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Autore: _ayachan_    02/01/2009    12 recensioni
RuNami (per quanto sia possibile) surreale e vagamente delirante, richiesta da Mala_Mela per il suo diciottesimo compleanno, e postata con esattamente cinque minuti di ritardo sulla data ufficiale!
«Credi che sia commestibile?»
Era tondeggiante, verde acido, bitorzoluto e un po’ viscido. Dato che giaceva ai piedi di un immenso tronco azzurro, era logico supporre che fosse un frutto.
Ma sulla rotta maggiore non c’era nulla di logico.
«Mettilo giù»
Con uno sbuffo, Nami fece ondeggiare il piede della gamba accavallata, e scacciò un moscerino con la mano.
«Ma io ho fame!» piagnucolò Rufy, occhieggiando avido il cetriolo-lumaca-tondo che aveva appena ribattezzato.
«E allora mangialo. Ma se muori ti uccido»

[Buon compleanno Clà!]
Genere: Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La zanzara-colibrì
La zanzara-colibrì
(e il cetriolo-lumaca-tondo)




«Credi che sia commestibile?»
Era tondeggiante, verde acido, bitorzoluto e un po’ viscido. Dato che giaceva ai piedi di un immenso tronco azzurro, era logico supporre che fosse un frutto.
Ma sulla rotta maggiore non c’era nulla di logico.
«Mettilo giù»
Con uno sbuffo, Nami fece ondeggiare il piede della gamba accavallata, e scacciò un moscerino con la mano.
«Ma io ho fame!» piagnucolò Rufy, occhieggiando avido il cetriolo-lumaca-tondo che aveva appena ribattezzato.
«E allora mangialo. Ma se muori ti uccido»
Con un urletto di gioia, Rufy inghiottì il cetriolo-lumaca-tondo in un’unica soluzione, e la sua gola si dilatò a dismisura per lasciarlo passare. Nami lo fissò leggermente disgustata, e alla fine brontolò tra sé, accomodandosi meglio sulla grossa radice blu che la ospitava.
«Strozzatici» mugugnò risentita, ignorando lo stomaco che gorgogliava sotto il seno.
Un uccello lanciò il suo richiamo stridulo, decine di metri più su, perduto tra le fronde degli alti alberi che li circondavano. Ma, a parte lui, non c’era traccia di altri esseri umani. Meno che mai del resto della ciurma.
«Hai finito?» irritata, Nami scoccò un’occhiataccia a Rufy che tossicchiava poco più in là.
«Sì, credo...» ansimò lui, con una strana smorfia. «Cavolo, sapeva davvero di lumaca!»
«Ben ti sta» commentò Nami, scendendo dalla radice. «Riprendiamo a camminare»
«Tu non ne vuoi un po’?»
«No, aspetto di vedere se campi»
«Allora ne raccolgo qualcuno come provvista?»
«Ah, fai un po’ come ti pare. Tanto...»
Lasciando in sospeso la frase, Nami levò gli occhi al soffitto di foglie che li sovrastava, e che impediva al sole di illuminare il sottobosco umido. L’aria era densa di umidità e zanzare grosse come colibrì; la vegetazione, dai colori più improbabili, sembrava cambiare di posto non appena distoglieva lo sguardo; di sentieri non c’era nemmeno l’ombra, ma comunque la traccia era obbligata, perché quasi tutto il suolo era reso impraticabile dalle radici blu che spuntavano contorte dal terreno.
«Nami, io ho sete!» chiamò Rufy dopo nemmeno cinque minuti di cammino.
«Cammina con la bocca aperta» sbuffò lei, scivolando tra una felce violacea e una radice color cobalto.
Non appena fu certa di aver oltrepassato l’ostacolo, sentì qualcosa sfiorarle la cintura, e fu solo grazie all’istinto che trovò la velocità per colpirlo.
«Ahia!» piagnucolò Rufy, ritraendo la mano gommosa. «Dai, tu hai la borraccia!»
«Sì e no venti decilitri di acqua, che dovranno durarci per chissà quanto!» ringhiò Nami possessiva. «Se tu tocchi le nostre riserve restiamo subito a secco!»
«Daaaai, per favore!» insisté lui, sfoderando la sua espressione più supplichevole – molto rovinata dai sei cetriolo-lumaca-tondi che sosteneva allargando un braccio come un telo.
«No! Prima renditi utile!»
«E come?»
«Non lo so!»
Il grido vagamente isterico di Nami fece frusciare qualcosa tra gli alberi, e la spinse a irrigidirsi bruscamente.
«Andiamo...» mormorò con un leggero nervosismo. «Sbrighiamoci a ritrovare gli altri, questo posto non mi piace per niente»

