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Autore: SakiJune    12/05/2015    0 recensioni
Sto, Cintura di Casivanian. Vastra e Jenny stanno progettando di avere un figlio e il loro socio Alonso s'innamora di un certo Jack Harkness.
Terra, Sistema Solare. Gordon Stewart si è appena fidanzato con Billie, la sua amica d'infanzia, e progetta di lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti.
Gallifrey, Costellazione di Kasterborous. Lord Jelpax, Coordinatore della Matrice, è diviso tra la sua fedeltà al Dottore e i continui ricatti del famigerato Vansell e della sua Agenzia Interventista.
E c'è un'unica finestra da cui può vedere il futuro... una finestra aperta su Trafalgar Square.
Seguito di "Stars of Kasterborous"
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, Jenny, Nuovo personaggio, Osgood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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I nomi e i luoghi citati dal punto di vista dei Sycorax sono tratti dall'episodio "The Christmas Invasion" e dal fumetto "The Widow's Curse".
Il "cugino simpatico" di Zendar è Gandar, uno degli antagonisti dell'Ottavo Dottore nel romanzo "The Shadows of Avalon". E si rigenera veramente in una sorta di Siluriano.
La nave di Skagra non ha un nome, ma ho pensato che Jack potesse dargliene uno cariiiiiiiino ;)

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La compagnia era ormai allo stremo. L’ultimo attacco aveva provocato una strage, mandando a gambe all’aria persino la squadra del caporale Smith, che era rimasta nella retroguardia a cercare inutilmente di far funzionare di nuovo la radio.

I successivi furono di minore intensità; per quanto i danni ricevuti fossero stati trascurabili, la nave doveva risparmiare energia se voleva, una volta fatta posizionare la flotta intorno al pianeta e dati gli ordini di attacco, avere la possibilità di allontanarsi. D’altra parte, però, sopravvivere non era indispensabile. Se così era il volere di Astrophia, sarebbe tutto finito prima che quei vermi mollicci avessero il tempo di riorganizzarsi o che arrivassero, pfui, rinforzi. Fadros Pallujikaa, la tribù di Halvinor e le vedove di Shadow Cay avrebbero avuto vendetta. Quale fosse il vero scopo dei Signori del Tempo per voler distruggere un pianeta tanto insulso, all’equipaggio dell’ammiraglia Sycorax non interessava minimamente; se Lord Vansell aveva assicurato che il Dottore ne avrebbe sofferto, tanto bastava.

 

Anche al Tenente Colonnello Garrett Partridge importava di conoscere i dettagli fino ad un certo punto; la vendetta era comunque al primo posto. Era stato assolutamente sicuro che il Dottore fosse colpevole e avrebbe preferito strozzarlo con le sue mani che sbatterlo in una cella, se avesse potuto.

Si sentiva preso in giro.

Furibondo.

E terribilmente inerme, nel fango rossastro, circondato dai cadaveri dei suoi uomini.

 

*

Il diretto incaricato della missione, appostato dietro le rocce a spiare i movimenti sconnessi della compagnia semidistrutta, ne sapeva un pochino di più. Aveva un livello piuttosto alto, rispetto ad alcuni dei suoi colleghi che venivano spediti per l’Universo a sabotare, uccidere e modificare con precisione eventi solo in apparenza insignificanti. Eppure, si poteva affermare, le linee generali del piano di cui era a conoscenza erano un’inezia in confronto all’impatto che il suo operato avrebbe avuto sul corso del Tempo. Nessuna vera anticipazione. Effetto sorpresa.
Lavorare per l’Agenzia Interventista aveva i suoi lati positivi, e tra questi vi erano le armi autoaggiornanti: quando il software veniva migliorato, in automatico tutti i dispositivi che lo contenevano si allineavano, da qualunque punto nell’universo. E aveva i suoi lati negativi, come il non poter scegliere gli obiettivi da colpire. Secoli prima, un suo Cugino era stato coinvolto in una missione per ottenere il prototipo di un nuovo modello di TARDIS da guerra, e si era ritrovato a vivere per il resto dei suoi giorni nella dimensione di Avalon con un corpo per metà gallifreyano e per metà Siluriano. Era considerato la vergogna della famiglia, ma lo ricordava come un tipo simpatico.

Ciò nonostante, Zendarotethlestar continuò a tenere sotto tiro la figura che si affannava a prestare soccorso ai suoi compagni.

