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Autore: Colli58    17/05/2015    7 recensioni
Ryan sorrise e si voltò verso Esposito mormorando.
“Siamo patetici. Quasi mendichiamo per del cibo.”
Esposito non si fece abbindolare. “Ehi, siamo al lavoro da ore. Un amico se è tale porta cibo per tutti… non solo per…”
“Bada a come parli Espo.” Lo richiamò Kate sorridendo. Gli fece l’occhiolino divertita e finalmente sazia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Richard Castle, Victoria Gates | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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Castle non era riuscito a chiudere occhio. La testa pulsava dolorosamente e i suoi occhi stanchi chiedevano riposo ma era inquieto. Kate invece era caduta in un sonno profondo appena aveva toccato il letto. Il viaggio di ritorno lo avevano passato chiacchierando del caso e lei era decisamente soddisfatta del risultato.
Nei giorni a seguire avrebbe istruito tutto il caso per poi seguire le pratiche in tribunale. Ma il giorno successivo si sarebbe svolto anche funerale di Lopez, così la mente di Castle non voleva darsi pace. Le immagini del passato si ripetevano continuamente torturandolo. Espirò profondamente e pensò di doversi alzare. Mancava così poco a che la sveglia suonasse nuovamente e non si sentiva nemmeno le forze per girarsi e posare i piedi a terra. Attese lunghi minuti sperando di non svegliare Kate muovendosi. Si rese conto di aver già fatto la frittata avvertendo la mano di lei muoversi sul suo torace stringendo le lenzuola.
“Non ti senti bene?” Chiese lei con un sospiro.
Castle sbuffò. “Ho mal di testa, mi dispiace di averti svegliato. Mi prendo qualcosa e poi torno a letto…” Disse alzandosi. Kate lo seguì con lo sguardo assonnato, ma con un velo di preoccupazione.
Si alzò appoggiandosi su un gomito e attese che fosse di ritorno. Aveva notato un suo sostanziale cambiamento d’umore rientrando a casa ma non immaginava stesse male. Castle tendeva ad essere piagnucoloso quando stava poco bene, si caricava di medicinali, forse troppo, sopportava poco il dolore. Mentre Castle guidava, lei si era presa del tempo per rilassarsi in macchina e godersi la vittoria personale nell’essere riuscita ad arrivare alla soluzione del caso, aveva espresso la sua soddisfazione ed aveva fatto piani per il giorno successivo. Castle invece aveva risposto a monosillabi, sembrava distratto. Kate avrebbe seguito la preparazione dei documenti per il tribunale, come faceva sempre più spesso negli ultimi tempi, seguendo quindi il caso fino al suo stadio finale. Era uno di quei lavori forse un po’ noiosi, ma che davano completezza a quanto fatto in precedenza dalla squadra. Era soddisfatta ma Castle non lo era quanto lei quella sera, c’era qualcosa che metteva in ombra la sua partecipazione emotiva.
Castle tornò con un bicchiere d’acqua e deglutì una pastiglia di analgesico. Posò il bicchiere sul comodino e si coricò nuovamente accanto a lei. “Torna a dormire dai…” Disse cercando di rimboccarle le coperte.
Kate scosse il capo. “E’ solo il mal di testa o c’è altro?” Si raddrizzò e si appoggiò con la schiena al testiera del letto dopo averci sprimacciato contro il cuscino.
“Dai…” Castle deglutì. “Sono le sei, non dovresti dormire un altro po’?” Disse mentre lo sguardo di Kate si faceva pungente. Lui inclinò la testa di lato, chiudendo gli occhi, affaticato e poco reattivo.
“Non credo di riuscire a chiudere occhio se non lo farai anche tu.” Decretò Kate incrociando le braccia.
Castle si passò le mani sul viso. “Non è il momento adatto. Riposiamo.”
“Lo hai detto anche ieri…” Mormorò Kate e gli occhi di Castle si incupirono. La luce morbida e dorata della lampada in quel momento riuscì comunque a ferirlo.
“Per quella cosa… senti…” deglutì e abbassò lo sguardo. Le prese la mano e la strinse.