E dire che neanche sei ore prima lo aveva trovato quanto mai affascinante.
Erano approdati su quell’isola dopo più di una settimana di vagabondaggi senza terraferma, e alla prospettiva di raccogliere frutta fresca e acqua dolce tutti erano andati in brodo di giuggiole. La spiaggia su cui si erano fermati era bianca e sassosa, il mare limpido, le prime palme terribilmente invitanti. Non avevano fatto molto caso ai tre relitti che giacevano tra gli scogli circostanti, ma d’altronde non facevano mai molto caso a inezie simili – anche se Usop ci aveva provato, a farle notare.
Attraccare sui sassi lisci fu un gioco da ragazzi, e tutti scesero con una buona dose di entusiasmo. Sanji si catapultò immediatamente sulle palme, alla ricerca di cocco et similia, e gli altri spesero qualche minuto a fare il punto della situazione. Finché Rufy non se ne uscì con la solita, prevedibile proposta.
«Andiamo a esplorare l’isola?» esclamò tutto allegro.
«E se invece ci fermassimo a prendere il sole?» si lamentò Usop, sventolandosi stancamente. «Ci saranno due milioni di gradi, come quella volta in cui mi sono arrampicato dentro un vulcano, e...»
Mentre Chopper, povera bestia, gli dava corda ad occhi sgranati, gli altri smisero di ascoltarlo. Ma Sanji, già carico di noci brune, non si fece scappare l’occasione.
«Nami, Robin, mes amours, non è una splendida occasione per provare quegli adorabili bikini che vi ho visto mettere nel baule?» propose solerte.
«Forse, forse» gli concesse Robin. E poi, non sentendo la replica di Nami, la cercò con lo sguardo, trovandola a fissare il mare. «Che c’è?» le domandò.
«Pensavo a quei tre relitti» mormorò lei. «Sembrano marciti, più che colati a picco. Come se qualcuno li avesse ormeggiati e poi non fosse più tornato»
«Ah, sicuro» confermò Franky con occhio esperto. «Per la precisione, quello al centro è il più vecchio, e quello a destra il più recente»
«E quindi, in via del tutto ipotetica, ma con una probabilità del 94,6%, credo di poter dire che a bordo devono conservare ancora i loro tesori!» concluse Nami, raggiante.
«Ti pareva» bofonchiò Zoro.
«Chi mi accompagna a bordo?»
«Ovviamente io!» cinguettò Sanji, lasciando cadere a terra le noci.
«Io, io, io!» si aggiunse Rufy. «Ma poi andiamo a esplorare l’isola?»
«Se sarò soddisfatta del bottino, forse»
Presero la scialuppa con cui avevano raggiunto la spiaggia, e, con l’aggiunta di Franky a bordo, raggiunsero il relitto più giovane. Penetrare sottocoperta fu un’impresa, perché il legno marcio cedeva ad ogni passo, ma con l’aiuto di Franky riuscirono a scendere fino alla stanza più nascosta. Lì, per la gioia di Nami, c’erano un paio di forzieri e qualche chilo d’oro, che furono premurosamente raccolti e ficcati nei sacchi che aveva Rufy. Il secondo relitto, quello più vecchio, fu un buco nell’acqua: la parte pesante della chiglia era sprofondata in mare, e lì il moto delle onde aveva sommerso di sabbia tutto quello che c’era. Nami decretò che disseppellirlo era troppo faticoso, e allora si avventurarono sulla terza nave, scoprendola vuota.
«Probabilmente gli ultimi arrivati hanno fatto come noi» sbuffò contrariata. «Che seccatura! Passiamo dalla Thousand Sunny, e poi torniamo alla spiaggia»
Quando rimisero piede sui sassi bianchi della rena, Rufy si avventò sul cocco raccolto da Sanji, e Nami sperò che si fosse scordato dell’idea di esplorare l’isola. Invano, ovviamente. Nell’arco di dieci minuti, il tempo di riempire un po’ lo stomaco, lo trovarono scalpitante davanti ai primi alberi.
«Allora? Andiamo? Andiamo? Andiamo?» chiese, felice come una pasqua. «Nami, lo avevi promesso!»
Nami sbuffò, guardando con rimpianto Chopper che prendeva il sole.
«Mah, forse un po’ di moto ci farà bene» commentò Zoro, studiando il riflesso del sole sulla lama di una spada.
«Io voglio venire!» cinguettò Chopper, tirandosi su con aria beata.
«Credo che avrete tutti bisogno della mia protezione» affermò Usop con aria seria.
E quando anche Franky e Robin accettarono, Nami capì che Sanji li avrebbe seguiti e lei con loro, per non restare sola – anche se Sanji aveva proposto di restare con lei... La qual cosa era assai inquietante, in effetti.
Così, in gruppo compatto, si avventurarono all’interno della foresta, sfidando zanzare, vegetazione selvaggia, e sentieri inesistenti.

