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Autore: Shirokuro    19/05/2015    1 recensioni
{ kaname centric; onesided!kaname/chisaki | one-shot di circa 1195 parole | introspettivo | seconda classificata al contest I fiori colorano il mondo indetto da Ayumu Okazaki sul forum di efp }
Prima, non era mai riuscito a vedere la pioggia con quegli stessi occhi. Aveva incolpato la pioggia di tante atrocità, perché era qualcosa che non poteva toccare, fermare. Inconsciamente aveva deciso che non poteva cambiare nulla, che quindi la colpa era della pioggia. I capelli biondi e lunghi si inumidiscono, pieni di gocce moleste. Aveva solo deciso di non accettare e di non incolparsi per qualcosa di solamente suo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chisaki Hiradaira, Kaname Isaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nickname su Efp: Shirokuro.
Nickname sul forum: zbor liber.
Genere: introspettivo.
Rating: verde.
Avvertimenti: nessuno.
Introduzione: Prima, non era mai riuscito a vedere la pioggia con quegli stessi occhi. Aveva incolpato la pioggia di tante atrocità, perché era qualcosa che non poteva toccare, fermare. Inconsciamente aveva deciso che non poteva cambiare nulla, che quindi la colpa era della pioggia. I capelli biondi e lunghi si inumidiscono, pieni di gocce moleste. Aveva solo deciso di non accettare e di non incolparsi per qualcosa di solamente suo.
Pacchetto/i: Viola del pensiero; prompt: relatività, maschera, inconscio.
Note dell'autore: in fondo. (bonus: amo quest'icon da sempre)


Stille di astri azzurri e qualcuno che le uccide sul baratro di un abisso
   Non era mai riuscito a vedere la pioggia. D’altronde, Kaname viveva nel mare, l’unica cosa che riusciva ad intravedere dal fondale sul quale camminava – quando non si trattava di tempeste che lo obbligassero a rimanere in casa a causa di fastidiose correnti che si creavano per colpa dei venti in superficie – erano i cerchi concentrici sul pelo dell’acqua. Chisaki, Manaka ed Hikari lo definivano uno spettacolo meraviglioso, lo guardavano con occhi pieni di ammirazione, la luce riflessa nei loro occhi identici e la temperatura che si abbassava sempre di più.

   «Un giorno, andiamo a vederla dalla superficie!»
   «Sì, sì! Sarebbe bellissimo. Che ne pensi Manaka?»
   «Mi piacerebbe un sacco, Chii-chan... Ecco... E tu, Kaname?»
   «Passo».


   Kaname una volta amava la pioggia, più di chiunque altro. Amava il fresco che invadeva la sua schiena, i brividi che raggiungevano la nuca, la calma che portava con sé e le bellissime sfumature che prendeva in base all’ora ed i riflessi sui pesci indisturbati. L’odore della salsedine mischiata a quella sensazione. L’indaco che lo catturava in una morsa dolce. A Kaname, tutto questo piaceva. Però, un giorno, improvvisamente, odiò la pioggia e da allora non provo più interesse in essa. E la odiò ancora una volta, ed ancora, ed ancora. La detestò cento volte come la prima e mille ancora di più.

   «Però la pioggia è così bella, a me piace tanto» provò Chisaki. Secondo lei, dovevano essere tutti e quattro ad affrontare quel piccolo passo, altrimenti non aveva senso. Erano diversi giorni che gli andava dietro; presto la stagione delle piogge sarebbe finita. Ma non servì a nulla. «Lo so, Chisaki». Si fermò, si voltò e sorridendole gentilmente, ripeté. «Lo so».
   Era proprio perché a Chisaki piaceva tanto che non riusciva a farsela andare giù. Per lui, prima quei cerchi che regolari rompevano il paesaggio visto dal loro villaggio alzando lo sguardo erano il riflesso di una visione che aveva della ragazza quasi paradisiaca. Successivamente, un’altro ostacolo, qualcosa che la legava irrimediabilmente più a Hikari che a lui.


   «Hikari! Hikari, guarda, sta piovendo di nuovo!» e il suo indice indicava di nuovo il cielo, di nuovo le figure perfette, di nuovo cercava di avvicinarsi alla prima scelta. Appostato dietro una roccia, riusciva a vederli, di nuovo insieme. Di nuovo, si era visto sfuggire dalle mani Chisaki. Era la ventottesima volta che aveva odiato la pioggia. Non ricordava la prima. Né la seconda. Ne ricordava solo alcune e ricordava quali fossero – se la settima o novantacinquesima. Se le segnava a mente ed anche se aveva perso frammenti importanti di quelle giornate di arte lontana, sapeva riposizionarli nel tempo. Strinse i pugni ogni volta, dopo aver contato le proprie dita – ne aveva dieci ed ogni volta tutte si irrigidivano, abbandonando la figura snella.
   Era come se ogni goccia che cadeva dal cielo grigio fosse una vita intera che passava a piangersi addosso. Per ogni cosa, per star distruggendo quegli anni all’insegna di un amore non corrisposto, per incolpare di tutto solo un evento climatico.


