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Autore: 68Keira68    24/05/2015    5 recensioni
E se lo scontro tra Obi-Wan e Anakin fosse finito in maniera diversa? E
se la conversione al Lato Oscuro di Anakin e la caduta della Repubblica
avessero dato la spinta a Padmé per sopravvivere al parto
anziché ucciderla? L'universo è nelle mani di
Palpatine e Anakin ma la ribellione è appena cominciata, e a
guidarla sono Obi-Wan e Padmé. Riusciranno a ripristinare la
giustizia in un universo corrotto dal Lato Oscuro? La Forza
riuscirà a sconfiggere anche quest'ultima minaccia?
Dal testo:
"La parte buona di Anakin era lì, andava solo riportata alla
luce"
"il Sith creato dalle ceneri di quello che avrebbe potuto essere un
grande Jedi, Darth Vader"
"Noi siamo ancora vivi e non ci arrenderemo"
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Obi-Wan Kenobi, Padmè Amidala, Palpatine/Darth Sidious, Yoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Lo so, ormai mi davate per dispersa ma sono riuscita finalmente ad aggiornare! Scusate se ci metto tanto ma il tempo che ho a disposizione per scrivere è veramente poco in più c'è stato un calo di ispirazione che però è stato colmato :-) spero almeno che la vostra paziente attesa sarà in parte ripagata e che il capitolo vi piaccia! Scusate ancora! Un grazie a tutti coloro che leggeranno e a quelli che hanno messo la mia storia tra le seguite e/o le preferite! Un grazie speciale a the best (Grazie mille per la tua recensione! Ci ho messo una vita a pubblicare questo 4 capitolo scusa, ma spero davvero che ti piaccia!! Sono curiosa di sapere cosa ne pensi :-)!), a Cleo_Sam (grazie, sono contenta che la storia finora ti sia piaciuta, spero che questo capitolo non ti deluda ;-)!) e a roby626 (grazie mille per la tua recensione! Ti capisco, anche se sapevo come sarebbe andato a finire il film, ci sono rimasta malissimo anch'io nell'ultima scena, lei che muore, lui che diventa Darth Vader, è stato ingiusto! Infatti ho iniziato a scrivere questa storia per avere una piccola soddisfazione almeno nella fantasia e vederli felici :-) comunque purtroppo sono molto lenta ad aggiornare ma non ho abbandonato la storia ;-) spero portiate pazienza XD ps. ho cercato di essere più attenta con l'ortografia, spero ci siano meno errori, grazie per la segnalazione :-) sono curiosa di sapere cosa ne pensi di questo capitolo, mi auguro ti piaccia :-)! ). BUONA LETTURA A TUTTI! 


4_Il nemico e l’amante

 

Vedere Luke e Leila ridere sdraiati sul soffice tappeto della nostra camera, era una gioia che non aveva mai fine. Avrei potuto passare delle ore intere a guardarli osservare il mondo con i loro occhi pieni di stupore per ogni cosa. Erano ancora troppo piccoli per gattonare, ma già riuscivano a stare seduti senza appoggiarsi a un sostegno. Voltavano il loro piccolo capo a destra e sinistra, inseguendo il pupazzetto che Vivian e io facevamo volteggiare sopra le loro teste e allungavano le manine come per afferrarlo. Erano una meraviglia.

All’improvviso però, un suono prolungato mi riportò bruscamente alla realtà. Sia Vivian che io ci immobilizzammo, cercando di capire la fonte del rumore. Era una sirena che risuonava da ogni angolo del palazzo. Ghiacciai sul posto, mentre Vivian mi lanciò un’occhiata terrorizzata. La bolla si era infranta. Era il segnale di allarme.

Scattai in piedi come una molla e presi in braccio Luke, urlando alla ragazza di prendere Leila. Insieme ci dirigemmo verso la porta ma facemmo appena pochi passi che fummo raggiunte da Taomar. Era pallido e aveva gli occhi sgranati.

“Senatrice, stanno per attaccarci, dobbiamo fuggire subito” mi informò senza perdersi in preamboli.

Un brivido mi percorse, mentre un presentimento si faceva strada in me. “Chi ci sta attaccando?” chiesi, mentre ci dirigevamo correndo verso la pista di decollo. Accanto a noi sfrecciavano in ogni direzione i pochi abitanti che avevano trovato asilo nel palazzo di Taomar, tutti diretti verso la nostra meta, ansiosi di raggiungere la prima navicella disponibile.

“La flotta imperiale, senatrice. Non ho idea di come abbiano fatto a non essere avvistati dalle nostre sentinelle, ma tra meno di dieci minuti saranno qui”. La voce del pover’uomo suonava come una sentenza a morte.

Dieci minuti…avevamo solo dieci minuti per raggiungere una nave e metterci in salvo! Era impossibile, anche fossimo riusciti a salire a bordo, come avremmo potuto sfrecciare via sotto il naso dell’Impero? Eppure aumentai la corsa, come se davvero avessimo qualche speranza di scappare.

“Come hanno fatto a scoprirci?” gridai per sovrastare il rumore che la folla di fuggiaschi attorno a noi stava creando.

“Non lo so, siamo stati molto attenti con le trasmissioni, l’unica spiegazione logica potrebbe essere che hanno scoperto la nostra seconda spia e che Ezac non abbia resistito all’…” un boato interruppe la frase di Taomar. Le mura del palazzo tremarono fino alle fondamenta e fummo costretti a fermare la nostra corsa. Il cuore mi rimbalzò in gola. Erano arrivati prima del previsto e avevano iniziato a bombardare il nostro rifugio.

Un altro boato. Il pavimento tremò. Questa volta non riuscii a tenermi ferma e sbattei contro il muro. Per fortuna riuscii a colpirlo di spalle, proteggendo il piccolo Luke che tenevo in grembo. Sia lui che la sorella iniziarono a piangere, spaventati da quei rumori assordanti.