«Nami... Naaaami... Nami, ti prego... Solo un goccio...»
Ansante, Rufy strisciava una lingua straordinariamente lunga sul terreno.
«Ho tanta, tanta, tanta, tanta sete!»
«Se hai sete, chiudi la bocca!» lo zittì lei, passandosi la mano sulla fronte sudata. «Maledizione!» sbottò poi, girando su sé stessa frustrata. «Come abbiamo fatto a perderci?!»
Erano bastati pochi minuti nella foresta. Quando gli alberi più comuni avevano lasciato spazio alle prime felci viola, lei e Rufy si erano accorti di essere rimasti inspiegabilmente soli.
Naturalmente il capitano della Thousand Sunny non si era affatto allarmato, sostenendo che prima o poi si sarebbero ritrovati, ma il suo navigatore non era dello stesso avviso. Dopo averlo malmenato una decina di minuti per convincerlo della bontà del suo pensiero, lo aveva costretto a cercare gli altri. Il tutto per scoprire che all’improvviso la geografia dell’isola era cambiata. Tornare alla spiaggia si era rivelato impossibile. Attorno a loro solo felci viola e alberi azzurri, non il suono del mare, non una voce umana, nulla di nulla. Come se l’isola, animata di volontà propria, li avesse inghiottiti nel suo stomaco.
E Rufy continuava a fare l’imbecille.
«Sono troppo giovane per morire qui»
Con aria teatrale, Nami si asciugò una lacrimuccia.
«Rufy! Arrampicati su un albero e trova il mare!»
«Cooooshaaa...?» fece lui, steso su una radice.
«Che diavolo hai combinato?» sbottò lei, accorgendosi all’improvviso di quanto sembrasse prosciugato.
«Non lo sho... Sete... tanta sete...»
«Sono i cetriolo-lumaca-tondi!» realizzò lei, e quando lo vide che ne addentava un altro, lo allontanò con un calcio. «Imbecille! Hai preso l’unico frutto disidratante sulla faccia della terra! Ahh, che piaga! Ci farai ammazzare!»
Ringhiando insulti a mezza bocca, si sedette sulla radice su cui lui era accasciato e gli tese la borraccia. Rufy ci si attaccò come un morto di sete, e in meno di un istante la svuotò tutta.
«Ahh, meno male! Ci voleva proprio!» commentò tutto felice, non appena l’ebbe finita.
Nami la inclinò, e vide l’ultima, misera goccia cadere al suolo.
«Siamo morti» fu il suo funebre commento.
«Macché! Siamo vivi e vegeti!» esultò Rufy. «Mi arrampico su un albero e cerco il mare!»
Nami si lasciò andare sulla radice, arrendendosi anche alle zanzare, e con la coda dell’occhio lo guardò salire su uno dei grossi alberi azzurri che li circondavano. Aveva l’agilità di una scimmia, si trovò banalmente a pensare.
Rufy tornò a terra dopo una decina di minuti, ma, contrariamente al previsto, non aveva un’espressione esultante.
«Ehm, Nami... Mi sa che abbiamo un problema» esordì.
«Cosa?» gemette lei, vinta dall’afa.
«Il mare è tutt’attorno. E da lassù non vedo la Thousand Sunny»
«Oh, perfetto» Nami chiuse gli occhi. «E’ così che moriremo?»
«Guarda, uno scarabeo stercorario!» esclamò Rufy, distratto.
Nami si tirò su. «No! Mi rifiuto!» ringhiò, inascoltata. «Rufy! Portami su quell’albero!»
«Quale?»
«Uno qualunque!»
«Oh, capito»
Baldanzoso e allegro, Rufy arrotolò un braccio gommoso attorno a Nami e tornò ad arrampicarsi su uno degli alberi. Man mano che salivano, Nami iniziò a pensare che il cielo fosse davvero, davvero distante. Con un certo senso di nausea guardò in basso, e si rese conto che era il più grande errore che potesse fare. Allora stritolò il braccio di Rufy e serrò maniacalmente gli occhi. Dio, le idee stupide abbondavano di recente.
Quando finalmente emersero dalla chioma – arancione – dell’albero, Nami sentì una folata di piacevole aria fresca, e solo a quel punto si concesse di dare una sbirciatina al mondo.
Il cielo al di sopra dell’isola era sgombro da nubi, di un blu intenso; l’umidità che regnava nella foresta non riusciva a oltrepassare il tetto degli alberi, e la brezza portava l’odore salmastro del mare tutt’attorno.
«Oh, che bello!» si trovò a mormorare Nami, sognante.
«Mh, sì» replicò Rufy, schermandosi dal sole. «Però non vedo la Sunny»
«Guarda quel gabbiano!» insisté Nami, additando un misterioso uccello giallo che li sorvolava come un falco sulla preda. «Non è così... così...»
Fissò Rufy, e Rufy aggrottò le sopracciglia.
«Così cosa?» chiese perplesso.
«Così... romantico!»
«Veramente pensavo che magari sa di pollo»
«No, no! Guardalo! Volteggia a forma di cuore!»
Con una voce stranamente flautata, premette la spalla contro quella di Rufy mentre additava il cielo.
«A me sembra un cerchio un po’ storto» commentò lui, sempre più perplesso.
«Rufy» si sentì chiamare all’improvviso.
Commise l’errore di girarsi.
E Nami gli rifilò la domanda più sconvolgente dell’intera epopea delle domande sconvolgenti:
«Vuoi baciarmi?»