La guardò mentre lei restava in attesa, incuriosita e ansiosa allo stesso tempo. Lo vedeva titubante come tutte le volte che la sua mente non era ancora arrivata alla soluzione ma si stava arrovellando per trovare la strada giusta. Castle era delicato nei sentimenti quanto forte nelle sue reazioni per difenderli, solitamente trovava la voglia ed il bisogno di esternarli con i propri cari: si rinchiudeva in se stesso rimuginandoci per ore e poi usciva con una soluzione spiazzante. Però Kate non desiderava aspettare quel periodo di tempo in cui lui riusciva sempre a sorprenderla. Per una volta voleva condividere il suo percorso. Certo lei non era la persona adatta ad insistere, ma c’era una ragione in più che valeva ogni sforzo possibile, una creatura in arrivo che avrebbe determinato stravolgimenti nelle loro vite e allora qualcosa andava fatto.
Sorrise, allungò la mano libera verso la sua testa e passò le dita tra i capelli di Castle.
“E’ per quello che sei così... insomma oggi non mi sembravi pensieroso. Solo stasera.”
“Stamattina.” La corresse Castle.
“Qualcuno… sostiene che non è mai domani fino a che non si va a dormire.” Chiarì lei.
“Ah beh, se la metti così… abbiamo dormito…” le diede un piccolo colpo con la spalla e sorrise: erano in fondo le sue parole e le stava usando contro di lui.
“Non direi…” Replicò Kate facendo una smorfia.
L’uomo si sciolse dal suo torpore puntando gli occhi chiari in quelli di lei.
“Stasera, quando abbiamo finalmente risolto il caso, tu eri così… raggiante. Stanca ma felice, ti ho guardato ed eri soddisfatta, sicura di te.” Castle sospirò sorridendole.
“Sei fantastica quando sei così e ho sempre amato quel momento in cui ti illumini per aver fatto giustizia.” Spiegò divertito. “Brady ti ha elogiato. Hai la promozione in mano tesoro…”
Kate scosse il capo. “C’è ancora molto da fare e dovrò fare esami. Molti esami.” Sottolineò.
“Ma il primo è stato superato con un risultato strepitoso.” Kate annuì appoggiandosi alla spalla di lui. Allungò la mano e fece scivolare tutto il braccio lungo la schiena di Castle, abbracciandolo.
“Questa sarà sempre la tua vita, quello che ami fare. Passerai di grado, magari davvero entrerai in politica, sempre di giustizia si tratterà in fondo. Ci saranno casi importanti, serate lunghe come queste. Forse anche più lunghe. Decisioni da prendere e processi da istruire…”
Kate annuì anticipando le parole di Castle. “Credi che io darò priorità al mio lavoro invece che alla nostra famiglia?” 
“Ci pensavo e… mi è venuto un po’ il panico in quel momento, lo ammetto. Diventerai un pezzo grosso, ne sono sicuro e ti richiederà tempo...”
“La tua mente instancabile mi ha già cucito addosso un immagine da mostro?” Castle fece una smorfia. Kate espirò, la sua reazione era del tutto imprevista e la rese tesa. Castle però le fece capire che non aveva finito.
“Mi hai chiesto di parlarti di Meredith e avevo pensato di non farlo. Lei è il passato e non hai nessuna colpa per quello che lei ha fatto ad Alexis e me. Io stesso sono diverso e così non voglio in nessun modo partire prevenuto.”
Kate lo incalzò. “Però ad un tratto l’idea che io possa fare carriera ti spaventa…”
Castle negò con il capo. “No, non proprio. Insomma io voglio che tu sia soddisfatta della tua vita, dei tuoi risultati professionali, così come nella famiglia. Ciò non toglie che il nostro bambino deve avere entrambi i genitori. Sai che farò di tutto per farti avere ogni opportunità che ti servirà a fare carriera, ma non sono fisicamente pronto a fare da solo con questo figlio... Avrò bisogno di te. Lui avrà bisogno di te.”
Kate abbassò gli occhi. L’orgoglio per il proprio lavoro l’aveva resa così euforica da preoccupare Castle? Era esattamente il contrario di quello che voleva ottenere.
“Non voglio essere così, Castle.  Ok, per me è tutto così nuovo, per te è qualcosa che ti riporta ad un passato difficile. Fatico a pensare a come muovermi.” Replicò confusa.
Castle le alzò il viso con la mano. “Non sei tu il problema ok? E… e non devi nemmeno pensare di cambiare perché non sarai mai come lei. Solo il fatto che hai dubbi, che hai anche solo espresso il timore di farlo mi fa stare meglio.” Kate strinse le labbra. Si mise le mani sul ventre e sospirò profondamente.
