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Autore: wintersea_    22/05/2015    2 recensioni
Dal testo:
"I tratti del viso, tipici degli orientali, erano stati ulteriormente sottolineati dall’eyeliner nero. Sembrava essere più piccolo di me e forse lo era. Appena mi sedetti mi sorrise facendomi quasi venire un infarto. Quel sorriso apriva le porte del paradiso, i denti bianchi, le labbra tese, gli occhi luminosi che sembravano ancora più piccoli per colpa del trucco. C’era qualcosa dietro tutto quello che mi incantava e forse se ne accorse perché ad un certo punto arrossì leggermente."
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visto che mi hanno sempre detto che è una coppia poco seguita io ho voluto fare come sempre di testa mia e scriverci qualcosa sopra. Spero vi piaccia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Key, Minho, Onew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mai in tutta la mia vita avrei pensato di poter vincere quel concorso. Io, Kim Kibum, un semplice ragazzo coreano tra milioni di fotografi professionisti. Eppure ce l’avevo fatta, tra le mani ne avevo la prova. Avrò riletto quella lettera di congratulazioni circa duecento volte prima di convincermi che fosse reale. In quel momento solo una parola mi risuonava nella mente: America.
Mia madre piangeva disperata, non voleva che partissi, mio padre si limitò a stringermi la mano per congratularsi. Non aveva mai accettato che suo figlio si interessasse alla moda, come non aveva mai accettato di avere un figlio gay. Avevo fatto coming out soltanto due anni prima quando la mia passione per la moda e la fotografia aveva surclassato quella per la pittura.
Avevo partecipato a quel concorso per pure noia, ero sdraiato sul mio letto a fissare il soffitto soprapensiero quando mi si presentò sulla porta il mio compagno di classe, non che fidanzato, Choi Minho, con un sorriso che avrebbe fatto nascondere anche il sole per lasciarlo risplendere.
“Ciao Key” mi si buttò affianco poggiando la testa sul mio petto
“Cosa ci fai qui?” gli chiesi dopo avergli accarezzato il viso
“Mi mancavi” si avvicinò lentamente e mi baciò.
I suoi baci erano un esplosione di emozioni, il cuore cominciava a battere all’impazzata, lo stomaco si intrecciava e tutto il mondo spariva. Ancora oggi, se ci penso, mi vengono i brividi e sento la sua mancanza.
“Ti va di farmi da modello?” gli sussurrai tra un bacio e un altro mentre la luce del sole incorniciava i suoi tratti perfetti.
“Modello? Ma, Key, io non sono capace..”
Gli presi il viso e lo baciai sfilandogli la maglia “Ti aiuto io, tu devi solo restare qui e stare buono okay?”
Mi alzai cercando la mia macchinetta fotografica e lo aiutai a mettersi in posa “No Minho, tieni il braccio un po’ più su, ecco cosi bravo” click “ora sposta la gambe più di la, perfetto” click “passa una mano tra i capelli e gira il viso verso la finestra. Si ecco bravissimo, fermo cosi” click.
Continuammo cosi per circa due ore fino a che la memoria della mia macchinetta si rifiutò di accettare altra perfezione. Presi il pc e comincia a scaricarle passandola una per una con Minho affianco a me che guardava la sua riproduzione sullo schermo del computer.  Ogni singolo scatto era arte. La curva perfetta delle sue braccia tese, il fisico scolpito che lo faceva assomigliare alle statue greche che erano simbolo di perfezione, il suo sorriso il quelle foto in cui gli dicevo di non aver ancora scattato, allora lui si rilassava, il suo viso si distendeva in un sorriso dolce e felice e i suoi occhi si illuminavano, ma le foto dove era serio erano assolutamente la perfezione. Il suo sguardo penetrante mi era puntato nella macchinetta in un’espressione di pura concentrazione, quasi volesse sembrare cattivo. E un po’ lo sembrava, tanto che alcune mi mettevano i brividi.
Poi, finalmente, la trovai. La foto giusta, la posa perfetta, la luce ideale. Minho era seduto sul letto, il viso era girato verso la finestra e se ne distinguevano solo i lineamenti, la luce del sole baciava il suo petto nudo, le braccia erano poggiate sulle gambe e le mani cadevano sulle ginocchia. Il perfetto gioco di luci e ombre lo rendeva ancora più perfetto di quello che era. Sorrisi immediatamente e mi girai a guardarlo “Guarda quanto sei bello, questa foto non ti rende giustizia”
Minho arrossì violentemente e abbassò lo sguardo. “Forse dovresti inviarla questa..”
