Anime & Manga > Kuroko no Basket
Ricorda la storia  |      
Autore: R e d_V a m p i r e     20/05/2015    3 recensioni
Era l'estate più calda degli ultimi vent'anni, o giù di lì. Davvero non importava che i telegiornali avessero ragione o meno.
Perché era principalmente l'estate dei nostri diciotto anni, l'ultima prima che il mondo degli adulti ci reclamasse. E fino a che quel giorno non fosse arrivato, sarebbe durata per sempre.
[AoKi]
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 'Cause we could be immortals
                                               just not for long




{
Quello che siamo non può

imporci limiti
Per trasgredire non ci servono permessi}



Era l'estate più calda degli ultimi vent'anni. O giù di lì.
I telegiornali lo ripetevano ogni anno, questo è vero, ma pareva proprio che questa volta c'avessero azzeccato.
L'aria rimaneva torrida anche quando il sole veniva coperto da una nuvola di passaggio e neppure stare all'ombra degli alberi che circondavano il campetto da basket sembrava servire a qualcosa contro la calura insopportabile.
Mi sembrava quasi di avere le allucinazioni quelle poche volte in cui mi azzardavo ad aprire gli occhi e guardarmi attorno, preferendo poi tornare a far ricascare il capo sull'asciugamano che avevo ripiegato più volte a mo di cuscino.
«Fa caaaldo»
Svaccato al lato opposto, rispetto a dove avevo deciso di lasciarmi svenire io, con la testa poggiata sul consunto pallone da basket, il mio compagno aprì pigramente un occhio per scoccarmi un'occhiataccia. Peccato che la calura rendesse difficile persino sembrare minacciosi e così ottenne soltanto il poco lusinghiero effetto di sembrare mezzo addormentato.
«Non lo avevo notato, Kise. Grazie per avermi avvisato.»
«Ma-»
«Per la ventesima volta»
«Però-»
«Nel giro di dieci minuti»
Diedi in uno sbuffo offeso, decisamente infantile, coprendomi il viso con entrambe le braccia e rinunciando a dire qualcosa in mia difesa. Faceva davvero troppo caldo per sopportare uno dei nostri soliti battibecchi.
«Sei antipatico Aominecchi» biascicai comunque, dopo qualche istante di pacifico silenzio, facendo alzare gli occhi al cielo in un moto di esasperazione al chiamato in causa.
Eravamo reduci da un one on one - che ovviamente aveva vinto lui - c'erano circa quaranta gradi all'ombra e sentivamo - o, almeno, lo sentivo io -  ogni centimetro di stoffa indossata appiccicata in modo fastidioso alla pelle, anche in posti in cui la stoffa non avrebbe proprio dovuto stare. Rimanere ad ascoltare anche le mie lagne doveva essere davvero troppo per i suoi nervi. Del resto Daiki non era certo rinomato per la sua pazienza.
Non mi sorpresi quindi di vederlo mettersi seduto di scatto, all'improvviso, anche se rimasi un attimo perplesso quando lo vidi afferrare l'ultima bottiglietta d'acqua e, in barba al mio lamento di protesta, svuotarsela in testa con un'espressione di goduria che ebbe però vita breve.
«Hm? Che c'è Aominecchi?» aveva uno sguardo strano, anche se dovetti trattenermi dallo scoppiargli a ridere in faccia perché i capelli si erano appiattiti a causa dell'acqua e gocciolavano. Sembrava un pulcino bagnato.
Un pulcino bagnato con le sembianze di un diciassettenne grosso quanto un armadio, certo, ma erano dettagli perfettamente trascurabili.
Il sorriso divertito mi morì sulle labbra quando mi ritrovai a contemplare una delle gocce scivolare lungo la tempia ed accarezzare una gota, rimanendo in bilico sul mento per poi decidere di andare a morire sulla canotta aderente.