“E’ per questo che ne volevo parlare. Perché tu non lo vuoi fare?” Kate tornò a cercare le mani di Rick.
“Perché non devi pagare tu il mio passato.”
Kate si accigliò. “Tu hai fatto di tutto per prenderti carico del mio di passato, perché pensi che la cosa valga solo per te?”
Castle scosse il capo. “E’ diverso. Molto…”
“Come?”
“Pensavo di non aver commesso errori, in realtà l’ho fatto.” Castle abbassò la testa e strinse gli occhi. I pensieri si affollavano nella sua mente, molto di quanto aveva affrontato nel suo percorso di ripresa dopo la delusione e la ferita del tradimento di Meredith stava lì, appena fuori dalla porta, riaffacciandosi con troppo facilità. Si chiese perché fosse bastato anche solo un flebile momento di debolezza mandarlo al tappeto. Non voleva dare a Kate quel dolore, sapeva che era un altro tipo di donna, che tutto sarebbe stato differente. Però la paura di sbagliare, di fare il medesimo errore restava viva nonostante tutto il suo impegno.
“Ho capito di aver sbagliato tutto con Meredith, non era pronta ad avere un figlio, a vedere in noi una famiglia e in lei una casalinga. So di aver sbagliato a volere la semplicità di una famiglia normale perché non lo eravamo, soprattutto non avevamo gli stessi obiettivi. Io volevo una famiglia, lei voleva solo fare una bella vita e divertirsi.”
Castle si prese qualche secondo per continuare.
“Tu ed io non saremo mai due semplici genitori perché tu sei e sarai sempre una paladina della giustizia, io un romanziere.” Castle si passò una mano sulla fronte dolorante.
Kate sospirò cercando le sue mani.
“Mi odieresti se ti imponessi di rinunciare alla tua strada, come io arriverei a fare se tu mi abbandonassi a me stesso con i nostri figli. Non andremmo avanti.”
Kate si raddrizzò e si mise di fronte a Rick. “Non funzionerebbe. Me lo sono chiesta anch’io quando… stavo prendendo la decisione per andare a Washington.” Scosse il capo guardando la frustrazione del suo uomo.
“So di aver sbagliato una volta, anche se ho provato a dare a Meredith quello che voleva. Non so se fosse tardi, sta di fatto che lei non si è accontentata quindi…” Castle si trovò a valutare i giorni in cui la solitudine lo aveva perseguitato e la paura di non farcela era stata così forte che aveva dubitato della sua sanità mentale.
“Questo figlio lo vogliamo entrambi e conto su di te, su di noi…”
Kate attese in silenzio pensando a come le ombre del passato fossero ancora lì a torturarlo e ne era dispiaciuta. Non pensava che Castle volesse mettere intenzionalmente in dubbio la sua volontà, semplicemente aveva ricreato un quadro visivo molto vivido grazie alla sua immaginazione.
“Non ti imporrò mai una scelta, però…” Castle si abbassò ad accarezzare il ventre di Kate. Fece scivolare dolcemente il palmo della mano e sorrise. “Voglio che sia un bambino felice.”
“Non farò alcuna scelta in questo caso. Il nostro bambino avrà la priorità” Ammise Kate, ricambiando il sorriso.
Castle annuì. “Lo so piccola, è stato solo un momento di debolezza dovuto alla stanchezza. Mi dispiace averti turbato. Davvero, non ho ragioni per dubitare.” Strinse le sue mani con un sorriso mesto.
“Mal di testa eh?” Lui annuì.
Gli sorrise accarezzandolo. Aveva già risolto da solo, contraddittorio, ma chiaro. Il suo passato lo spaventava, eppure voleva che lei fosse felice, interamente. Pensò alle sue parole. Per quel poco che conosceva Meredith probabilmente la sua indole egoista e la sua eccessiva giovinezza avevano pesato molto sull’accaduto. Si ricordava delle parole di lei e di ciò che pensava a riguardo del fallimento del loro matrimonio. Da quanto aveva capito, Castle aveva deciso di far funzionare le cose anche se i due avevano gusti e aspettative diametralmente opposti. Si era dannato per arrivare a dare a sua figlia stabilità e una famiglia con entrambi i genitori. Lo poteva capire benissimo. Certamente era mancato il dialogo. Alzò gli occhi su di lui.
