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Autore: Vega_95    17/05/2015    2 recensioni
Yugi correva a perdifiato nell'oscurità, qualcosa lo inseguiva e lui doveva sfuggirgli, lontano, lungo una strada oscura saltando ed evitando ostacoli invisibili. Non ce la faceva più, non riusciva più a respirare il petto gli andava a fuoco e le gambe minacciavano di cedere da un momento all'altro. Dov'era lui? Perché lo stava abbandonando? Possibile che un innocuo bacio l’avesse turbato così tanto?
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atemu, Dark/Yami Yuugi, Yuugi Mouto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Benvenuti in l'Eroe del Puzzle.
Vi auguro buona lettura!






Quel pomeriggio Yugi dovette tornare a casa da solo, cioè senza Jonouchi e gli altri. Anzu aveva un provino e gli altri due erano impegnati con il turno di pulizie.
Yugi, comunque, non era mai solo, il suo Mo Hitori no Boku era sempre con lui a tenergli compagnia.
 
«che dici, ci fermiamo alla sala giochi? » propose allo spirito che svolazzava distrattamente al suo fianco attirando la sua attenzione
«ti ricordo che domani hai un compito» lo rimproverò. Certo che se non ci pensava lui a farlo studiare, Yugi sarebbe stato a rischio bocciatura già da parecchio, non che i suoi voti fossero particolarmente alti. La mamma lo rimproverava spesso per la media mediocre della sua pagella, ma di mettersi a studiare Yugi proprio non ne aveva voglia.
«uff… hai ragione»
In effetti era un compito abbastanza importante e la matematica non si poteva studiare così tanto per.
Sfilò dallo zaino un volantino, era della sala giochi e pubblicizzava un nuovo videogame della KC sui Duel Monsters. Yugi era davvero impaziente di vederlo, ma il suo amico era  irremovibile, almeno uno dei due ogni tanto doveva essere responsabile o fingere di esserlo.
 
Un soffio di vento e il foglio gli volò via di mano. Doveva riprenderlo prima che finisse nel canale, ma, distratto com’era, Yugi inciampò nell’erba e ruzzolò giù dalla discesa
«attento! » l’avvertimento dell’altro se stesso non servì a nulla, dopo il ruzzolone, Yugi cadde in acqua e il foglio che aveva tanto cercato di proteggere gli si adagiò sulla testa
«Aibo stai bene? »
Era stato un bel volo e per fortuna Yugi non si era fatto nulla.
Sembrava stare bene, insomma, arrivò al bordo aggrappandosi, ma prima di uscire dall’acqua diede uno sguardo al suo amico abbastanza serio, ma non lo restò a lungo, un attimo dopo scoppiarono entrambi a ridere. Che Yugi fosse distratto si sapeva, ma da lì a finire nel canale ce ne voleva.
Era zuppo dalla testa ai piedi quando uscì e cercò di scrollandosi  via un po’ d’acqua e indirizzandola tutta verso lo spirito del faraone che si coprì con le braccia lamentandosi a gran voce.
«ma di che ti lamenti che tu non ti bagni! » scoppiò di nuovo a ridere Yugi osservando come le goccioline d’acqua gli passassero attraverso. Un attimo dopo però si pentì di averlo detto, gli aveva ricordato per l’ennesima volta la sua situazione di stasi. Non era morto, no perché altrimenti non sarebbe stato lì, ma nel luogo di riposo delle anime, ma non era nemmeno vivo. Volle scusarsi, ma notò l’inquietante ghigno apparso sulle labbra del faraone
«appunto, per cui posso fare questo! » esclamò afferrandolo per le spalle e trascinandolo di nuovo in acqua
«Mo Hitori no Boku!! » si lamentò il ragazzino quando tirò fuori la testa dall’acqua, il suo amico, sul bordo del canale se la rideva completamente asciutto, ma gli tese comunque una mano per aiutare  il suo piccolo Aibo a uscire di nuovo dall’acqua zuppo e bagnato come un pulcino.
Sì il suo pulcino bagnato. Pensò di getto guardandolo, guardando quei ciuffi dorati appicciati alla sua  fronte e quegli indomiti capelli rossi schizzare da tutte le parti grondanti d’acqua
«Mo Hitori no Boku che hai? » si preoccupò Yugi vedendolo così pensieroso e rosso in viso. Non credeva che i fantasmi potessero arrossire, lui non l’aveva mai fatto, ma in quel momento lo era, come non notarlo. Solo pensare a Yugi come  un cucciolotto lo fece diventare paonazzo e nemmeno ne capì il motivo. Scosse freneticamente la testa avviandosi con lui verso casa
«senti, vero che mi aiuti con i compiti? » si volle rassicurare Yugi che nel frattempo grondava ancora tanta di quell’acqua da lasciarne delle pozze lungo la strada.
«come sempre»
Ovviamente, se non lo aiutava lui chi altro poteva farlo? Si era scoperto abbastanza abile con i numeri, assimilava velocemente e molto facilmente quello che lui e il suo Aibo studiavano. Yugi lo trovava davvero frustrante, insomma per tanto così poteva farli lui i test al suo posto, ma su questo lo spirito del faraone era irremovibile.
‘ E’ il tuo dovere’ gli diceva.
In realtà aveva la sensazione che qualcuno in passato gliel’avesse ripetuto decine di volte, ma proprio non sapeva chi; come saperlo? era senza memoria, era già tanto quello che sapeva e aveva scoperto durante la Battle City.
 