“Inviarla dove?” lo fissai senza capire.
Lui sospirò e mi mostrò un sito internet in inglese “So quanto sarebbe importante partecipare a questo concorso per te, infondo ci rientri ancora con l’età e quella foto sembra piacerti proprio tanto. Perché non provare?”
“E se poi dovessero prendermi?”
“Andrai in America..” disse in un sussurro guardando il pavimento
“E tu cosa farai?” lo guardai con un peso sul cuore. Io amavo Minho, anche se non glielo avevo mai detto espressamente,  ma anche quel concorso sarebbe stato importante per me, la fotografia era la mia vita.
“Cosa vuoi che faccia Kibum? Resterò in Corea, magari mi metterò a lavorare nel  negozio di mio padre.”
“E cosa ne sarà di noi?” avevo il cuore che mi martellava nel petto, pensare di lasciarlo era impensabile.
“Ci penseremo nel momento in cui vincerai, perché so che ce la farai” alzò di scatto lo sguardo e mi sorrise. Quel cambio di umore cosi improvviso mi spaventò. “E ora forza, facciamo questa iscrizione e mandiamo questa foto okay?”
 
Da quel giorno erano passati 11 mesi, 15 giorni e 10 ore. Come faccio a ricordarlo cosi bene? Perché appena Choi Minho uscì da casa mia fu investito da una macchina e morì sul colpo. I medici sostengono che non abbia sofferto, il mio cuore invece si. Per mesi mi rifiutai di uscire dalla mia camera, di alzarmi dal letto o di toccare ancora la macchinetta fotografica. Minho era l’unico che non aveva mai giudicato le mie scelte, o le mie passioni.
La prima cosa che feci dopo aver ricevuto quella lettera fu guardare il cielo e scoppiare in lacrime. Non avevo mai pianto la sua morte, mi ero sempre rifiutato, ma mentre la parola “America” mi risuonava insistente nella testa, l’immagine di Minho che mi sorrideva invadeva il mio campo visivo.
“Grazie Minho” sussurrai prima di chiudere la valigia. Presi la sua maglia e la infilai. Il suo odore ormai era svanito ma io lo ricordavo cosi bene che mi sembrava ancora di sentirlo.
 
Il volo per l’America mi devastò, le poche energie che mi erano rimaste mi bastarono per dirigermi alla camera che mi era stata assegnata nel campus di specializzazione e buttarmi sul primo letto che trovai senza nemmeno preoccuparmi di salutare il mio compagno di stanza.
La mattina dopo quando mi svegliai lo trovai ad osservarmi, solo in quel momento realizzai che anche lui era coreano. I tratti del viso, tipici degli orientali, erano stati ulteriormente sottolineati dall’eyeliner nero.  Sembrava essere più piccolo di me e forse lo era. Appena mi sedetti mi sorrise facendomi quasi venire un infarto. Quel sorriso apriva le porte del paradiso, i denti bianchi, le labbra tese, gli occhi luminosi che sembravano ancora più piccoli per colpa del trucco. C’era qualcosa dietro tutto quello che mi incantava e forse se ne accorse perché ad un certo punto arrossì leggermente.
“Buongiorno” mi disse in coreano ancora sorridendo “Mi dispiace disturbarti ma il corso inizia tra 10 minuti e dovresti sbrigarti, qui non sono molto flessibili sugli orari”
“emm.. si certo” mi sentivo a disaggio sotto quel suo sguardo cosi puro e sincero. Sembrava potermi leggere l’anima.
“Comunque piacere, sono Lee Jinki ma tutti mi chiamano Onew”
“Io sono Kim Kibum, per gli amici Key”
“Beh piacere Key” il suo sorriso si allargò ancora di più, aveva lo stesso entusiasmo di un bambino “Spero che diventeremo amici, anche perché io sono il modello che ti è stato affidato per il tuo corso di specializzazione”
“Cosa? Fotografi e modelli dividono la stanza?” ero sorpreso, di solito ci sarebbe dovuto essere un distacco professionale.
“Qui pensano che più ti conosci, meglio vengono le foto, valli a capire” alzò le spalle e chiuse gli occhi scuotendo la testa per poi tornare subito a sorridermi “Il bagno è di la, ci sono asciugamani e tutto quello che ti serve. Io ti aspetto cosi scendiamo insieme  e vediamo che compito ci verrà assegnato”
Scattati in piedi e corsi in bagno a prepararmi. Era tutto surreale, il mio modello come compagno di stanza, in più sembrava poco più di un bambino. E allora perché sentivo tutte quelle strane sensazioni dentro di me? Decisi di farmi una doccia per schiarirmi le idee.
