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Autore: hely_e_Scripsi    22/05/2015    0 recensioni
Nella melodiosa città di Elegia, dove ogni voce è come un coro di usignoli (o di una sinfonia di violini, dipende dai punti di vista), nacque la famosa pecora nera: Elmerico non può aprire bocca senza causare una fuga di massa.
Sarà provvidenziale per lui l'aver fatto cadere uno scaffale in biblioteca...
Ed ecco un'altra storia sconnessa collaborazione di MartynaQuodScripsiScripsi e hely2000, ora insieme in un account unico!
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA SCONNESSA STORIA DEL CANTANTE STRIDENTE

Altresì detto Banshee

 



Nella città di Elegia, dove ogni voce è come un coro di usignoli (o di una sinfonia di violini, dipende dai punti di vista) viveva un giovane uomo nato nell’895 a.C., di nome Elmerico.
Anche Elmerico, come tutti i suoi concittadini, aveva una voce come cori di usignoli o sinfonie di violini, l’unico problemino era che i suoi usignoli avevano la raucedine e i violini erano stati accordati da un architetto ubriaco.
Per questo, Elmerico era stato condannato dalla Suprema Corte Cantante della città di Elegia a chiudersi la bocca con un bavaglio magico, che poteva togliere soltanto per mangiare, e anche in quei casi era sorvegliato da una schiera di tredici guardie armate fino ai denti.
Eppure Elmerico avrebbe voluto tanto poter cantare a gola spiegata, esibirsi sul palcoscenico, commuovere il pubblico con quei virtuosi assoli difficilissimi che fanno venire la pelle d’oca ancora prima che comincino.

Una bella mattina andò alla Biblioteca Sinfonica per trovare alcuni libri di canto (non che si trovasse altro). Stava curiosando in giro, quando inciampò e urtò lo scaffale davanti a sé.
Lo scaffale ondeggiò, traballò, oscillò pericolosamente, rimase un momento indeciso su quale direzione prendere nella sua traiettoria distruttiva e scelse quella peggiore. Si sfracellò sullo scaffale dietro, il quale venne travolto e cadde a sua volta, abbattendo quello dietro ancora e così via, con i botti del legno che si schiantava sul pavimento e i fruscii delle pagine staccatesi dai libri che svolazzavano per aria.
Elmerico fece appena in tempo ad alzarsi sulle ginocchia che un’orchestra apparve dal nulla, con un tripudio di scintille, colori, stelle filanti e note musicali. Le note volarono sul grande spartito, disponendosi nell’ordine che aggradava più loro, e il maestro cominciò a dirigere.
Il motivo di “Les Toreadors” della Carmen si insinuò tra le pagine svolazzanti. Nella sala calò il buio, un riflettore si accese sopra la Bibliotecaria, comparsa dal nulla.
La matrona, sotto lo sguardo atterrito di Elmerico, cominciò a intonare una sublime melodia composta dalle più ricercate ed distinte bestemmie sul Pantheon greco, insultandolo a tutto spiano.
Il povero Elmerico si coprì la testa con le mani, aspettandosi da un momento all’altro che un fulmine cadesse dal cielo, seguito da una civetta, un pavone, un cervo, un tridente, una cetra, un grappolo d’uva, uno specchio e un cane a tre teste.
Cosa che effettivamente avvenne.
Un boato squassò la biblioteca da cima a fondo, facendo sussultare gli scaffali a terra e svolazzare i fogli che finalmente si erano posati.
La bibliotecaria cacciò un gorgheggio (che è il corrispondente del nostro urlo) e si nascose dietro il bancone, cosa alquanto inutile.
Elmerico non fece in tempo a scappare che apparvero i seguenti dei: Zeus, Atena, Era, Artemide, Poseidone, Apollo, Dioniso, Afrodite e Ade.
“Per la barba di Poseidone!” tuonò Zeus, guadagnandosi un’occhiata di sbieco dal dio in questione, che si era rasato proprio quella mattina. “Chi, dico CHI, osa nominare i nostri olimpici nomi accostandoli a cotanti oltraggiosi epiteti?!”
Ci fu un rapido scambio di sguardi tra le persone radunate in biblioteca, quindi una miriade di dita vennero puntate verso il bancone.
La bibliotecaria uscì esibendosi in un allegretto (il corrispondente del nostro singhiozzare) e si gettò ai piedi degli dei, i quali la squadrarono con un olimpico sopracciglio alzato.
“Miei signori!” cantò. “Lungi da me volervi offesa arrecare, ma questo tapino” e indicò Elmerico “mi ha fatta arrabbiare! La biblioteca distrusse, merita percosse!”
“Meriterà pure percosse, ma non si bestemmia! La pena sarà scontare sessant’anni di pulizie nell’Oltretomba” decretò Ade, furioso per essere stato chiamato «becchino».
Mentre la povera bibliotecaria chiedeva pietà, apparvero due demoni che la presero per le braccia e la portarono nell’Oltretomba.
Le altre persone, esaurito lo spettacolo, tornarono agli affari propri, mentre gli dei si voltavano verso Elmerico.
“Tu! Cos’hai da dire a tua discolpa?!” ruggì Apollo, nero di rabbia per essere stato definito «gallinaceo».
“Mmhh!” fece Elmerico, facendo accapponare la pelle a chiunque nei paraggi. Persino gli dei rabbrividirono e decisero che avrebbero anche potuto fare a meno di ascoltare le sue scuse.
“Giovine mortale, in codesta contrada non v’è essere che non possegga favella eccelsa e nobile, tranne te.” disse Era.
Le persone lì intorno vennero prese dall’euforia: una canzone che conoscevano! Presero tutti a cantare, e ben presto anche l’orchestra trovò il ritmo.