Tornati a casa, si presero una bella strigliata dalla mamma. In realtà se la prese Yugi, ma visto che condividevano tutto, se la prese anche l’altro se stesso, senza contare che la seconda volta ce l’aveva spinto lui nel canale. Non era proprio possibile rientrare a casa in quel modo allagando l’ingresso. Cosa ne poteva sapere lei della sala giochi e del nuovo gioco pubblicizzando su quel prezioso volantino che rischiava di perdere.
 
Ritiratisi in camera, si misero sotto con i compiti. Equazioni, funzioni, più, meno, per… . Dopo solo un’ora la testolina di Yugi già fumava
«facciamo una pausa? »
«ma dai che non è difficile! » lo incoraggiò l’altro Yugi «finisci questo e poi facciamo una pausa»
La voglia non c’era proprio, però gli fece piacere vedere il suo amico pensare ad altro oltre ai suoi ricordi perduti che prima o poi l’avrebbe aiutato a ritrovare.
La matematica proprio non gli piaceva, a scuola rischiava sempre di addormentarsi e trovava ogni volta mille distrazioni per non farlo. L’altro se stesso all’inizio tentava di farlo stare attento, all’inizio lo punzecchiava per farlo stare con i piedi per terra ed evitare di pensare a quale gioco giocare una volta rientrato invece di fare i compiti, oppure ad Anzu. Poi aveva rinunciato, ogni volta Yugi saltava dalla sedia beccandosi delle grandi sgridate.
Anche se, in realtà, non era esattamente vero, quando notava che fissava Anzu con lo sguardo da pesce lesso lo punzecchiava ancora e pazienza se sussultava o cadeva dalla sedia prendendosi i rimproveri del professore.  Chissà perché lo faceva, era geloso? No, figuriamoci, il rapporto che avevano lui e Aibo  non ce l’aveva nessuno. Più di un fratello, molto più che amici. Erano unici, però, allo stesso tempo, si sentiva inferiore a Jonouchi e gli altri. Lui non poteva toccarlo, cioè sì poteva, ma se si fossero ritrovati di nuovo in pericolo, come accadde durante l’incendio, quando il puzzle andò in pezzi, non avrebbe potuto fare niente, quel giorno si sentì così inutile e impotente che si rinchiuse nella sua stanza dell’anima per tutto il tempo che Yugi passò in ospedale, non aveva proprio il coraggio di guardarlo in faccia dopo il pericolo in cui l’aveva coinvolto. Uscì solo quando capì, finalmente, ciò che voleva davvero. Il suo Aibo era un tesoro prezioso e lui avrebbe trovato, in qualche modo, la maniera di difenderlo e proteggerlo nonostante la limitazione provocata dall’essere solo uno spirito senza nome e senza ricordi.
 