“Lady Amidala, state bene?” Vivian mi si avvicinò preoccupata, cercando disperatamente di calmare Leila.

“Non preoccuparti per me, preoccupati solo della bambina!” le urlai cercando di sovrastare il rumore di una terza esplosione. “Taomar, dobbiamo raggiungere la navicella!” dissi poi rivolta all’uomo.

Questi mi guardò quasi con compassione, ma mi assecondò, non avendo il coraggio di dirmi quello che purtroppo ben sapevo. Non avevamo scampo.

Riprendemmo la nostra corsa verso la pista di decollo. Molte altre persone ci stavano seguendo, forse attaccati alla stessa folle speranza, o incapacità di arrendersi, che avevo io. Giunti alla pista, ci precipitammo giù per le scale che separavano l’ingresso dalla zona del decollo, diretti verso la prima nave. Appena scesi, ci ritrovammo circondati da una folla di gente disperata che spintonava e urlava cercando di raggiungere l’ingresso di una delle navicelle. Cercai di tenere in braccio Luke con una mano sola e con l’altra afferrai quella di Vivian, terrorizzata di perdere lei e la bimba in mezzo a quella fiumana impazzita. Per un secondo mi prese il panico, temendo di non riuscire a raggiungere la navicella dopo tutta la fatica fatta per arrivare fin lì. Poi giunse una seconda consapevolezza, ben più funesta della prima ma di una certezza così assoluta da impormi comunque uno stato di calma. Tutte quelle persone che si accalcavano e lottavano per la speranza di salire a bordo di una nave, tutte le donne, gli uomini e i bambini presenti su quella pista, me, Vivian e Taomar compresi, eravamo delle prede in trappola. Non c’era salvezza per nessuno di noi. Eravamo al pari di topi impauriti che cercavano di scappare da morte certa.

Un rumore metallico provenne dalle porte dell’hangar. Qualcuno aveva azionato il portellone per aprirsi. Tutti si azzittirono, accecati dalla luce del giorno che prepotente inondò lo spazio distogliendoli dalla loro corsa. Una cinquantina di teste di voltarono verso l’apertura. Strizzai gli occhi, accecata momentaneamente dalla luce improvvisa. Ma quando la mia vista si abituò a quella luminosità, avrei voluto tornare ad essere cieca. Lo spettacolo che mi si parò davanti era terrificante.

Cinque navi della flotta imperiale ci aspettavano pronte a far fuoco davanti all’ingresso dell’hangar.

La nave centrale avanzò di poco superando l’ingresso quel tanto che bastava per poter aprire il portellone e far scendere una trentina di cloni armati. Tutti con la stessa divisa bianca, tutti con la stessa arma carica, tutti orribilmente creati per seguire gli ordini di un folle ciecamente. Mentre si disponevano in fila davanti a noi tenendoci sotto mira, in una tacita intimazione a non muoverci, una figura vestita completamente di nero spiccò per la sua diversità, non solo rispetto ai cloni, ma anche rispetto a qualsiasi altro presente in quella stanza.

Mi mancò il fiato, mentre il presentimento che avevo avuto si concretizzava. Chi altri poteva guidare l’attacco contro di noi? Solo lui. Darth Vader.

Un’aurea di timore lo avvolgeva più oscura del mantello che ondeggiava ad ogni passo deciso che lo conduceva al centro della fila dei suoi cloni. La postura era eretta, i lineamenti duri sembravano scolpiti nel ghiaccio e incutevano la paura persino di guardarlo. Ma i suoi occhi erano ciò che colpiva di più. Sembrava che provasse un totale disinteresse per qualsiasi cosa su cui si posassero, come se non ci fosse una folla azzittita e terrorizzata davanti a lui, ma il nulla. Vagavano da un lato all’altro della stanza come se guardasse unicamente dei fantasmi, in cerca di altro.

Poi un fulmine di comprensione mi illuminò su cosa stesse così freneticamente cercando. Voleva me. Se l’Impero era venuto a stanare il focolaio dei ribelli, lui era venuto a prendere me.

Vederlo in quelle vesti mi mandò completamente in confusione. Davanti a me, vedevo il Sith che sapevo non si sarebbe fatto scrupoli a uccidere tutta quella gente per ordine dell’Imperatore, il Sith che mi incuteva paura e da cui ero scappata in tutti quei mesi. Il Sith da cui avevo salvato Obi-Wan e da cui cercavo di proteggere i miei figli. Eppure…quel viso era quello di Anakin. L’Anakin che sapevo avrebbe sfidato l’intera Galassia pur di sapermi al sicuro, l’Anakin che mi aveva fatta sentire amata tra le sue braccia. L’Anakin che era il padre di quei figli che volevo proteggere.

Come potevano essere la stessa persona due figure così opposte? Era una scissione che non potevo comprendere e che mi dilaniava.

Come se fosse stato attratto da una calamita invisibile, i suoi occhi infine si posarono su di me, trovandomi anche in mezzo a quella ressa. Senza curarsi di nessun altro, puntò dritto nella mia direzione. I presenti si spostarono immediatamente, aprendo un corridoio umano per lasciarlo passare, quasi avessero paura di entrare anche solo nella sua scia. Il cuore prese a battermi in petto talmente forte che temetti quasi potesse cedere. Non riuscivo a formulare nessun pensiero coerente, nessuna frase. L’unica cosa di cui avevo consapevolezza erano i suoi occhi che sembravano volermi trapassare l’anima con un’intensità tale da rendermi difficile decifrare quale sentimento al momento provasse.

Quando mi fu a meno di un metro di distanza, si fermò ed io mi costrinsi a non indietreggiare. Lanciò un’occhiata al bambino che stringevo tra le braccia, ma fu solo la distrazione di un attimo. Mi chiesi velocemente se avesse capito chi fosse e se avesse provato qualcosa ma non ci fu il tempo per altre considerazione perché, finalmente, mi parlò.

