Crossover
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Autore: Darik    04/01/2009    2 recensioni
La loro guerra durava ormai da migliaia di anni, secondo i parametri umani. E questa guerra sembrava destinata a finire con lo sterminio totale. E invece stava per giungere ad un inaspettato punto di svolta, dalle molteplici implicazioni. Nota: l'aspetto dei Transformers è quello del film del 2007, tuttavia la mia storia vuole essere un omaggio all'intera saga, quindi ci saranno citazioni anche delle altre serie sugli eroi di Cybertron. Ma state tranquilli, non è necessario conoscere quest'ultime per capire la trama.
Genere: Azione, Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga, Film
Note: Alternate Universe (AU), Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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C'era una volta...


Il vento fischiava forte tra i ruderi di quella che un tempo era stata una gigantesca città, estesa in tutto il pianeta, in parte sulla superficie e in parte nel sottosuolo.

Se un visitatore esterno avesse visto quelle rovine, illuminate costantemente dalla luce chiara ma non forte di un sole azzurro, avrebbe potuto solo immaginare come fossero prima della grande guerra.

I palazzi che si elevavano dal suolo fin quasi a voler raggiungere il cielo, erano ora ridotti a scheletri anneriti, piegati da infinite esplosioni e dimezzati, se non di più, dai colpi di chissà quali armi.

Le strade, che riempivano l’intero orizzonte in modo apparentemente caotico mentre invece era un intrico di matematica e complessa armonia, erano ora ridotte a cumuli di terra ferita quasi ad ogni metro dalle buche di deflagrazioni immani.

I livelli sotterranei, arditi e riusciti capolavori di architettura, erano crollati quasi tutti su se stessi.

La vita, la vita che scorreva copiosa, non esisteva più.

Persino i corpi erano quasi impossibili da trovare, dilaniati da quelle armi che avevano distrutto il pianeta.

Sarebbe stato davvero difficile pensare che quello in un epoca ormai remota, quasi mitica, era stato uno dei mondi più ricchi e progrediti dell’universo.

I suoi abitanti erano cosi avanzati, che erano stati in grado di cambiare la struttura del loro sole, in modo che la sua energia potesse venir totalmente incanalata e usata da loro.

Ed erano anche riusciti ad arrestarne il processo degenerativo che avrebbe finito altrimenti per trasformarlo in un buco nero che avrebbe risucchiato il pianeta.

Questo processo aveva causato la trasformazione del sole giallo in azzurro, sacrificando cosi il giorno e la notte.

Ma per loro non era stato un problema rinunciarvi in cambio di una eterna notte luminosa.

Erano anche stati in grado di dominare i venti del loro pianeta, sfruttandoli per gli enormi impianti di raffreddamento e altro ancora.

Con la guerra, era tutto finito, e il vento era tornato libero.

Da tanto, troppo tempo, era ormai l’unico che faceva sentire la sua voce.

E infine, quella notte, un nuovo rumore rovinò il suo dominio.

Un veicolo grigio dalla forma sottile e allungata volando svettò sopra le strade devastate.

Si muoveva a zig zag, come per evitare degli ostacoli invisibili.

Si fermò in mezzo alla strada.

Per un po’ il rumore del vento tornò a dominare.

Il veicolo si rimise in moto, dirigendosi dentro i resti di un palazzo, e attraversandone altri quattro stando sempre nel sottosuolo.

Infine si fermò davanti ad un muro.

E si trasformò.

In un robot umanoide piuttosto grande, con testa, due gambe e due braccia.

Due vispi occhi illuminati di azzurro svettavano sul suo viso.

Si avvicinò al muro, e dalla sua bocca, posta dietro una griglia di forma circolare, uscì un suono molto acuto.

Il muro si aprì, la figura vi si infilò e subito quella misteriosa apertura si richiuse.

Un ascensore lo condusse in profondità.

Durante il tragitto, intravedendo tra le pareti di fortuna dell’ascensore i resti dei livelli sotterranei, le componenti meccaniche che formavano il suo volto si contrassero in una smorfia di dolore.

Ma si ricompose subito quando arrivò a destinazione.