   Ora è in piedi, sullo scoglio vicino alla scuola media che frequentava in superficie. Ha da poco compiuto i suoi sedici anni fisici, mentre Chisaki è finalmente divenuta maggiorenne. Piove. Finalmente vede la pioggia. La può vedere da due anni, ma ora sente di poterla sentire, in qualche modo. Prima, non era mai riuscito a vedere la pioggia con quegli stessi occhi. Aveva incolpato la pioggia di tante atrocità, perché era qualcosa che non poteva toccare, fermare. Inconsciamente aveva deciso che non poteva cambiare nulla, che quindi la colpa era della pioggia. I capelli biondi e lunghi si inumidiscono, pieni di gocce moleste. Aveva solo deciso di non accettare e di non incolparsi per qualcosa di solamente suo.
   «Vai via» è l’unica cosa che riesce a sussurrare mentre Chisaki continua a passeggiare insieme a Tsumugu e gli altri.

   «Lo sapevi che tutto è relativo?» La voce di Tsumugu interruppe lo studio di Kaname. Il più giovane si concesse qualche istante per fissare il castano, che invece continuava ad osservare le carte – riempite di complessi dati e nomi – con calma. «Ogni cosa va osservata da un punto di vista obiettivo, che metta tutti d’accordo. Se osservi le macchine mentre guidi, le vedrai in una maniera differente da come le vedresti stando fermo in un determinato punto e non riusciresti a raccogliere i dati necessari, come ad esempio il numero di macchine gialle che passa in un’ora per una determinata strada». Una pausa. Il biondo aspettò diversi secondi, in silenzio. Che esempio stupido ed inutile. A cosa servirebbe sapere quante auto di colore giallo passano per il centro città in un determinato lasso di tempo? Tornò sul libro di Biologia, lentamente.
   «Quindi, ti prego di analizzare la faccenda non come Isaki Kaname, ma come uno spettatore esterno». Oh, ecco dove voleva andare a parare. Socchiuse gli occhi e strinse il pugno attorno alla matita. Respirò normalmente e, senza scomporsi, disse «Tranquillo. Lo faccio già».

   «Tsumugu, mi passi le ciotole?»
   «Queste?»
   «Sì. E, oh, portami un cucchiaio di legno».
   «Va bene».
   «Grazie!»
   Kaname avrebbe voluto poter essere chiamato in causa, ma preferì ascoltare dalla propria camera le voci dei due che apparecchiavano la tavola. Li trovava complici anche nelle cose più semplici – anzi, soprattutto in quelle.


   Non aveva mai propriamente espresso il suo odio verso qualunque cosa di fronte ai suoi amici d’infanzia. Ostentava un’indifferenza quasi radicale, pretendeva di essere sempre docile e ragionevole. Ora guarda con disprezzo e senza filtri Tsumugu, abbandonando invece la maschera di benevolenza nei confronti di Hikari che ha ricominciato ad amare come quando erano bambini. Ora la pioggia è marrone come il fango, terra che tocca acqua. Come Kihara. Anche se la povera non ha colpe, Kaname continua a puntarla e questa volta, lo fa dall’alto, con il dito indica la superficie marina dalla superficie, come voleva il suo nuovo ostacolo. Lo fa indiscriminatamente e da silenziosa terza parte, come i gabbiani che continuano nella ricerca di un riparo dalla pioggia che man mano si fa più intensa, mentre osservano quel ragazzo cupo in viso. Infatti Kaname muore ogni volta che Chisaki sorride – e lui sorride a sua volta, anche se non è un’espressione a lui dedicata – come ora, mentre gioca con l’ombrello rosso assieme a Manaka nelle pozzanghere tra gli scogli, con Miuna che nasconde una risata cristallina assieme ad una Sayu che senza vero spirito contraddittorio le addita con energia, e raccoglie conchiglie con il compagno.
   Con la coda dell’occhio, nota Hikari con le mani in tasca che come lui riceve la pioggia senza protezione e soffia, giocando con il fiato che si condensa davanti ai suoi occhi azzurri, osservandolo a sua volta. «Non farò domande, ma vieni a divertirti!» Sorride, il biondo, chiudendo gli occhi e con voce modulata dice che poi li raggiungerà – anche se si chiede lui stesso, quando ci riuscirà; per il gentile ragazzo che viene dal mare, il tempo non ha mai ripreso a scorrere e smise nel momento esatto in cui la priorità della persona che più amava era una persona diversa da lui.

   Chiude la mano a pugno un’ultima volta, per pura soddisfazione, pensando di imprigionare almeno un’insignificante stilla fra le dita bianche – ma lascia intravedere la sua delusione quando la sua mano è ancora asciutta.



