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Autore: Fiamma Erin Gaunt    20/05/2015    1 recensioni
[Prequel de “Il Tridente di Poseidone”]
[Spin off sulla vita di Barbossa prima del suo arrivo nella ciurma di Jack]
[Storyline: 25 anni prima dei fatti de “La maledizione della Prima Luna”]
Dal testo:
“Ringraziò mentalmente Calico e la sua ingenuità, senza il suo desiderio di vedere sempre il buono nelle persone non sarebbe mai arrivato dov’era. Un pensiero corse anche ad Arabella, l’ affascinante primo ufficiale che si apprestava a lasciare alle sue spalle. Quella ragazza gli aveva irretito i sensi, starle lontano per un po’ gli avrebbe solo fatto bene e, se il destino avesse voluto, si sarebbero rincontrati in qualche porto.”
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hector Barbossa, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Breath of eternity

 

 

 

 

La prima volta che Hector aveva posato gli occhi su Arabella Drummond era stata a Tortuga, all’epoca lui aveva appena lasciato la marina, stufo di condurre una vita in cui le privazioni erano tante, troppe, e le libertà troppo poche. Era giunto su quell’isola, che durante i suoi anni da marinaio aveva sempre sentito disprezzare in quanto covo della peggior feccia di pirati che solcasse i mari, alla ricerca di una ciurma in cui arruolarsi. Giunto nella locanda principale, situata a pochi metri dal molo, era rimasto sorpreso nel trovare una donna con indosso abiti maschili. In quegli anni, il mare e le navi erano considerate esclusivamente oggetto di interesse degli uomini, le donne avrebbero fatto meglio a starsene al loro posto, ad accudire la casa e i figli. Quella ragazza invece, il suo giovane viso non dimostrava più di diciotto anni, sembrava essere perfettamente a suo agio e discorreva allegramente con gli uomini seduti al suo tavolo, che sembravano trattarla da pari.

- Bella, sei sicura che il Capitano non avrà da ridire? –

Udì chiederle da uno dei pirati, quello che sembrava essere il più sobrio del gruppo.

- Sta tranquillo, Frankie, con Calico me la sbrigo io. –

Sgranò leggermente gli occhi, riconoscendo il soprannome sotto cui si celava l’identità di Jack Rackham, nientemeno che l’inventore del Jolly Roger.

- E poi, credo che il Capitano e Anne abbiano di meglio da fare che pensare a noi – aggiunse un altro, suscitando le risate e i commenti maliziosi dei suoi compagni.

La ragazza alzò gli occhi al cielo, in una buffa espressione tra l’esasperato e il divertito.

- Vado a prendermi un altro boccale – annunciò, lasciando il tavolo e muovendosi in direzione del bancone.

Gli passò accanto, fulminandolo con i suoi singolari occhi; non li aveva notati prima, troppo preso dallo stupore nell’apprendere dell’esistenza di una donna pirata, ma ora che l’aveva vicina, li vide chiaramente. L’occhio destro era di un azzurro talmente chiaro che sembrava ghiaccio, l’altro di un blu cupo che rammentava le profondità marine. Osservò quell’affascinante eterocromia, forse soffermandosi fin troppo, perché gli rivolse un’occhiata capace di gelare un vulcano in eruzione.

- Cosa hai da guardare, mai vista una donna prima d’ora? –

Qualcosa, nel suo tono sarcastico condito da una punta d’arroganza, lo spinse a replicare a tono.

- Vorresti farmi credere che ti consideri una donna, piccina? –

- Ho ucciso per molto meno di ciò che hai detto, marinaio. –

Hector le rivolse un sorriso sghembo, consapevole che così facendo non avrebbe fatto altro che farla arrabbiare ancora di più.

- Ma davvero? Sono impressionato. –

- Sai, non mi piaci proprio per niente – decretò Arabella, continuando a fissarlo in cagnesco.

- Ne prendo atto, ma confesso che anche tu non mi hai fatto una grande impressione. -

La pirata stava per rispondergli a tono, quando la voce calda di Calico Jack interruppe il loro scambio di frecciatine.

- Cosa ti ho detto a proposito delle risse? –

- Di evitarle – replicò in un borbottio, aggrottando la fronte davanti al sorriso divertito del suo rivale.