Deglutii, sforzandomi di non essere troppo rumoroso e farmi notare. Ok, forse non assomigliava esattamente ad un pulcino bagnato.
«Ohi, Kise, ma mi stai ascoltando?»
Sbatacchiai un paio di volte le palpebre, intontito, alzando lo sguardo sul viso di quello che sarebbe stato l'asso della Touou ancora per poco. Sembrava accigliato, una ruga d'inofferenza rovinava il suo bel viso e gli dava più anni di quanti ne avesse realmente. Gli ripetevo sempre che, di quel passo, sarebbe diventato vecchio prima dei quaranta ma lui si limitava a sbuffare forte e spintonarmi o, nel migliore dei casi, borbottarmi contro parole poco carine.
Osservando il gioco di luci sul suo volto, scherzo dei raggi che riuscivano a filtrare tra le fronde del nostro riparo, riflettei distrattamente su come le vacanze estive sarebbero durante ancora per poco e me ne scoprii rattristato. Era come un peso all'altezza dello stomaco che forse lì c'era sempre stato, ma di cui mi ero accorto davvero solo in quel momento.
Sforzai un sorriso, consapevole che quella testa calda si sarebbe spazientito prima e preoccupato poi di un silenzio così lungo da parte mia «Scusa, mi sono distratto. Dicevi?»
Come previsto Daiki sfiatò rumorosamente, assottigliando lo sguardo, e poi voltò il viso nella direzione opposta alla mia. Lì per lì pensai che si fosse offeso, poi mi resi conto che stava guardando qualcosa.
«Si fotte di caldo e di questo passo qui ci squagliamo. Quindi» disse, sollevando la bottiglietta vuota ad indicare qualcosa che non riuscivo a notare «andiamo a farci un bagno.»
Approfittando della sua distrazione avevo gattonato fino a dove si trovava lui, sporgendomi oltre la sua spalla per guardare meglio, così quando si voltò finii per cadere in maniera decisamente poco virile culo a terra.
«Ma che cazzo...» bofonchiò, rivolgendomi un'occhiata perplessa che ignorai, troppo preso ad acquistare una posizione decente e massaggiarmi il fondoschiena.
«Ahi... ma dove lo vuoi fare il bagno, Aominecchi? Scendere in spiaggia a quest'ora sarebbe un suicidio e non sono del tutto sicuro che l'autobus ci sia. E poi torneremmo a casa troppo tardi-»
La bottiglietta che mi arrivò in testa riuscii a farmi zittire e rivolgere un'occhiata offesa ed un broncio a quello, che stava invece sghignazzando. Lo vidi chiaramente sillabare un ''tre punti'' ma non gli restituii il favore limitandomi ad un ''molto maturo'' di rimando, a fior di labbra.
«Chi ha parlato di spiaggia, idiota?»
«Ma...» ero onestamente confuso e lo rimasi anche mentre si tirò su e si stiracchiò, tendendosi tutto, nemmeno fosse stato un pigro felino appena ridestatosi dalla pennichella.
Gli occhi di quel particolare blu, simile a fiamma, mi ammiccarono dall'ombra. E seppi che stava per propormi qualcosa di stupido e potenzialmente pericoloso prima ancora che aprisse bocca. Ma, soprattuto, che avrei accettato senza farmi problemi.
«La piscina dei tuoi vicini di casa. Sono in vacanza adesso, no?»
Ok, senza farmi troppi problemi.
«E' violazione di domicilio.»
«E allora? Non rubiamo mica niente.»
«Ma non volevi fare il poliziotto, tu?»
Sostenni il suo sguardo solo per qualche altro secondo, giusto per non dargliela vinta subito, poi sospirai e chiusi gli occhi. Anche senza vederlo potevo immaginare il ghigno supponente di esultanza che si era sicuramente allargato sul suo viso.
Ma, del resto, della Generazione dei Miracoli ero sempre stato quello che lo conosceva meglio.