“Va’ a prendere le tue cose, vieni via con me”.

La durezza nella sua voce mi trapassò più di una spada. Anakin non mi aveva mai parlato così, perentorio e autoritario. Mi aveva dato un ordine che non ammetteva repliche. Un ordine… dopo mesi di lontananza. Il mio animo si accese di ribellione e mi chiesi per un attimo quali possibilità avessi. Poi però mi resi conto che la strada che potevo percorrere era una soltanto. Quella di seguirlo.

La cosa che più mi preoccupava mentre mi voltavo per farmi largo tra la calca che ci fissava ammutoliti, era però quel calore nel cuore che leniva l’umiliazione della sconfitta e che non riuscivo a estinguere. Perché se il tono freddo era stato pronunciato dal Sith, il fuoco che gli aveva illuminato gli occhi quando infine mi si era avvicinato... era di Anakin. Ed era un richiamo a cui non potevo restare indifferente.

 

*

 

Stelle e pianeti scivolavano fuori dal finestrino della stanza buia. Piccoli punti luminosi su un manto scuro che rimanevano alla vista la durata di un attimo prima di perdersi nell’immensità di quello spazio. Esattamente come i miei pensieri, che scorrevano frenetici e troppo veloci perché potessi soffermarmi abbastanza su di uno e comprenderlo appieno.

C’erano così tante domande, tanti dubbi, paure, osservazioni. La più innocua, quella su cui cercavo di focalizzarmi per evitare di andare su ben altri pensieri, era inerente alla nostra destinazione. Dove stava andando a tutta velocità la nave da guerra dell’Imperatore? Un pianeta non troppo lontano dove potersi rifornire? Oppure stavamo andando a Corruscant, la capitale dell’Impero? Avrei preferito di gran lunga rivedere la vecchia sede del Senato e i suoi palazzi tra le nuvole anziché ritrovarmi a bordo della Morte Nera. Quella era la meta che più temevo. L’idea di ritrovarmi su quella nave portatrice di morte mi terrorizzava. In più aveva paura che una volta a bordo di quella fortezza orbitante non sarei più riuscita a uscirne. Sarebbe stata per me una prigione inespugnabile, non c’era nessuna speranza che Obi-Wan e Yoda sarebbero riusciti a portarmi via da lì.

Obi-Wan e Yoda…

Il loro nome risuonò nella mia mente come una campanella dell’ultima speranza. Per me, per la Resistenza e per la Galassia intera. Erano rimasti solo loro là fuori a difendere il ricordo della libertà perduta.

Grazie a qualche disegno del destino benevolo i due Jedi non si trovavano a Giano quando eravamo stati attaccati dalla flotta imperiale. Anzi, erano su un pianeta ben lontano, Golbia 7, a cercare di fondare una nuova base per la nostra Lega con l’aiuto del senatore Jewis, un fervente sostenitore della Repubblica.

Mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo a quel pensiero. Rabbrividii alla sola idea della loro cattura. Se fossero stati a Giano, a quest’ora probabilmente sarebbero già stati giustiziati e ogni nostra speranza di ribellione sarebbe morta con loro.

La mia mente saltò per associazione ad altre cinquanta persone che erano state prese con me sulla pista dell’hangar. Cosa era successo loro quando me ne ero andata scortata da cinque cloni? Sperare che le avessero lasciate andare era utopistico e l’idea che potessero essere state tutte giustiziate all’istante era talmente orribile da risultare inconcepibile. C’erano anche dei bambini in quello sciagurato gruppo! Potevo solo augurarmi che fossero stati fatti prigionieri, una posizione di stallo da cui potevano ancora essere salvati. Pensai soprattutto al povero Taomar e a Vivian. Lei l’avevano lasciata venire con me, ma una volta salite sulla nave ci avevano fatte separare e non avevo idea di dove la avessero condotta. Mentre Taomar faceva parte del gruppo dalla sorte ignota. Non sapevo di che informazioni potesse disporre l’Impero, se sapeva quale fosse il ruolo di Taomar nella Ribellione. Potevo solo augurarmi che fossero all’oscuro del fatto che era stato lui a fornirci una base su cui nascere e operare o lo avrebbero ucciso immediatamente.

Ed io…?

La vocina nella mia testa passò ad un altro collegamento. La mia sorte quale sarebbe stata? Era la seconda delle domande difficili che mi sforzavo di non formulare.

Sospirai appoggiando la fronte al vetro. Ero seduta su un divanetto posto sotto il vano della finestra in una stanza quadrata e angusta. I cloni mi avevano condotto là assieme ai miei figli appena salita a bordo. Non era una prigione, doveva essere una delle tante stanze degli ufficiali della nave, ma non era certamente tra le più accoglienti. Le pareti in metallo nere rendevano l’ambiente freddo e il mobilio consisteva in un letto a due piazze, che occupava quasi tutto lo spazio e sulla quale ora riposavano placidamente i bimbi, e una lunga panca accanto alla parete a sinistra della porta di ingresso su cui avevo appoggiato le due borse che contenevano pochi effetti personali miei e dei gemelli. Una porticina sulla destra dava accesso a un bagno. Aveva il minimo indispensabile ma ero comunque grata di quel piccolo lusso.

Il fatto di non essere stata portata in prigione assieme agli altri mi metteva in una posizione diversa da loro, eppure la porta era chiusa dall’esterno. Come dovevo considerarmi? Una prigioniera Ribelle? Un ostaggio politico?

Come mi considerava Anakin?

Eccola, la domanda numero uno. Quella che premeva per uscirmi di bocca e tormentarmi lentamente. C’erano troppi fatti contrastanti tra loro. Sapevo che Anakin si sentiva tradito da me, soprattutto dopo il mio salvataggio di Obi-Wan. Ma sapevo anche che quel “vieni via con me” non era l’ordine di un nemico contro un’avversaria sconfitta. Era la richiesta di un marito che rivoleva indietro la moglie.