La porta si aprì, rivelando quella che sembrava una sala di controllo.

C’erano molti monitor, alcuni palesemente rovinati e rimessi in funzione alle bene in meglio.

Però erano ormai alla fine della loro esistenza, in quanto sembravano sempre più sul punto di spegnersi per sempre.

Al centro della sala, una mappa olografica del loro pianeta.

A consultarla, un altro robot umanoide, più grande di quello appena arrivato.

Nel vederlo, il primo robot ebbe un fremito.

Erano ormai molti gli anni che lo conosceva, e aveva avuto l’onore di combattere con lui.

Eppure ancora non gli sembrava essere vero.

Optimus Prime, il grande leader, il più saggio dei governanti che il pianeta Cybertron avesse mai avuto.

Più che un comandante, un padre e un amico.

Che condivideva tutti i rischi dei suoi soldati, anzi, cercava di affrontarli il più possibile lui, per ridurre i rischi dei suoi soldati.

Di fronte al grande Optimus, non poteva non provare ancora soggezione.

“Bumblebee, rapporto” ordinò Optimus.

“Signore, nessuna traccia del nemico. Dopo aver perlustrato tutti i settori della zona, ho tentato un’ultima esca: mi sono mosso stando in bella vista, però nessuno mi ha seguito o attaccato”.

Prime sembrò restare contrariato da quella azione. “Tu sei solo un in filtratore. Dovevi consultarmi, non dovevi correre un simile rischio”.

“A volte bisogna correre dei rischi per una giusta causa, come ci ha insegnato lei col suo esempio. Comunque, nulla da segnalare”.

“Va bene, ma cerca di fare in modo che non succeda mai più. Allora, quello che hai riferito mi inquieta assai. Perché i Decepticons sono scomparsi all’improvviso? Fino a poco tempo fa sembrava che fossimo ormai prossimi all’estinzione, perché continuavamo a combattere pur essendo rimasti in pochissimi. E dopo, calma assoluta. Non mi piace affatto”.

“Forse se ne sono andati dal pianeta”.

“Per andare dove? Questa guerra ha distrutto tutti gli archivi e le mappe stellari. Avventurarsi nello spazio significherebbe diventare naufraghi. Inoltre Jazz dalla sua postazione controlla costantemente i cieli, e nessuno finora ha lasciato la nostra orbita. Per non parlare del fatto che Megatron non rinuncerebbe mai all’Allspark. Solo io conosco l’ubicazione del suo nascondiglio. E lui lo sa”.

“E se si fossero stancati di combattere?”

“Se questo dovesse succedere, varrebbe per i seguaci, ma non per Megatron. Solo la morte potrebbe fargli cessare di cercare l’Allspark”.

“E allora, non so proprio cosa dire”.

“Non angustiarti, vecchio mio. Non abbiamo nulla su cui basarci. Possiamo solo continuare a cercare. Dobbiamo farlo, perché sento che i Decepticons hanno in mente qualcosa”.

Dei passi risuonarono rumorosamente nella sala, e un altro robot entrò di corsa. “Optimus, Bumblebee, venite presto!”

“Ratchet, che succede?”

“Optimus, non posso spiegarvelo, dovete vederlo con i vostri occhi!”

I tre robot si recarono con passo svelto in un'altra stanza, con al centro un’altra mappa olografica.

Le immagini proiettate erano di scariche energetiche di colore rosso.

“Stavo controllando le emissioni di energia sulla superficie del pianeta, alla ricerca dei Decepticons. Sapete bene che quelli quando hanno qualcosa di grosso tra le mani, si fanno prendere dalla frenesia e ignorano cosa sia la prudenza. E infatti ho rilevato delle strane emissioni. Eccole!”

Optimus osservò quelle scariche energetiche e le sfiorò con la mano metallica. “Non avevo mai visto questo tipo di energia”.

“Infatti, neppure io. Temo che i Decepticons stiano facendo qualcosa di nuovo e sicuramente molto pericoloso”.

Prime osservò le scariche, poi i suoi sottoposti: quella situazione sembrava terribilmente nuova, quindi molto pericolosa, per lui e specialmente per i suoi soldati. Quindi sarebbe stato saggio andare da solo.