*

«Ti dico che il filo si è indebolito, testa d’alga!»
Il calcio di Sanji affondò nella sabbia bollente, mancando Zoro di almeno quindici centimetri.
«Il filo delle mie spade non si indebolisce neanche in un millennio, biondino» ringhiò Zoro, serrando i denti sulla terza impugnatura.
«E allora perché non le sento nemmeno, eh?»
«Sanji, la grigliata va arrosto!» chiamò Usop dal fuoco.
«Mai quanto il mio ardente spirito!» replicò lui, inspirando violentemente dalla sigaretta.
«Imbecille» fu il caustico commento di Zoro.
Nico Robin li guardò con un sospiro, mentre Franky decideva che era il momento di riportare l’ordine con brutale violenza, e poi abbassò lo sguardo su Chopper, che in quel momento si occupava di Nami.
«Ecco fatto, si riprenderà in un paio d’ore, credo» sorrise la piccola alce, rimettendo nel kit medico le pomate e le bende.
«Oh, meno male» commentò Rufy, con le sopracciglia corrugate. «E, ehm, ricorderà tutto?»
«Tutto cosa?»
«Oh, ah, niente!» esclamò Rufy, scoppiando in una risatina vuota.
Robin e Chopper lo fissarono, e lui li fissò a sua volta.
«Grigliata!» esclamò poi, all’improvviso. «Cibo!»
E di scatto li mollò lì, all’ombra delle palme, e si fiondò sul fuoco curato da Usop.
«Era un pochettino strano, vero?» chiese Chopper, esitante.
«Mah...» commentò Robin, scrollando le spalle. «Se vuoi unirti a loro vai pure, resto io con Nami»
«No no, tranquilla! Prima le signore»
Robin sorrise, e ne approfittò senza insistere.
Chopper rimase accanto a Nami e le misurò la temperatura con uno zoccolo. La febbre sembrava scesa, ma era meglio se riposava ancora un po’. Le grosse zanzare che circolavano per la foresta dovevano iniettare qualche tipo di veleno mordendo, ma nulla di più strano del solito. Anche se, in effetti, quando erano riusciti a ritrovarsi Rufy era sembrato un po’ agitato...

