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Autore: TeenAngelita_92    18/05/2015    3 recensioni
"Fu l’ultima cosa che le disse, le ultime parole che la sua bocca tremante riuscì a pronunciare prima che il respiro diventasse tremendamente corto e che le sue labbra chiedessero disperatamente di lei.
E le accontentò, accontento le sue labbra e quel suo disperato bisogno di tornare a sentire che sapore aveva la sua bocca che da troppo tempo ormai non aveva più sfiorato, quasi temendo di averne dimenticato la sensazione."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Francisca Montenegro, Nuovo personaggio, Raimundo Ulloa
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Urgencia de ti.
 
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“Ti prego…”
“Ho… paura, Francisca.”
“Questo? Questo ti fa paura?”


E poteva ora, un unico e solo sentimento, combatterne altri mille?
Poteva quel sentimento chiamato “paura”, quella terribile sensazione di vuoto che quasi non lo lasciava respirare, combattere contro quel turbine di emozioni e sentimenti che solo e soltanto lei sapeva fargli provare?
Forse si. Forse no.
Non lo sapeva. Non poteva saperlo.
E disperatamente se lo stava chiedendo mentre, veloci e desiderose, le sue mani continuavano a vagare sul suo corpo, a ripercorrere ogni più piccola piega dei suoi vestiti bagnati.
Stava facendo la cosa giusta? Stava facendo la cosa sbagliata?
E se lo stava chiedendo mentre le fredde e lievemente bagnate mani di lei, invece, avevano iniziato a liberarlo dal leggero tessuto della camicia che indossava, accarezzando la sua pelle a mano a mano che i bottoni gliene permettevano l’accesso.
Lo baciò. La baciò. Si baciarono come mai prima di allora fecero. Un’intensa sensazione di disperazione e desiderio si impadronì di loro e delle loro labbra che non si erano staccante un solo attimo, se non per brevissimi istanti, indispensabili per ridargli l’ossigeno e la ragione che quelle loro carezze, quel loro sfiorarsi e quei loro gemiti disperati gli stavano rubando.
Dio solo poteva sapere quante volte avevano sognato e desiderato con tutta la loro forza quel momento, o di quante volte erano stati sul punto di renderlo realtà senza però riuscirci, fallendo miseramente in quel loro intento.
“Francisca…” tentò pronunciare il suo nome, ma dalla sua bocca tutto ciò che uscì fu solo un gemito.
Sapevano entrambi che difficilmente si sarebbero fermati ora, sapevano troppo bene che avrebbero continuato a dedicarsi quelle forse troppo intense carezze, e quei baci che avevano ormai sorpassato di molto il limite del controllo che per interi anni avevano sempre rispettato. E dopo cosa?
Cosa sarebbe successo? Cosa sarebbe successo quando sarebbero riusciti a soddisfare quel cosi grande bisogno che avevano di sentirsi, come ormai da tempo non avevano più fatto?
Si sarebbero fermati? Avrebbero dato ascolto alla ragione? Alla vera realtà delle cose?
Ed a quel punto, sarebbero riusciti a non desiderarsi più di quanto già non stessero facendo? Sarebbero riusciti a dimenticare tutto?
E no, forse loro non avrebbero potuto dare risposta neanche ad una sola di quelle insistenti domande che ad ogni carezza, nascevano nella loro testa, martellando incessantemente, ma erano ancora li. Loro erano ancora li, desiderosi di sentirsi, desiderosi di scoprire fino a dove sarebbero arrivati, fino a dove poteva arrivare il loro coraggio, fino a dove le loro mani, bisognose di accarezzare ogni angolo della loro pelle, si fossero fermate. I loro corpi non sarebbero mai riusciti ad allontanarsi,  forse non ora, forse non più.
“Francisca, no…” disse di nuovo, in un soffocato sussurro, e le prese delicatamente il viso nella disperata intenzione di separare le labbra di lei dalle sue.
Dovette servirsi delle sue mani tremati per fermare ciò che la sua bocca aveva iniziato e che sembrava non voler finire. Capì che forse non poteva, non potevano, ma ciò che più lo tormentava era la sua disperata ricerca di un “Perché?”
