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Autore: BarelyLegal    11/05/2015    4 recensioni
Allora, sì, è un'altra Joshley...PERO' diversa dal solito...è una storia totalmente inventata, in cui i paramore non sono mai esistiti, l'unica cosa "esistente" sono i personaggi! ahahah
Spero vi piaccia :)
"Sì, avevo una vita perfetta, degli amici leali, una moglie stupenda, una figlia meravigliosa, un lavoro appagante...e forse a Dio tutta questa perfezione nella mia vita aveva iniziato a dare fastidio.
Se solo avessi saputo..."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi Tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14 - Standing Over The Edge




Loving you is suicide
I Don't know should I go or should I stay?
I'm tryna to keep myself alive
knowing there's a chance it's all too late.
But I heard you say you loved me.
That's the part I can't forget
and I wish that you'd come save me
cause' I'm standing over the edge.

 

I should let you go
tell myself the things I need to hear
but my brain is wired wrong.



***
 

Non avevo chiuso occhio, e sapevo che anche lei aveva solo finto di dormire. Ogni tanto la sentivo ancora singhiozzare, e mi uccideva il non poter andare a consolarla. Non me lo avrebbe mai permesso, e io continuavo a sentirmi uno schifo.
Erano arrivate le 6, il sole ormai era sorto e irrompeva rudemente nel suo nuovo monolocale. Non sapevo cosa fare, cosa dire. E lei era sveglia. Dannazione, lo sapevo che era sveglia, potevo quasi sentire i suoi pensieri.
Mi sollevai e andai nel bagno per sciacquarmi la faccia, stanca e distrutta dalla notte insonne.
Non avendo chiuso la porta sentii quando si mosse dal letto, spostando le coperte e alzandosi, i suoi piedi che si poggiavano sul pavimento. Sospirai e mi decisi ad affrontarla. Dovevamo chiarire, capire. Cosa sarebbe successo?
Mi mossi lentamente e la vidi in piedi vicino alla finestra; sentii il cuore sprofondare in un abisso dal quale solo lei avrebbe potuto salvarmi. Stavo annegando nei sensi di colpa, arpionato al fondale.
Ma se solo fossi annegato avrei sofferto di meno. Un codardo, lo so, e non lo negavo.
L’evidenza, quella che Jenna mi aveva sbattuto in faccia... ero una causa persa, ecco cos’ero. Ma adesso era tardi, avevo sempre saputo a cosa andavo incontro, ma pensavo di essere più preparato.
Mi sbagliavo, come sempre.
Mi schiarii la voce, il silenzio mi stava distruggendo. Non era mai stato così devastante.
«Hayley, dimmi qualcosa» provai, esitante.
Lei si morse il labbro, chiudendo gli occhi ed inspirando profondamente.
Si passò velocemente la mano sugli occhi per cacciarne l’umido di quelle lacrime che sapevo non voleva mostrarmi. Era sulla difensiva. L’avevo tradiva, le avevo mentito. Non l’avevo mai sentita così distante nemmeno quando eravamo ancora conoscenti.
«Tu torni da tua moglie, ti dimentichi di me. Ti prendi questo appartamento e il tuo contratto. Esci dalla mia vita» era impassibile, fredda, guardava un punto fisso senza degnarmi si un minimo sguardo.
«No. No, no, cazzo!» feci un passo in avanti, non potevo perderla. Non volevo.
«Io voglio restare con te, amare te dannazione, io non mi dimenticherò di te Hayley, perché vivrò ogni fottutissimo giorno della mia esistenza con te al mio fianco» lo dissi tutto d’un fiato, senza pensare.
Non poteva finire così, ormai non vedevo una vita senza di lei.
Continuai a guardarla, e lei si riasciugò velocemente gli occhi con il palmo della mano, l’altra cingeva il busto con fare protettivo.
«Non lo ripeterò» disse, ancora fredda, ancora impassibile.
«Io non ti lascio» «Ma sono io che lascio te» mi immobilizzai. Una battaglia persa, ecco cos’era.
La verità era che non meritavo Hayley, e lei non meritava un traditore, un inetto, al suo fianco.
«Hayley...» non ci riuscivo, non riuscivo ad andarmene, a lasciarla.
«Io ti amo» voltò impercettibilmente il volto nella mia direzione, gli occhi tornarono lucidi.
Sapevo che era sul punto di scoppiare, e io non le stavo per nulla facilitando il tutto.
«Va da lei, Josh. Torna dalla tua famiglia... ti prego» finalmente mi guardò, le lacrime ora avevano iniziato a rigarle le guance, e non potetti far finta di niente, non potetti continuare a resistere a quella maledetta distanza.
Senza pensarci troppo le andai in contro e la presi tra mie braccia, stringendola come se fosse la mia stessa Vita che rischiava di scomparire. Scoppiò in lacrime, e io con lei.
E se il mondo in quel momento fosse esploso non me ne sarebbe importato nulla.
Tutto quello che volevo era lì, tra le mie braccia.
«Io non ti lascio, Hayley» alzò lo sguardo verso di me «Sistemerò tutto, te lo prometto. Vado a prendere il resto delle mie cose, ci mettiamo subito a cercare una casa migliore, un villa magari» lei scuoteva piano la testa, ma non le davo ascolto. Non sarei mai tornato con Jenna, il mio cuore era suo ormai, che lei lo volesse o no.
E sapevo che anche lei non voleva lasciarmi.
«Hayles... sistemerò tutto» le asciugai una lacrima con il pollice, lei finalmente sorrise fievolmente «Certo che lo farai» le lasciai un veloce bacio sulla fronte e prese le chiavi uscii.
Avevo ancora i vestiti della notte precedente addosso, ma non mi importava minimamente. C’era una speranza, tutto poteva risolversi, e io ed Hayley potevamo rimanere insieme.
 