Ma proprio perché era una situazione nuova, avrebbe anche avuto bisogno di tutto l’aiuto possibile. Alla fine decise.

“Hai le coordinate?” domandò a Ratchet.

“Affermativo”.

“Chiama Jazz e Ironhide. Dobbiamo recarci subito lì!”


La grande piramide era stata creata come centro e simbolo della civiltà di Cybertron.

Per costruirla e abbellirla, erano state impiegate le migliori tecnologie e le migliori menti del pianeta.

E da tutto questo era venuto fuori uno spettacolo di indicibile bellezza.

Alta migliaia di metri, la piramide aveva ospitato la sede dei governanti del pianeta, l’altare dedicato al dio Primus e l’oggetto considerato la sua materializzazione, l’Allspark.

L’Allspark aveva portato la vita, in epoche remotissime, sul pianeta e per simboleggiare tale atto la piramide di Primus era anche diventata il centro di raccolta dell’energia del sole azzurro, che poi irradiava in tutto Cybertron.

La piramide era stata quindi il principale luogo di produzione energetica di quest’ultimo.

Dopo la guerra, l’imponenza della piramide era stata risparmiata.

Ma a causa degli enormi danni, adesso era diventata il simbolo in stato di abbandono della morte di Cybertron.

Però quel giorno, doveva accadere qualcosa.

Scariche energetiche di colore rosso illuminarono la punta della piramide.

Sembrava che volessero falciare il cielo, tanto erano violente.

Quelle scariche illuminarono con una intensa luce rossa tutti i dintorni.

E, attraverso delle enormi finestre ormai sfondate, anche la sala triangolare che un tempo fungeva da centro del governo.

Quanto tempo è passato.

Quanto tempo dall’ultima volta che sono stato seduto qui.

Lo ricordi, fratello?

Eravamo i governanti di Cybertron, tu quello saggio, io quello guerriero.

L’epoca leggendaria della pace.

Cosa riuscimmo a fare, insieme.

Perché eravamo tra i migliori sovrani della storia del nostro pianeta.

E la nostra razza era tra le migliori dell’universo.

E allora perché è successo tutto questo?

Durante le stasi, me lo chiedo.

In fondo, il passaggio dall’essere tra i migliori all’essere i migliori in assoluto, non è una ovvia conseguenza?

E’ l’evoluzione delle cose.

E l’Allspark può rendere questo fattibile.

Anzi, può potenziarlo all’infinito.

Credi davvero che Primus ci abbia mandato quel dono per farlo restare chiuso in un sacrario a coprirsi di polvere?

I nostri antenati lo credevano giusto, ma loro erano il passato.

Le cose evolvono.

E io ho scoperto cosa dovevamo fare.

Avevo avuto l’illuminazione.

Perché tu no?

Perché hai dovuto ostacolarmi?

Perché non hai voluto collaborare con me?

Col potere dell’Allspark, avremmo potuto crescere all’infinito, espanderci, diventare i sovrani dell’universo.

I migliori della migliore razza dell’universo al comando di quest’ultimo.

Non era un modo perfetto per avere la pace eterna ed universale?

Adesso sto toccando il tuo trono, fratello, uguale al mio.

L’ho sempre trovato giusto.

Perché hai deciso allora di prendere una strada diversa dalla mia?

Hai cominciato a fare quei discorsi sulla pace che si costruisce insieme, senza imporla.

Dicevi che la libertà è il diritto di tutti gli esseri senzienti.

Che pazzia!

Essa è un diritto che appartiene ai puri, come noi, non a tutti.

E poi, quell’ultima cosa.

Come hai osato?!

Come hai osato dirmi che ritenersi i migliori di tutti, era un sintomo di follia?!

Io cerco di portare la nostra specie verso il suo destino ultimo, seguendo il vero volere di Primus!

E’ follia ostacolarmi.

Ma l’hai fatto!

E per farlo, hai scatenato una guerra che ha quasi spazzato via la nostra razza.

Questo dimostra che sei tu il vero ‘cattivo’, fratello.