Uscii dal bagno esattamente 10 minuti dopo, i capelli biondi perfettamente pettinati e coperti da un cappellino di lana nero, jeans strappati e felpa rossa. Onew mi guardò e sorrise alzandosi in piedi.
“Non sei molto eccentrico per essere un fotografo”
“Cosa vuoi dire?” mi avvicinai a lui notando solo in quel momento l’enorme differenza di altezza tra me e lui.
“Te ne accorgerai presto, ti basterà uscire da quella porta” si avvicinò allo specchio per sistemarsi i capelli castani leggermente pettinati da un lato. “Andiamo dai” mi prese la mano e mi trascinò fuori.
Una scarica elettrica mi attraversò il corpo. Non riuscii a capire se fosse per la mano di Onew stretta nella mia o per l’eccitazione e la felicità di essere davvero la.  Probabilmente entrambe.
La parola “eccentrico” non bastava per definire quello che c’era in quel campus. C’erano modelli che giravano a petto nudo con pantaloni di pelle attillati, ragazze che sembravano più spogliarelliste a fine spettacolo che altro, fotografi dai capelli blu elettrici o rosa confetto. Insomma, di gente strana ce n’era, eppure non mi ero mai sentito più a casa di cosi.
Arrivammo in classe quasi per ultimi, nascondendoci dietro a tutti. L’insegnante stava già parlando, blaterando sul fatto che instaurare un rapporto tra fotografo e modello fosse importante per rendere la fotografia viva, reale, capaci di esprimere un’emozione.
“Secondo te questo vuole che andiamo a letto insieme? Vedi te poi che fotografia carica di emozione che gli portiamo” mi sussurrò Onew nell’orecchio rischiando di farmi scoppiare a ridere.
“Bene, ora che ci siamo chiariti sui motivi della disposizione delle stanze, veniamo al compito di questa settimana. Voglio ricordarvi che a fine semestre verranno scelte solamente 5 copie su 60, quindi mettetecela tutta  e cercate di non consegnare i lavori in ritardo. Bene, quindi come vi stavo dicendo, il lavoro per questa settimana rappresenta portarci 3 foto dei vostri modelli in normali azioni della vita quotidiana, quindi per iniziare niente set fotografici. Tutto quello di cui potrete usufruire saranno le vostre capacità da fotografi e i vostri modelli. Buon lavoro”
Tutti si alzarono ma io no, ero rimasto li seduto in preda al panico. Fotografare azioni di vita quotidiana non era cosi facile come poteva sembrare. Significava trovare la giusta luce, la giusta inquadratura, il giusto momento.. significava vivere letteralmente l’uno la vita dell’altro, imparando a conoscere vizi e abitudini.
“Eccitante no? Da dove vuoi cominciare? Andiamo in giardino o non lo so dimmi tu, io so solo mettermi in posa ma di luci non ci capisco una mazza” Onew era entusiasta come sempre, aveva un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro e non vedeva l’ora di cominciare.
“Beh direi di cominciare dal pranzo, sono davvero affamato, cosa ne pensi?”
“Pranzo?” mi guardò un po’ stupito per poi tornare subito a sorridere “Ovvio, ti porto nel locale migliore del campus, seguimi.”
Mi prese di nuovo la mano e mi trascinò in quello che sembrava a tutti gli effetti un Mc Donald. “Ordino io per te, vedrai che spettacolo, qui fanno i migliori panini che io abbia mai assaggiato. Te ne innamorerai” la sua espressione da bambino innocente mi imbambolava ogni volta, ero cosi preso dal suo sorriso che non mi accorsi nemmeno dell’insistente cameriera che ci provò con me per buoni dieci minuti.
“Beh raccontami di te Key, da dove vieni, cosa hai fatto nella vita, quanti anni hai, qualcosa”
“Mmh.. beh vediamo, ho 24 anni, sono nato a Daegu, in Corea, sono sempre stato appassionato di fotografia e pittura anche se alla fine ho scelto la prima. Finito il liceo ho iniziato a lavorar pat-time in un negozio di abiti maschili e.. e il mio ex ragazzo mi ha aiutato con questo concorso” conclusi velocemente, sopraffatto dal ricordo di Minho.
“Ragazzo? Quindi tu sei..”
