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Autore: Adeia Di Elferas    17/05/2015    2 recensioni
Poirot viene convocato al nord per la lettura di un testamento in cui è stato citato. Anche la sua storica amica, la scrittrice Ariadne Oliver, è stata chiamata per l'occasione. I due si troveranno in un ambiente molto particolare e dovranno unire la forze per risolvere un enigma che li coinvolgerà da molto vicino.
Genere: Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Finalmente Poirot si sentiva di nuovo in ordine. La camera che gli era stata assegnata era un po' polverosa, ma non ne incolpò la cameriera. In quei giorni, a quel che aveva capito, le forze delle domestiche erano state concentrate sulla compianta Mrs Thomson.

Inoltre la casa era molto grande, tanto che c'erano camere sufficienti per tutti gli ospiti arrivati per la lettura del testamento, perfino per Miss Rose Deville, la vicina, che avrebbe potuto tranquillamente sfidare un po' di neve e tornarsene nella sua dimora appena dopo cena.

Si diede un'ultima controllata ai baffi, guardandosi attentamente nello specchio. Il suo sguardo acceso ricambiò l'occhiata, anche se vi vide un'ombra che anni prima non c'era e che, ogni volta, lo rattristava.

Strinse le labbra e distolse la sua attenzione dalla propria immagine, passando al letto. Sembrava comodo.

Improvvisamente non vide l'ora di potersi coricare e riposare dal viaggio.

“Bon.” sussurrò, sicuro ormai di essere di nuovo presentabile. Quando aveva già la mano sulla maniglia, si bloccò, perchè delle voci si inseguivano nel corridoio.

Stavano bisbigliando, ma il tono era comunque troppo alto, per non essere sentito dalle orecchie allenate di Hercule.

“Ma cosa vuoi che gli abbia lasciato? Era vecchio quasi quanto lei!” stava dicendo una voce femminile, che a Poirot parve quella di Jules Allen, la nipote di Mrs Thomson.

“Che ne sai? Di certo amava più lui di noi!” rispondeva un uomo, quasi per certo l'altro nipote della defunta, Philip Hall.

“Dico che se fosse morto prima di lei sarebbe stato meglio per tutti!” ribatté la ragazza.

Hercule teneva quansi l'orecchio premuto contro la porta, ma non riuscì a sentire distintamente la risposta dell'uomo, che pure c'era stata.

Con una smorfia di delusione, finalmente abbassò la maniglia e uscì in corridoio. Aveva percorso sì e no la metà del tappeto viola che ricopriva il parquet, che Ariadne Oliver uscì dalla sua stanza, che stava proprio accanto a quella di Poirot.

Guardandosi atorno con aria cospiratrice, la donna si avvicinò all'investigatore con una mano alzata e, non appena fu abbastanza vicina, bisbigliò, molto concitata: “Avete sentito anche voi, Poirot?”

“Oui.” ammise lui, serio: “Mais ora è meglio che teniamo per noi le nostre considerazioni, n'est pas? Quanlcuno potrebbe sentire e pensare che anche noi abbiamo qualcosa da nascondere.”

Ariadne annuì, sempre con un'espressione degna di una spia internazionale, e seguì Poirot al piano di sotto, alzando la voce, mentre buttava lì, casuale: “Quanta neve che scende ancora, avete notato, Poirot?”

 

Il lungo tavolo da pranzo era apparecchiato in modo modesto, come se partecipasse al lutto della casa.

La sedia a capotavola era vuota. “Ci si sedeva sempre Mrs Thomson.” aveva spiegato la cameriera, quasi scoppiando a piangere.

L'altro capotavola era vuoto, senza nemmeno una sedia vuota, a sottolineare, forse, l'importanza della vacanza della padrona di casa.

Quando Poirot si sedette, gli fu chiara una cosa: mancando Mrs Thomson, erano in tredici a tavola. Sette da un lato e sei dall'altro. Se solo l'anziano fratello della scomparsa, Mr Anthny Thomson, fosse riuscito ad arrivare in tempo, sarebbero stati in quattordici...

Quando furono tutti al proprio posto, la cameriera annunciò che a breve sarabbe stata servita la prima portata.

Hercule registrò mentalmente la posizione di ciascun commensale.

Dalla parte dove stava lui c'erano, partendo dalla sua destra estrema: l'avvocato Taylor, il dottor Davis, lui stesso, Ariadne Oliver, il cacciatore McClare, la cavallerizza King e la vicina di casa Deville.

Dall'altro lato, sempre da destra, la moglie del cugino di Mrs Thomson, ovvero Olga Baumann vedova Thomson, l'autista Johnson, il nipote Philip – che stava proprio davanti a Poirot, la nipote Jules, e poi Mrs e Mr Baker.

Non c'è che dire, erano un gruppo molto strano, date le circostanze e data l'età della defunta.

La cosa che colpì di più Poirot fu che, tra tutti, le uniche due che parevano anche solo in minima parte scosse per l'accaduto erano Mrs Baker e la cameriera, Miss Josephine Fairchild.

“Posso fare una domanda a tutti voi?” disse Ariadne, mentre la cameriera cominciava a servire quella che sembrava, ahimè, zuppa di cavolo.

La tavolata la guardò in silenzio. L'unico a borbottare qualcosa fu Mr Baker, che sembrava poco incline ad aprire una conversazione coi propri commensali.

“Come conoscevate Mrs Thomson?” riprese Ariadne, non curandosi dello scarso entusiasmo dimostrato da tutti gli altri.

Ciò che accadde sorprese un po' Poirot. Forse, pensò, tutti erano così curiosi di scoprire cosa aveva portato gli altri ad essere lì, che pensavano fosse uno sforzo di poco conto raccontare la propria parte.