«Mo Hitori no Boku» era la terza volta che lo chiamava da quando erano scesi a cena e aveva ‘discusso’ in silenzio sul fatto che i takoyaki, anche se della mamma, non andavano mangiati perché allo spirito facevano  impressione. In realtà, anche se non l’avrebbe mai ammesso, era il polpo che gli faceva impressione. Era l’ennesima volta che facevano quella scena di prendi e molla dal piatto, non poteva però lamentarsi esplicitamente davanti alla mamma. forse non doveva fargli vedere  quell’horror che gli aveva prestato Jonouchi. The Beast, Abissi da Paura.
Comunque, dopo quella discussione praticamente insignificante, il faraone si ritirò nei suoi pensieri e Yugi non lo sentì più, ma doveva rimettersi a studiare e gli serviva il suo aiuto.
«ricominciamo? » sorrise l’altro Yugi sedendosi sula scrivania, proprio vicino ai quaderni
«guarda che posso farti una sedia» borbottò. Ogni volta finiva per colpirlo o punzecchiargli la gamba con la matita per tanto era vicino. D’altronde la scrivania di Yugi non era immensa.
«sto bene qui» scrollò le spalle lui per nulla infastidito dai colpetti di Yugi. Da lì poteva tenere sotto controllo Aibo e i suoi compiti contemporaneamente ed era anche nel raggio d’azione delle sue labbra.
Un momento, che c’entrava quello? Era vero che quando Yugi parlava era più facile che guardasse la sua bocca che l’intero viso, ma solo perché si muovevano e il suo sguardo era attirato dal movimento, giusto?
Ma a che serviva mentire a se stesso? Le guardava perché moriva dalla voglia di sapere che sapore avessero, anche se non era del tutto sicuro che avrebbe potuto sentirlo realmente o che sarebbe stato diverso da quando ne possedeva il corpo e le mordeva. E comunque Aibo non gliel’avrebbe mai permesso, ne era sicuro.
 
Dopo tanto studio, Yugi aveva bisogno di riposare, era già tardi quando cominciò a preparare la cartella e poi si sistemò per mettersi a letto.
Rientrato in camera, lavato e con il pigiama stellato già indosso, s’indirizzò al letto.
Doveva essere proprio esausto visto quanto barcollava, inciampò persino finendo a terra
«sei proprio sbadato oggi» rise il faraone avvicinandosi per aiutarlo
«oggi non me ne va bene una » sbuffò il ragazzino rialzandosi da solo. Spense la luce e si guardò intorno in cerca dell’amico «Mo Hitori no Boku? »
Non ricevette risposta, doveva essersi già ritirato nella stanza dell’anima. Doveva averlo sfibrato con le sue mille domande e tutti quei perché.
‘perché si fa così?’; ‘ perché viene questo invece di quest’altro?’ … Povero Mo Hitori no Yugi, era stato proprio sfortunato a ritrovarsi a dover fare da ‘tutor’ a lui. il pensiero lo fece ridere, si mise sotto le coperte
«buona notte Mo Hitori no Boku»
Sapeva che probabilmente non l’avrebbe sentito, ma ci tenne a salutarlo.
Il puzzle era lì, posato sulla testiera del letto… perché no? Non faceva niente di male, lo prese tra le mani e posò le labbra sull’occhio schioccando un dolce bacio della buonanotte.
 