{Sono il custode
di quella fiamma che
brucia in eterno e accende gli incubi}



La parte più difficile fu scavalcare.
Di per se non avevo mai trovato complicato arrampicarmi ed un cancello non sarebbe stato un grosso problema, ma la mia gamba non si era ancora del tutto ripresa e non lo avrebbe, con tutta probabilità, mai fatto completamente. Pensarci proprio in quel momento non mi avrebbe certo aiutato; ma Aomine che era atterrato con eleganza sul brecciolino del vialetto e stava aspettando, mani ficcate nelle tasche dei pantaloncini, che lo seguissi forse vide qualcosa sul mio viso quando strinsi una mano sul metallo e incastrai un piede tra le sbarre per provare ad issarmi su.
«Ohi, ce la fai?»
Gli sorrisi, facendo forza sul braccio.
«Certament-» peccato che un muguno si mangiò la fine della parola, in concomitanza con la fitta che mi prese al ginocchio quando sforzai la gamba per guadagnare altezza. E quasi non mi fece cadere.
Sgranai gli occhi, però, quando sentii un tocco saldo sulla mano ancora stretta attorno alla sbarra. Daiki mi fissava serio, un accenno di imbarazzo nascosto dall'incarnato olivastro, mentre avvolgeva la sua mano grande sulla mia più minuta.
Non mi propose di lasciar perdere e non mi incitò. Non disse assolutamente nulla, ma lo vidi chiaramente riflesso nel suo sguardo; avrebbe appoggiato qualsiasi cosa avessi deciso di fare, tornando indietro se avessi rinunciato e pronto a prendermi se, invece, avessi scelto di non arrendermi.
Sorrise e sorrisi anch'io, guardandolo indietreggiare senza staccarmi lo sguardo di dosso, quando ripresi ad arrampicarmi da dove mi ero fermato.
Ci misi più di quanto ci aveva messo lui, questo è certo, e gli caracollai addosso senza molta eleganza quando venne il momento di saltare giù, abbattendolo e facendo finire entrambi per terra.
Daiki sbuffò e mi spinse via dandomi dell'impiastro, senza per altro curarsi di darmi una mano a rialzarmi, ma non mi tolsi lo stesso il sorriso dalle labbra limitandomi a rincorrerlo lungo il vialetto.
«Aominecchi, aspettami!»
Contro ogni mia previsione mi ascoltò, bloccandosi a metà strada. Aveva le spalle rigide e le braccia tese lungo i fianchi, le mani strette in pugni così serrati che potevo vederne i tendini in rilievo. Mi affrettai a raggiungerlo ed affiancarlo, allungando timidamente una mano per cercare di sfiorargli un braccio
«Aomi-»
«Perché hai continuato a giocare?»
La domanda arrivò improvvisa, inaspettata, simile ad un pugno in pieno stomaco ed altrettanto capace di svuotarmi di tutta l'aria i polmoni. Boccheggiai, improvvisamente in apnea, senza sapere cosa dire. Cosa dirgli.
Non ne avevamo mai parlato. Ogni tanto, nei mesi successivi la nostra riconciliazione e il conseguente riavvicinamento, lo avevo più volte trovato a guardarmi con aria concentrata e, forse azzardando, dispiaciuta la gamba. Ma nessuno dei due aveva mai osato iniziare qualsiasi discussione sull'argomento, quasi lo considerassimo di tacito accordo una sorta di tabù.
Abbozzai un sorriso incerto, pregando con tutto il cuore che non notasse la confusione ed il timore che stava facendo tremare la mano con cui lo sfioravo. Gli toccai appena il braccio con la punta delle dita e mi sembrò di aver preso la scossa. Dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per non ritirarla di scatto ed indietreggiare.