Ma chi dei due sarebbe prevalso? Là su quella nave non era l’Anakin che mi aveva corteggiata a Naboo, era il Sith che stava conquistando l’universo come braccio destro dell’Imperatore. Quante speranze avevo di far prevalere il mio Ani dentro quella nave?

 

“…purtroppo Yoda e Kenobi non si travavano su Giano al nostro arrivo. Ho lasciato la retroguardia sul pianeta ma dubito che torneranno là. La notizia del nostro assalto si sarà già diffusa in tutta la Galassia”.

In postura eretta davanti all’ologramma dell’Imperatore, Darth Vader stava concludendo il rapporto della conquista di Giano avvenuta qualche ora prima.

“Ha poca importanza, abbiamo distrutto la loro principale base operativa, saranno nel completo scompiglio e noi abbiamo dimostrato la nostra schiacciante superiorità contro quegli stolti. Hai fatto un buon lavoro, Lord Vader”. Si complimentò Darth Sidius, minimizzando la mancata cattura dei due Jedi. Sapeva che due singoli individui non avrebbero potuto fare nulla contro la potenza dell’Impero, era l’unione dei pianeti ribelli che temeva, la forza della massa. Ma aveva buone ragioni di credere che l’attacco nel cuore della Lega avesse inferto una dura batosta alle certezze di chiunque avesse osato opporsi a loro pensando di poterli sconfiggere. Probabilmente, in quello stesso momento molti dei pianeti che aveva appoggiato i Ribelli ora li stavano abbandonando, temendo di essere i prossimi bersagli nel mirino della loro epurazione. Obi-Wan Kenobi e Yoda sarebbero rimasti soli e sarebbero diventati una minaccia nulla.

“Inoltre sei riuscito a catturare una prigioniera altrettanto importante, la Senatrice Amidala” aggiunse con un ghigno soddisfatto.

Al contrario, i lineamenti di Anakin si indurirono a quelle parole. “Con tutto il rispetto, maestro, Padmé Skywalker non è una prigioniera di guerra, né una Senatrice della Repubblica. Nel nuovo Impero, è mia moglie” ribatté duro, nominandola per la prima volta con il suo nome da sposata, come avrebbe voluto poter fare da quando avevano pronunciato i voti, se non fosse stato per quell’ingiusto codice Jedi.

Il Sith proruppe in una risata rauca. “Certo, mio giovane apprendista. Ma ti consiglio di rendere chiaro questo concetto a tua moglie per prima o devo ricordarti con chi si è schierata in questa guerra? Non è stata fedele all’Impero e nemmeno a te, preferendo fidarsi del maestro Kenobi”.

L’osservazione crudele, seppur lasciata cadere con studiata leggerezza, si insinuò nell’animo del giovane come una stilettata. Tuttavia la sua espressione di marmo non diede la soddisfazione all’Imperatore di fargli vedere che aveva colpito nel segno.

“Gli Jedi sono riusciti a manipolarla fino ad ottenebrarle il giudizio. Basterà farle aprire gli occhi per vedere il giusto fine delle nostre azioni affinché si convinca a unirsi alla nostra causa, non ho dubbi a tal proposito” la difese convinto.

Lord Sidius annuì, preferendo chiudere l’argomento sulla ragazza. In verità dubitava che il suo giovane apprendista sarebbe riuscito a piegare la fede cieca nella Repubblica che aveva Amidala. Conosceva la Senatrice da una vita, aveva dedicato tutta la sua esistenza alla difesa del diretto alla libertà di ogni pianeta. Le sue convinzioni non erano manipolate dagli Jedi, come sosteneva - mentendo probabilmente persino a se stesso - il giovane, erano idee che aveva radicate nella sua mente da anni. Fargliele cambiare era impossibile. Ma sinceramente, finché Anakin avesse saputo tenere a bada Padmé e non gli avesse creato problemi, le convinzioni politiche di una ragazza non erano di alcun interesse per lui.

L’ologramma si dissolse facendo tornare la stanza della trasmissioni in una semi-oscurità. Anakin si appoggiò alla parete dietro di lui e si passò una mano sul viso. Le parole dell’Imperatore giravano il coltello in una piaga che sanguinava da mesi e anche se davanti a lui l’aveva difesa, non riusciva in cuor suo a perdonarla del tutto per il suo tradimento.

Aveva condotto Obi-Wan da lui su Mustafa. Era scappata con lui, sottraendogli in un colpo sua moglie e il figlio che portava in grembo. Aveva messo in piedi un’organizzazione interplanetaria con il solo scopo di contrapporsi a loro. E gli aveva sparato per salvare uno dei suoi principali nemici.

Come poteva perdonarla?

Eppure, la amava lo stesso. E ora era lì, su quella nave, a pochi metri da lui. Ma invece di riempirlo di gioia come aveva sperato, ciò lo gettava nello scompiglio più totale. Come doveva comportarsi? Da un lato sarebbe voluto correre ad abbracciarla e dirle quanto gli era mancata. Ma dall’altro…non poteva ignorare tutto quello che era successo da quando aveva scelto di schierarsi dalla parte degli Jedi. Per questo, nonostante avvertisse la sua presenza su quella nave attirarlo come il canto di una sirena, non era ancora andato nella sua stanza a vederla. Non sapeva come comportarsi.

Preso dalla frustrazione, scagliò un pugno contro il muro. Basta stupide riflessioni o dubbi! Se fosse rimasto fermo a pensare un minuto di più gli si sarebbero fusi i neuroni, ne era certo. Doveva agire.

Doveva andare da lei.