Mo Hitori no Boku.
Fu un mormorio soffuso a risvegliare lo spirito assopitosi in quell’unica stanza in cui riusciva a tornare ogni volta, quella con il trono e i dipinti sulle pareti. Si era addormentato su quel vecchio letto posto in un angolo. Si alzò con un tenero sorriso sulle labbra che gli diede quell’aria infantile e dolce che le sue espressioni  truci celavano spesso e volentieri persino a Yugi. Il ricordo di quel gesto d’affetto da parte del suo Aibo l’aveva piacevolmente sorpreso scaldandogli il cuore che ancora batteva forte al ricordo.
D’un tratto avvertì una sensazione totalmente nuova, mai provata in quella stanza, l’aveva sentito solo un paio di volte quando prendeva il posto di Yugi. Faceva caldo. Faceva un insolito caldo, in quella stanza era più facile provare freddo, il gelo di un anima sola e vuota lo conosceva bene, ma quel calore soffocante no, era troppo insolito . E no, non era lui a emetterlo, non erano i bollenti spiriti di un adolescente.
In ogni caso doveva essere tardi, chissà se Yugi era già sveglio, non poteva fare tardi, aveva studiato tutta la notte per il test. Pensò di aiutarlo anche un po’, infondo si era impegnato molto.
Avrebbe pensato a quell’insolito caldo in un altro momento. Corse alla porta pronto a dare il buongiorno a Yugi, afferrò la maniglia e spinse. Non si aprì, forse aveva girato male , era una porta vecchia… si vabbè alla storiella della serratura difettosa non avrebbe creduto nemmeno Jonouchi. Spinse con più forza, ma non accadde nulla. Era imprigionato, bloccato lì dentro. No, non poteva essere vero, batté i pugni con forza e riprovò a spingere
«Aibo! Aibo rispondimi! » avrebbe dovuto sentirlo, era nel suo cuore, anche dalla sua stanza, le sue urla sarebbero dovute arrivare, ma non fu così, Yugi non c’era e lui era intrappolato in quella camera che si apriva al labirinto, lo specchio della sua anima confusa e inquieta.
 
Come ogni mattina Yugi si svegliò tardi e corse alla velocità della luce a scuola, beh proprio veloce no, ma almeno riuscì a prendere l’autobus e arrivare in orario
«yo Yugi! » lo salutò Jonouchi bracciandolo con un braccio attorno alle spalle
«ciao Jonouchi-kun! » rispose il ragazzino che in quel momento aveva proprio un viso sbattuto e stravolto
«Yugi, non ti senti bene? »si preoccupò Anzu «sei pallido»
«ma no! Sto bene» le sorrise «ho studiato fino a tardi» si giustificò grattandosi la nuca. Certo le occhiaie erano spiegate, ma non il pallore.
«scommetto che l’altro te ti ha torchiato ben bene, sbaglio?  » rise Honda
«e potrei giurare che non ti aiuterà nemmeno questa volta» aggiunse Jonouchi
«penso di no, è da ieri che non lo vedo, credo voglia farmi concentrare» sorrise Yugi. Anzu, però, non era convinta, il suo amico aveva gli occhi lucidi e le guance che si stavano arrossando. Facendosi largo tra gli amici si avvicinò a Yugi posandogli una mano sulla fronte e l’altra sulla sua
«Yugi ma tu hai la febbre! »
«ma dai! È solo una tua impressione, hai le mani fredde» ridacchiò ancora cercando di sviarla, non si sentiva in forma smagliante, ma nemmeno così male.
In ogni caso la questione rimase lì in sospeso perché entrò il professore e si dovettero sederee anche se a guardarlo bene, anche a Honda e Jonouchi cominciò a venire il dubbio. Insomma, o era ancora nel mondo dei sogni o aveva qualcosa.
Il professore consegnò loro i test e cominciarono, avevano un’ora per svolgere 10 quesiti e consegnare.
Ok, poteva farcela, aveva studiato, Mo Hitori no Boku l’aveva aiutato, si era impegnato, ma allora perché quei quesiti gli sembravano scritti in un’altra lingua? Integrali? Cos’erano, un tipo di riso? E tutte quelle x e y? Troppe lettere, troppi numeri. Aveva assolutamente bisogno d’aiuto, ma l’altro se non sarebbe arrivato. Doveva solo calmarsi, prendere un bel respiro e ricominciare, l’altra sera aveva capito, era semplice, doveva solo… no forse era…
 