Sei tu il folle!

E per questo, Optimus Prime, dovrò distruggerti, come ora la mia mano stritola il tuo trono.

“Lord Megatron”.

La voce metallica distolse il gigante di colore grigio chiaro dai suoi pensieri. “Spero che tu abbia un buon motivo per avermi disturbato, Soundwave”.

Il Decepticon di colore nero non si scompose.

La sua faccia era un blocco unico, privo di lineamenti meccanici comuni invece a molti dei suoi simili. Solo il visore rosso che aveva come occhio e che si illuminava maggiormente quando parlava, poteva indicare i suoi stati d’animo.

E non ci furono cambiamenti di luminosità.

“Si, mio signore. Il portale è stato ultimato, abbiamo accumulato l’energia necessaria. Siamo pronti”.

“Scendi dagli altri, io vi raggiungo subito”.

Rimasto solo, Megatron osservò il cielo e poi il trono che aveva distrutto.

“Visto, fratello? Se Primus non fosse stato dalla mia parte, non mi avrebbe mai concesso tale opportunità”.


Un grosso mezzo volante si spostava a bassa quota, rasentando le macerie di molti palazzi.

Era parecchio danneggiato, a giudicare dai numerosi squarci sul suo scafo rettangolare.

Anche la sua andatura non era molto stabile, dato che sbandava pericolosamente da ogni lato, spesso raschiava col fondo sulle cime dei palazzi distrutti.

Comunque la sua meta era chiara: la grande piramide.


Quattro antenne, sospese in aria e posizionate in modo da formare un quadrato, crepitavano di energia, energia che veniva convogliata verso il centro della figura geometrica formando un ammasso energetico informe.

Megatron osservò compiaciuto il portale che avevano costruito. “Ah, chi avrebbe mai pensato che le ricerche per costruire un rilevatore capace di scovare l’Allaspark, avrebbero portato questo?”.

Un Decepticon controllava preoccupato i dati che gli forniva un sensore manuale. “Ormai abbiamo accumulato l’energia necessaria, ma dobbiamo sbrigarci. Abbiamo montato tutto usando attrezzatura di fortuna, non reggerà a lungo”.

Megatron sorrise soddisfatto. “Non preoccuparti, Blackout. Primus è con noi! Non dimenticarlo!”

Megatron si piazzò davanti al portale, per poi girarsi verso i suoi fedelissimi, in tutto sei, che si raggrupparono.

“Siamo sopravvissuti solo noi! E’ un segno del destino! Siamo i migliori della nostra specie! E ora, miei Decepticons, andiamo a conquistare il potere che ci spetta di dritto!”

“PACE ATTARVERSO LA TIRANNIA! PACE ATTRAVERSO LA TIRANNIA!” gridarono in coro i suoi seguaci.

In quel momento, una forte esplosione scosse l’edificio.

E l’energia delle antenne diminuì di parecchio.

“Cosa è successo?” domandò Megatron impassibile.

Gli altri Decepticons indietreggiarono davanti all’apparentemente calma reazione del loro leader.

Che spesso in passato aveva schiacciato nemici e alleati con la stessa impassibilità con cui si calpesta il suolo.

Solo Soundwave rimase al suo posto. “E’ ovvio che ci stanno attaccando”.

“Maledetti Autobots! Brawl, Bonecrusher, Starscream! Andate fuori e respingete gli attaccanti! Soundwave, Blackout, Barricade, rifornite di energia il portale!”

“Ma… ma se dovessero arrivare fino a qui in qualche modo?” obbiettò Barricade.

Megatron osservò glaciale il suo soldato, che sembrò farsi piccolo piccolo.

“Se dovesse accadere, ci penserò io!”


I tre Decepticons arrivarono in superficie.

Bonecrusher identificò la nave nemica, che sparava colpi contro l’antenna, ormai distrutta, e la cima della piramide.

“Ci stanno attaccando con una vecchia corazzata”.

“Sono stati abbastanza abili a rimettere in sesto quel catorcio, ma entrare sarà uno scherzo. Guarda quante brecce nello scafo” .