Sentiva il suo respiro caldo sulla pelle,  sentiva le sue mani, che tante notti aveva desiderato, accarezzare ogni più piccola parte del suo corpo scoperta dal tessuto dei vestiti, sentiva la sue labbra chiedere disperatamente di baci e baci, chiedere disperatamente di lui e… Eppure lui ancora credeva di non poterselo permettere, di non poter continuare in quella che ormai avrebbero tutti, soprattutto loro stessi, definito “pazzia”. Allora perché? Perché non poteva? Perché non poteva riaverla tra le braccia e stringerla forte al suo corpo dopo tutti quegli anni di solo odio e rancore? Non meritavano per caso una tregua? Non meritavano di amarsi come sempre avevano voluto fare e mai avevano potuto?
Non lo sapeva, non lo capiva, e forse mai ci sarebbe riuscito.
“Ti prego… Ti… Ti prego.” continuò a sussurrare, poggiando una delle sue mani sulle labbra di lei, ora gonfie e arrossate.
Lei non rispose, lei non fece assolutamente niente, lei solo restò immobile, inerme, incapace di compiere qualunque movimento. Premette forte la sua fronte contro le labbra di Raimundo che ora la stringeva a se, come a volerle chiedere scusa, mentre dalla bocca di entrambi solo si potevano udire respiri affannati e veloci.
Restarono in quella posizione forse per interminabili attimi, il tempo necessario ed indispensabile per poter calmare il battito dei loro cuori e permettere al loro respiro di regolarizzarsi.
Era il più intenso ed immenso silenzio a circondarli mentre fuori ancora regnava il buio della notte, e gli unici rumori che potevano sentire erano prodotti solo e solamente da loro stessi: un respiro più profondo e grande degli altri, un piccolo ed involontario movimento o quant’altro, ma oltre a ciò, il più assoluto silenzio.
“Continui a tremare.”
Fu lui, con voce flebile, ad interrompere l’improvviso zittirsi di ogni più piccola cosa inanimata intorno a loro, presente in quel locale. Pochi attimi prima avrebbe ancora avuto il dubbio riguardo a quel suo tremolio, ma ora, che ancora insisteva a torturare il suo corpo, capiva che era causato dal freddo e dall’umidità dei suoi vestiti.
“Devi… Devi asciugarti.” le disse, e fu più forte di lui stesso: protese una delle sue mani verso la sua guancia e la accarezzò con delicatezza. “Devi riscaldarti, non voglio che tu ti ammala per aver compiuto un’impudenza come questa.” quasi le rimproverò, ponendo fine al meraviglioso contatto di pochi istanti prima.
Le circondò allora il corpo con un braccio affinché si appoggiasse a lui e lei, stretta al suo petto, lo lasciò fare. Si diressero lentamente ad una delle numerose stanze della locanda, ora diventata momentaneamente di Raimundo. La aiutò ad appoggiarsi al letto poco lontano e senza lasciar passare altro tempo, la liberò dalla pesante manta completamente bagnata, causa primaria dei brividi di freddo che ancora aveva.
Si allontanò un istante per munirsi di asciugamani, qualche coperta e qualcosa da poterle far indossare, mentre lei ne approfittò per liberarsi della parte superiore del suo abito.
“Non ho trovato di meglio.” le disse avvicinandosi, mostrandole una delle sue numerose camice tra le mani. “Non sarà la cosa più adatta da farti indossare, ma almeno è asciutta e se sentirai ancora freddo...” continuò, appoggiando sul letto accanto a lei tutto ciò che era riuscito a trovare. “Qui ci sono alcune coperte, e qui accanto delle asciugamani.” terminò di spiegarle per poi restare a fissarla per alcuni attimi con uno sguardo che Francisca non seppe decifrare.
“Io…” deglutì duramente “Ti lascio sola, resterò ad aspettare fuori la porta e se hai bisogno di qualcosa io…” continuò, avviandosi verso l’uscita “Sono qui.” concluse, intenzionato a chiudersi poi la porta alle spalle.
“Raimundo…” con voce calma ed estremamente silenziosa, quasi in un sussurro, chiamò il suo nome facendo sì che si fermasse. “Grazie.” solo disse, prima di vederlo sparire dietro la porta.