Il tempo passava e ogni tanto Anzu lanciava un’occhiata indietro, lo vedeva con le mani tra i capelli, nulla d’insolito, se non fosse stato per le guance sempre più rosse e quella testa che ogni tanto ciondolava, sarebbe potuto sembrare uno dei tanti che si scervellava su quel test.
 
«Mo Hitori no Boku, dove sei? » lo chiamò, c’era qualcosa che non andava, al di là del compito, avrebbe dovuto sentirlo, perché non c’era? Possibile che si fosse  accorto del suo bacio al puzzle? Se l’era presa?
 
«Masaki! »il professore la richiamò ancora, era la seconda volta, alla terza le avrebbe ritirato il compito. Continuava a girarsi, era davvero troppo preoccupata e non attese oltre, si alzò in piedi di scatto
«professore le chiedo il permesso di accompagnare Yugi in infermeria»
L’intera classe si voltò verso il compagno che, sentendosi chiamare in causa, alzò lo sguardo, in effetti era sudato e gli occhi scavati e lucidi non lo facevano apparire al meglio
«ma io sto bene…» mormorò con un filo di voce che gli morì in gola. Certo, se lui stava bene, avrebbe anche preso 100/100 a quel test.
La matita gli scivolò di mano, rotolò sul banco e cadde. D’un tratto si trovò davanti, a fissarlo, due Anzu, non male come cosa, ma anche i compiti sul suo banco si moltiplicarono. Poi tutto buio e sotto agli occhi dei compagni e del professore, Yugi cadde dalla sedia e crollò sul pavimento.
«Yugi! » Jonouchi scattò dalla sedia che si rovesciò e corse dall’amico. Non era caldo, era rovente, aveva la febbre molto alta, il respiro affannato e il cuore che batteva a mille.
 
L’altro Yugi, ancora imprigionato, avvertì quel malessere di Yugi, un peso al petto lo accasciò a terra e per un momento il respiro gli venne a mancare.
«Aibo…» era chiaro che qualcosa non andava, ma finché era imprigionato lì dentro non avrebbe potuto fare nulla, Kuriboh arrivò dal nulla, pronto ad aiutarlo, con quei suoi versi incomprensibili lo convinse a rimettersi in piedi. Faceva un caldo pazzesco, eppure riusciva a sentire freddo nello stesso momento. No, non era lui a sentire quelle cose, era Yugi.
«Kuriboh che succede? »
Probabilmente la bestiola aveva la risposta, provò a mimare, ma tutto ciò che lo spirito capì fu che Yugi aveva bisogno di lui. Sì, lo sentiva, si sentiva chiamare.
«aiutami! » si scagliò ancora contro la porta, ma non accadde nulla, era inamovibile. Qualunque cose fosse accaduta a Yugi, gli impediva di uscire.
Era di nuovo prigioniero del puzzle. La cosa non l’avrebbe turbato particolarmente in un’altra circostanza, aveva passato 3000 anni bloccato lì dentro, ma adesso aveva Yugi, voleva e doveva restare al suo fianco, assisterlo e proteggerlo, specialmente in quel momento in cui aveva bisogno di lui.
Il legame con Aibo c’era, lo sentiva e quelle stanze infinite lo dimostravano, insomma rispecchiavano non solo lui e la sua confusione, ma anche Yugi e se era in pericolo e spaventato, le stanze sarebbero state altrettanto terrificanti. Dietro una di quelle porte doveva trovarsi il modo di trovare Yugi e poter finalmente capire.
Troppo caldo, buttò via la giacca e si addentrò nel labirinto seguito dalla piccola palla di pelo pronta ad aiutarlo.  Doveva trovare quella maledetta stanza, in tutto quel tempo non aveva ancora trovato la sua, ma avrebbe sicuramente trovato una stanza che potesse condurlo a Yugi, lo sentiva, lo stava chiamando, aveva bisogno di lui, ma era una tono flebile. Stava impazzendo, correva da una parte all’altra spalancando porte, fuggendo dai mostro  che celavano, ogni tanto trovava finestre sul suo passato, da quando il puzzle era stato completato, che lo facevano soffrire enormemente e che, allo stesso tempo, lo rendevano conscio di dover fare in fretta.
 
