Café
La notte scura e piovosa questa sera, è più che uno
splendido scenario.
La luce dei lampioni si perde e viene soffocata, mentre la
pioggia, indifferente, scaccia dalle strade le persone indesiderate.
Solo i relitti si muovono, questa sera. Solo i dannati, i
caduti.
I muri di tenebra sono sorti all’orizzonte per coprire il
tramonto, e la luna e le stelle gli hanno lasciato il loro posto. Per splendere
da qualche altra parte, in un’altra notte.
“Non ritornerete più
indietro.
Non vedrete più la
vostra casa.”
È il sussurro di una voce che sembra cantare.
La pioggia, lava via le vostre tracce. La vostra immagine.
La vostra vita. Perché la pioggia, dopotutto, non è che abbia mai portato via
il dolore. Solo la sporcizia.
Complice pericolosa di questo teatro dannato.
“A cielo aperto.”
È proprio una canzoncina, un avvertimento soffocato dalla
pioggia.
Non avete timore di tutto ciò, attori inconsapevoli?
Non sentite l’ansia crescere nei vostri corpi fino a farvi correre, una corsa disperata e
senza ragione? Poiché questa non è la vostra ansia, bensì ansia passiva: e come
accade nel mondo, questo vuol dire che sarà sempre, peggiore dell’originale.
E allora correte, correte urlando nella vostra anima.
Rifugiatevi nei bar, attori.
Vi stiamo aspettando.
“Vi stiamo
aspettando.”
Una canzone che si è elevata ad una promessa.
Osserva la figura bagnata del ragazzo, eclettica: i suoi
capelli bianchi sono appiccicati al volto pallido, in rivoli d’acqua che lo
sporcano. Un cilindro in bilico sulla testa, sembra stia per cadere. Pare
appena uscito da un teatro, ed il sorriso cortese ora somiglia quasi ad un
ghigno.Un personaggio complesso, composito.
Che strani incontri si possono fare, in notti come queste.
Insieme l’uomo e il ragazzo passeggiano sotto l’ombrello, e
intorno a loro la pioggia cade e nasconde, nasconde i passi degli scomparsi.
“ Dove deve andare?
Non gliel’ho chiesto, quando l’ho incontrata.” Il ragazzo eclettico
riprende la parola con voce suadente, sensuale. “ Per la verità avevo in mente
di rifugiarmi in qualsiasi posto caldo che avessi incontrato, se mi avesse
ispirato.” È vero, la figura avvolta nel cappotto quella sera era uscito per
piacere, piacere portato dalla nebbia e dalla pioggia. Lo strano incontro con
quel ragazzo in realtà lo faceva gioire.
“ Se le cose stanno così, mi permetta di guidarla. Conosco un café che di certo
catturerà la sua ispirazione”. Il
ragazzo lo guarda sorridendo, cortese, nello sguardo la sicurezza che la sua proposta
verrà accettata.
Fiducioso l’uomo segue il ragazzo, e all’eroinomane
all’angolo sembrano quasi un cane e il suo padrone che lo tiene al guinzaglio.
Il ragazzo con il cilindro sembra esser nato, da questa notte. Sembra esserne
il figlio.
Finalmente, i due giungono ad un bar, con la vetrina
caldamente illuminata dalle luci all’interno, ed il vetro appannato.
Entrano, il cane ed il padrone, facendo tintinnare la porta
al loro ingresso. I pochi avventori voltano lo sguardo vacuo. Che strano, pensa
l’uomo. Sembrano tutti vuoti.
Ma intanto la presenza calda e assuefacente del ragazzo lo
porta più avanti, verso il fondo del locale con le pareti coperte dai pannelli
di legno pregiato, dai tavoli alti. Sulla parete più lontana, dove si stanno
dirigendo, c’è un camino acceso.
Che riempie il piccolo locale di calore e luce soffusa.
Seduto ad un tavolo accanto al camino acceso, un uomo sembra
aspettare, e intorno a lui l’aria calda del cafè si trasforma nella pesante
presenza dell’anima della nebbia e della notte. Posa lo sguardo sui due
arrivati e immediatamente l’ultimo arrivato cade, in quello sguardo.
“ Ha appena preso la
strada per giungere all’inferno, signore.” Il ragazzo sorride e si siede
contro l’uomo seduto, sfregandosi contro il suo corpo e facendo quasi le fusa.
L’uomo misterioso, invece, non sembra accorgersene. “ La
invito a sedersi alla nostra tavola, prego.” Fa un gesto ampio con il braccio,
e lo straniero si siede subito, togliendosi il cappotto.
Costui guarda l’uomo che gli ha appena parlato, anacronistico.
L’uomo davanti a lui sembra totalmente sorto da un’altra era, come se vivesse
contemporaneamente in due realtà diverse.
“ Lo abbiamo tolto alla notte, quest’ oggi. Dal suo cupo
grembo l’abbiamo strappato, per farlo morire nel mondo: ha seguito il mio
servitore che lo ha portato da me, in questo piccolo café. Il café dei perduti,
lo chiamano. Ora che è qui, il sole non sorgerà più nelle sue giornate, sa? Il
tempo stesso, non avrà più significato. Si guardi intorno. Ognuna delle persone
qui presenti appartengono ad un’era differente, e sono stai tutti portati qua
da noi. Ora che per l’eternità farà parte di questa corte, non vuole sentire
una storia?”
L’uomo si sente perduto, strappato alla sua vita.
( Quale vita?)
La sua miseria rende ogni giornata della sua VECCHIA vita
uguale alla precedente. Squallida e vuota. Essere lì, in quello strano posto,
rappresenta per lui una caduta e una rinascita. Rappresenta l’errore del
sistema.
“Ogni sera, il nostro
signore racconta della malizia e della miseria di questo ed altri mondi, di
questa ed altre realtà. Le vuole sentire insieme a noi? Si sposterà con questo
teatro itinerante?” Il
ragazzo pallido parla con sarcasmo,
la risposta è già chiara per lui, fantasma giullare della corte rubata. L’uomo annuisce e si prepara al
racconto.
Il bardo, signore delle menti della sua corte, mettendosi
comodo, cinge con un braccio il ragazzo accoccolato al suo fianco, e guarda il
nuovo arrivato con intensità. “Molto bene. Si metta comodo, prenda un caffè ed
un dolce, perché fra poco inizierò la mia storia.”