«Lo avresti fatto anche tu» ammisi, in un sussurro, e anche la mia voce tremava. Quella non avrei potuto nasconderla, però.
Daiki si irrigidì ancora di più, aveva un'espressione tesa sul viso che rendeva ancora più animale la sua espressione. Sembrava starsi sforzando immensamente, una silenziosa lotta contro se stesso che non faticavo a scorgere sui suoi lineamenti tirati ed il modo in cui digrignava piano i denti.
«Che cazzo di risposta è Ryota?! Merda. Se mi buttassi da un ponte lo faresti anche tu?!»
Trasalii, consapevole di averlo fatto arrabbiare con le mie parole. Alimentando forse i sensi di colpa che erano cresciuti in lui. Fin dal termine di quella partita o meno, questo non avrei saputo dirlo.
«Ovvio che non lo farei, che cosa sciocca. Sembri mia madre.» provai a smorzare la tensione, portandomi la mano libera dietro la nuca e sforzando una smorfia.
Inutile dire che non ottenne alcun risultato se non il farlo arrabbiare ancora di più, muovendosi di scatto a bloccarmi in una stretta il polso della mano che lo stava toccando.
Sgranai gli occhi, fissi nei suoi, attirato a lui ed a un passo dal suo viso. Sentivo il suo fiato sulle labbra e il battito furioso del suo cuore contro il mio. Avevano ragione a definirlo una pantera. Quel ragazzo era una belva, qualunque cosa facesse.
«Quell'animale di Haizaki potrebbe averti rovinato per sempre, lo sai vero?» soffiò «Ma tu hai voluto giocare per forza. E anche dopo... per la tua squadra. Per i tuoi compagni
Pronunciò quelle parole con un disprezzo tale che mi ferì. Sapevo o, per meglio dire, avevo intuito come non gli andassero a genio i ragazzi del Kaijou. Soprattutto Kasamatsu-senpai. Ma non avrei mai potuto immaginare che sarebbe arrivato a dare loro la colpa per il mio infortunio. O sminuire ciò che avevo fatto per la mia squadra fino a rendere stupido il mio gesto ed il mio impegno.
Ma, principalmente, fece male il rendermi conto di come lui non avesse capito proprio niente. Non la parte più importante, almeno.
«Per te» sussurrai. Vidi la confusione nel suo sguardo e non mi trattenni dal tirargli un pugno contro il petto. Aomine incassò il colpo senza fiatare «L'ho fatto anche per te. Sei stato il mio idolo così a lungo... e non... non potevo sopportare quello che eri diventato. ''L'unico che può battermi sono io'', ricordi? Quanto ti ho odiato in quel momento. Volevo dimostrarti che non era vero... che avresti potuto ritrovare l'amore che avevi perduto per il basket. Non potevo arrendermi. Per i miei compagni. Per te. E per me stesso»
Mi costò molto dire quelle parole, mettere insieme un discorso che sapevo benissimo risultasse confusionario persino alle mie orecchie, figurarsi all'attenzione di un tipo come il power forward.
Chiusi gli occhi, in attesa, ma avvertii soltanto un tocco caldo e ruvido, evidentemente non avvezzo a gesti gentili o d'affetto, sulla guancia.
«Non potrai più diventare un professionista» mormorò, con inusuale dolcezza.
Sorrisi scuotendo appena il capo «Non lo farà nessuno di noi due, Aominecchi. Va bene così.»
Rimasimo in silenzio per quelli che potevano essere minuti. Il sole continuava a battere, sebbene stesse calando la sera, e l'aria ad essere torrida.
Mi allontanai per primo, strattonandolo con un grosso sorriso per invogliarlo a seguirmi «Beh, non volevi fare un bagno?»