“Mi perdoni?” Chiese Castle contrito. Kate si spinse in avanti e lo baciò. “Vediamo…” Disse con una smorfia buffa. “Mi dovrai preparare una bella colazione…” Castle sorrise e ricambiò il bacio. La testa sembrava meno dolorante dopo aver vuotato il sacco sul suo stato d’animo.
“La tua ansia non ha niente a che vedere col fatto che domani c’è il funerale di Lopez?” Aggiunse facendosi seria.
“Dimmi solo che non farai parte del picchetto.” Lei scosse la testa. “No, sarà la sua squadra a fare gli onori.”
“Metterai la divisa nera?” Lei negò di nuovo.
“Non sarà facile.” Ammise Kate. Castle espirò rumorosamente. “Dio Kate, tornare in quel posto…”
Le labbra della donna si tesero. Le morse e le arricciò.
“Hai ragione, dobbiamo riposare… entrambi, altrimenti gli incubi ci tormenteranno.” Decretò. Era l’unico modo di staccarsi da una nuova ondata di pensieri negativi legati al passato.
“Già…” Castle scivolò tra le lenzuola e Kate si accoccolò a lui, cercandone il calore. Castle si girò sul fianco e appoggiò la mano su di lei, cingendole la vita. “Andrà tutto bene.” Kate annuì e chiuse gli occhi stringendo con forza la maglia di Castle.

La giornata non era stata affatto facile, come avevano previsto. Kate non era molto in forma a causa delle nausee che l’avevano messa in difficoltà nelle prime ore della mattina, aveva comunque stretto i denti ed era andata avanti col lavoro, aiutata da Castle che aveva fatto in modo che avesse l’energia necessaria per continuare. Lui ed il giusto nutrimento, una coppia impareggiabile per affrontare la giornata nel modo migliore.
La situazione con Howard Bass era purtroppo degenerata in un turbinio di minacce velate e tonnellate di carta dai legali dopo le accuse che gli erano state rivolte. Robert Randall aveva consegnato le informazioni in suo possesso. Non sarebbe stato facile per lui andare avanti, si era fatto un pericoloso nemico e non era il solo, probabilmente Bass se la sarebbe presa con il mondo intero, avrebbe fatto di tutto per uscirne o trascinare altri con sé nel disastro. Lo scandalo era già arrivato ai network ed ai giornali, facendo un gran rumore. Una cosa era certa, qualcuno nell’ufficio del procuratore distrettuale si era sbizzarrito dedicandosi a gossip non autorizzato. Il capitano Gates era andato su tutte le furie, tempestando di chiamate l’ufficio del procuratore chiedendo chiarimenti. Non aveva reso le operazioni più facili e il sindaco in persona si era scomodato a inviare qualcuno della sua segreteria per mettere le cose in ordine. Qualcosa stava accadendo negli alti ranghi della polizia, soprattutto dopo il coinvolgimento dell’ufficio del procuratore, nuovi sospetti di manipolazione erano nati in seno alla disciplinare, scatenando una sorta di inquisizione. Denver probabilmente era stato una volontaria pedina di questa operazione occulta per screditare la polizia di New York. Sarebbe stata una data fatidica che avrebbe scosso le fondamenta di una istituzione così longeva, ma secondo una agguerritissima Gates, andava fatta pulizia. Il capo della polizia avrebbe avuto il suo bel da fare.
La città era un po’ sottosopra per uno scandalo politico che non si sarebbe smorzato in tempi lunghi.
Il dodicesimo distretto però si era preso il tempo per dare l’ultimo addio ad un amico.
Quando Kate era scesa dall’auto davanti al cimitero, Castle l’aveva raggiunta subito chiudendo lo sportello dell’auto al posto suo. Era vestito di nero, ma aveva la camicia bianca per non rievocare troppo ricordi del passato. La giornata era fredda e umida ed il sole non era stato dei loro. La brezza fredda la fece rabbrividire mentre le loro mani si univano. Il ciuffo ribelle dell’uomo si mosse in modo scomposto, facendolo sembrare anche più sconvolto. Era stato il poco sonno, i ricordi riaffioranti e la sensazione di sbagliato che si portava dietro a dargli quell’aspetto ma per Kate era comunque adorabile.
“Tutto ok?” Aveva chiesto a Castle mentre lui annuiva lentamente guardandosi intorno.
