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Autore: MargaretMadison    22/05/2015    1 recensioni
Che poi lo sai, amo le tue mani, che sono fatte per me. Quando mi accarezzano le braccia, disegni i contorni dei miei tatuaggi e mi graffi la schiena quando facciamo l’amore. Ti stringi forte come se fossi la tua ancora, il tuo eroe. E tutte le volte che me lo sussurri, quando pensi che io stai dormendo, sorrido dentro perché salvarti dal tuo passato, era tutto ciò che volevo fare.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5:15
 
 
 
 
 
E ok, probabilmente mi odi, lo so.
Mi odi perché sono testardo, perché ti faccio regali costosi che lasci sul tavolo per una settimana ma appena hai un colloquio o un avvenimento importante li tiri fuori dalla scatola. Come il bracciale di Tiffany, ricordi? L’avevi indossato perché dovevi fare l’esame all’Università mentre io ero via coi ragazzi in Giappone e avevi bisogno di sentirmi vicino. E forse è questa la ragione principale per cui mi odi, perché per te sono un punto di riferimento e tu non ne hai mai avuto uno. Non eri abituata a dipendere da qualcuno, non eri abituata ad abbracciare, a fare l’amore e a me andava benissimo perché sono stato io ad insegnarti tutte ‘ste cose.
Ti ho insegnato io come poggiare le mani sul mio petto, come incastrarci nel tuo letto a una piazza, troppo grande per una persona e troppo piccolo per due, allora ci si stringeva e mi sorridevi.
E ora dimmi, da quanto non succedeva?
 
 
 
 
 
La lezione di scienze del Professor Ross erano conosciute in tutto il liceo per essere disgraziatamente lunghe e noiose. Forse era per il suo modo di spiegare, la voce bassa e i maglioni dai colori spenti che mettevano tristezza solo osservandoli, fatto sta che nessuno seguiva mai le sue spiegazioni.
Ero seduto in fondo alla classe, Luke affianco a me continuava a proporre nomi per la nostra band. Eravamo agli inizi e facevamo abbastanza schifo ma eravamo giovani e senza nulla da perdere, che costava provare?
La lezione era iniziata da un po’ e quelli negli ultimi posti avevano già chinato la testa sul banco, chi per ascoltare la musica senza essere visto e chi per riposare. Era tutto così banale che non riuscì a reprimere uno sbadiglio mentre il mio amico continuava a parlare senza che io lo ascoltassi davvero.
Mi accorsi in quel momento di lei: Robin Cleiton.
Era una ragazza anonima a cui non avevo mai dato troppe attenzioni – troppo magra, i capelli raccolti in una treccia disordinata che ricadeva su una spalla e vestiti larghi, troppo larghi per una persona così piccola – eppure mi accorsi di quanto fossero belle le sue mani, le dita lunghe e affusolate, smaltate di rosso – il mio colore preferito – e le sue unghie sembravano dare un po’ di vita e colore in quella classe triste. Era l’unica che prendeva appunti, scriveva velocemente sul foglio riempiendolo di parole e formule, senza perdersi una sola parola. Ogni tanto sbuffava, alzava lo sguardo per sistemarsi la frangetta mora e poi tornava con la testa china sui libri.
Non ci eravamo mai parlati, nemmeno per sapere l’ora o chiederle in prestito la penna mentre Luke e Michael ci parlavano sì, ma per offenderla. Non l’avevo mai vista parlare con nessuno, sempre sola a leggere un libro o a scrivere su un quaderno con la copertina rossa.
«Cal?» mi richiamò Luke schiaffeggiandomi un braccio «Ma che stai facendo? Da quanto ti spogli con gli occhi Robin-senza-tette-Cleiton?»
Scossi la testa ridacchiando per apparire credibile anche se, effettivamente, la stavo osservando da un po’.
«Ti sbagli, insomma: non è il mio tipo» sbuffai poco convinto.
Luke annuì soddisfatto e tornò a ripetermi nomi su nomi che, francamente, non mi piacevano affatto.
 
 
 
 
 
E lo sai poi quanto ami suonare, il mio basso – che ho chiamato Robin, ma solo tu lo sai – salire su un palcoscenico ed essere colpito dalle urla delle fans e dai flash delle macchine fotografiche.
È la sensazione più bella, sfiorare il microfono e intonare canzoni che ho scritto mentre tu dormivi al mio fianco dopo aver visto un film.
Oppure posso cancellare le prime righe e ricominciare. Posso dire quindi che sì, amo la musica, il mio basso che prende il tuo nome e l’emozione che provo quando salgo sul palcoscenico ma amo di più te, gli occhi azzurri, le mani sempre curate e le tue labbra. Dio Robin, le tue labbra sono un’arma contro di me. Quando le mordi, le lecchi o le storci in una smorfia. Io… io ti amo tutta e quando ti ho rivista dopo tanto beh, ero nervoso, molto più nervoso di quando sono ai Brits o agli MTV awards perché nel pubblico ci sono tantissime persona ma quante hanno il tuo sguardo?
 