Non appena uscito, Raimundo iniziò  a torturarsi chiedendosi il perché di quel suo strano comportamento, il perché improvvisamente si fosse sentito terribilmente in imbarazzo. Era forse stata lei? Era forse stata la sola visione di lei scoperta parzialmente dai suoi abituali abiti? O il fatto di saperla li, a poi metri da lui, chiusa nella sua stanza? Eppure quella non era la prima volta che accadeva, ora ricordava: numerose volte, durante i loro incontri segreti, aveva potuto ammirarla spoglia di ogni cosa, di ogni più piccola parte di tessuto che potesse coprirla. Più e più volte aveva potuto ammirare la sua “bianca” schiena, quella sua pelle cosi delicata e chiara che mai aveva dimenticato, cosi come il suo profumo.
Dio, quanti anni potevano essere passati? Sapeva che era tanto, forse anche troppo il tempo che aveva trascorso lontano da lei eppure ricordava ogni più piccolo particolare del suo corpo, ricordava alla perfezione le sue forme ed il meraviglioso contatto della loro pelle.
Strinse forte gli occhi e si strofinò il viso rendendosi conto degli impuri pensieri e ricordi che, da quando era uscito da quella stanza, avevano iniziato a riempire la sua mente.
Gli sembrò infinito il tempo che passò fuori da quella stanza, seduto sul freddo pavimento del corridoio con le spalle appoggiate contro il muro ed ignaro di come lei potesse stare o di cosa potesse aver bisogno.
E forse una mezz’ora o poco più fu il tempo che precedette la sua decisione di alzarsi, bussare alla porta e controllare che tutto andasse bene.
“Posso…” tossì, ancora quella maledetta agitazione nella sua voce “Posso entrare?” ripetè, stavolta con più sicurezza.
“Si…” rispose lei, vedendolo entrare con estrema cautela.
Chiuse la porta alle sue spalle e non appena si voltò verso di lei, restò ancora una volta a guardarla, come incantato: era ancora seduta sul suo letto, indossava ora la sua camicia, che per quanto grande e poco adatta ad una dama come lei, le stava incredibilmente bene.
Si avvicinò lentamente, inginocchiandosi poi ai suoi piedi.
Notò il suo viso ancora leggermente bagnato cosi come alcune ciocche di capelli che, uscite dalla sua abituale pettinatura, le contornavano il volto. Deciso, afferrò tra le sue mani una delle asciugamani di cui istanti prima lei si era servita, ed iniziò a strofinarla con estrema delicatezza sul suo viso, partendo dalla sua fronte.
Lei, per quanto completamente stranita da quel suo comportamento, lo lasciò fare, chiudendo gli occhi e godendosi a pieno quelle cosi premurose e dolci attenzioni che le stava dedicando.
Raimundo invece, completamente assorto in quella sua beata e dolce espressione, la guardava  intenerito ed irrimediabilmente innamorato. Non appena ebbe finito di asciugarle anche le ultime e più piccole gocce di acqua, sostituì la soffice e delicata stoffa dell’asciugamano con il tocco di una delle sue mani che, lentamente, iniziò a percorrere il contorno della sua guancia. La guardava, la osservava come chissà quale angelo fosse.
Francisca, con le sue labbra, cercò disperatamente il palmo della sua mano e quando riuscì nel suo obiettivo, lo baciò più e più volte.
“Francisca…” chiudette gli occhi e sussurrò il suo nome gemendo.
Non capiva perché tutto questo, non capiva perché solo attimi prima l’aveva allontanata, supplicata di fermarsi ed ora… Ora le era cosi vicino, ora l’accarezzava cosi dolcemente, ora si prendeva cura di lei come mai prima aveva fatto. Perché allora? Perché?
Si alzò di scatto, si inginocchiò proprio come attimi prima lui aveva fatto e lo strinse forte tra le sue braccia.
Sentì le gambe bruciarle e le ginocchia dolerle in un modo che non credeva possibile, ma questo non le importò. L’aria iniziò ad entrare ed uscire con difficoltà dalla sua bocca, il suo petto invece continuava ad alzarsi ed abbassarsi in modo incredibilmente anormale. Strinse ancora più forte le sue braccia intorno a lui.
Lo amava. Dio se lo amava, e tutto quel loro amore quasi le faceva male, faceva male ad entrambi.
“Perché sei venuta qui?” le chiese, stringendosi a lei. “Perché Francisca?” continuò, ma lei non sembrò intenzionata a rispondere. Le prese allora il viso tra le mani e lo allontanò solo pochi centimetri dall’incavo del suo collo, l’incavo nel quale lo aveva completamente affondato.