 

Quando sentii il rumore metallico della porta della stanza aprirsi, seppi chi era il mio visitatore prima di voltarmi ad accoglierlo. Percepii la tensione irradiarsi immediatamente nell’aria e uno sguardo pungermi la schiena reclamando con forza la mia attenzione.

Presi un respiro profondo e, lentamente, mi voltai.

A pochi metri da me, Anakin mi fissava, lo sguardo in tempesta come quello che mi aveva rivolto nell’hangar qualche ora prima. Il cuore tornò a pompare tanto forte che lo sentivo rimbombarmi nelle orecchie e con trepidazione mi chiesi, ora che eravamo finalmente soli, cosa sarebbe accaduto. Mi avrebbe urlato contro? O sarebbe corso da me ad abbracciarmi?

I minuti passarono, con tanta lentezza che avrei potuto vedere i granelli di sabbia scivolare via dalla clessidra uno ad uno, ma né io né Anakin movemmo un passo.

Sentii gli occhi minacciarmi di riempirsi di lacrime. Avevo sopportato tanto in quei mesi, le vittime della guerra, la tensione dell’esito incerto delle nostre missioni, l’onere di dover cercare alleati per la causa, eppure nulla mi era sembrato tanto insopportabile come quello. Avere mio marito a due metri di distanza e sentirlo lontano una galassia intera.

“Ani...” con voce spezzata, le mie labbra pronunciarono il suo nome, ma prima che potessi aggiungere altro, un secondo suono si propagò per l’aria.

Luke si era svegliato e aveva iniziato a piangere, probabilmente spinto dalla fame o semplicemente perché ritrovandosi in un posto sconosciuto voleva vedere sua madre.

D’istinto mi avvicinai subito a lui e lo presi in braccio iniziando a cullarlo. Come avevo previsto, voleva solo essere rassicurato, e difatti, tranquillizzato dalla mia presenza, smise subito di piangere. Intenta a preoccuparmi del bambino quasi non mi accorsi che Anakin si era accostato a noi. Alzai lo sguardo per incrociare il suo e quello che vi lessi mi sciolse il cuore. Un forte calore aveva scacciato la tempesta di prima, rilegandola sullo sfondo. Stava studiando il volto del piccolo Luke come…incantato. Alzò una mano come per accarezzarlo, ma poi parve ripensarci e l’abbassò. Mi chiesi perché, era il padre dopotutto, pensava di non aver diritto di accarezzarlo? Poi mi resi conto che forse non sapeva come comportarsi. Era vero che era suo figlio, ma era la prima volta che lo vedeva e non si diventa padri per diritto di nascita, è una qualifica che va acquisita giorno dopo giorno, comportandosi come tale, e lui per ora non ne aveva avuto il tempo.

L’incertezza di prima si volatilizzò. Sapevo cosa avrei dovuto fare come prima cosa. Gli avrei presentato le due splendide creature che aveva contribuito a mettere al mondo.

“Lui è Luke, ti somiglia già, sai? È forte, riesce già a gattonare un poco. Ha i tuoi occhi.” Gli dissi mentre mi avvicinavo piano alla bambina. “Lei invece è…”

“Leila” mi anticipò Anakin, spostando la sua attenzione alla seconda creaturina che dormiva placida tra le coperte, i pugnetti serrati vicino al capo castano. “Te li sei ricordati” commentò dopo.

“Come avrei potuto scordare i nomi che avevamo scelto per i nostri figli? Siamo stati anche fortunati, il Fato ha voluto che potessimo usarli entrambi da subito” commentai, prendendo una manina di Luke per posarle un bacio.

Poi calò di nuovo il silenzio. Anakin era immobile davanti a Leila, le mani chiuse a pugno come se temesse di non controllarle se non le avesse tenute sotto controllo. Avrei pagato oro per sapere cosa stesse pensando dietro quel volto imperturbabile. Mi diedi mentalmente dell’ingenua. Per un attimo avevo sperato che facendogli vedere i nostri figli, ogni cosa sarebbe tornata a posto, che avremmo potuto dimenticarmi della guerra che proseguiva là fuori e che ci aveva divisi.

“Hanno bisogno di te Anakin, e anch’io. Non sai quanto è stata dura andare avanti da sola in questi mesi” mormorai infine piena di amarezza, dando voce ai miei pensieri.

Aspettai una sua reazione con il fiato sospeso, e stavolta non si fece attendere. La mascella del giovane si indurì e negli occhi balenarono di nuovo i lampi della tempesta di prima.

“Sei tu che sei scappata da me, non ti ho lasciato io” ringhiò, offeso. Poi si passò una mano sul viso. “Perché sei fuggita da me? Perché mi hai portato via i miei figli? Padmé…tu non hai idea di quanto mi sei mancata, giorno e notte…perché mi hai lasciato?”

Più che le accuse che quelle parole portavano, a trafiggermi fu il tono di dolore con cui vennero pronunciate. Avrei preferito una sfuriata, ero più psicologicamente preparata all’idea che mi urlasse contro. Essere inondata da quel dolore non lo avevo preventivato.

Di colpi mi resi conto di quanto lui stesso doveva aver patito la separazione. Se era stata dura per me, che avevo i nostri figli di cui occuparmi e il sostegno dei miei amici, per lui, da solo in quel posto tetro con l’unica amicizia di un Sith a guidarlo, doveva essere stato insopportabile. Il cuore mi si straziò.

Oh Ani…

Posai Luke sul letto e mi avvicinai a lui, ma Anakin indietreggiò d’un passo per mantenere la distanza, guardandomi diffidente. Incassai il colpo e cercai di trovare le parole giuste per difendermi.

 “Anakin, non è da te che sono scappata, ma dall’Imperatore. Ogni ora che abbiamo passato lontani avrei voluto che fossi con me!” cercai di persuaderlo, ma ottenni solo un sorriso amaro.