“Sembra passata un’eternità ma le sensazioni sono ancora così vivide.” Mormorò tornando a guardare lei.
“Sarà il caso di sbrigarsi.” Aggiunse infine stringendo la mano e muovendosi a passi lenti verso l’ingresso del cimitero. La cerimonia sarebbe iniziata di lì a poco. “Andrà tutto bene.” Ripeté cercando il viso di lei che rispose con un sorriso carico di comprensione.
Seguirono la cerimonia osservando a lungo la famiglia di Lopez, così simile a quella di Montgomery quel giorno, la bandiera depositata sul feretro era mossa dall’aria. Nel grigiore di quel pomeriggio d’autunno le parole dell’officiante erano un debole segnale rumoroso nel fragore dei pensieri di Castle.
La moglie di Lopez stretta in un abito nero, sembrava così piccola e fragile attorniata dai suoi figli. Il più grande imbronciato, chiuso in una muta disperazione. La mascella contratta in un dolore sordo e chissà in che modo vi avrebbe dato sfogo. Magari avrebbe reagito come Kate, chiudendosi a riccio e costruendo barriere. Oppure avrebbe avuto il sostegno e l’amore di qualcuno che lo avrebbe aiutato a superare la cosa. Sperava fosse così. Erano ancora così piccoli in fondo.
Castle fece scorrere lo sguardo, scrutando ogni angolo di quel posto. Nessun luccichio sospetto al sole, nessun movimento strano. Solo un pallore diffuso. L’odore di morte delle foglie umide in decomposizione era fastidioso. La morte di Lopez era fastidiosa perché chi doveva essere al suo fianco per combattere la battaglia lo aveva tradito. Perché qualcuno stava ancora cercando di fare loro del male.
Era anche consapevole che in quella situazione molti dei loro amici li stavano osservando nello stesso modo in cui lui scrutava il luoghi circostanti, guardingo. Studiavano il loro comportamento chiedendosi cosa stessero provando. Si aspettavano la loro emotività senza dubbio. Si aspettavano empatia reciproca per quello che significava quel luogo. Nella tristezza dell’evento, c’era una cosa che lo rincuorava: come quel giorno di molti anni prima, sentiva di essere accanto alla persona giusta. Allora era accaduto tutto in una frazione di secondo, i pensieri che correvano veloci, la mente che razionalizzava ciò che stava accadendo: dal capire che l’amava al realizzare che stava rischiando di perderla e poi vederla morire tra le sue mani. Lo avevano superato e si erano ritrovati dopo tanto dolore. Avevano vinto e stavano insieme. Inspirò cercando l’ossigeno che sembrava mancare. Abbassò lo sguardo su di lei per trovarlo. Era vestita in un tailleur grigio. Niente divisa nera, in cui le era sembrata un fagotto indifeso stesa sul prato. Così era decisamente meglio.
Kate non si accorse subito delle attenzioni di Rick. Studiava la situazione concentrandosi sul drappello di uomini in nero che rendevano gli onori al loro amico e collega scomparso. Era strano essere li. Ci era tornata rare volte, da sola, di sfuggita, ma nulla del genere ad evocare nitidamente quel ricordo.
Ricordava le parole che aveva pronunciato, guardando Castle in piedi accanto a lei, ricordava la sensazione di calore che aveva provato pensando a lui in quel modo. E poi il dolore della ferita, la vita che stava scivolando via dal suo petto. E quell’accorata e vibrante dichiarazione d’amore. La mano tesa nel buio era stata l’amore di Castle.
La terapia che aveva svolto dopo l’accaduto era stata dura e devastante perché l’aveva messa di fronte ad un sentimento che aveva il terrore di affrontare. Non era solo la paura di essere divenuta un bersaglio, a quello poteva lavorare con il coraggio, ma quel desiderio che aveva combattuto, il dubbio di essere la donna sbagliata, di essere così distrutta interiormente da non poter avere, con un uomo come lui, la possibilità di una relazione. Era sprofondata in un abisso di paure. Di giorno aveva respinto ogni impulso che l’avrebbe portata a chiamarlo. Di notte sognava di sentire la sua voce. Si era logorata nel dubbio per poi capitolare alla consapevolezza di essere rotta, inguaribile.