Anche seeee…Tutti ballano, tranne teee…
E il tuo drink sembra quasi un teee…

“BASTA!” gridò la dea, e calò un silenzio di tomba. Era tornò dunque a rivolgersi allo spaventato Elmerico.
“Qual è, quindi, il dilemma che ti affligge? Ma, te ne prego, scrivilo!”
Elmerico trovò un foglio e una penna, non che fu difficile, e spiegò il suo problema agli dei.
“Capishco, amico…hic!” fece Dioniso, rosso in viso. “Eh…a volte la vita è coshì ingiusta…hic! Pensha a me…sono stato chiamato shbronzo! Ma bisogna aiutarshi, tra compagni di shventura! Hic! Propongo di dargli il dono della bella vosce…hic!”
“Ma oh! Sei scemo?!” lo rimbeccò Artemide, non esattamente la dea più delicata ed educata.
“Dammi solo un buon motivo per cui dovremmo aiutarlo! Ci ha fatti alzare dalle nostre divine poltrone, abbiamo dovuto sgobbare per trovare dei pegasi pronti al viaggio, e ora vuoi anche aiutarlo? Alcolizzato che non sei altro?”
Il dio del vino fece una faccia offesa. “Ma io…”
Zeus bloccò la protesta di Dioniso sul nascere.
“TACI, DIONISO!” Quindi aggiunse, con tono più gentile (per quanto gentile possa apparire un gigante muscoloso, mezzo nudo che ti fissa con un fulmine in mano): “Dei dell’Olimpo! Propongo una votazione: chi vuole aiutarlo non alzi la mano”
Succede che vi siano dei fraintendimenti, grossi o piccoli. Quando si tratta di dei, di solito gli equivoci sono parecchio grandi.
Quattro mani non si alzarono, tutte le altre sì (ci fu un po’ di confusione, dato che alcuni dei alzarono entrambe le mani).
“Quindi, Ade, Artemide, Afrodite e Apollo, volete aiutarlo?!” Nel tono di Zeus si intuiva un leggero smarrimento.
“EH?!” fecero tutti.
Elmerico, scrivendo, fece notare a tutti il madornale errore.
Ci fu un “Ops” generale.
“Bene, bene, bene… Sembra che dovrò aiutare la banshee” ghignò Ade.
“Facciamo così: se riesci a trovare la pappa preferita di Cerbero, ti aiuterò. Altrimenti la pappa ti mangerà.” aggiunse il dio dell’Oltretomba.
Se avesse avuto la bocca libera, Elmerico l’avrebbe spalancata dallo stupore e da una certa dose di fifa.
“Dovrai aiutare Ercole a cacciare la cerva bianca” disse Artemide.
“Cerca per me il Pomodoro, che non è la Mela di Paride, in caso non fosse chiaro” ingiunse Afrodite.
“Pulisci gli zoccoli dei miei cavalli, a furia di galoppare nel cielo si sono sporcati” ordinò Apollo.
“Quando avrai finito, di’ a qualcun altro di farci un fischio” tuonò Zeus, e con un PUF gli dei scomparvero.
Elmerico sbarrò gli occhi, non credendo alla sua fortuna (se fortuna si può definire). Aveva la possibilità di ottenere la voce dei suoi sogni e non se la sarebbe lasciata sfuggire.
Uscì dalla biblioteca e prese l’autobus con scritto “1317- Missioni Suicide con scarse Probabilità di Successo”.