“Si, sono gay” ammisi in un sussurro
“Oh meno male!” scoppiò a ridere “allora anche tu hai un lato eccentrico dopo tutto” sorrise
Ridacchiai appena e lo guardai “Beh ora tocca a te, raccontami qualcosa”
“Bene, io ho 26 anni e  sono nato a Gwangmyeong, ho finito il liceo e ho cominciato a lavorare come modello poco dopo anche se la moda non è mai stata la mia passione, mi divertivo a stare dietro la macchina fotografica, mi piace sorridere. Ho vinto questo concorso due anni fa e sono ancora qua dentro per non ho capito che motivo e… ah si sono gay anche io” concluse bevendo un goccio d’acqua fresca lasciandosela gocciare addosso.
“Beh che ti piace sorridere direi di averlo notato” gli sorrisi anche io. Era una cosa cosi innaturale per me, dopo la scomparsa di Minho mi sembrava impossibile tornare a farlo. Eppure quel ragazzo, che si era dimostrato essere più grande di me, mi riempiva il cuore e il sorriso nasceva spontaneo.
“Questa invece è la prima volta che vedo sorridere te, posso chiederti cosa è successo fra te e il tuo ex? Hai cambiato espressione quando l’hai nominato”
“Lui… lui è morto. Non mi piace parlare di lui, mi fa stare male”
“Scusami, non volevo.. OH GUARDA CIBO!” agguantò il suo panino e diede il primo morso spiaccicandosi tutta la salsa contenuta al suo interno sulla faccia e sulla camicia. Scoppiai a ridere e sentii una scarica elettrica passarmi lungo la spina dorsale. Afferrai la macchinetta e scattai una foto. Perfetta, la sua espressione sorpresa, la macchia, la luce che veniva dalla finestra a sinistra illuminandogli il viso nel punto giusto, la bocca piena e sporca e gli occhi fissi sul panino. Era un’ottima fotografia di azione quotidiana ma.. non era ancora lei. Non era quella che cercavo.
“Già cominci a lavorare?” mi disse con la bocca piena sputacchiando pezzi di pane
“Scusami è che la scena era troppo perfetta per lasciarmela sfuggire”
Continuò a mangiare tranquillo “Sono il tuo modello, non devi scusarti ma mangia anche tu, sei sciupato”
Quel commento mi sorprese, ma non me lo feci ripetere due volte visto che il mio stomaco reclamava cibo. Da quando avevo ricevuto la lettera non avevo toccato cibo, esclusi due caffè e una caramella. Mi buttai sul mio panino finendolo in tre minuti.
“Wow eri affamato eh” mi sorrise pulendosi la bocca. “Vieni, ora ti faccio vedere cosa si fa qua quando si ha un po’ di tempo libero”
Mi trascinò in su e in giù per il campus fino ad arrivare in una grande sala piena di specchi.  Probabilmente era una sala prove, almeno fino a qualche tempo fa.
“Ora ti mostro la mia vera passione” accese la musica e cominciò a ballare, saltando da una parte all’altra, giravolte, scivolate, salti.. le mie mani si mossero da sole cercando di immortalare ogni singola posa, salto, scivolata di Onew, seguivo le sue curve muoversi sul parquet come se niente esistesse. All’improvviso si fermò guardando verso la finestra. La luce del tramonto cominciò a fare capolino, le gocce di sudore scendevano lente sul suo viso, il trucco era leggermente colato e i capelli leggermente scompigliati. Era il momento perfetto, mi misi in ginocchio e scattai, i suoi occhi immersi in quella luce cosi perfetta, la maglietta che aderiva perfettamente al corpo, i pantaloni che gli fasciavano le gambe.
Si girò di scatto verso di me con una luce strana negli occhi “Tocca a te” sussurrò senza fiato. La sua bellezza ti toglieva il fiato, non resistetti a scattargli ancora una foto, le sue spalle erano buttate leggermente in avanti e i suoi occhi emanavano uno sguardo cosi profondo da spaventare per l’intensità. Non c’era ombra del sorriso.
“Tocca a te” disse nuovamente con più convinzione.
“A me? Ma io non sono capace” si avvicinò a me e mi tolse la macchinetta dalle mani intrecciandole con le sue.
“Segui la mia voce Kibum” chiuse la porta e la tenda, nessun filo di luce aveva più accesso a quella stanza. “Segui la mia voce Kibum, inizia a ballare” accese la musica e cominciò a cantare. Rimasi rapito da quella voce, inizialmente non riuscii a muovermi.
