla, ma Elena sa che sarà inutile.
La scheggia è uno zampillo di fuoco incastrato appena dietro lo sterno, tanto minuscola che quasi fatica a credere che sarà quella a ucciderla, eppure ogni volta che si muove si pianta più in profondità, e manca così poco, ormai.

Lui non riuscirà mai a prenderla, troppo piccola, in una posizione troppo pericolosa – Elena sa che non c'è più tempo.
Con uno sforzo immenso solleva una mano per posarla su quella di lui, per fermarlo, fargli comprendere.

Damon la guarda, le iridi di un colore insondabile che assorbono il buio attorno a loro, e poi capisce, perché Damon capisce sempre.

Non piange, ma le parla, le parla sottovoce, e entrambi ignorano la lotta lontana perché questo addio devono darselo – questo addio è l'ultimo e non ci sarà modo di tornare indietro.

«Andrà tutto bene, Elena. Te lo giuro. Kai morirà e non dovremo mai più preoccuparci, il nostro maggiore problema sarà il figlio di Ric e Jo che a un certo punto inizierà a chiamarci zii.» le passa le dita fra i capelli, lentamente, e vorrebbe davvero fargli sapere che non serve mentire, lo sa che non andrà tutto bene, ma poi capisce che Damon non sta mentendo a lei. «Ti ho promesso che saresti stata sempre al sicuro.»

Non singhiozza, Damon, si tiene dentro il suo dolore e respira solo un po' troppo forte, la stringe a sé come se potesse fisicamente trattenerla, e non può credere di doverlo lasciare, non può e basta.
Deglutisce, il petto le fa male – fa così male morire, fa sempre male, e dire addio è la parte peggiore.

«Promettimi...» deve interrompersi perché parlare la fa rimanere senza fiato, è come se ogni singolo osso del suo corpo stesse gridando, ma deve andare avanti, spiegare, domandare. «Promettimi che non lascerai... che li terrai insieme.» loro terranno insieme te, faranno meglio di come hanno fatto con me, è quello che vorrebbe dirgli davvero, ma non ci riesce e spera che lui colga il sottinteso.

«Ti amo.» dice lui, ma non risponde e ora piange davvero, sente il volto bagnato di lacrime non sue, «Ti amo.» lo ripete ancora e ancora, come se volesse scolpirlo tanto a fondo dentro di lei da lasciargliene il ricordo anche quando non potrà ricordare più nulla, ma l'ha già fatto – l'ha fatto ogni notte, con ogni bacio, ogni carezza sussurro giuramento.

L'ha già fatto.

Reclina il capo all'indietro e si lascia baciare, un bacio umido del loro dolore e della consapevolezza crudele che è l'ultima notte, l'ultima ora, l'ultimo minuto in cui potranno essere quello che sono – le labbra di Damon sulle sue sono salate e fredde (sente freddo ovunque, Elena, è tutto così freddo) e disperate, e questo la distrugge in tutt'altro modo perché anche se è giusto che sia lei ad andarsene il prezzo è troppo alto, a pagare non sarà solo lei e questo non sarebbe mai dovuto succedere, lui non lo merita, tutto quello che gli ha fatto passare (tutto quello che nemmeno ricorda più a causa del suo stesso egoismo).

La scheggia le sfiora il cuore ad ogni inspirazione e ogni volta che espira potrebbe essere l'ultima, e il suo corpo è pesante, come se già si stesse preparando a essere lasciato indietro.

«Promettilo.» ripete in un soffio strozzato, perché vuole esserne sicura e lui mantiene sempre le promesse – le aveva raccontato di loro nei pomeriggi sempre più brevi di quell'inverno e non aveva mai mancato a ciò che aveva detto.

Damon la guarda ed Elena vede che l'angoscia gli ha già scavato i lineamenti – non sembra un solo anno più giovane della sua vera età, la sofferenza non ha risparmiato nulla di quel suo viso irreale, le linee indurite e gli occhi esausti e infiniti sotto il peso del tormento, e in quello sguardo capisce che non crede di essere in grado di giurarle ciò che chiede.
Eppure Damon farebbe qualsiasi cosa, per lei.

«Lo prometto.» mormora, ed Elena sa che sta mentendo – con quelle poche forze che le rimangono stringe le sue dita e prega che Alaric lo trattenga dall'andare alla deriva, che permetta a Stefan di stargli vicino, che riescano a impedirgli di crollare in pezzi perché sa che non vale la pena aggiungere decenni di sensi di colpa a quelli passati, non per lei.

Vorrebbe dirgli tante cose – vorrebbe dirgli che non sarà solo, che un giorno lei non sarà niente più che un'eco lontana, che si perderà nei secoli e arriverà una mattina in cui non potrà neppure ricordare il suo nome, che ha fatto quel che ha fatto perché lei è sacrificabile, se questo significa la salvezza di tutti quelli che ama.
Vorrebbe davvero, ma il loro tempo sta scadendo – vede nero, Elena, ma sbatte le palpebre, una, due, tre volte, perché l'ultima cosa di cui vuole essere consapevole sono gli occhi di Damon e gli occhi di Damon sono azzurri (azzurro oceano, azzurri come il cielo di un altro giorno che non vedrà più).

Riesce a sorridere – sta morendo, ma riesce a sorridere solo un'ultima volta perché non può sopportare di vederlo soffrire – e anche se sente le sue lacrime premere a loro volta per uscire – lasciarlo, lasciarlo qui e ora, dopo tutto quello che hanno fatto per arrivare a questo punto, oh, la sola idea è inimmaginabile e ora sta succedendo – le ricaccia indietro e lo sforzo immane di sollevare una mano per accarezzargli il viso è gradito, significa che è ancora viva e presente e che ancora può sentirlo stringersela al petto e può ancora avvertire le sue labbra sulla pelle.

«Sarebbe stato per sempre.» dice, Elena, con un soffio di voce perché è tanto, tanto stanca, e non sta certo dicendo soltanto questo, ma non c'è più tempo, davvero non c'è, e Damon ha sempre capito tutto con uno sguardo.

 

Sarebbe stato per tutta la vita, per tutto quell'infinito di giornate che si svolgeva come un filo rosso davanti a noi, ogni istante, senza cedimenti o dubbi o domande senza risposta.
Sarei stata tua, avrei continuato a sfiorarti (accarezzarti baciarti amarti) e a tenerti in piedi quando pensavi non ce l'avresti fatta – sarei rimasta al tuo fianco, qualsiasi cosa fosse successa.
Avrei scacciato gli incubi e ti avrei stretto a me per calmare il tremito breve che ti prendeva a volte quando il passato si faceva troppo vicino – avrei sorriso ad ogni sorriso, e avrei cercato di curare le tue ferite, una per una, tutte le notti in cui il buio si fosse fatto troppo denso per soffrire in silenzio.

Ti avrei amato ogni singolo giorno di quella nostra eternità – ogni giorno, fino alla fine e oltre.

 

Respira, Elena, ed è il suo ultimo respiro – può sentire distintamente la scheggia conficcarsi nel cuore, e fa male, ma solo per un momento, come aveva sperato.
Gli occhi di Damon sono spalancati e pieni di dolore, e l'ultima cosa che sente è il suo nome – il suo nome in un singhiozzo, la stretta delle sue mani, l'odore di pioggia.

E poi c'è soltanto il vuoto.

   
 
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