“Prima agiamo, meglio sarà, Brawl. All’attacco!” ordinò Starscream.

Si lanciarono addosso alla grande nave, penetrando attraverso gli squarci dello scafo.

Bonecrusher corse lungo i corridoi vuoti e in rovina.

Non si aspettava attacchi.

Ormai gli Autobots erano rimasti in cinque, quindi dovevano per forza essersi nascosti nella plancia.

Lui conosceva bene quel tipo di corazzata e raggiunse subito quel luogo.

Davanti alla porta chiusa, caricò le armi ad energia nel suo braccio.

Infine entrò sfondando la porta con un possente calcio.

“Fattevi sotto, Autobots, la mia corazza non vi teme!”

E restò interdetto, perché la plancia era vuota.

Il pavimento sembrò squarciarsi ed arrivò anche Brawl.

I due robot si guardarono.

“Pilota automatico. Ci hanno fregato!” commentò rabbioso Brawl.

“Dov’è Starscream?” domandò Bonecrusher, che poi udì qualcosa. “Ehi, cos’è questo ticchettio?”

Pochi attimi dopo, la corazzata esplose in una enorme e fragorosa palla di fuoco che si schiantò a terra davanti alla piramide, investendola con rottami infuocati.

Tutto sotto lo sguardo di Starscream, che osservava impassibile stando sospeso a mezz’aria.


“A giudicare dalle vibrazioni, direi che i nostri compagni ce l’hanno fatta”.

Sentendo cosa aveva detto Barricade, gli altri Decepticons fecero per esultare.

“Niente affatto!”

L’esclamazione di Megatron sembrò gelarli.

E pochi istanti dopo, una delle pareti esplose.

“Autobots! All’attacco!”

Optimus Prime emerse dallo squarcio armato di fucile, sparò dei colpi contro dei supporti del soffitto, che crollarono davanti ai Decepticons sollevando un muro di polvere.

I quattro compagni di Prime ne approfittarono e si nascosero dietro alcune colonne, aprendo un fuoco a raffica contro i loro nemici.

Ma prima che potessero venire raggiunti, Megatron si frappose tra loro e il fuoco del nemico.

I proiettili e i laser degli Autobots erano come punture di spillo per la corazza del leader Decepticon.

“Finite il lavoro. Questi insetti li schiaccio io” comandò.

“La vedo male” disse Jazz.

“Tu te la vedrai con me, Megatron!”

Prime con un salto si piazzò davanti al suo acerrimo nemico.

Approfittando di quella copertura gli Autobots uscirono dai loro nascondigli per attaccare i Decepticons indaffarati a riattivare il portale.

I due leader si scrutarono mutamente per qualche istante.

“Ti ostini sempre ad ostacolarmi, fratello”.

“Qualunque cosa tu abbia in mente, è senz’altro qualcosa di nefando.”

“Non ho il tempo di giocare con te, Prime!”

Megatron tirò indietro il braccio, per colpire.

Prime fece per schivare quel colpo, ma neanche un istante dopo Brawl e Bonecrusher, piuttosto bruciacchiati, piombarono con tutto il loro peso su di lui sbattendolo al suolo.

Megatron rimase assai soddisfatto da quella azione inaspettata. “Sembra che la tua trappola di prima non abbia funzionato, fratello”.

Prime tentò di dire qualcosa senza riuscirci, bloccato a terra da due nemici grossi quasi quanto lui che lo bersagliavano con pugni e calci.

Megatron gli diede le spalle. “Prima di ucciderti con le mie mani, ti farò assistere alla morte dei tuoi amati seguaci”.

Il capo degli Autobots fece per reagire, ma Brawl sparò un colpo sul pavimento, sfondandolo e facendo finire tutti e tre nel piano sottostante.

Gli Autobots si erano avvicinati al portale difeso strenuamente dagli altri Decepticons, che avevano persino divelto grosse porzioni del pavimento piazzandole in verticale, in modo da formare una barriera intorno al loro portale.

Ma ora la barriera non serviva più, perché gli Autobots dovettero indietreggiare davanti a Megatron.

Il leader Decepticon li sovrastava, la sua sola imponenza era minacciosa.