“Perché?” le sussurrò stavolta, sfiorando le sue labbra con le sue in un bacio che avrebbe tanto voluto darle, ancora ed ancora. “Fuori c’è la pioggia più forte e costante che io abbia mai visto ed ancora non riesco a credere di quanto tu sia potuta essere cosi incosciente da uscire sola, a quest’ora della notte, alla mercé di qualunque pericolo o…”
Francisca lo baciò, una seconda volta, interrompendo quello che sarebbe stato il suo ennesimo rimprovero.
Si baciarono ancora, con la stessa passione, lo stesso disperato desiderio.
“Francisca… Francisca tu non sei…” in un piccolissimo attimo nel quale si separarono per riprendere fiato, Raimundo approfittò per dire qualcosa, qualcosa che però si fermò ai piedi delle sue labbra rosse e semiaperte.
“Non sono più quella ribelle e sempre sorridente ragazza che all’insaputa dei suoi genitori si incontrava con il più piccolo degli Ulloa.” e con un sorriso malinconico sulle labbra, fu lei a terminare ciò a cui la bocca di lui alludeva pochi istanti prima. “E neanche tu sei più lo stesso, Raimundo.” gli confessò.
E lui, come colto spiazzato ed impreparato si alzò, seguito da lei, e si allontanò dirigendosi verso la finestra lievemente aperta.
“Sono passati anni ed anni, Francisca. Col passare del tempo tutti cambiano, tutto cambia.” le rispose.
“No” sussurrò, ridendo tristemente tra se e se “Non è a quel “Raimundo” che mi riferivo.” gli confessò, avvicinandosi ad ogni più piccola parola pronunciata. “Mi riferisco a l’uomo che questa mattina ho visto in piazza.” continuò, fermandosi quando una delle sue mani raggiunse una sua spalla. “Chi era quell’uomo, Raimundo? E perché mi guardava come se avesse paura? Come se stesse terribilmente male?” iniziò a muovere le sue dita in una lenta carezza sul tessuto della sua camicia. “Le sue mani tremavano, il suo intero corpo tremava e potrei azzardarmi a dire che dai suoi occhi, piccole lacrime sarebbero sicuramente cadute, se non fosse per la sua bravura nel nascondere i suoi sentimenti.” continuò a parlare, assolutamente consapevole del fatto che Raimundo avrebbe capito, capito tutto, ma contro ogni sua aspettativa  lui restò in silenzio, con lo sguardo perso nell’intenso buio che copriva l’intero paesaggio fuori da quella finestra.
“Le sue mani.” disse in tono più alto e deciso di prima, afferrando con forza la sua mano ferita. “Erano ferite, ed io giuro di averci pensato e di essermi chiesta perché lo fossero, chi o cosa lo avesse causato.” lo guardò, notando sul suo volto un’espressione che, per la seconda volta, non riuscì a decifrare. “Ma non avevo risposte.” concluse, allentando la sua presa “Non le avevo e neanche ora ne ho.” si allontanò.
“Neanche so quanto tempo ho trascorso a fissare quella bottiglia di vino, li, su quel tavolo.” disse indicando la bottiglia che numerose sere gli aveva tenuto compagnia, insieme a quel bicchiere che più e più volte faceva volteggiare per poi trasformarlo in mille pezzi al suolo. “La guardavo credendo che…”
“Credendo che quell’uomo avesse ripreso a bere, non è cosi?” lui si girò, finalmente, e la anticipò, finendo il suo concetto. “Credendo che io avessi ripreso a bere.” si corresse, e bastò quella semplicissima affermazione per fermarle il cuore e farle spalancare gli occhi, mentre una terribile sensazione di paura iniziò a percorrerle l’intero corpo.
“E’…” tentò di parlare “E’ cosi?” riuscì a dire “Hai ripreso a bere, Raimundo?” ripetè ancora con voce tremante, e per tutta risposta lui seppe solo e semplicemente sorridere tristemente, pensando tra se e se a quale concreta risposta poterle dare.
