Anime & Manga > Psycho-Pass
Ricorda la storia  |      
Autore: Ortensia_    18/05/2015    2 recensioni
«Dovremmo buttarla via, non credi?»
«Forse.» Ginoza torna ad immergere la mano tra le foglie verdi e fresche «ma potrei riuscire a salvarla.»
«Ma come?» Aoyanagi si affianca a lui, con le labbra increspate in una smorfia, il volto livido, grigiastro «non vedi che è morta? È completamente rinsecchita.»
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nobuchika Ginoza, Nuovo personaggio, Risa Aoyanagi, Shinya Kogami, Totomi Masaoka
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sehnsucht





Questo è il sussurro legnoso di una matita che rotola e incespica sulla superficie di un tavolo, e Ginoza lo ascolta attentamente, si sofferma sul suono che cresce di tono, ora tanto simile allo sferragliare impetuoso di un treno.
Il fremito legnoso cessa all'improvviso, e poi segue uno schianto, un fischio sommesso e tremolante, l'eco irregolare della matita che rimbalza contro il pavimento.
«Papà?»
La punta della penna vacilla sul foglio di carta, Ginoza abbassa gli occhi senza riuscire a vedere che cosa stra scrivendo e poi, con le labbra serrate che premono appena l'una contro l'altra, rivolge un'occhiata repentina alla figlia, ora intenta a raccogliere la matita.
Chiharu solleva il viso paffuto e gli sorride, e Ginoza non può fare a meno di perdersi nei suoi grandi occhi verdi.
«Mi prendi in braccio?»
«Non adesso, Chiharu. Devo finire un rapporto.»
Chiharu è abituata alle risposte scontrose del padre, perciò non si scompone affatto e continua a fissarlo ancora un po', per poi adagiare entrambe le mani sulle sue ginocchia e alzarsi in punta di piedi, nel tentativo di darsi la spinta necessaria per potersi sistemare sulle sue gambe.
Ginoza sbuffa spazientito e adagia la penna sul foglio di carta, si china un poco e le afferra con delicatezza i fianchi magri.
«Sei impossibile.» borbotta a pochi millimetri dall'orecchio destro della figlia, cercando di non badare ai sottili ciuffi castani che gli solleticano appena le labbra.
Chiharu gli avvolge il collo con le braccia e si lascia sollevare, e ora, con le labbra increspate in un sorriso sornione, si sistema sulle gambe del padre, volgendo il proprio sguardo al foglio di carta.
«Hai già scritto molto!» esclama poi, e allora Ginoza non può fare a meno di rivolgere nuovamente la propria attenzione al foglio che si trova sotto il suo naso, scoprendolo colmo di caratteri kanji di colore blu.
Nobuchika rimane in silenzio, attorciglia con l'indice della mano sinistra i capelli lisci di Chiharu e legge mentalmente le ultime righe del rapporto.
La relazione è davvero troppo lunga e fitta, e Ginoza si perde fra le righe: un serial killer, una giovane ragazza, una lama, testimoni. Di nuovo, ha l'impressione che l'eco irregolare di una matita che si schianta a terra gli riempa le orecchie.
«Tomomi non è ancora arrivato?»
Ginoza non riesce neppure a riprendere in mano la penna: la voce calda e serena di Aoyanagi lo annichilisce, il bacio del buongiorno lo annulla completamente.
L'impressione è rapida, è un fulmine a ciel sereno che è quasi impossibile da percepire, eppure il calore e la morbidezza delle labbra della donna rendono l'impatto a dir poco devastante, tanto che, per un attimo, Ginoza ha la sensazione che la sua sedia non abbia più le gambe e che lui e Chiharu stiano fluttuando nell'aria.
«Dovrebbe essere qui a momenti.» risponde a fior di labbra, soffermandosi su Risa e, in particolare, sul viso pallido incorniciato dal taglio preciso e netto dei capelli, sugli occhi leggermente allungati, così simili a quelli di un gatto, e sulle ciglia lunghe e nere, sul rosa acceso delle labbra e il minuscolo segno di bellezza sullo zigomo sinistro.