{Nella clessidra la nostra sabbia scivola via
via
Ma nel domani voglio che anche tu ci sia}



Lo schizzo d'acqua mi colpì in pieno e infradiciò la maglietta che non avevo fatto in tempo a togliere.
«Uffa! Insomma Aominecchi!» piagnucolai, liberandomi dall'indumento che mi si era appiccicato addosso mentre l'altro ragazzo si appoggiava con nonchalance al bordo della piscina, un ghigno divertito su quella faccia da schiaffi abbronzata.
«Non è colpa mia se sei lento. Andiamo, muoviti a togliere quelle mutande e buttati. L'acqua è fottutamente fantastica!»
Sembrava un bambino. Un bambino meravigliosamente e vergognosamente nudo e molto, molto sboccato.Arrossii stringendo le mani sul bordo degli aderenti boxer neri che indossavo, sentendo le guance bruciare per l'imbarazzo. Ok, non era certo la prima volta che lo vedevo nudo. Però eravamo nella piscina dei miei vicini di casa, insomma!
Daiki sbuffò, segno che iniziava a spazientirsi, per poi dare una manata all'acqua e schizzarmi un'altra volta.
«Ok ok, quanto sei impaziente!» lo trovavo divertente, più che altro, ma evitai accuratamente di farglielo sapere e mi liberai invece dell'ultimo strato di stoffa, prendendo una piccola rincorsa prima di tuffarmi.
Il contatto con l'acqua, deliziosamente fresca contro la pelle accaldata, mi procurò dei brividi piacevoli e mi fece desiderare di rimanere immerso per più tempo. Soprattutto quando aprii gli occhi, ritrovandomi a contemplare il corpo di Aomine dalla vita in giù.
L'interessato dovette accorgersene perché ampliò il ghigno e divaricò un po' di più le gambe, attendendo che riemergessi per afferrarmi per i capelli bagnati, dietro la nuca, ed attirarmi a sé.
«Hai visto qualcosa d'interessante lì sotto?»
Appiattii le labbra per trattenere una risata, sfiorandogli il petto con una mano. La sensazione della sua pelle umida contro la mia era strana, ma per nulla spiacevole.
«Forse...» mormorai, facendo il vago.
Non mi sorpresi affatto quando si avventò sulla mia bocca, mordendomi le labbra. Aspettavo quel bacio anch'io, del resto. Mi aveva baciato di sfuggita quella mattina, quando era venuto a prendermi per andare al campetto vicino casa mia, ma dopo eravamo stati troppo impegnati con le partite prima e il lamentarci del caldo soffocante poi per poter avere alcun contatto diverso dagli sporadici falli - abbiamo sempre preso i nostri one on one molto sul serio.
Gemetti quando mi spinse contro il bordo della piscina, avvertendo non molto piacevolmente il bacio del marmo contro la mia povera schiena. Ma le sue labbra ed il suo corpo premuto contro il mio, per fortuna, mi distraevano molto di più.
«A-aominecchi» ansimai ad un passo dalle sue labbra, quando ci staccammo per riprendere fiato. Si strusciava lentamente contro di me e io non riuscivo a riflettere. Sapevo che era sbagliato, insomma eravamo a casa di altri e nella loro piscina!, ma era troppo piacevole per impedirmi di andargli contro e seguire il suo ritmo, muovendo i fianchi per procurargli lo stesso piacere che faceva tremare me ed accresceva il desiderio facendomi sentire ancora più caldo nonostante l'acqua fresca in cui eravamo immersi.
Contro ogni mia previsione, però, Daiki si fermò. Mugulai di protesta, non potei impedirmelo, ma rimasi sorpreso quando si limitò semplicemente ad abbracciarmi e nascondere il viso nell'incavo del mio collo. Anche questo era un gesto decisamente inusuale per un tipo passionale ed istintivo come lui.
Chissà quanto stava mettendo alla prova il suo autocontrollo?
«Che c'è?»
Lo sussurrai piano, dolcemente, avvolgendogli le spalle con un braccio e passando le dita della mano libera fra i suoi capelli bagnati.
«L'estate sta finendo. Presto inizierà l'ultimo semestre.»
Sgranai gli occhi, sorpreso che anche lui ci stesse pensando. Non lo avrei detto possibile, menefreghista com'era.
«Già... ci diplomeremo e lasciaremo le nostre squadre. Sarà strano. Un po' triste.» mormorai, fissando le sdraio bianche dei miei vicini.
Il mio ragazzo sospirò contro la mia pelle, sfiorandola delicatamente con le labbra. Rabbrividii piacevolmente e mi si strinse il cuore. Mi pizzicavano gli occhi, ma diedi la colpa al cloro.
«E' finito il tempo dei giochi, eh? Entrerò in accademia. E lo farai anche tu.»
Annuii, stringendolo un po' più forte. Il futuro faceva paura ma eravamo destinati tutti a crescere. Non saremmo potuti rimanere ragazzi del liceo per sempre, preoccupati soltanto di portare la nostra squadra alla vittoria. Aomine sarebbe diventato un poliziotto e io un pilota di linea, come desideravamo. Sarebbe per sempre rimasto in noi quel piccolo, sciocco, desiderio infantile di diventare campioni del basket. Ma non ne avremmo più avuto l'occasione. Forse era questo a spaventare sia me che lui in questo modo, a destabilizzarci tanto. Avremmo perso quello che ci aveva spinto a lottare e tenuti uniti fino a quel giorno.
«Ti chiederò ancora un one on one, quando non sarai in servizio» lo presi in giro, tirandogli una ciocca di capelli.
Lo sentii sorridere contro il mio collo «Ti attenderò per stracciarti ancora, quando non sarai in volo per chissà dove. A casa nostra.»
Il mio cuore mancò un battito e lacrime si mescolarono all'acqua della piscina, mentre tornavo a baciarlo. O forse lui baciò me. Non che importasse molto.
Saremmo rimasti insieme. Era quello che contava. Il futuro faceva un po' meno paura, sotto questa prospettiva.