Razza: Sol 3 v. 1.4 / Zeros v. 2.5 [ percentuali in caricamento ]

Età: 37

Armato: ✓

Costituzione: ✗✗



*

 

Dall’altra parte di quel mirino, Rallon Quences Smith era circondato dall’orrore più puro.

Era la prima vera emergenza in cui si trovava coinvolto, la prima volta che vedesse scorrere del sangue. Stavano morendo, tutti quanti.

“Non ti ho messo al mondo perché andassi a farti ammazzare.”

“Non mi sembra di avere molta scelta, mamma V. Cos’altro può fare uno come me?”

Lei si era irrigidita, per la prima volta incapace di rassicurarlo. Gli era sembrato che volesse confessargli qualcosa, ma probabilmente era stata solo una sua impressione. La mente di lei si era serrata, scattando ad elaborare la decisione che aveva portato per la seconda volta la loro famiglia a dividersi.

“E come fai ad essere sicuro che quel sangue non sia tuo, se senti tanto dolore?” diceva una vecchia canzone di guerra che Maggie gli aveva insegnato mentre lui l’accompagnava su una chitarra scordata. Quella notte lei non indossava altro che il berretto della divisa, ed era così bella da togliere il fiato persino sott’acqua...

Era ironico, nel suo caso, perché il sangue era inequivocabilmente rosso, dovunque si voltasse a guardare.

Strappò un’altra striscia di tessuto dalla giubba mimetica, ma si accorse di essere arrivato tardi. La stracciò fra le mani, sibilando di rabbia e di impotenza.

Il Dottore era troppo lontano, chiuso in una cella, nella migliore delle ipotesi. Se Maggie avesse riflettuto su ciò che le aveva detto, se gli avesse dato una possibilità, forse lui avrebbe potuto trovare una soluzione. Ma Tashalov sarebbe diventato  un nome sui libri di storia, una storia senza testimoni.

“Mamma… forse avevi ragione… ho paura, ma cosa posso farci ormai?”

Chinò la testa e vide quel puntolino di luce muoversi a piccoli scatti sulla divisa strappata, seguendo i suoi movimenti.

“Ho paura”

Raggelato, comprese che non giungeva dalla nave nemica, ma da molto più vicino. Chi? Perché?

“Ho tanta… paura”

Si guardò intorno, cauto. Il campo di battaglia risuonava di rantoli e bruschi richiami.

“Resisti, tesoro… sto arrivando.”

 

*

 

Sapeva che sarebbe accaduto, ma ciò non attenuava la sua angoscia.

Zendar sentì un boato, vicino, e poi mille altri in cielo, come fuochi d’artificio

(i festeggiamenti durante la Ricorrenza dell’Altro. Il parco inghirlandato, la musica, gli spettacoli sotto le luci notturne)

D’improvviso ebbe il timore di non rivedere Gallifrey, mai più.

Doveva davvero sbrigarsi, portare a termine il lavoro e squagliarsela. La nebbia rossa appestava l’aria e lo fece tossire; non riusciva più a vedere nulla intorno a sé, tranne il display dell’arma che imbracciava. Ma… si stava aggiornando ora? Perché mai?


*

Le navi dei Sycorax esplodevano, una dopo l’altra, sotto il fuoco di quell’armata improbabile, raccattata dagli angoli più disparati dell’universo, dalle epoche più svariate e anche da qualche dimensione sconosciuta. Jack era eccitato, quasi si trattasse di un videogioco. Alonso sapeva che non era affatto privo di empatia, era solo una maledetta facciata, ma era lo stesso una visione disturbante. Vastra, dal canto suo, era alle prese con una connessione telepatica. Gli parve un po’ fuori luogo, ma non si sarebbe mai azzardato a contraddirla apertamente; avevano condiviso un frigorifero per un certo periodo di tempo.

- Grazie per avermi portata con voi. - Era tornata fra loro, ma l’espressione del suo volto, non appena ebbe riaperto gli occhi, non gli piacque affatto.

- Beh, perché no? Non è certo stata una coincidenza ritrovarci sulla Terra, non abbiamo mai pensato che lo fosse. Ha senso. Tornare a casa insieme nei… tempi difficili.

Lei annuì. - Sì. Devo tornare… adesso.

Alonso capì improvvisamente cosa volesse fare. - Vastra, non può andare laggiù. Dobbiamo eliminarli, qui e ora!