“Se è vero, saresti potuta tornare da me in qualsiasi momento e invece hai preferito nasconderti e allearti con Obi-Wan e gli altri Ribelli per distruggerci” si passò una mano sul viso.

“Distruggervi? Anakin, è l’Imperatore il nostro nemico, tutto quello che ho fatto è cercare un modo per riportare la Repubblica che ci è stata ingiustamente tolta. L’ho fatto per difendere i principi in cui ho sempre creduto e in cui credevi anche tu. L’ho fatto per salvare te” mi difesi prontamente.

Eccola, la discussione dai toni accesi che sapevo sarebbe arrivata. Nella mia mente l’avevo già immaginata diverse volte, studiando le parole che avrebbero potuto ricondurre Anakin alla ragione. Farla dal vivo però era molto più estenuante di quanto avessi preventivato. Non avevo idea che una volta rivisto il mio unico desiderio sarebbe stato rifugiarmi tra le sue braccia e scordarmi della guerra galattica in corso. Non sopportavo l’idea che le nostre divergenze politiche al momento fossero così forti da costituire una barriera insormontabile.

Il ragazzo scosse la testa e si avvicinò alla finestra appoggiandosi con una spalla. “Ho aperto gli occhi sulle bugie in cui credevo ciecamente tempo fa, Padmé. Io sono riuscito a vedere il marcio che c’era dietro ideali che vendevano come puri, se mi ascoltassi ora che sei lontana dalle influenze degli Jedi, lo vedresti anche tu e capiresti che non è l’Imperatore il nemico di questa galassia” ribatté.

La convinzione nella sua voce fece vacillare la mia speranza di riportare a galla l’Anakin che avevo sposato. Possibile che Palpatine avesse affondato così a fondo le radici delle sue menzogne?

Mi massaggiai la fronte con le dita e mi presi un secondo per pensare.

“Ani, non sono sotto l’influenza di nessuno, sei tu ad esserlo. Palpatine è riuscito a farti vedere come un nemico coloro che prima consideravi la tua famiglia Non puoi seriamente pensare che sia giusto che l’intera Galassia sia soggiogata da un solo uomo che si è auto nominato Imperatore. Non c’è più libertà in questo universo!” cercai di ragionare con calma. Forse se fossi riuscita a farlo riflettere sulle ingiustizie che si stava perpetuando, con razionalità potevo indurlo almeno a mettere in dubbio le sue posizioni. La sua reazione però mandò in aria tutte le mie speranze.

“La libertà!” ripetè sprezzante. Si staccò dal vano della finestra e prese a camminare nervosamente per la stanza. “La libertà non è un diritto, è un bene che va guadagnato e la Galassia ha dimostrato che finora non è capace di gestirla, la sua libertà! Pensaci, sono secoli che c’è la Repubblica e sono secoli che scoppiano guerre tra pianeti in continuo. E credimi, io lo so bene, sono anni che sono in prima fila a cercare di sedare qualche guerriglia perché qualcuno decide di aver trovato il giusto pretesto per far guerra a qualcun altro. Se la Galassia non è in grado di gestirsi da sola senza scatenare conflitti allora è bene che lo faccia qualcun altro, qualcuno di abbastanza saggio che possa imporre la pace, persino con la forza se necessario. È questo che l’Imperatore ed io stiamo facendo, stiamo portando la pace che da migliaia di anni la Repubblica sbandiera senza riuscire ad attuarla.” Il giovane si fermò per riprendere fiato e mi si riavvicinò. “Tu, proprio tu tra tutti, dovresti ben sapere quanto il Senato e gli altri organi di governo fossero corrotti, quanto fosse impossibile far applicare qualsiasi decreto per il bene dei pianeti. Ora tutto questo appartiene al passato. L’imperatore vuole la pace e il benessere per tutti, in cambio chiede solo obbedienza. Tu dovresti essere in prima fila tra noi, a godere dei benefici di una pace per cui combatti da anni, non dovresti cercare di ostacolarla! So bene che la via che abbiamo scelto è contro i tuoi principi, ma non puoi essere tanto cieca da non vedere come sia l’unica percorribile”. Lo sguardo che mi rivolse mentre pronunciava questo folle discorso mi fece tremare. Era calmo e convinto della verità di ciò che stava dicendo. Possibile che fossero seriamente queste le sue convinzioni?

Un eco di una conversazione avvenuta tanto tempo prima riemerse. Era un pomeriggio di sole a Naboo di molti anni fa e in una conversazione ricordavo che Anakin avesse espresso un concetto preoccupante, ma a cui all’epoca non avevo dato peso, pensando che fosse solo l’affermazione di una giovane e inesperta testa calda. Aveva detto che se non si riusciva ad arrivare a un accordo tra i vari senatori, qualcuno avrebbe dovuto avere il potere per costringerli ad accettare leggi che non volevano. Possibile che il germe del Sith già c’era ed io non me ne ero accorta? Possibile che le parole di Palpatine avessero solo potenziato inclinazioni già presenti in lui?

Mi afferrai la testa tra le mani e mi allontanai da Anakin, rifiutando i miei stessi pensieri. No, Anakin era certamente un uomo portato all’azione e poco incline alla diplomazia ma non era un crudele dittatore. Aveva buon cuore, io lo sapevo, lo avevo visto in tutti quegli anni in cui aveva rischiato la vita per proteggere innocenti che non conosceva neppure. Lo avevo visto nello sguardo innamorato e timoroso che aveva appena rivolto ai suoi figli. Palpatine aveva distorto alcuni suoi ideali facendogli credere che fosse giusto perseguirli.

“Anakin” ritentai con calma “è vero, il Senato era corrotto e sicuramente anche gli Jedi hanno avuto la loro parte di colpa, ma noi abbiamo combattuto proprio per estirpare quel male che corrodeva il Senato e ripulirlo. Tu ti sei unito a coloro che lo consumavano dall’interno come un cancro, hai fatto vincere la parte sbagliata e non hai ottenuto la pace, ma la schiavitù di interi pianeti.” Cercai di farlo riflettere.