 
A casa la situazione era tesa, messo a letto Yugi, la mamma cominciò a tamponarlo con un panno umido e freddo, doveva abbassare la temperatura. Aveva mandato Jonouchi e gli altri a prendere delle medicine e il nonno a prenderle il ghiaccio. Era freddo, molto freddo, bruciava quasi su quella fronte bollente.  Yugi si lamentò, storse la testa, ma non riaprì gli occhi, non l’aveva ancora fatto da quando aveva perso conosceva in aula.
«andiamo Yugi, è solo un po’ di febbre» lo incoraggiò la mamma, era molto più di ‘un po’ ‘, ma il suo ‘bambino’ doveva reagire, mentre, invece, si stava lasciando sopraffare dal suo male che gli provocò incubi e visioni spaventose.
 
Correva a perdifiato nell’oscurità, qualcosa lo inseguiva e lui doveva sfuggirgli, lontano, lungo una strada oscura saltando ed evitando ostacoli invisibili. Non ce la faceva più, non riusciva più a respirare  il petto gli andava a fuoco e le gambe minacciavano di cedere da un momento all’altro. Dov’era lui? Perché lo stava abbandonando? Possibile che un innocuo bacio l’avesse turbato così tanto?
 
«Mo Hitori no Boku dove sei? » lo chiamò nel sonno «Mo Hitori no Boku! »
La mamma non poteva capire, chissà cosa stava sognando per dire quello.
La medicina arrivò in un lampo, ma Yugi non riuscì a prenderla, incosciente,  e in preda agli incubi, la sputò due volte. Non andava bene, rischiava di disidratarsi, doveva bere, ma nemmeno della semplice acqua voleva andare giù senza risalire con un conato di vomito poco dopo.
 
La flebile voce di Yugi riecheggiava per quei muri roventi, giù per le scale infilandosi nei corridoi bui e nelle stanze più nascoste scavalcando le porte per giungere alle orecchie del faraone che ormai andava a caso, correndo da una parte all’altra
«aiutami! Dove sei? Dove sei Mo Hitori no Boku? Aiutami ti prego! »
Sicuro che la voce provenisse da quella stanza, lo spirito l’aprì, ma vi trovò un enorme mostro, un grosso drago che con un colpo di coda lo scaraventò lontano. Kuriboh chiuse la porta prima che potesse uscire, correndo poi dal suo master, indolenzito dalla botta e frustrato, non lo trovava, lo sentiva, ma non lo trovava. A ogni delusione le stanze aumentavano, le scale si sovrapponevano e presto non sarebbe stato più in grado nemmeno di tornare in quell’unica stanza a lui familiare.
Colpì il pavimento con forza, tremava per la rabbia, gli occhi serrati in fessure e i denti stretti
«cazzo… Aibo…» sibilò.
Posò la fronte sulla mano nascondendo il viso con i capelli che gli ricaddero in avanti
«dove sei…»
 