Aoyanagi non sembra notare il suo sguardo, piuttosto transita imperterrita intorno al tavolo e, giunta al suo fianco, prende Chiharu fra le braccia e le rivolge un saluto a voce bassa. Un saluto di cui Ginoza non riesce a comprendere le parole.
«Come va con il rapporto?»
Quando Ginoza le rivolge il suo sguardo, Aoyanagi pare stagliarsi di fronte a lui come immagine universale di maternità: il solo vederla stringere Chiharu a sé, mentre la bambina gioca con i suoi capelli, lo fa sentire molto più sereno, gli trasmette una sensazione di pace che, ne è certo, non potrebbe ottenere in altri modi.
«Bene, ho quasi finito.» mormora, increspando le labbra in un sorriso sottile, e quando Risa glielo restituisce con la stessa velocità con cui uno specchio potrebbe riflettere una smorfia, Nobuchika si sente l'uomo più fortunato del mondo.
Il suono del campanello fa quasi male, tanto è prolungato, e Ginoza ha addirittura la sensazione che vi sia ancora uno strascico di note stridule quando suo padre varca la soglia e Chiharu si dirige a braccia aperte verso di lui.
«Nonno!»
«Buongiorno, signorinella! Sei pronta per andare a scuola?»
«Sì!»
«Sei in ritardo.» Nobuchika torna al suo rapporto, sibilando fra i denti un rimprovero che Masaoka accoglie con un sorriso affabile.
«Buongiorno anche a te.» proferisce pochi istanti dopo, scambiando una rapida occhiata di intesa con Aoyanagi.
«Io vado.» Risa accarezza la testa di Chiharu e rivolge una pacca affettuosa sulla spalla di Masaoka, in segno di ringraziamento «ci vediamo stasera.»
«A stasera.» e quando Ginoza solleva i propri occhi per guardarla andare via, la casa è già vuota.
I polpastrelli della mano destra scorrono lentamente lungo il perimetro di una grossa foglia verde, mentre le dita della sinistra punzecchiano il fusto nodoso della pianta ornamentale, strappando via le minuscole fronde rinsecchite.
Le foglie sbriciolate sul palmo della mano sinistra paiono trasmettergli un'insolita sensazione di torpore, tanto che Ginoza è costretto a rimettersi in piedi e a contrarre e distendere le dita un paio di volte, nel tentativo di sgranchirle il più possibile.
Che cos'ha questa pianta? Metà è viva e metà è morta, e lui, in tutta franchezza, non riesce a spiegarsi il motivo di tante foglie rinsecchite attorno al fusto.
«Dovremmo buttarla via, non credi?»
«Forse.» Ginoza torna ad immergere la mano tra le foglie verdi e fresche «ma potrei riuscire a salvarla.»
«Ma come?» Aoyanagi si affianca a lui, con le labbra increspate in una smorfia, il volto livido, grigiastro «non vedi che è morta? È completamente rinsecchita.»
«C'è ancora del verde.»
«Davvero? Io non lo vedo...» Aoyanagi mormora a fior di labbra, tanto che Ginoza fa fatica a sentire le sue parole, ormai subordinate ad un quesito che continua a martellargli la testa con lo stesso vigore di un treno che sussulta e sferraglia sulle rotaie: che ci fa ancora in casa?
Quando Ginoza giunge all'ingresso e afferra il cappotto, lasciando l'attaccapanni completamente spoglio, una voce fin troppo famigliare lo pietrifica, lo intontisce completamente.
«Ohi, Gino, guarda che sei in ritardo.» a giudicare dalla lieve contrazione delle labbra, Kougami sembra essere vagamente divertito da ciò che ha appena detto, ma Ginoza, piuttosto, si chiede come abbia fatto ad entrare in casa sua e perché sia venuto a prenderlo, visto che dovrebbero già essere entrambi sul posto di lavoro e il commissariato dista ben cinque fermate di metropolitana.
«Non starai diventando come il paparino, vero?»