Come se si fossero dati un turno preciso, cominciarono, proprio dal restio Mr Baker, a spiegare come mai erano collegati a Miss Thomson.

“Io l'avrò vista in tutto cinque o sei volte.” disse Mr Baker: “Di solito Nora veniva qui da sola o con l'autista. Quando è capitato che l'ho accompagnata io, allora sì, ho incontrato la vecchia.”

“George!” lo richiamò la moglie, con gli occhi fuori dalle orbite e un'espressione tirata tirata.

“Scusa, amore.” fece lui, quasi esasperato: “Mrs Thomson.” si corresse, a beneficio esclusivo della sua consorte.

“Io l'ho conosciuta più o meno quattro anni fa.” fece Mrs Baker torcendosi le mani con nervosismo. Sembrava incapace di stare ferma un istante, quando era intenta a parlare. Poirot trovava questa caratteristica veramente insopportabile.

“Ero andata alle corse, ricordi George?” proseguì, mentre il marito annuiva stancamente.

Bevve un sorso e deglutì rumorosamente, mentre i suoi occhietti scuri indagavano le reazioni dei presenti: “Mi ero seduta accanto a lei e abbiamo cominciato a parlare. Io non ho avuto una famiglia...” bevve ancora un po', prima di concludere: “Quindi mi dava sicurezza, una donna della sua età. Era come una madre.”

“O una nonna.” commentò pungente Mr Baker, buttando gli occhi al cielo.

“Ovviamente io la conosco da sempre” prese la parola la nipote, Jules: “O meglio, la conoscevo.”

Poirot strinse gli occhi. Stva molto attenta ai tempi verbali, eh?

“Venivo qui da lei ogni due settimane al massimo... Non mi fermavo molto, lo confesso, ma nemmeno lei apprezzava particolarmente la mia compagnia. Avevamo caratteri incompatibili.”

“Io venivo qui circa ogni due, tre mesi.” fece il nipote, Philip.

Prima che potesse continuare, Jules gli parlò sopra: “E indovinate chi era il preferito!”

“Non mi pare il momento di parlarne.” disse secco Philip, guardando male Jules: “Ti ricordo che l'hanno seppellita solo tre giorni fa!”

Questa frase parve colpire tutti come una spada in mezzo al petto. Forse nessuno di loro, o quasi, si ricordava quel piccolo dettaglio.

“Già! E tu non c'eri!” gridò Jules, preda di una rabbia improvvisa e incontrollata.

Philip strinse il morso e la fulminò coi suoi occhi penetranti. Il suo viso, così simile a quello di Jules, era contratto in un'espressione di furia che per un momento Poirot temette di dover assistere a una rissa.

Jules Allen pareva in procinto di scoppiare a piangere, incapace di andare oltre nelle accuse, mentre l'autista, Albert Johnson, ben pensò di stemparare la tensione prendendo la parola: “Io lavoravo da Mrs Thomson più o meno da tre anni. La portavo alle corse e raramente in città. In più accompagnavo spesso la cuoca o la cameriera a fare compere e spese per la casa.”

“Oh, ma dai, ci stavamo divertendo tanto...” fece Mrs Olga, con il suo accento teutonico: “Perchè hai interrotto l'unico spettacolo della serata?” fece, sorridendo all'autista.

Johnson arrossì debolmente, ma essendo pallido come un cencio, tutti lo notarono.

“Comunque io la conoscevo da quando mi ero sposata con suo cugino.” continuò l'anziana: “All'inizio la venivamo a trovar spesso, poi quando Laurence è morto, io ormai ero vecchia e così ci sentivamo solo per lettera o telefono.”

Come se prendesse una palla al balzo, dall'altro lato del tavolo, l'avvocato si schiarì la voce: “Seguivo gli affari della compianta Mrs Thomson da una decina d'anni. I nostri rapporti erano sia professionali, ma anche, ormai, d'amicizia. Qualche volta venivo fin quaggiù a prendere il tè con lei.”

“Come per l'avvocato Taylor.” disse subito il dottor Davis: “Solo che io la conoscevo da oltre trent'anni. È stata una delle mie prime pazienti.”

Poirot, che stava ancora osservando le occhiate di fuoco tra Philip e Jules, si trovò in lieve impiccio nell'ammettere: “Non conoscevo Mrs Thomson. Non l'avevo mai sentita nominare...”

Nessuno parve farci caso più di tanto. Solo Mrs Olga e Mr Baker alzarono gli occhi su di lui, con un che di dubbioso.

“Io incontrai Mrs Thomson a Londra, ma almeno vent'anni fa. Ci siamo parlate un po', ma niente di più.” fece Ariadne, sbrigativa.

“E vi ha ricordata dopo tutti questi anni?” chiese, accigliandosi, Mr Baker.

Ariadne trovò superfluo ricordargli che era una scrittrice di una certa fama e che forse era proprio per quello che era stata ricordata. Quindi si limitò a scrollare le spalle e sorridere.

McClare, il cacciatore, tossicchiò e poi disse: “Nemmeno io la conoscevo di persona. L'avevo sentita nominare, ma nulla di che...”

“Io nemmeno l'avevo sentita nominare.” si accodò Sophie King: “Solo, forse, mi aveva scritto delle lettere... Non saprei, ne ricevo parecchie, da ammiratori e simpatizzanti. Non riesco mai a leggerle tutte.”

Terminò la vicina, Miss Deville, che concluse, lapidaria: “Era mia amica da più di cinquant'anni.”

Calò un lugubre silenzio, interrotto dall'arrivo della cameriera, che chiedeva chi preferiva la carne e chi il pesce.

   
 
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