Intanto Yugi fuggiva, sperava di trovarlo davanti a se, di potersi rifugiare tra le sue braccia. Lui l’avrebbe protetto da qualsiasi cosa gli fosse alle calcagna e che, se l’avesse preso, non gli avrebbe lasciato scampo. Cadde. Qualcuno o qualcosa lo scaraventò a terra e lo braccò, lo afferrò per la gola, lo sbatté su e giù. Yugi rotolò su una terra battuta che all’occhio sembrava solo oscurità.
Inerme, si ritrovò davanti Marik, la sua parte malvagia. Era proprio lui, i capelli chiari dritti verso l’alto, gli occhi pieni d’odio, le vene sul suo volto scuro e quell’inquietante ghigno che lo fece rabbrividire. Si leccò le labbra mostrando al ragazzino il puzzle, come non lo sapeva, ma ne era entrato in possesso e glielo mostrò come se fosse stato un trofeo
«lascialo! » gli intimò, ma Marik non lo fece, che poteva fargli quel ragazzino piccolo e gracile, lui aveva dalla sua parte il potere delle tenebre e degli oggetti millenari. Aveva ottenuto ciò che voleva, aveva il puzzle e la prima cosa che fece fu mandarlo in pezzi, lo scaraventò a terra e lo calpestò. I tasselli che lo componevano schizzarono ovunque sotto gli occhi di Yugi che si protese in avanti senza riuscire a muovere un solo passo in più. Si dimenò e strillò
«No! Mo Hitori no Boku! No! »
 
Non accadde solo in sogno, Yugi iniziò a strillare nel sonno, si dimenò nel letto scalciando via le coperte allarmando tutti. Il suo urlo acuto trapanò i timpani di amici e familiari che l’avevano vegliato tutto il giorno ed erano ormai esausti. Honda era già dovuto tornare a casa e Anzu era già stata chiamata due volte, stava per andarsene quando Yugi iniziò a gridare facendole saltare il cuore in gola
«No! No! »
Doveva svegliarsi, doveva riprendersi da quell’incubo, aveva dormito tutto il giorno, ora doveva riaprire gli occhi e reagire, ma Jonouchi non ci riuscì, in realtà nessuno poté fargli riaprire gli occhi.
Ancora stretto dall’amico, il viso di Yugi si contorse in una smorfia di dolore che lo portò a inarcare la schiena lanciando l’urlo più forte di tutti
 
«MO HITORI NO BOKU!! »
 
Se l’intero vicinato poté sentirlo, allora anche il diretto interessato lo sentì, gli perforò i timpani, gli raggelò il sangue che non aveva costringendolo a rimettersi in piedi. Voltò lo sguardo e lì trovò una porta che non aveva ancora controllato, la aprì tornando al punto di partenza,  a quella prima stanza con i dipinti e tutto il resto, se era riapparsa un motivo doveva esserci, la porta con l’occhio e le venature tutto intorno era proprio lì e vi corse incontro, doveva riuscire ad aprirla. Scottava, era praticamente intoccabile. La maniglia rovente.
Kurikurì. Il verso incomprensibile di Kuriboh attirò la sua attenzione. Stringeva tra le zampette la sua giacca, quella che aveva scaraventato sul pavimento quella mattina, avvolse la maniglia e spinse. Dovette metterci tutta la sua forza e alla fine ci riuscì, ma una parte di se si pentì di averlo fatto.
La camera di Yugi era aperta, poteva vedere senza varcare la soglia, ma ciò che vide lo terrorizzò. Era legato, incatenato, si dimenava. I giochi non c’erano più, solo pareti incendiate e quelle catene.
Soffriva, soffriva tantissimo e l’altro Yugi che dovette assistere si sentì morire vedendolo in quello stato. Il viso del ragazzino, le sue reazioni e il tremendo incubo che stava avendo diedero tutti gli indizi al faraone perché potesse finalmente capire che il suo prezioso Aibo era malato, una febbre così alta da provocare tutto quello scombussolamento nella sua mente.
 