E così, adesso che c’era il suo Capitano, abbassava la cresta. Era giovane, ma sapeva obbedire agli ordini, una dote da apprezzare e di cui tenere conto visti i tempi che correvano. La lealtà, in quegli anni, era ormai da considerarsi un lusso. Calico Jack, un uomo che doveva avere all’incirca ventisei anni, tre meno di lui, gli rivolse uno dei suoi sorrisi che erano conosciuti in tutti i porti per la facilità con cui stregavano le persone. Quell’uomo aveva la fama di essere un pirata gentiluomo, il più affascinante che solcasse gli oceani, e questa sua predisposizione alla diplomazia si manifestava ogni qualvolta se ne presentava l’occasione.

- Vi chiedo scusa se il mio primo ufficiale vi ha importunato, signor …? –

- Barbossa. Hector Barbossa. –

- Non credo di conoscere il vostro nome, cosa vi conduce a Tortuga? –

- Il desiderio di libertà e di una nuova vita – replicò sinceramente.

Calico si accigliò lievemente, - Desiderate forse imbarcarvi? –

- Stai pensando ad un nuovo mozzo, Jack? – intervenne Arabella, in tono palesemente derisorio.

- In realtà pensavo ad un navigatore; mi sembra una persona di cui ci si può fidare, ed il mio sesto senso non sbaglia mai. Allora, Barbossa, volete entrare a far parte della mia ciurma? –

Hector rimase spiazzato dall’offerta. Quando aveva deciso di recarsi a Tortuga, non avrebbe mai pensato di trovare un posto in una ciurma già la prima sera, né che questa fosse una delle più famose.

- Accetto. –

- Fantastico, salpiamo all’alba. –

Detto ciò, si congedò con un cenno del capo e uscì dalla locanda, probabilmente diretto nuovamente alla nave e alla sua Anne.

Arabella, gli occhi che lampeggiavano furenti, gli lanciò un ultimo sguardo decisamente poco amichevole e tornò dai suoi compagni. Le rispose con un inchino beffardo. Infantile, certo, ma il provocare quella ragazza lo divertiva in modo sorprendente.

 

 

 

*

 

 

 

- Barbossa … Barbossa, si può sapere dove diavolo ti sei cacciato? –

Arabella alzò gli occhi al cielo. Era mai possibile che quell’uomo riuscisse a sparire nel nulla ogni volta? In nome di Poseidone, erano su una nave in mezzo all’oceano, non c’erano poi tutti questi posti in cui nascondersi.

Hector si sporse dall’albero maestro.

- Si può sapere cosa hai da urlare in quel modo, Drummond? –

- Io urlo quanto mi pare e piace; piuttosto, come mai sei appeso lì come una scimmia? –

Con un balzo, atterrò a pochi passi da lei, risistemandosi il tricorno sul capo.

- Prendevo un po’ d’aria. –

- Certo, su una nave in mezzo all’oceano l’aria manca spesso –, commentò sarcastica, - Non insultare la mia intelligenza. –

Hector scrollò le spalle, picchiettandosi un dito sulla guancia con aria assorta. La ragazza lo osservò, notando nuovamente la cicatrice che fin dal loro primo incontro l’aveva incuriosita.

- Posso farti una domanda? –

- Siamo passati alle confidenze adesso? – replicò perplesso.

- È solo una curiosità che ho da un po’ di tempo, ma se è qualcosa di personale non fa niente. –

Il pirata la invitò ad andare avanti con un cenno del capo.

- Quella cicatrice che hai sotto l’occhio, non è un colpo di spada né una ferita prodotta da altre armi, come te la sei fatta? –

Hector trattenne a fatica un’espressione sorpresa. La cicatrice a cui si riferiva era poco più di un segno, una lieve rientranza all’altezza dello zigomo che veniva notata solo da chi lo guardava con attenzione.

- Risale a sedici anni fa, quando avevo tredici anni, poco prima che scappassi di casa. Me l’ha fatta mio padre, è un piccolo ricordo di quando mi ruppe lo zigomo. –

Lo disse con tranquillità, come se il fatto che suo padre fosse solito picchiarlo non contasse nulla per lui. In effetti era così, era passata più di metà della sua vita da allora e quei ricordi appartenevano ormai al passato. Era un uomo adulto ora, non più il moccioso che cercava di proteggere i suoi fratellini e si faceva picchiare al posto loro quando il padre aveva uno dei suoi attacchi d’ira.