Purtroppo però Anakin mi rivolse uno sguardo sprezzante. “Non riesci a vedere aldilà della tua desueta moralità. Tutto quello che facciamo è per il bene della Galassia e questo giustifica ogni mezzo” ribatté.

A quel punto, tutta la calma racimolata prima, evaporò. “Non puoi piegare in ginocchio un intero universo solo perché tu pensi che sia giusto farlo!” sbottai, avvicinandomi combattiva, pronta a difendere le mie idee contro qualunque folle pensiero politico avesse voluto vendermi. Ero abituata alle dispute senatoriali sin da quando ero ragazza, non mi sarei fatta piegare dalle convinzioni che gli aveva instillato quel folle, avrei continuato a sostenere e ripetere le mie idee all’infinito se fosse servito per farlo rinsavire. Purtroppo però, Anakin mi spiazzò con una risposta che di politico aveva ben poco.

“Si invece se è il prezzo da pagare per tenerti al sicuro con me!”

Il drastico cambio di rotta della conversazione mi mandò in confusione. Cosa voleva dire? Cosa c’entravo io in tutta quella guerra? Perché aveva detto “prezzo da pagare”?

Anakin chiuse la bocca di scatto, come se si fosse lasciato sfuggire qualcosa che non avrebbe voluto dire e incrociò le braccia al petto.

“Ani, io…” scossi la testa, come se così potessi riordinare le idee, ma prima che potessi parlare di nuovo, Anakin riprese la parola.

“Basta, è inutile discutere ancora. Adesso sei troppo scossa dagli ultimi avvenimenti, ma quando ti sarai calmata, sono certo che inizierai a cambiare prospettiva”.

Il tono da ordine perentorio che stava usando mi fece di nuovo accendere la scintilla di ribellione, come quando mi aveva ordinato di seguirlo all’hangar. Io non ero uno dei suoi sottoposti a cui dare imposizioni, avrebbe fatto meglio a ricordarselo!

“Calmarmi?” ribattei con tono sprezzante. “Non sono una donna in preda all’isteria, sono una prigioniera di guerra, una Senatrice, e non ho nessuna intenzione di tradire tutto ciò in cui credo per delle giustificazioni da folle!”

“Prigioniera?” Anakin strabuzzò gli occhi, irritato da quella parola “Tu non sei una prigioniera, Padmé, sei mia moglie” affermò duro, sfidandomi quasi a contraddirlo.

Un piccolo palpito tradì quanto mi avesse dato piacere sentirlo chiamarmi “moglie”, ma il fuoco della mia piccola arringa ancora non si era spento e lo mise in secondo piano.

“Se non sono prigioniera allora posso andarmene quando voglio” insinuai acida.

Mi aspettavo una reazione violenta alla mia provocazione, ma quello che vidi mi colse del tutto alla sprovvista. Anakin diventò pallido di colpo alle mie parole, lo sguardo spaventato.

Mi afferrò per le spalle e con un violento strattone mi trasse a sé. “Non osare nemmeno dirlo. Il tuo posto è accanto a me” sibilò.

Mi incatenai al suo sguardo, scrutando in quei pozzi verde muschio la verità che celava dietro quel tono che voleva essere minaccioso, e vi lessi una disperazione tanto acuta che mi sconvolse. Era un grido di aiuto, una solitudine che aveva il bisogno di essere colmata.

Senza che ce ne accorgessimo, la discussione aveva portato i nostri visi a pochi centimetri di distanza. Sentii il suo respiro caldo sfiorarmi il viso e la mia attenzione dai suoi occhi si spostò sulla sua bocca, ancora aperta dopo la foga del discorso. Di colpo, tutti i miei ideali, tutti i buoni motivi per cui avevamo discusso fino a pochi secondi prima, mi scivolarono via dalla mente e davanti a me non vidi più il Sith che combatteva per l’Impero. C’era solo il mio Anakin. E io avevo un disperato bisogno di lui, un disperato desiderio di sentirlo di nuovo accanto a me. Avevo bisogno di baciarlo. Lanciai di nuovo un’occhiata in alto per incrociarne lo sguardo e stavolta vidi il riflesso dei miei stessi pensieri, non più in conflitto ma uguali. Le sue iridi verdi si erano incupite, il desiderio stava prendendo il posto dell’abisso di disperazione di poco prima.

La distanza che ci separava era fisicamente così irrisoria…come spinti da una volontà esterna, entrambi ci avvicinammo ancora. E ancora. Sentivo il suo alito caldo sulle mie labbra, la sua presa sulle mie spalle era divenuta una carezza gentile che mi sospingeva vicino a lui.

Baciami.

Ma proprio mentre le nostre labbra si stavano ormai per sfiorare, Anakin parve riscuotersi da quel tepore che aveva colpito entrambi e si staccò in fretta da me, quasi avesse preso la scossa. La distanza tra noi aumentò di una manciata di centimetri ma mi parve di nuovo incolmabile. L’Imperatore, i Ribelli, Obi-Wan, la guerra, tutto, ci ripiombò addosso con la forza di un terremoto, riponendoci agli antipodi di quell’orribile scacchiere.

Mi lanciò un’ultima occhiata dove scorsi tutti il tormento che anch’io provavo e si diresse a grandi falcate verso l’uscita. In un battito di ciglia, aveva lasciato la stanza.

E un vuoto in mezzo al mio petto che quasi mi tolse il respiro, come se fosse un buco capace di risucchiare tutta l’aria che cercavo di incanalare nei polmoni.