Magicamente le era bastato rivederlo, imbronciato e stupendo, per decidere di provare, di trovare una colla per riaggiustarsi. Era stato un incontro strano e lui era così affascinante anche se arrabbiato, dolce e comprensivo tanto da darle un’altra possibilità di averlo vicino.
Alzò lo sguardo su Rick che era in piedi accanto a lei, con le braccia distese e i pugni chiusi. Anche lui era in balia dei ricordi, delle sensazioni.
Fece scivolare la mano destra sul suo braccio fino a raggiungere il pugno chiuso che si aprì lasciando spazio a quella di lei nei suo interno. Avvolse le dita dolcemente e sospirò. Quel contatto lo fece tornare dalla sua trance.
“E’ già passato così tanto tempo, da non credere…” Mormorò Castle. “Siamo arrivati fin qui.” Castle le cinse le spalle con un braccio, la strinse. Kate fece altrettanto accarezzandogli la schiena e appoggiandosi a lui che era intento a farle da scudo con il proprio corpo. Per quanto non fosse elegante in quel momento, lei non si allontanò. Godette di quel caldo abbraccio protettivo, ascoltando l’omelia. Parole che dovevano portare a consolazione. Non tutti però erano capaci di sentirle. Ora che le ascoltava pensava a quanto fosse necessario avere un modo di trovare pace. Aveva dato anni al buio e al tormento, cercando di trovare sollievo nel darlo agli altri. Sapeva di essere frutto di quel tempo. Non lo avrebbe rinnegato, ma ne era uscita. Avevano ancora molti nemici, lei e Castle, con lui li temeva meno di prima, senza sottovalutarli. Quel tempo buio era passato e ora viveva in una nuova vita. Aveva un futuro, un amore importante, un figlio e molto di ciò che la vita poteva regalarle di buono.
Rimasero in silenzio per il resto della cerimonia. Poi, quando il cimitero si svuotò, entrambi di comune accordo si diressero verso la lapide bianca che ricordava il loro vecchio capitano. Castle si abbassò e allontanò le foglie accumulate dal vento. Rimase accucciato sfiorando i caratteri incisi sulla pietra mentre Kate appoggiava distrattamente la mano sulla sua spalla.
Le emozioni erano così tante da definire. Nonostante tutto quello che aveva provocato il suo operato nel passato, amava il suo ricordo. Montgomery aveva alla fine deciso per la legalità ed aveva fatto ammenda pagando il conto con il proprio sangue e la propria vita. Con una mano si spostò i capelli che ricadevano sul suo viso accompagnando con l’altra i movimenti di Castle mentre si rialzava.
Lei si rifugiò nelle sue braccia. “Hai ancora dubbi, come stamattina?” Chiese inspirando profondamente.
Castle negò. “Mi dispiace, sono stato uno stupido.” Strinse gli occhi e si guardò ancora intorno.
“E’ normale avere un po’ di paura.” Replicò Kate. “Ce l’ho anche io.”
“Forse, ma non succederà più. Il nostro passato ha visto di peggio e io non posso farmi condizionare così dalla stanchezza…” Lei fece una smorfia.
“Non sei superman, hai anche tu i tuoi momenti di cedimento.”
Castle la strinse. “Io sono superman! Al momento sono sotto l’influsso della Kryptonite.”
Lei gli diede una pacca sulla spalla. “Quale sarebbe la tua kryptonite?
“Tuffami troppo nel passato, ho paura di sbagliare e con te non voglio...” Strinse le labbra scuotendo il capo.
“Come tutto questo… è un lontano ricordo che ferisce ancora come se fosse accaduto da poco. Ma per ieri ti chiedo scusa di nuovo. Ho avuto un attacco di panico.” Castle era ancora contrito, Kate lo accarezzò dolcemente rincuorandolo. Sebbene si fosse sentita un po’ smarrita aveva compreso che per Castle c’erano ancora molte cose da risolvere nel suo passato. Aveva superato i divorzi, ma non aveva superato la fatica e le difficoltà con Alexis, soprattutto in virtù di quanto riservava loro il futuro. Lo capiva, ne era consapevole anche lui di questa sua debolezza, confidava però nelle sue abituali vigorose reazioni. Avrebbe cercato un dialogo, per entrambi era necessario. “Ho bisogno di Rick, non di superman.” Disse infine appoggiando la fronte alla sua.
“Lo avrai. Sempre piccola.” Replicò grato Castle.