- Ne parli come se non fosse nulla d’importante, invece non dovrebbe essere così. –

- Sono cresciuto, la mia vita è cambiata e sono contento di ciò che sono ora. – replicò, tornando a guardare il cielo stellato. Per chi viveva in mare, le costellazioni erano una sorta di mappa aggiuntiva, lui invece le aveva sempre amate, anche quando viveva in quella casetta in mura bianche a qualche chilometro dal porto.  

Arabella rimase in silenzio, osservando la sua espressione persa nel cielo notturno.

- Sei un uomo strano, Hector Barbossa. –

- E perché mai, di grazia? –

Scrollò le spalle, non sapendo bene come spiegarlo a parole. Lo sentiva e basta, non c’era una ragione particolare.

- Lo sei, punto e basta. –

Hector le rivolse quel sorriso sarcastico che aveva il potere di farle perdere le staffe.

- Bè, questa sì che è una spiegazione più che soddisfacente. –

- Non burlarti di me – protestò, punta sul vivo. Aveva impiegato anni per costruire quella reputazione da giovane donna pirata dura e implacabile ed ora quel navigatore, che lei considerava come poco più di un mozzo, si permetteva di prendersi gioco di lei e confonderle le idee con i suoi comportamenti imprevedibili.

- Le mie scuse più sincere. –

Il sorriso rimase tuttavia impresso sul volto dai tratti volitivi.

- Ti consiglio di non sorridere quando ti scusi, sei poco credibile. –

- Touchè. –

La replica dell’uomo, inaspettatamente, la fece scoppiare a ridere.

Barbossa le rivolse un’occhiata interrogativa, ma lei non lo degnò di una risposta e si diresse verso la sua cabina, continuando a ridacchiare sotto i baffi.

Bah, donne, chi le capiva era bravo.

 

 

 

*

 

 

 

- Hector, avvicinati. –

La voce di Simon il Marsigliese, Signore del Mar Caspio, che in quegli ultimi sei mesi era stato il suo Capitano lo spinse ad avvicinarsi al suo letto. L’uomo era ormai prossimo alla dipartita, come lasciava capire il respiro corto e i gemiti che si levavano ogni volta in cui le onde del mare davano qualche scossone alla nave.

- Simon, sono qui – assicurò, dando voce a ciò che era ovvio e permettendogli di avere la certezza che i suoi ordini fossero stati eseguiti. Da un paio di giorni, infatti, il Pirata Nobile aveva difficoltà a tenere gli occhi aperti; la luce gli era divenuta insopportabile e tenerli aperti al buio sarebbe stato del tutto inutile.

- Prendi questo – mormorò, porgendogli una sfera di legno. Era l’occhio con cui lo aveva più volte visto giocherellare quando rifletteva ed era sovrappensiero. Il pezzo da otto del Pirata Nobile del Mar Caspio, quello che Calico gli aveva chiesto di recuperare quando gli aveva ordinato di imbarcarsi sulla Queen Nikita.

Lo intascò, assicurandogli che avrebbe adempiuto alle responsabilità che derivavano dal suo titolo. Il vecchio pirata sospirò, sollevato, prima di lasciar ricadere il braccio inerte.

Simon il Marsigliese era morto.

Uscendo dalla cabina, Hector si rimise in testa il tricorno, che aveva rispettosamente tolto quando si era recato al cospetto del morente, e si rivolse al resto della ciurma.

- Il Capitano è morto, mi ha affidato il comando. –

Un mormorio indignato si levò dal resto della ciurma. Ma come, veniva scelto come suo erede un novizio?

Barbossa mise mano alla pistola, colpendo in pieno petto l’uomo che aveva dato il via alle rimostranze, che morì sul colpo. Il tonfo del corpo che cadeva riecheggiò sinistramente in tutta la nave, placando i borbottii.

- Ci sono altre lamentele? –

Il grido che si levò fu unanime.

- No, Capitano. –

- Quand’è così, branco di sudici topi di fogna, tornate ai vostri posti. –

- La destinazione, Capitano? – interloquì il primo ufficiale, avvicinandoglisi rispettosamente.