 
Soundtrack(s); Gli Immortali (Jovanotti), Goodbye (Avril Lavigne), Ikanaide (Mafumafu, Soraru), Il Comico (sai che risate) (Cesare Cremonini), Mitsuba no Musubi Me (Yanagi Nagi). Non è il mio lavoro migliore, me ne dispiaccio infinitamente, ma per forza di cose, sono stata costretta a riscriverla interamente dopo che il mio vecchio computer è bellamente andato a prendersela in quel posto, quando oramai avevo praticamente concluso una one-shot da 2800 parole circa. Una rabbia infinita. Almeno su questo funziona il tastierino numerico e non devo più impiccarmi per inserire le caporali. Comunque, ci si rivede, fandom di Nagi no Asukara!! E questa volta con una fan fiction sul mio principino! Anche se la waifu non se lo caga proprio. (ci è voluto un contest e deprimere un amico per riuscirci, ma tornerò presto la prossima volta, anche se non mi volete) Da dove cominciare.
La parte tecnica. È ambientata dopo due anni dal risveglio di Kaname, in un momento molto random. Un momento di riflessione, direi, durante un'uscita di gruppo in una giornata di pioggia (vi assicuro che c'è gente che quando piove esce, come me e chiunque mi segua per noia) in un periodo non propriamente spensierato o forse è solo il tempo a condizionare l'umore di Kaname – come al solito, le mie fan fiction si possono interpretare liberamente. Divisa principalmente in due parti, quella in cui Chisaki è innamorata di Hikari e quella in cui è innamorata di Tsumugu. Sono diversi flashback, inseriti in un ordine molto casuale. Nel dettaglio, il terzo viene prima dei primi due, e il quinto prima del quarto. Forse è uno schema tipo effetto -> causa?? Spero di non aver fatto un casino coi tempi verbali per la mia scelta di usare il presente ed il passato remoto in base al paragrafo.
Poi, alcune noticine ine ine sul testo. Le bellissime sfumature che prende la pioggia, sono i riflessi che il Sole crea sull'acqua, non la pioggia stessa. quasi paradisiaca nella frase si riferisce a visione, non a ragazza. In Piove. Finalmente vede la pioggia. La può vedere da due anni, ma ora sente di poterla sentire, in qualche modo. Prima, non era mai riuscito a vedere la pioggia con quegli stessi occhi. Aveva incolpato la pioggia di tante atrocità, la ripetizione di "pioggia" (e "piove", volendo) è voluta, per rendere almeno in parte i pensieri di Kaname (una specie di ammenda nei confronti della pioggia stessa). Il Vai via che sussurra poi è riferito, in base all'interpretazione che gli si vuole dare, sia alla pioggia che a Tsumugu. Il flashback successivo è da leggere intendendo che Tsumugu vuole giustificarsi ed aiutare, allo stesso tempo, Kaname a perdonare la pioggia, sebbene sia consapevole della situazione. la povera [pioggia]. la sua mano è ancora asciutta è metà colpa dell'Ena che assorbe l'acqua e lui assorbe quella frustazione che prova allo stesso modo, e magari, se proprio vogliamo, l'Ena è colpevole in parte delle sue esperienze (che poi Tsumugu l'ottenga o che magari non avendola avrebbe potuto avere una possibilità con Chii-chan). Il titolo... be', mi piace giocarci quindi è uscito così. "Stille", be', gocce, che si può in questo caso interpretare anche come "lacrime". "astri azzurri" è riferito agli occhi degli abitanti del mare. "qualcuno che le uccide sul baratro di un abisso" è Kaname che cerca di afferrare senza risultati (il baratro potrebbe essere la sua frustazione) la pioggia nell'ultima scena.
L'idea. Pioveva, ok? E quando piove si chatta con Pedro-chan per elogiare la bellezza della pioggia, la calma e tutto (amo la pioggia); ad un certo punto se ne esce Francy dicendo che a lui, invece, non piace e ci spiega che gli ricorda un amico che ora vive all'estero. Ora non so perché, ma mi imputai sul voler scrivere su qualcuno che odia la pioggia a causa di un evento o una persona per il contest. Sebbene prima di questo volessi scrivere su Momo Kisaragi (watashi no hime), mi sono ritrovata a dover scegliere tra Konoha (che la odia in maniera infantile perché in estate c'è sempre Sole e vorrebbe piovesse per alleviare i dolori di Hibiya Amamiya ed Hiyori Asahina), Shintaro Kisaragi (che, in una maniera più elaborata, la odiava per lo stesso motivo solo che per Ayano Tateyama) e Kaname Isaki. Kaname era il più stupido, infatti non convincono molto nemmeno me le sue motivazioni, ma così decisi e così ho fatto.
Infine, grazie per aver letto!! Spero l'abbiate apprezzata e nulla, ci si rivede con una Manaka!pov più in là.
   
 
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