Una delle sue braccia si trasformò in un cannone che cominciò a sparare raffiche laser di colore viola.

In breve quell’ambiente si trasformò in un inferno di fuoco.

Gli Autobots si fecero coraggio: uno solo di quei colpi avrebbe potuto ucciderli se li avesse centrati in pieno.

Ma a volte la migliore difesa è l’attacco.

Ironhide mise via la sua pistola e trasformò le sue braccia in due cannoni cominciando a correre in avanti ed evitando per un soffio i colpi di Megatron.

L’Autobot rispose al fuoco mirando agli occhi di Megatron.

Quest’ultimo non ebbe nemmeno bisogno di evitarli: due placche corazzate istantaneamente coprirono i suoi occhi proteggendoli da quei colpi.

Proprio quello che volevano Ratchet e Bumblebee: per pochi secondi il nemico era accecato, essi quindi si posizionarono dietro di lui e colpirono contemporaneamente le sue ginocchia, che arrivavano alla loro testa.

Megatron perse leggermente l’equilibrio, ma ci voleva ben altro per farlo cadere.

“Ora!” esclamò Ironhide afferrando Jazz, più piccolo di lui, con le braccia e scagliandolo in avanti.

Jazz ruotò su se stesso due volte, per darsi maggiore velocità, tese le gambe e colpì in pieno volto Megatron.

Quest’ultimo rimase sbilanciato ulteriormente, ma ancora non cadde.

Ironhide rabbioso si lanciò allora contro di lui con tutto il peso, saltò e piombò sul suo ventre.

Megatron finalmente finì a terra.

I quattro Autobots salirono sul suo petto. “Presto, colpiamo la sua scintilla vitale!” esclamarono insieme puntando in contemporanea le loro armi.

Fecero fuoco, e sul petto di Megatron si ebbe una grossa esplosione.

“Niente male” commentò impassibile Megatron.

“Chissà perché ma me l’aspettavo” commentò Jazz, prima che un braccio si avventasse su di lui e i suoi compagni spazzandoli via tutti con un colpo solo.

Gli Autobots si sparpagliarono lungo la sala atterrando malamente, mentre Megatron si rialzò senza problemi, scrollandosi un po’ di polvere dal suo petto.

“Un buon gioco di squadra, non c’è che dire” riprese l’enorme robot “Naturalmente sono io che vi ho permesso di attuarlo. Ho sempre apprezzato, lo devo ammettere, il cameratismo di voi Autobots. E’ l’unico pregio che voi blasfemi avete”.

Megatron prese ad avanzare contro di loro, Jazz spiccò un salto verso una colonna in alto.

Voleva forse usarla per lanciarsi in un altro attacco contro la testa di Megatron?

In ogni caso il nemico non gli diede la possibilità di fare alcunché: Megatron trasformò la sua mano in una mazza ferrata, estremamente lunga, che come una frusta intercettò in aria l’Autobot facendolo schiantare a terra.

“Siete pronti a morire l’uno per altro” continuò Megatron.

Bumblebee mirò di nuovo alle ginocchia del capo Decepticon, che però col suo cannone sparò un primo colpo sul pavimento proprio davanti all’Autobot, sbalzandolo in aria.

E un istante dopo, sparò un secondo colpo contro l’Autobot stesso.

Bumblebee ruotò istintivamente su se stesso, cosi la raffica di energia gli disintegrò solo una gamba anziché la testa

Ironhide fece nuovamente fuoco con i cannoni delle braccia, Megatron lanciò ancora la sua mazza, con alla sommità la sua mano: quest’ultima si aprì, intercettò in aria i colpi di Ironhide, lo raggiunse afferrandolo per le braccia e lo trascinò con se fino al braccio da cui era partita.

Megatron si portò all’altezza del viso l’Autobot, che penzolava dalla sua mano. “E siete pronti a seguire Optimus Prime sin nella morte per rispetto. Una cosa che invece i miei Decepticons farebbero solo perché mi temono come la morte stessa. Altrimenti mi avrebbero tradito da un pezzo”.