- No. Voi dovete… io devo andare da lui, devo tenerlo al sicuro… era tutto… quello che avrei dovuto fare…

La nave ondeggiò pericolosamente e furono dapprima spinti in avanti, poi mandati a sbattere contro la parete.

- Ehi! - protestò Jack, che ormai aveva instaurato un rapporto piuttosto vivace con la vecchia bisbetica. - Che ti prende?

Alonso, senza nemmeno controllare di essere tutto intero, corse a dargli una mano, visualizzando la situazione sugli schermi e impallidendo. - Ci hanno colpiti?

“Potrei agire con riguardo ai vostri sentimenti umani, ma nelle presenti circostanze, non essendoci a bordo individui particolarmente impressionabili, confermo le vostre preoccupazioni sul mio stato.”

- Grazie della sincerità. - Prese il microfono, parlò con voce ferma: - Black Beauty alla flotta. Fino all’ultimo. Distruggeteli… fino all’ultimo. Passo e chiudo. - Jack non sembrò dare segno di prendersela per la piccola iniziativa del suo comandante in seconda.

Alonso incrociò lo sguardo di Vastra, che aveva già la mano sul manipolatore. Non cercò più di fermarla, tutt’altro. - Che cosa aspetta, Madame? Scenda dalla nave prima che affondi. - Poteva essere la fine, ma non sarebbe stata così male. A patto che non ci pensasse troppo. - Vada!

Vastra azionò il manipolatore e scomparve.

La nave si scusò poi formalmente per non essere in grado di eseguire le riparazioni necessarie in tempo prima dello schianto. Jack la mandò amichevolmente a quel paese e imprecò tra i denti. Per lui non faceva differenza morire una volta di più, ma Alonso… no, non poteva permetterlo...

- Perché l’hai lasciata andare?

- Cos’altro avrei potuto fare? Rubarglielo?

“Secondo i calcoli, tentare di eseguire un furto ai danni di Madame Vastra non vi sarebbe stato di nessun aiuto. Ho calcolato la velocità dei suoi riflessi…”

Ma i due non ascoltavano gli sproloqui della nave. Alonso pregò Jack: - Se solo avessi ancora il tuo… potresti...

- Se lo avessi, potrei, ragazzo di Grad. Ma hai dimenticato… una cosa… -  E quell’uomo quasi immortale, che non sapeva di essere stato un Signore del Tempo, si aggrappò ad un maniglione e tenne stretto a sé il giovane incontrato in un bar, una notte in cui si sentiva più solo che mai. Non era sicuro di riuscire a salvarlo, ma ci avrebbe provato con tutte le sue forze. Come aveva detto Ada Markham, i regali del Dottore non si buttano via. - Il capitano non abbandona la nave, per nessun motivo. Tu, ferraglia! Cerca di precipitare con garbo, almeno!

“Farò il possibile, naturalmente. I miei circuiti hanno un proprio istinto di autoconservazione, ogni procedura adatta allo scopo sarà implementata. Tenetevi forte, prego!”



*

 

Il puntolino era ancora là, minaccioso, come il segno di un morbo implacabile, come nient’altro che un punto, forse. Che cosa significava, in fondo, se non la fine?

Ansimando, Arkhew tentò ancora di spostarsi, ma quello lo seguì.

Sussultò quando una mano si materializzò nella nebbia e afferrò la sua. Due occhi chiari, colmi di un’urgenza d’amore…

- Mamma V.?

Vastra gli accarezzò il viso, sollevata e trionfante. - Ti ho trovato… oh, ti ho trovato, tesoro… andiamo via. Torniamo a casa, questo non è il tuo posto, non-

 

*

 

Zendar sospirò di sollievo. A quanto pareva, il dispositivo di puntamento non aveva perso la presa sul soggetto, anche se l’aggiornamento aveva modificato i dati relativi.

Razza: Sol 3 v. 1.4

Età:  375

Credette di vedere un punto dopo le prime due cifre, non c’era altra spiegazione. Ma cos’avevano in mente gli sviluppatori alla Cittadella? Perché approssimare un parametro e renderne un altro inutilmente preciso?

Armato: [ valutazione in corso… ]

Costituzione: [ valutazione in corso… ]

Non aveva importanza, decise.

L’aveva ancora sotto tiro e l’avrebbe colpito.

Lo colpì.