“Dio, sarebbe stato cosi facile riempire più e più volte quel bicchiere!” disse, quasi parlando a se stesso. “Sarebbe stato facile riempirmi lo stomaco di quel liquido fino a perdere i sensi, fino a dimenticare tutto, completamente tutto e diventare quello che anni fa sono stato.” continuò “Ma sono diventato cosi codardo oramai da non essere più capace neanche di questo.” le spiegò guardandola. “Ed è cosi buffo pensare che io avevo solo bisogno di te eppure cercavo di dimenticarti, come erroneamente feci allora.” si avvicinò al bordo del suo letto, e come rassegnato e stanco, si sedette. “Non l’ho fatto.” negò con la testa “Non l’ho bevuto quel vino ed è stata molto di più la quantità che ho versato a terra di quella che ho ingerito.” le confessò “Sono state molte di più le volte che quel bicchiere l’ho gettato a terra trasformandolo in mille pezzi, che quelle in cui l’ho riempito.” continuò “E sono stante sicuramente maggiori le volte che ho pensato a te, ed inesistenti quelle in cui ti ho dimenticato.” concluse.
E lei, che fino a quel momento era rimasta li, in silenzio, inerme in un angolo della stanza ad ascoltare il suo triste e disperato racconto, si affrettò ad avvicinarsi da dietro stringendolo forte tra le sue braccia e poggiando teneramente la sua fronte contro la sua nuca.
Notò il respiro di lui accelerare ed il petto, coperto dalle sue mani che lo tenevano stretto al suo corpo, riempirsi e svuotarsi in modo anormale.
“Va tutto bene…” gli sussurrò pochi attimi prima di regalargli umidi e lenti baci sul collo “Sono qui ora, accanto a te.” continuò e lo sentì sospirare pesantemente.
Forse non poteva neanche immaginare tutto il dolore che in quei giorni, in quei mesi lui aveva provato, ma sapeva di averlo provato anche lei ed ora più che mai poteva e voleva “salvarlo”.
In realtà, ora loro potevano salvarsi a vicenda.
“Non ho mai voluto farti del male, credimi…” le disse ed inclinandosi lievemente, cercò le sue labbra. “Non ho mai voluto… Io non…”
“Basta…” gli sussurrò lei interrompendolo “Basta locandiere.” continuò.
Prese il suo viso tra le mani permettendogli cosi di girarsi e trovarsi a una distanza quasi inesistente dal suo corpo.  
“Guardami.” gli chiese, sollevando il suo mento “Ora sono qui, e non me ne andrò neanche se tu stesso mi ordinerai di farlo.”gli baciò la fronte “Va tutto bene, non voglio che tu dica altro.” continuò “Supereremo tutto questo, te lo prometto.”
E mentre queste cosi delicate e silenziose parole uscivano dalle sue labbra, lei lo guardava sorridendo, accarezzandolo, perdutamente ed irrimediabilmente innamorata.
Non fu molto il tempo che passò prima che riprendessero a baciarsi, ad unire disperatamente le loro labbra per non dividerle mai più. S’accarezzarono, s’abbracciarono e si strinsero forte l’uno all’altro con la stessa fretta ed ansia di chi crede che si sveglierà da un momento all’altro.
Un sogno, doveva essere un sogno.
Se lo ripetè più e più volte Raimundo, mentre le sue mani lente arrivarono ad accarezzarle le gambe, mentre la sua bocca affamata torturava il suo collo.
Era davvero la realtà?
Ed fu lei a chiederselo, a cercare di trovare una risposta, mentre sentiva le sue dita vagare sul suo corpo.
Quella notte, non si udirono altri suoni o parole all’infuori dei loro gemiti e delle loro innumerevoli e disperate dichiarazioni d’amore. 


Spazio Autrice:
BuooonSaaalvee (?) No, non fateci caso.
Sono tornataaa ed ho aaggioornatoo (dopo un'infinità di tempo aggiungerei) ma tralasciando questo piccolo dettaglio, rieccomi qui con questi due spappolatori di feels. 
Vi dirò, mi sono divertita particolarmente ad immaginarmi un Raimundo ed una Francisca in un contesto del genere, con determinati gesti e parole, e anche se avrei voluto aggiungere taaante altre cose a questo capitolo, mi sento soddisfatta. *faccina felice* Magari potessimo vedere scene del genere nella serie, con due cosi grandi attori come la Bouzas e Ibarra. 
Anyway, spero tanto che vi piaccia e che soddisfi anche voi.
Un besazo grande!
Alla prossima!
TeenAngelita_92
  
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