Per quanto veloce potessi guidare, sembra che non riuscissi mai a raggiungere la destinazione.
Presi il cellulare e al primo semaforo rosso ne approfittai per chiamare Jenna, ma come immaginavo non rispose.
Le mandai un messaggio, sperando di trovarla a casa. Dovevo parlarle, chiarire la situazione, sapere che ne sarebbe stato di Mary Anne. Non poteva privarmi di vederla. Avevo sbagliato, sì, ma nessuno poteva dire nulla sul mio ruolo di padre. Era l’unica cosa su cui non avevo mai sbagliato.
Quando finalmente arrivai a quella che ormai si presentava come la mia vecchia casa, realizzai che di Jenna non c’era traccia. Scesi comunque nello scantinato e cercai degli scatoloni vuoti. Da qualche parte dovevo pur cominciare. Nelle valigie mi aveva solo messo l’essenziale per alcuni giorni, il vero trasferimento doveva ancora prender piede.
Non volevo toglierle nulla di mobilia, come non mi sarei mai permesso di toglierle la casa. Ero pronto a pagarle qualsiasi cifra e a darle qualsiasi contributo per Mary Anne... era il minimo che potessi fare.
Era già passata più di un’ora, avevo riempito quattro scatoloni, e mancava ancora qualcosa.
Provai a chiamare Hayley, ma il telefono era spento. Sospirai, preoccupato, quando sentii la porta principale chiudersi.
Scesi in fretta e trovai Jenna con un uomo che riconobbi subito: il suo avvocato.
«Jenna» chiamai, scendendo gli ultimi gradini. Lei si voltò «Josh» «Stavo... ti ho mandato un messaggio»
«L’ho letto. Vieni, dobbiamo parlare del divorzio» mi passai una mano tra i capelli. Avrebbe richiesto tempo, e non potevo avvisare Hayley perché non rispondeva al cellulare. Maledizione.
Jenna andò a sedersi con l’avvocato, io non potetti far altro che seguirla e sperare che finissimo in fretta.
«Josh» mi sorrise lui, amici da anni io ed Edward. Gli strinsi la mano «Eddy» «Più professionalità» disse Jenna, fredda. Edward si sistemò sulla sedia, annuendo e schiarendosi la gola. Prese la sua valigetta e uscii dei fogli.
«Allora... sono qui solo in vece informativa, per le pratiche per il divorzio dovremo vederci un altro giorno, anche domani. Mrs Farro ha richiesto il divorzio per...» trasse un sospiro, guardandomi quasi incredulo  «tradimento. Dico bene?» entrambi annuimmo, Edward mi guardò perplesso, quasi deluso. Nessuno poteva credere che avessi davvero tradito mia moglie.
«Mr Farro é consenziente al divorzio?» chiese, io mi bloccai. Perché mi stava risultando così difficile dire di sì? Guardai Jenna. L’avevo amata, avevo lasciato gli studi per lei, per il nostro futuro, mi aveva dato la gioia di diventare padre, ed ecco che io avevo rovinato tutto... doveva essere più facile, dannazione, ma in quel momento stavo sudando freddo e nulla riusciva ad uscire dalla mia bocca.
«Io... scusate» mi alzai di scatto e corsi in bagno. Vomitai.
Non mi era mai accaduto prima, se non una volta quando Jenna aspettava Mary Anne. La chiamano “Sindrome della Couvade”, l’uomo accusa gli stessi sintomi della compagna in dolce attesa. Fortunatamente non persistette più di tanto, la nausea mi scomparve presto. Ma in quel momento non sapevo nemmeno io cosa stesse succedendo. Le mie certezze stavano crollando, stavo dando a mio padre la conferma di ciò che aveva sempre pensato di me. Una nullità, un vero buon a nulla, capace solo di rovinare tutto e di non concludere niente. Ero riuscito a distruggere anche la mia di famiglia.
Mi sciacquai la bocca e la faccia, la testa mi girava e stavo sudando freddo.
Ritornai lentamente in cucina «Tutto bene?» annuii piano e mi risedetti, l’avvocato riprese a parlare, ma la sua voce mi stava diventando ovattata, la sua immagine sfocata.
E poi, il buio.





AHHHHHHHHHHH!!!! C'è ancora qualcuno? Un anno per aggiornare... faccio schifo, lo so, ma sono successe così tante cose che se ve le raccontassi tutte mi perdonereste. (?)
Ho detto che avrei finito questa FF e lo farò, anche perché ormai mancano pochissimi capitoli (nella mia testa ne conto massimo quattro). Non l'ho riletta e sono abbastanza distrutta sia psicologicamente (Jared a Roma e io a casa nel mio paesino del Sud, potete comprendere) e sia fisicamente (svegliarsi alle 5.30 non è molto gratificante).
Spero che comunque ve garbi come capitolo! Scusate se è breve, ma non potevo continuarlo (anche perché ho sonno e volevo aggiornare ahahah) Okay, parlo -scrivo?- troppo, perdono. Chiunque tu sia, grazie per aver letto. 
   
 
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