Avrebbe dovuto attendere che la nebbia rossa si diradasse, controllare il lavoro finito. Altre esplosioni lo fecero desistere. Quando si spensero, fece per accostarsi nuovamente al varco tra le rocce, ma uno scalpiccio di passi lo spinse a voltarsi. Sperò che il nuovo arrivato non avesse una vista ipersviluppata e di avere il tempo di effettuare la valutazione.

I passi si fermarono. Un suono sottile ruppe il silenzio, e quando abbassò gli occhi sulla sua arma vide con orrore che il display era spento. Controllò il dispositivo temporale: inservibile.

Dalla nebbia emerse una figura ben nota all’Agenzia, eppure Zendar non riusciva razionalmente a collegarlo all’esplosione della nave Sycorax. Non era davvero nel suo stile...

Come sempre era armato solo di un cacciavite sonico, ma era stato più che sufficiente a neutralizzarlo, dannazione. Le sue fattezze erano le stesse della sua ultima visita su Gallifrey. Capelli brizzolati, un mozzicone di naso, una smorfia di dolore che gli distorceva le labbra. Sanguinava, però. Lo annotò fra i dettagli positivi di quella situazione.

- I Sycorax hanno fatto il tuo nome, e il nome di Lord Vansell, - mormorò il Dottore. - Urlando. Non sapevano perché, non sapevano come, ma qui e ora tu sei la chiave di questo complotto.

- No. Io non sono nessuno.

Il Dottore scattò: - Balle! Tu sei…

Zendarotethlestar, lo ricordava bene, il comandante della nave Sycorax aveva cinguettato prima di esplodere insieme alla console su cui stava per digitare la sequenza d’attacco per la sua flotta. Cinque colpi ravvicinati, l’intero sistema energetico in corto circuito… e Maggie, Maggie…

Io non sono più il Dottore, rabbrividì. Questa volta non posso tornare indietro.

- Hai ragione, non sei nessuno. Anch’io non sono nessuno, siamo in due… oh, scusa, questa era Emily Dickinson. Sei uno strumento. Siamo tutti strumenti del Tempo, ma essere anche una protuberanza di Lord Vansell mi pare una doppia schiavitù. Che cosa vogliono, su Gallifrey? Perché questo pianeta? Perché questo tempo? Perché questa trappola infame?

- Torna alla tua TARDIS, Dottore. Non ruota tutto intorno a te, per quanto folle ti possa sembrare. Qui è tutto finito, il tuo intervento non era richiesto.

 

No. Niente era finito. Le navi erano esplose all’esterno della barriera, e ciò non aveva nulla a che fare con la distruzione dell’ammiraglia. Nulla a che fare con lui e Maggie, con il loro tentativo di impedire altre vittime. Il pianeta non era più in pericolo… forse non lo era mai stato… la sequenza di immagini, significava soltanto questo? Una cortina di polvere che brucia a contatto con l’atmosfera? Kedred si era sbagliato, dopotutto...

 

Si udì un sibilo. Dapprima fu quasi impercettibile, come un soffio d’aria che fischia sul bordo di un foglio di carta, ma poi crebbe d’intensità. Un ordigno lasciato dai Sycorax? O forse, laggiù, fra le vittime del massacro, la radio aveva ripreso a funzionare… ora che non c’era più nessuno a rispondere, pensò. No, ricordò il Dottore, era rimasto un soldato alla base. Sì. Già.

Zendar non perse tempo e approfittò della momentanea distrazione del Dottore per colpirlo alla nuca, senza esagerare. Non aveva ordini riguardo a lui, ma sapeva di non doverlo uccidere. Non era il suo tempo. Sto non era… Trenzalore.

Prese in prestito il suo cacciavite sonico e tentò di riparare il dispositivo temporale, invano. Non si accese nemmeno; il Dottore era furbo, troppo furbo… gli lanciò un’occhiata di disprezzo e frugò nei suoi vestiti per trovare la chiave della TARDIS. Era l’unico modo per tornare in fretta su Gallifrey. Gliel’avrebbe rimandata indietro, sicuro, non poteva certo giocare con i punti fissi - ma ora serviva a lui, e in fretta.

Si allontanò con la chiave stretta nel pugno, abbastanza sicuro di aver adempiuto al suo dovere e di avere buone probabilità di cavarsela.

Continuò a correre. Il sole bruciava, era ormai coperto di sudore. Quando giunse in vista della TARDIS, gongolò.  Non aveva fatto i conti con l’elicottero e la donna che di lì a qualche secondo gli si sarebbe paracadutata addosso.



   
 
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