La sua voce cosi calda, dolce e assolutamente perfetta riempiva la stanza. I miei piedi iniziarono a muoversi da soli, seguendo le parole della sua voce. Era una canzone molto triste ma allo stesso tempo aveva un ritmo impossibile da ignorare. Chiusi gli occhi e mi abbandonai alla danza. Sentivo Onew cantare e i miei piedi si muovevano come se fossero stati vivi.
All’improvviso smise di cantare e io smisi di ballare, la musica era finita. Sentii le sue mani prendere le mie e stringerle forti, sentii il suo respiro sul mio collo, sentii le sue labbra posarsi su di me dopodiché non capii più nulla. Ogni istinto razionale era svanito nel bisogno fisico di baciarlo. Era come se ogni singolo organo del mio corpo avesse bisogno delle sue labbra per continuare la sua normale funzione.
Onew giocò un po’, mi baciò il collo, il mento e il naso ma si ritraeva appena le nostre labbra si sfioravano. Lo sentivo sorridere e impazzivo perché avevo bisogno di vedere quel sorriso, era diventata la mia droga in meno di ventiquattro ore. Improvvisamente, senza preavviso né indecisione, mi baciò. Non un semplice e casto bacio come mi sarei aspettato da lui, ma un bacio in piena regola, pieno di passione e segreti, un bacio che aspettava solo di essere dato.
 
Due ore dopo tutto quello mi sembrava solo un normale sogno. Eravamo tornati in camera senza dirci nulla, non avevamo più aperto bocca, nessuno dei due. Mi sedetti sul letto e scaricai le foto di quella lunga e piena giornata per valutare il mio lavoro.
Che Onew fosse bello non c’erano dubbi, che quelle foto esprimessero qualcosa nemmeno. Forse avremmo potuto vincere,  forse.
Onew uscì dal bagno con appena un asciugamano sui fianchi. “Come sono venute le foto?” mi sorrise mentre strofinava i capelli bagnati con un asciugamano
“Vieni a vedere tu stesso” gli sorrisi anche io facendogli spazio sul letto. Lui si sedette affianco a me osservando il lavoro di quella giornata.
“Beh non male, siamo una grande squadra io e te” mi sorride guardandomi negli occhi. Forse sarò stato troppo sfrontato ma lo baciai nuovamente.
“Si, una grandissima squadra” gli accarezzai il viso fissando le sue labbra.
Onew poggiò il mio pc per terra  si mise su di me riprendendo a baciarmi. Qualsiasi barriera tra di noi cadde, i vestiti finirono sparsi per tutta la stanza. Eravamo una cosa sola, non si capiva più dove iniziasse uno e finisse l’altro. La sensazione di essere completo si era impossessata di me.
Mi svegliai in piena notte, spaventato dall’idea che tutto fosse stato un magnifico sogno. E invece eccolo li, a dormire affianco a me, il petto nudo coperto per metà dalla coperta, i capelli scompigliati e le labbra appena socchiuse. Era bello da togliere il fiato. Improvvisamente mi venne un’idea, mi alzai lentamente e presi la mia macchinetta. La sua posa assolutamente naturale, i lineamenti rilassati, gli occhi struccati, non potevo perdermi questa occasione. Scattai qualche foto finchè non lo trovai a fissarmi.
“Kibum, per favore, dormi. Ho bisogno di sentire il tuo cuore battere qui affianco a me per dormire bene, posa quella macchinetta” mi tirò giù e si poggiò al mio petto sorridendo. “Prova a farmi un’altra foto ora e sei morto” sorrise e si addormentò.
 
La settimana era passata in un lampo, avevo cosi tante foto di Onew che mi fu difficile sceglierne solo tre. Alla fine scelsi quelle più belle e spontanee, quelle che preferivo, dove la sua espressione da bambino vinceva su tutto. La prima che gli avevo scattato, quella dove si macchiava di salsa col suo panino preferito, quella dove dormiva come un bambino nel mio letto, dopo aver fatto l’amore, e quella dove, in un giorno di pioggia, si girò a guardarmi completamente bagnato senza mai perdere il sorriso.
Erano le foto che preferivo, quelle dove tutta la sua innocenza da eterno bambino veniva a galla, quelle che mi facevano battere il cuore per il suo sorriso cosi spontaneo e genuino.