 
 
 
 
Eravamo appena scesi dal palco.
L’aria fredda che si stava alzando su Sidney mi fece rabbrividire ma ero troppo emozionato per accorgermi che effettivamente stavo tremando.
«Hanno aperto un pub qui vicini, chi viene a fare un salto?» chiese Ashton, il più carico della serata.
Ero stanco, avevo solo voglia di tornare a casa e buttarmi sul letto ma qualcosa mi convinse a raggiungere lo Sugar e prendermi qualcosa di forte.
Il posto tutto sommato non era male, anzi. Era appena passata la mezzanotte e il locale era animato solo da alcuni uomini che giocavano a biliardo e, mentre gli altri discutevano su quale fosse il drink più forte nella lista, io mi guardavo intorno fino a quando non ti incontrai.
E come non riconoscerti dopo averti spiato per un anno e mezzo?
E tu mi hai riconosciuto. Hai abbassato lo sguardo e hai finto di essere impegnata mentre io mi avvicinavo a te.
«Robin Cleiton. Com’è piccolo il mondo»
 
 
 
 
 
Per quanto io sia in grado di amarti, giuro, a volte proprio non ti capisco. Sei così incoerente, poco costante che anche tu ammetti che vivere con te stessa è difficile a volte.
T’irrigidisci quando Michael ti abbraccia ma appena senti un tuono ti fai piccola piccola e ti stringi al mio petto mentre canto per te fin quando non ti addormenti, ad esempio.
I primi tempi, quando mi cacciavi di casa dopo una litigata, Ashton scuoteva la testa ripetendomi che mi fossi scelto una pazza.
Ma loro non ti conoscono, non quanto me. Non sanno quanto tu sia forte e di tutte le brutta cose che ti sono successe da quando hai tredici anni. Io ti conoscono, so cosa hai passato e mi sono ripromesso di non farti stare così male, di proteggerti.
 
 
 
 
 
«Ho subito violenze dal mio fratellastro quando avevo quindici anni» mi disse una sera. Avevamo litigato tutta sera per una stupidata che nessuno dei due ricorda più e avevamo finito per fare sesso sul pavimento di casa tua. Non era così che avevo immaginato la nostra prima volta assieme, a dire il vero.
Nella foga ero riuscito comunque ad osservare con attenzione il tuo corpo senza lasciarmi sfuggire nulla, nemmeno le cicatrici sul collo, schiena e busto.
«Lui era più grande e forte di me, mi vergognavo a chiedere aiuto. Non… non volevo che si sapesse in giro» spiegò con gli occhi lucidi «è per questo che mi isolo. Ho paura di trovare qualcuno come lui.»
Ti strinsi al petto, tu iniziasti a disegnare il contorno del mio tatuaggio mentre io ti cullavo.
Non ti avevo mai visto così piccola e fragile. Da quel momento in poi inizia a vedere il “noi” che stavamo creando come una cosa più seria, un qualcosa di duraturo che avrei protetto a ogni costo.
 
 
 
 
 
 
Che poi lo sai, amo le tue mani, che sono fatte per me. Quando mi accarezzano le braccia, disegni i contorni dei miei tatuaggi e mi graffi la schiena quando facciamo l’amore. Ti stringi forte come se fossi la tua ancora, il tuo eroe. E tutte le volte che me lo sussurri, quando pensi che io stai dormendo, sorrido dentro perché salvarti dal tuo passato, era tutto ciò che volevo fare.
Oppure quando digiti sul computer il tuo libro che ancora non so di cosa parli. Scrivi di me, magari? Potresti scrivere la nostra storia, non trovi? Io lo faccio, nelle canzoni che canto. È come se ti portassi sempre nel mio cuore.
Sono le 5:15 del mattino, Robin. Tu dormi nel nostro letto a una piazza, il lenzuolo ricade sul tuo ventre scoprendoti il seno e mentre mi domando se stai sognando me, ti dedico ogni mio pensiero.
Tuo per sempre.
 
 
 
 
 









MY LITTLE TALK.
Lo so, fa schifo. ma era un momento un po' cheesy e sad e bho, mi è uscita fuori questa cagata qui, vi chiedo scusa.
Non ha un senso preciso, è solo un insieme di pensieri e parole buttate su carta.
Se avete ancora voglia di leggere qualche mi scemenza mi vascio i link:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3126821&i=1 Fix It
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3110492&i=1 Animales
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3105743&i=1 No sounds withut silence.

  
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