Dopo mezz’ora arrivò nel quartiere della pappa di Cerbero. Codesta disgustosa sostanza era un miscuglio di…roba ultraterrena non meglio definita che puzzava del deodorante di Ade.
Il quartiere era composto di pappa solidificata, e per trovare quella originale Elmerico doveva andare nel negozio specializzato.
Entrò e fece “Mmh…” per attirare l’attenzione del proprietario, il quale, pur di non sentire ancora quel lamento, consegnò un barattolo di pappa nelle mani del giovane e scappò a gambe levate.
Soddisfatto, Elmerico prese l’autobus per il bosco della cerva bianca, dove incontrò Ercole che si scervellava su come potesse catturarla. A Elmerico bastò mugolare e la cerva, convinta che fosse scoppiata una guerra, si consegnò mogia mogia a Ercole, che ringraziò Elmerico e se ne andò per la sua strada.
Contento, il giovane prese un altro autobus e andò nella foresta dei Pomodori. Piante di pomodoro alte due metri, con frutti rossi e succosi, pendevano sulla sua testa.
Ad un certo punto, vide il Pomodoro, l’unico che fosse fatto d’argento tempestato di diamanti purissimi. Gli bastò prenderlo in mano e tornare indietro.
Infine, prese un autobus per le scuderie di Apollo. I cavalli erano enormi purosangue coi nervi a fior di pelle per il troppo sole che prendevano e, quando Elmerico provò ad avvicinarsi, lo scalciarono. Elmerico mugolò di spavento e i cavalli svennero. Con uno spazzolone gigante, il giovane compì il suo dovere.
Trovò lo stalliere e gli scrisse su un foglio: “Fai un fischio a Zeus, per favore.”
Lo stalliere obbedì e dopo due secondi, in un’esplosione di luce arrivarono gli Olimpi, tutti completi di grandi sorrisi, persino Apollo, Ade, Afrodite e Artemide: del resto, aveva fatto loro un favore.
“Molto bene,” disse Zeus, “a quanto vedo hai fatto in fretta. Beh, non tutto il male viene per nuocere…”
“E allora, come precedentemente pattuito, avrai la voce più strabiliante dell’intera Elegia!” dichiarò Era. Batté le mani ed Elmerico fu avvolto da un alone di luce, che, quando si diradò, aveva fatto sparire il bavaglio. Elmerico provò ad aprire la bocca: ne uscì un’aria magnifica di ringraziamento agli dei, i quali si misero a piangere, commossi dalla bellezza della sua voce e dalla propria bravura nel concederne.
Elmerico fu un grande cantante e visse rispettato per il resto dei suoi giorni.
Finché, una sera, non gli capitò malauguratamente di starnutire durante un importante concerto. A voi le conclusioni.

 

   
 
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