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Autore: AlexiaLil    20/05/2015    5 recensioni
Una pagina di diario di Nashi Dragneel, la sua personale interpretazione di "mamma" e "papà".
Storia legata alla realtà di "La affido a voi, Caldo e sole, Compleanno innevato e L’amore di un fulmine".
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Natsu/Lucy, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Pieces of ... Fairy Tail'
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Nonno Gildarts mi raccontò che, la prima volta che mi vide, ancora neonata, fra le braccia di Cana, gli venne un colpo e cominciò a urlare inveendo contro “l’inesistente bastardo” che aveva avuto l’ardire di “profanare” la sua amata figlia.
Quando però mi vide meglio e gli fu spiegata la mia situazione, pianse a dirotto, disperato e addolorato di non esserci stato, di non aver potuto fare la differenza.
E m’insegnò a chiamarlo nonno, perché mio padre era un figlio per lui.
 
Mi è stato raccontato tanto di loro, su mio padre e mia madre e, ovviamente, non sono riuscita a farmi proprio un’idea chiara su chi fossero.
Troppi pareri discordanti.
Mi sono stati mostrati disegni e ritratti, foto di loro e crescendo mi sono riconosciuta nel loro aspetto, trovando somiglianze: gli occhi di mamma, il sorriso di papà.
Ma rimangono comunque due immagini stampate, tratti del mio aspetto e del mio carattere che non potrò mai più confrontare a pelle con loro.
Una cosa però è stata un’unanime storia: che si amavano.
Tanto da infuocare l’aria attorno a loro, tanto da ignorare la paura, tanto da sembrare quasi in simbiosi, da cercarsi ogni secondo e trovarsi senza sforzo.
Tanto da avere me e da sorridermi nel momento in cui capirono che non avrebbero potuto più crescermi, ma consapevoli che sarei stata in buone mani.
Mi amavano tanto che mio padre, quando ancora crescevo nel ventre di mamma, mi parlava in continuazione, spalmando viso e bocca sulla pancia, promettendomi una vita di avventure insieme e lei mi leggeva le bozze del suo libro, le avventure che viveva insieme ai suoi compagni e all’uomo che la stava rendendo madre.
Levy si commuove sempre quando accenna a loro, alla sua cara Lu-chan e quando mi parla di queste cose.
 
Io continuo a non poter chiamare mia madre “mamma” e mio padre “papà”; sono foto sbiadite, storie in sorrisi mesti, nomi sussurrati fra le mura della Gilda, due lapidi bianche e lisce al cimitero.
Mamma e papà non sono nemmeno stati le mie prime parole; però, in un certo senso, riesco a dar loro un’emozione, un sentimento, che riesca in qualche modo avvicinarsi alla realtà:
 
Mamma sono le ninne nanne di Mira,
sono le risate con Cana,
sono le favole di Levy,
sono i peluche di Juvia,
sono i costumi buffi che Erza mi faceva indossare e le torte alle fragole mangiate insieme,
sono le coccole di Wendy,
sono i baci sulla guancia di Lisanna,
sono gli insegnamenti di Yukino,
sono gli abbracci soffici di Aries e i saluti lontani di Acquarius,
sono i “principessa” di Virgo.
 
Mamma ha il loro suono dolce, le loro carezze, il loro profumo e il loro amore.
 
Papà è più caotico, papà è forza e orgoglio.
 
Papà sono le lezioni di chitarra con Gajeel,
sono i gelati in estate con Gray,
sono i buffetti fugaci di Laxus,
sono gli “uomo” urlati da Elfman,
sono le preoccupazioni di nonno Makarov,
sono le linguacce giocose di Bixlow,
sono le lezioni di lingua antica di Fried,
sono i racconti entusiastici di Romeo,
sono le raccomandazioni di Pantherlily,
sono le giornate di pesca con nonno Gildarts e Happy
sono i tagli di capelli di Cancer,
sono gli allenamenti con Capricorn,
sono le dritte su come sfuggire ad un abbordaggio di Loki,
sono le risse improvvise.
 
Non ho una mamma e nemmeno un papà. Non li ho più e mai li riavrò indietro.
Ho tanti momenti di affetto, ho tanti giorni di gioia e tristezza.
Ho tanti giorni non vissuti con loro tanti quanti sono stati i ricordi che non mi sono mancati, donati da chi li conosceva meglio, dalla mia famiglia.
Mamma e papà non hanno un solo aspetto; sono tanti colori diversi di occhi e capelli, tante risate cristalline e sguaiate e tante urla, tanti muscoli e abbracci morbidi, tante voci, tante tonalità di chiamare il mio nome.
 
Ma non ce n’è una che non racchiuda almeno un pezzo del profondo amore di mio padre e mia madre.

 
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Scrivo questa come se non fossi consapevole di avere 3 lavori diversi da finire.
Ma il mio cervello non si spegne anche quando lavora nella realtà, perché questa era da tempo chiusa in un cassetto del mio cervello in attesa di nascere.
Volevo dargli un tono infantile, come se fosse stato un tema della piccola Nashi ma, ovviamente da come di può capire dallo stile tutt’altro che bambinesco, questo si potrebbe considerare come un estratto del diario di una Nashi adolescente o comunque non bambina di sette anni, come l’ultima volta che ve l’ho mostrata.
Ovviamente è una storia legata alla realtà raccontata in altre mie Fiction perché Natsu e Lucy sono morti e la loro bambina è stata cresciuta dalla gilda.
 
“La affido a voi” è stato il mio ingresso nel fandom, il primo lavoro dopo anni e pensare di scrivere di nuovo su quella scia malinconica, mi fa sentire come quando decisi di nuovo di pubblicare, di scoprire le carte su quello che credo di saper fare e raccontare.
E’ come se stessi dicendo addio a qualcosa, ma ovviamente non smetterò tanto presto di scrivere qui.
Fa uno strano effetto. Sarà l’odore di pioggia che sento dalla finestra, ma stamattina c’ho messo 30 minuti del mio tempo libero per buttarla giù, questa pagina di diario, e non credo che tanto presto mi verrà così naturale raccontare una storia.
 
Le note di tammy oggi sono schifosamente tristi, cacchio è?
   
 
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