Si presero per mano e iniziarono a camminare lentamente verso l’uscita. Scorsero Ryan ed Esposito in lontananza, ad attenderli al cancello.
Kate lo fermò prima di avvicinarsi troppo a loro. “Una volta ho chiesto a Meredith quale fosse la ragione del fallimento del vostro matrimonio…” Castle sgranò gli occhi, sorpreso.
“Mi disse che tu conoscevi ogni sua passione, ogni suo timore. Ogni cosa di lei e, al contrario, lei non sapeva nulla di te, delle tue paure.” Castle strinse le labbra deglutendo.
“E… tu lo sai?” Era confuso e impreparato, però lei stava sorridendo quindi era tranquilla.
Kate annuì mordendosi le labbra. “So che hai paura della solitudine, perché l’hai vissuta. So che temi per i tuoi cari, hai paura di non riuscire a dargli la giusta protezione, la vita che vorresti per loro.” Prese le sue mani grandi e vi mosse le proprie più piccole all’interno. Castle abbassò lo sguardo.
“Poi hai paura dei ragni, dei serpenti e dei maremoti…” Disse con ironia. Castle rise. Lo conosceva così bene. Lo capiva e contava così tanto su quella loro affinità.
Rabbrividì e strinse gli occhi. “Odio i serpenti…” Risero sentendo la tensione allontanarsi e Kate si permise di scompigliare definitivamente i capelli di Rick, che si lasciò fare divertito prima di cercare di ricomporsi. Riuscire a scherzare tra loro in quel posto era di buon auspicio, in fondo delle tonnellate di guai che avevano vissuto da che si erano conosciuti, non avrebbero mai potuto dimenticare quel particolare evento.
Il punto era che erano vivi e si amavano, dando ragione al sacrificio di Montgomery che aveva creduto in loro come coppia e nella possibilità che Kate avesse un futuro, magari proprio un loro futuro. La cosa migliore che potevano fare per loro stessi e per onorare il suo sacrificio era perseverare in quella loro unione, confrontandosi ogni giorno e lottando per i loro sentimenti e quel futuro che gli era stato regalato.
“Sta per arrivare una tempesta che andrà avanti per un bel po’.” Aggiunse Castle sospirando. Si umettò le labbra e le arricciò. “Cosa pensi succederà?”
“Non saprei. Non ti nascondo che sono un po’ preoccupata. Conto sulla Gates e se il procuratore non è all’altezza del suo ruolo ci sarà un nuovo avvicendamento. Sai… comincio a pensare che proprio lei potrebbe avere una chance di arrivare a quella posizione.”
“Qualcuno cerca di screditarla quindi… è possibile. Dobbiamo stare attenti, ok? Tutti quanti. Tu sei la sua protetta.”
“Non esagerare Castle.” Commentò alzando gli occhi al cielo.
Castle sorrise sornione. “Ah, fai la modesta ora? Lo sai che ho ragione!”
Kate lo freddò con lo sguardo e poi passò delicatamente le dita sul bavero della sua giacca.
“Ci guarderemo le spalle.” Sentenziò.
Diedero un ultimo scaramantico sguardo alle loro spalle e poi di diressero verso gli amici che li stavano aspettando. I ragazzi li videro arrivare insieme, mano nella mano, sembravano sereni.
Ryan fece loro un sorriso gentile ed Esposito annuì senza profferire parola. I due amici avevano superato la giornata e il confronto col passato.
“Allora…” disse infine Esposito, una volta usciti dal cimitero. “Confermato per domani sera?” Ryan roteò gli occhi e scosse il capo.
Castle annuì. “Eccome! Dobbiamo festeggiare.” Poi si voltò a guardare il capitano, fermo davanti all’auto della famiglia di Lopez, parlava con calma alla vedova. La indicò a Kate e lei annuì.
“Andiamo, ci sono ancora tonnellate di cose da fare.” Disse infine riprendendo le redini del gruppo, ma senza allontanarsi dal suo uomo.
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Eccomi qui con il capitolo conclusivo.
Ringrazio tutti coloro che hanno perseverato nel leggere questa storia, si lo so, vi ho fatto attendere molto. Come sempre i tempi per me sono del tutto sfasati, ma eccomi qui a concludere una long, che ad onore del vero, non pensavo diventasse così long! Perdonate!
Un abbraccio.
Anna

  
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