Anche l’insegnante rimase molto soddisfatto, disse che eravamo una giusta coppia e che la luce nelle foto era quella adatta, si congratulò per la scelta e la simpatia e ci diede una A+. Onew era cosi felice che appena uscito dall’aula mi saltò addosso e mi baciò.
“Io te lo avevo detto che eravamo una squadra vincente! Dobbiamo solo continuare cosi e vedrai che successone che avremo” mi prese la mano e mi trascinò per  i corridoi fino ad arrivare alla sala prove del nostro primo bacio. “Ti va di ballare Kibum?”
“Certo che mi va Onew, come sempre” avevamo passato ore interminabili li dentro, ballando, cantando e scherzando fra di noi. Era diventata un’abitudine per noi chiuderci li dentro almeno due ore, lontani dal mondo, dai pregiudizi, dai compiti e da tutto quello che ci feriva. “Posso chiederti una cosa?” domandai mentre aprivo la porta.
“Certo Kibum, spara”
“Perché mi chiami Kibum e non Key? Ho questa curiosità da quando ci siamo conosciuti e non ho mai trovato il momento giusto per chiedertelo”
Lui mi sorrise venendomi incontro, i capelli che una volta erano lunghi, erano alti in un ciuffo scompigliato e rasati ai lati, cosa che rendeva possibile guardare con più facilità il suo magnifico viso. “Vedi, tutti ti chiamano Key ma io non sono tutti, e chiamarti Kibum ti rende più mio, mi segui?”
Lo presi fra le braccia e lo baciai “Certo che ti seguo Jinki” gli sorrisi.
Lui mi sorrise lanciandosi sulle mie labbra “Ti amo Kibum, con tutto il mio cuore, con tutto me stesso.”
“Ti amo anche io Jinki, ti amo come mi ha amato solo una persona in vita mia e fidati erano un amore davvero grande, avrebbe rinunciato a me per permettermi di realizzare il mio sogno.”
“Però io non rinuncerò mai a te, ti seguirò fino in capo al mondo. Saremo felici insieme. E ora andiamo a sentire il prossimo compito della settimana, spero sia un servizio in intimo cosi avrò la scusa per girare mezzo nudo in camera”
Scoppiai a ridere e lo baciai. Lo avrei seguito fino in capo al mondo, lo amavo, ed era la prima persona a cui lo esprimevo davvero, senza paura di essere rifiutato o deriso. Sapevo di amarlo dal primo momento che lo avevo visto, seduto sul suo letto a fissarmi, con quel sorriso che mi sarebbe rimasto impresso nella mente. Perché quello era il sorriso della persona con il quale avrei condiviso tutta la vita, e su questo non avevo assolutamente dubbi.
Avevo realizzato solo in quel momento quanto Minho mi aveva amato e quanto il suo amore mi fosse servito per andare avanti ed arrivare fino a quel punto, fino a guardare gli occhi di Onew e vederci riflesso tutto quello di cui ho veramente bisogno: l’amore, la fiducia, la speranza, la felicità. Tutte cose che avevo riscoperto grazie a lui.
Mentre uscivo dalla sala prove per andare a sentire il prossimo compito, alzai lo sguardo verso l’alto e sorrisi.
“Visto Minho? Avevi ragione, ho vinto, ed è solo grazie a te. C’è una cosa che ho sempre dimenticato di dirti… ti amo Choi Minho, ti amerò per sempre ma ora.. ora c’è Onew qui con me e so che tu stai sorridendo perché hai sempre voluto vedermi felice, ed ora lo sono” pensai mentre stringevo la mano del mio ragazzo. All’improvviso sentii come se qualcuno mi posasse una mano sulla spalla, ma non ne fui spaventato, anzi continuai a sorridere, consapevole che Minho non mi avrebbe mai lasciato.
 

Angolino dell'autrice

emm, salve. Premetto che mi sono buttata su questa storia in delirio dalla febbre quindi non cosa ne è uscito.
Ma comunque, so che Onew e Key formano una coppia che in pochi seguono, mentre io li adoro, giuro mi piacciono troppo.
Non c'è molto da dire su questa storia che non parli già da sè.
Mi dispiace per aver ucciso Minho, davvero davvero scusate ma non sapevo cosa fare.
vorrei anche aggiungere che inizialmente volevo mettere Onew nei panni di Key poichè lo vedo più sensibile e insicuro ma alla fine ha vinto questo tipo di struttura perchè sono innamorata del sorriso di Onew e avevo bisgno di qualcuno che se ne innamorasse per me.
Grazie mille per aver letto,
-Nessa x

  
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