- Capo di Buona Speranza. –

Osservò la sua ciurma che si affannava per invertire la rotta e seguire i suoi ordini, rigirandosi l’occhio di legno tra le mani. Questo rendeva a dir poco superfluo il tornare da Calico Jack. Lasciò vagare lo sguardo all’orizzonte, godendosi la frizzante brezza marina che gli accarezzava i capelli castano rossicci e assaporando la sensazione di realizzazione che stava provando in quel momento. Lui, che solo due anni prima era un giovane ufficiale della marina, si ritrovava ora come Capitano di un vascello pirata e, come se ciò non bastasse, con il titolo di Pirata Nobile. Ringraziò mentalmente Calico e la sua ingenuità, senza il suo desiderio di vedere sempre il buono nelle persone non sarebbe mai arrivato dov’era. Un pensiero corse anche ad Arabella, l’ affascinante primo ufficiale che si apprestava a lasciare alle sue spalle. Quella ragazza gli aveva irretito i sensi, starle lontano per un po’ gli avrebbe solo fatto bene e, se il destino avesse voluto, si sarebbero rincontrati in qualche porto.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

A quanto sembrava il destino era dalla loro parte, pensò Barbossa, quando fecero scalo a Tortuga e si ritrovò nella stessa bettola in cui l’aveva incontrata per la prima volta. Era sempre con il resto della sua ciurma, ma qualcosa sembrava cambiato in lei. L’aria arrogante era ancora al suo posto, ma lo scintillio negli occhi se ne era andato. La osservò per una ventina di minuti, chiedendosi se e quando si sarebbe accorta della sua presenza. Fu solo quando si alzò, abbandonando i suoi compagni e dirigendosi verso l’uscita che si decise ad attirare la sua attenzione, alzando il boccale e brindando al suo indirizzo.

L’espressione sul volto di Arabella cambiò, passando dall’apatia a un sincero stupore, mentre gli occhi tornavano ad illuminarsi. Il pensiero che la sua sola vista le facesse quell’effetto lo galvanizzò; in fin dei conti, erano mesi che era per mare, senza vedere terra neanche per una manciata di minuti, e la mancanza di una donna cominciava a farsi sentire.

- Barbossa, quale vento ti ha condotto qui? –

- Vento di avventura, lo stesso che guida la tua nave, Drummond. –

Si scambiarono un’occhiata carica di sottintesi.

- Un Capitano offrirebbe da bere ad un umile ufficiale? – chiese ironicamente, accomodandosi al suo tavolo.

Per tutta risposta Hector fece cenno ad una cameriera di portare altri due boccali.

- Sei sparito, Jack ne è rimasto sorpreso. –

- Tu no? –

- No, ti conosco bene, Barbossa. Tu sei come me, coltivi i tuoi egoistici interessi e non ti curi degli altri. –

- È un giudizio severo – commentò, mentre la donna serviva loro i boccali.

- È un giudizio veritiero, e non trovo nulla di male in ciò – lo contraddisse, afferrandone uno e facendolo sbattere contro il suo.

- Dunque, approvi la mia condotta. Curioso. –

- L’approvo e la condivido. A cosa brindiamo? –

- Al nostro incontro e agli egoistici desideri. –

Fecero scontrare nuovamente i boccali, vuotandoli d’un sorso.

Arabella lo osservò da sopra il boccale, sorprendendosi per l’effetto che le faceva rivederlo. Mai, in tutta la sua vita, aveva provato una sensazione del genere. Tuttavia non si faceva illusioni, loro appartenevano al mare, i legami convenzionali non sarebbero mai stati adatti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[2.311 parole]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Una piccola OS senza pretese che se ne stava nascosta da parecchio tempo tra le cartelle del mio pc. Adoro il personaggio di Barbossa: intelligente, scaltro e con un senso dell’onore tutto suo … perciò dedicargli questa breve fic é stato automatico. I fatti narrati riprendono vicende molto antecedenti quelle della saga cinematografica e tre dei personaggi citati hanno un’esistenza storica … mi riferisco chiaramente a “Calico” Jack Rackham, Anne Bonny e Arabella Drummond. Diciamo che in questa mia versione Barbossa é intorno alla trentina e in futuro avvierà una relazione piuttosto intensa con Arabella che porterà alla nascita di due figli … da qui il motivo per cui pubblico la OS prima di cominciare con il primo capitolo della mia long. Potremmo definirlo una sorta di spin off in definitiva. Spero che vi sia piaciuta e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

        Fiamma Erin Gaunt

  
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