Era già accaduto, lo ricordava vagamente perché allora nessuno dei due aveva ben chiara la presenza l’uno dell’altro. Yugi si era ammalato, anche allora aveva la febbre, anche se meno grave. In quell’occasione aveva bisogno di lui, ma il puzzle gli era stato rubato e senza di esso non poté nemmeno guidarlo, anzi no, c’era stato un momento, quando Yugi afferrò il puzzle per liberarsi dalla presa di quella ragazzina, Risa-chan doveva chiamarsi, in cui provò a intervenire. Sì quello lo ricordava, ma ricordò anche di non esserci riuscito, qualcosa gliel’aveva impedito e ciò mise in pericolo entrambi. Per loro fortuna, quella volta, Kaiba intervenne appena in tempo per salvarli, se non fosse stato per lui,  non si sarebbero mai incontrati, non avrebbero mai preso consapevolezza l’uno dell’altro.
 
Urlò di nuovo. Si dimenò, strattonò le catene, serrò ancora di più gli occhi cercando di opporsi alla presa di quell’essere che non sapeva identificare .
Doveva raggiungerlo e salvarlo, ma ecco l’ennesimo ostacolo, la porta era aperta, ma c’era una sorta di muro invisibile, una barriera che gli impediva di andare oltre.
Yugi continuava a chiamarlo e lui lì, a pochi passi e incapace di raggiungerlo, di salvarlo da quel tremendo incubo che lo faceva gridare, piangere e dimenarsi. Cosa poteva spaventarlo tanto da indurlo a quello? Possibile che la febbre lo stesse riducendo così? Perché nessuno faceva niente? Perché nessuno lo aiutava?
«Aibo sono qui! Aibo! Aibo! » sbatté con forza i pugni sulla parete, ci si accanì con forza sperando di infrangerla, urlando il suo nome a squarciagola «sono qui! »
 
Non andava bene, la febbre non scendeva e Yugi si agitava, sudava, ansimava e gridava. Jonouchi dovette mettersi d’impegno per riuscire a tenerlo fermo mentre la mamma gli faceva l’iniezione. In qualche modo quella medicina avrebbe dovuto prenderla e se non era per bocca, gliene avrebbe iniettata un’altra.
 
Dopo poco più di mezz’ora,  sembrò cominciare a fare effetto, aveva smesso di sudare e ansimare e non gridava più.
Era davvero molto tardi e i ragazzi dovettero tornare a casa, ma prima di farlo, Jonouchi provò ancora una volta a svegliare il suo piccolo amico, con un tono un po’ più calmo dell’urlo e lo scossone di prima, ma non servì a nulla.
«Mo Hitori no Boku, dove sei? »
Era tutto il giorno che lo diceva, ma più che lì a preoccuparsi per lui, anche se non lo poteva vedere, non sarebbe potuto essere. In ogni caso prese il puzzle dalla scrivania e glielo mise tra le mani sorridendo.
«è qui» lo rassicurò con un sussurro prima di allontanarsi con Anzu.
 
Certo, se la situazione fuori sembrava quasi calma, con la febbre che poco a poco aveva cominciato a scendere, per il faraone bloccato tra le due stanze, di fronte ad uno Yugi terrorizzato a morte, fu un inferno.
Sbatté con forza i pugni chiamandolo a gran voce.
«guardami ti prego! Aibo sono qui! »
Sbatté così forte le mani che la parete s’incrinò, come un vetro, stava cedendo, ma nello stesso momento Yugi urlò di nuovo
«non farlo! Fermati! »
Grosse lacrime solcarono quel visino d’angelo bambino. Non poté sopportarlo, un colpo bene assestato e la parete andò in frantumi, ma ciò che non aveva visto per tutto quel tempo, fu un vortice tra Yugi e la porta, un turbine quasi invisibile che lo risucchiò. Lo inghiottì non appena ruppe la parete portandolo lontano da Yugi, rendendo vani i suoi tentativi e sacrifici. Fu un attimo, un solo passo e il faraone si ritrovò a vorticare in quella spirale che l’avrebbe scaraventato chissà dove.
«Aibo no! Aibo! » provò a opporsi,  tentò disperatamente di arrivare  a Yugi nonostante il vortice.
 
«AIBOOOO!!! »
   
 
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