Ginoza non risponde, piuttosto, punto nell'orgoglio, sfiata appena e scopre il polso per dare un'occhiata all'orologio, ma le lancette sono ferme, e la carne non è più carne, ma ferro arrugginito.


I muscoli delle braccia si contraggono, il ventre si piega, ansante, scosso da spasmi di dolore.
Il nome in codice di Kougami era Shepard 2
Ginoza schiude le labbra e si lascia sfuggire un sospiro tremante, affonda le dita fra i capelli.
Vivo in un mondo di ologrammi
Chiude gli occhi, anche se già si trova al buio.
Sono diventato un esecutore come mio padre
Ricorda ancora lo schianto della matita, immagina il pavimento bianco sporco di grafite.
Io sono uno dei cani da caccia dell'ispettore Tsunemori
Le dita delle mani si intrecciano, e quelle della destra tremano un poco quando si attorcigliano attorno a quelle fredde e dure della sinistra.
Il Sibyl mi osserva
Non riesce a respirare, tasta il comodino in cerca della luce e deglutisce a fatica, sedando un conato di vomito.
Il mio colore è torbido
Vuole tornare indietro, sentire di nuovo la voce di una figlia che non ha mai avuto e baciare ancora una volta le labbra di Aoyanagi.
Ho perso la persona che amavo
Ma questo non è possibile, perché era soltanto un sogno, l'urlo soffocato del suo inconscio, il grido disperato della sua anima straziata dalla solitudine.




L'angolino psicotico dell'autrice latente:

Sì, sono una cattiva persona, un'autrice perfida e blablabla – me lo dicono tutti –.
Avevo promesso che non avrei scritto più niente su Psycho-Pass, ma il mio cervello non fa altro che rielaborare idee malate, perciò sono tornata nella sezione e se riuscirò a superare l'ansia da prestazione è probabile che pubblicherò anche qualcos'altro.
All'inizio avevo pensato di illudere i lettori descrivendo la situazione come qualcosa di estremamente reale, ma poi mi sono convinta che sarebbe stato più divertente insinuare il dubbio, perciò ho lasciato che il tutto degenerasse a poco a poco. Non è facile descrivere un sogno, per come la vedo io si tratta il più delle volte di un'accozzaglia confusa di suoni e immagini e spesso non si riescono a ricordare alcune parti, per questo il tipo di narrazione che ho adottato può, di primo acchito, sembrare un guazzabuglio caotico, poco realistico e dove le situazioni si susseguono troppo rapidamente e con alcuni pezzi mancanti.
Ho cercato di rendere in un sogno quelli che potrebbero essere i messaggi dell'inconscio, dai più espliciti ai più impliciti, e a questo proposito vorrei soffermarmi su alcuni particolari: ovviamente il rapporto che Ginoza sta scrivendo è un chiaro richiamo della morte di Yuki Funahara, poi c'è l'intorpidimento alla mano sinistra, che come sappiamo, nella realtà è stata sostituita da una protesi, e infine la pianta mezza e viva e mezza morta, che però Aoyanagi vede completamente rinsecchita (questo perché la pianta, a questo punto, rispecchia totalmente Aoyanagi e ne richiama la morte, avvenuta nella seconda serie).
Proprio come succede nei sogni, ho inserito qualche anomalia, ad esempio il rapporto che prima è vuoto e all'improvviso si rivela essere lunghissimo, oppure Aoyanagi che lo saluta e in verità è ancora in casa, Kougami che entra senza preavviso, come se non ci fosse una porta, oppure parole poco udibili e rumori ripetuti, come quello della matita che rotola e cade.
Il titolo non ha nulla a che fare con la canzone dei Rammstein, se qualcuno se lo stesse chiedendo. “Sehnsucht” è una parola tedesca che si utilizza per esprimere la ricorrente sensazione di desiderare intensamente e dolorosamente qualcosa, lì dove, però, c'è anche la consapevolezza che sia quasi impossibile ottenerla.
Per il resto, spero che qualcuno abbia gradito la lettura! ;u;
Alla prossima!
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Psycho-Pass / Vai alla pagina dell'autore: Ortensia_