Megatron chiuse a pugno la mano, stritolando le braccia di Ironhide come niente e lasciandolo cadere a terra inerte.

Ratchet si avvicinò di soppiatto e puntò il suo fucile su una colonna che stava proprio sopra Megatron.

Che lo anticipò e senza neppure voltarsi sparò fulmineo un unico colpo verso l’alto, facendo cadere sull’Autobot un’intera porzione del soffitto.

“Un comportamento che ammiro e che ho voluto vedere in azione un’ultima volta. Ora, addio valorosi insetti!” concluse Megatron puntando il suo cannone sulla testa di Ironhide per cominciare da lui l’esecuzione.

E fu allora che il Decepticon venne colpito alle spalle da Brawl.

Megatron cadde in ginocchio, fece per alzarsi e si girò, in tempo per vedere anche Bonecrusher piombare su di lui.

Il colpo mandò il leader Decepticon a sbattere contro una parete, sfondandola.

I due robot non si erano certo scontrati volontariamente col loro leader.

“Non sottovalutarmi, fratello. Hai commesso abbastanza crimini” disse Prime emergendo dallo squarcio nel pavimento e recuperando il suo fucile.

Megatron si guardò intorno. “Te l’ho già detto, Prime. Adesso non posso giocare con te. Starscream!”

Delle sfere energetiche piombarono dall’alto, riempiendo il luogo con una luce accecante.

Megatron aveva previsto quella mossa non appena aveva visto Starscream piazzato sopra tutti loro, quindi aveva già adattato a quella luminosità i suoi sensori visivi, come pure i suoi seguaci.

Ma gli Autobots no, e per qualche secondo rimasero accecati.

Quando anche loro adattarono i propri sensori visivi, videro i Decepticons entrare uno dopo l’altro in un ammasso energetico sospeso a mezz’aria.

Blackout sembrò esitare. “Lord Megatron, ma siamo sicuri che…”

“Non discutere il volere di Primus!” tuonò Megatron, che con un pugno nella schiena spinse il suo soldato nel portale.

Ormai era rimasto solo Megatron, che guardò in faccia il suo rivale. “Quando ci rivedremo, per te sarà finita. Ma adesso ho altro da fare. Arrivederci, fratello”.

E scomparve anche lui.

Anche la luce accecante che aveva invaso quel luogo scomparve.

Rimase solo il portale, che iniziò a fluttuare e a rimpicciolirsi.

“Autobots, venite qui!”

I quattro robot malconci si rialzarono e zoppicando andarono dal loro leader.

Insieme si avvicinarono al portale.

Poi Prime guardò i suoi compagni e mise una mano sulla spalla di Bumblebee, che era sorretto da Ratchet.

Dagli occhi di Prime uscirono dei raggi che colpirono gli occhi dell’Autobot più piccolo.

“Ma… che significa?” domandò perplesso Bumblebee quando i raggi cessarono.

“Ti ho trasmesso le coordinate per trovare il nascondiglio dell’Allspark” rispose Prime.

“E perché l’hai fatto?” chiese Jazz.

“Perché ora che i Decepticons non ci sono più, potrete usare l’Allspark per ripopolare il pianeta senza correre il rischio di venire intercettati”.

Ratchet guardò Prime perplesso. “Perché usi il ‘voi’? Che cosa intendi fare?”.

“Andrò dietro ai Decepticons, per fermarli”.

“Ma è assurdo! Non sappiamo nemmeno a cosa serva questo congegno. Per quanto ne sappiamo, quei maledetti potrebbero pure essere stati vaporizzati!” obbiettò Ironhead.

“Forse. O forse no. Qualunque cosa avessero in mente, vanno fermati. E non posso correre il rischio che facciano del male ad altri”

“Allora lasciaci venire con te, potremmo aiutarti!” intervenne Ratchet.

“Giusto. Con l’Allspark, Bumblebee può ripopolare il pianeta anche da solo” incalzò Jazz, e Bumblebee annuì.

“Non se ne parla, è troppo pericoloso. Addio, miei Autobots, che Primus sia con voi”.

Prime saltò anche lui dentro il portale, un momento prima che si richiudesse.

  
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