{C'è un solo modo che hai
ci devi credere in tutto quello che fai
senza mai cedere
E se il futuro per noi fa paura
ogni problema ha la mia cura}



«A-aominecchi... mi è sembrato di sentire...»
«Cazzo. Sono tornati. Non dovevano stare via fino alla settimana prossima?»
«Così ha detto Asahina-san a mia madre! Oddio, che facciamo?!»
«Muoviti a vestirti, idiota! Se ci beccano è soltanto colpa tua!»
«Ma... ma... sei stato tu ad avere l'idea Aominecchi!»
«Piantala di strillare il mio nome e muovi il culo!»

Era l'estate più calda degli ultimi vent'anni, o giù di lì. Davvero non importava che i telegiornali avessero ragione o meno.
Perché era principalmente l'estate dei nostri diciotto anni, l'ultima prima che il mondo degli adulti ci reclamasse. E fino a che quel giorno non fosse arrivato, sarebbe durata per sempre.



{Saremo immortali
eterni
ma solo per un po'
Contro la normalità
il tempo non ci toccherà
Almeno per un po'}




---------------

NdA. Sì ho guardato Big Hero 6 finalmente. Sì ho pianto fiumi di lacrime. Sì mi sono fissata con questa canzone, che è ovviamente ''Immortals'' dei Fall Out Boy anche se nella versione italiana (ugualmente splendida, devo dire, per quanto di solito preferisca le versioni in lingua originale). E quindi ho deciso di scrivere questa cosetta. Più che altro è nata da sola, io mi sono limitata a battere su word. Ho qualche dubbio circa l'IC di Aomine ma ho cercato di attenermi al suo carattere il più possibile. Mi sono divertita con il pov di Kise e ho calcato più del giusto sul suo infortunio, ma passatemela. Che altro dire? Non mi viene in mente. Se volete voi dirmi qualcosa, invece, accetto con piacere di leggere cosa ne avete pensato. In bene o in male, come sempre.
Buona... notte? 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: R e d_V a m p i r e