Si erano ricongiunti al di sopra degli alberi, perché Zoro e Sanji, capostipiti degli altri gruppi scomparsi, avevano avuto la stessa idea di Nami. E poi Rufy aveva insistito per trovare Chopper
«Rufy! Finalmente! Come avete fatto a perdervi?» gli aveva chiesto lui, soffocando per l’afa.
«Chopper! Nami! Le è successo qualcosa!» aveva esclamato il capitano, tendendogliela come un fagotto inerte.
«Sintomi?» aveva domandato Chopper, subito efficiente.
«Eh?»
«Cosa le è successo!»
«Ah, sì! E’... svenuta»
«E basta?»
«Ehm, sì. Prima era un po’ confusa, diciamo»
«Confusa?»
«Sì, ehm. Ma si riprenderà?»
Chopper l’aveva studiata per un istante, e aveva trovato un leggero gonfiore sul retro del braccio.
«Credo di sì, forse è solo la puntura di un insetto. Non sembra grave, ma speriamo che non sia velenoso o allucinogeno»
«Alluci-che?»
«Che non le causi allucinazioni. Se così fosse, potrebbe svegliarsi e iniziare a dire le cose più strane, a vedere mostri marini e cose simili»
«Oh»
Rufy aveva annuito lentamente, molto lentamente. E Chopper aveva pensato che semplicemente non capisse.

Per fortuna erano riusciti a uscire dalla foresta abbastanza in fretta, quando Robin aveva preso in mano la situazione. Erano tornati alla spiaggia, giurando di passare i prossimi tre giorni a prendere il sole, e poi si erano dati alle grigliate e alle solite scemenze, una volta che Chopper aveva assicurato la salvezza di Nami.
Vicino al mare il caldo si attenuava notevolmente, e l’ombra delle palme non era densa d’umidità come nel folto. Chopper si occupò di bagnare di tanto in tanto la fronte di Nami, mentre gli altri facevano la spola per portargli qualcosa da mangiare ogni tanto, finché la novella convalescente non riaprì gli occhi.
«Come ti senti?» le chiese Chopper, sporgendosi su di lei.
«Uno schifo» rispose Nami portando una mano alla testa. «Che è successo? Mi sento stordita...»
«E’ stata la puntura di un insetto. Credo siano moderatamente velenosi»
«Ah, che mal di testa... Come ci siamo ritrovati?»
Con una certa fatica, Nami si tirò su e riconobbe la spiaggia e la Thousand Sunny. Chopper le raccontò sinteticamente quel che era successo, e lei, con sguardo un po’ vuoto, annuì meccanicamente.
Poi, senza volerlo, si trovò a fissare Rufy.
C’era qualcosa che non le tornava. Qualcosa che non riusciva a capire, e che quindi la irritava. Probabilmente riguardava Rufy, ma come? E di cosa si trattava?
«Hai fame?» chiese Chopper con cortesia. «O sete?»
Nami arrotolò la lingua nella bocca riarsa, e Rufy scelse quel momento per girarsi a guardarla.
Istintivamente entrambi distolsero gli occhi.
«Sì, grazie» si affrettò a garantire Nami. «Sto morendo di sete, è come...» cercò le parole, stranamente agitata. E le scelse senza quasi pensarci. «E’ come se avessi mangiato una schifosissima lumaca»








Primo, orrido e probabilmente ultimo tentativo con One Piece! XD
Comunque tanti auguri di buon compleanno Claudia!
Sembra bimbominkioso, ma ti voglio un mare di bene!

Susy


01-01-2009
  
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