Mi lasciai cadere sul letto e mi presi la testa tra le mani, completamente priva di forze dopo aver retto la tensione degli ultimi minuti. Pezzi della recente discussione mi balenavano in testa in una confusione tale che era impossibile riordinarli per dargli un ordine, un senso. O forse, semplicemente, non era fattibile perché di senso non ne avevano nemmeno un po’.

Anakin aveva difeso a spada tratta l’Impero, ma quelle parole stonavano così tanto con ciò che conoscevo del suo cuore che non riuscivo a spiegarmelo. Inoltre c’era quella frase rimasta in sospeso, quel “è il prezzo da pagare”, a cui non riuscivo a dare un significato. Non mi aveva dato nemmeno la possibilità di chiedergli un chiarimento perché si era affrettato a cambiare argomento. Cosa mi stava nascondendo?

Ciò che invece era chiaro come il sole, era il dolore che lo dilaniava dall’interno. Alla minaccia di andarmene, la disperazione aveva sgretolato la maschera del Sith colpendomi più di qualsiasi sfuriata. Una disperazione che era eco della mia.

Ma se ci faceva tanto male essere distanti, perché non riuscivamo semplicemente a tendere la mano e ritrovarci? Per un istante, ci eravamo quasi riusciti. Il desiderio l’uno dell’altro ci aveva fatto mettere da parte le nostre divergenze politiche. Per un secondo eravamo rimasti sospesi in un micro-universo unicamente nostro. Ma poi eravamo tornati alla realtà. Mi aveva chiamata “moglie” ma non potevamo ignorare tutto ciò che ora ci separava, non potevo chiudere gli occhi e dimenticarmi degli innocenti che aveva aiutato a ridurre in schiavitù, o peggio, di quelli che aveva ucciso. Non potevo stare con mio marito, ignorando il Sith.

Una parte di me però, desiderava tanto poterlo fare. Chiusi gli occhi e mi sfiorai con un dito le labbra, ricordandomi il brivido che la sua vicinanza mi aveva dato.

 

*

 

Per due giorni, Anakin non si fece più vedere. Le uniche persone che regolarmente entravano in quella camera erano due servitori che portavano il mio pranzo e il latte per i bambini. La mattina del secondo giorno, portarono anche due brandine per i piccoli, idea di cui fui grata perché dormendo insieme nel letto continuavo a temere di schiacciarli senza accorgermene rigirandomi nel sonno. Purtroppo però l’arrivo giornaliero dei due servitori non costituiva di per sé una grande distrazione. Non mi parlavano neppure, nonostante gli avessi rivolto più domande dirette su quale fosse la nostra destinazione e quanto mancasse. Si limitavano a svolgere il loro compito e a sparire in men che non si dica, lasciandomi nuovamente nella mia tetra solitudine. La situazione ormai era ben oltre il sopportabile. Cosa diamine passava per la testa ad Anakin? Aveva intenzione di tenermi rinchiusa in quelle quattro mura a tempo indeterminato?

Sconfortata, mi appoggiai al vano della finestra, la fronte contro il vetro freddo.

Perché non torni da me?

 

Due giorni. Aveva fatto passare due lunghissimi e stramaledetti giorni da quando aveva avuto il coraggio di vederla. Dannazione, da quando era diventato così codardo? Perché solo di codardia si poteva parlare, non c’erano altre motivazioni. Dopo averla cercata per mezzo universo, dopo averla voluta così intensamente, ora la evitava! Era davvero un dannato idiota.

Ma le parole che si erano detti, il tono rabbioso con cui gli si era rivolta, la discussione accesa…era stata insopportabile.

Lui l’aveva ripresa come sua moglie e lei si riteneva una prigioniera! Aveva persino insinuato di andarsene!

Il solo pensiero lo faceva impazzire, non poteva perderla di nuovo. Eppure, il motivo che lo aveva tenuto lontano da lei era che sapeva che non poteva tenerla accanto a lui in questo modo.

Nonostante le sue intenzioni, lei…aveva ragione. Se lei se ne voleva andare, di fatto lui la stava trattenendo lì come prigioniera.

Se solo fosse riuscito a farle cambiare idea! Come poteva farle capire che tutti gli atti orribili di cui nella sua testa lo accusava, li aveva commessi per loro due e per i loro figli? Non vedeva che aveva creato una realtà dove loro potevano stare assieme senza doversi nascondere?

Ed era quello il motivo per cui si era tirato indietro quando stavano per baciarsi, rompendo quell’unico istante in cui miracolosamente erano riusciti a dimenticare le loro divergenze. Non poteva baciare Padmé se lei si riteneva costretta a stare con lui. Aveva visto chiaramente che sua moglie lo amava ancora. Nonostante la rabbia e il furore con cui aveva difeso le sue idee, i suoi dolci occhi castani emanavano lo stesso calore di sempre quando lo guardavano. E questo aveva lenito come un balsamo una parte delle sue ferite. Tuttavia sapeva che si sentiva come un animale ferito chiuso in gabbia e non poteva tenerla al suo fianco in questo stato. Inoltre non tutto tra loro era stato chiarito, lui si sentiva ancora tradito per le sue azioni ed era palese che lei non si fidasse di lui e del suo giudizio.

Aveva aiutato a costruire quell’Impero affinché loro potessero stare assieme, ma ora sembrava fosse proprio quell’Impero a separarli. Grazie alla sua tenacia era riuscito a riportarla fisicamente accanto a sé, ma adesso il ragazzo capiva che la sfida di ritrovarla tra milioni di pianeti non era che l’inizio. Pur avendola a qualche metro di distanza, Padmé era più lontana che mai. Avrebbe dovuto ripristinare la fiducia che c’era tra loro per poterla riavere veramente accanto.

Doveva fare qualcosa, anche se non sapeva ancora cosa, ma di certo non poteva continuare a girovagare per quella nave con il pensiero sempre rivolto a un alloggio del piano inferiore.

Ma prima che potesse fare un passo, la porta della sua camera si aprì rivelando l’ingresso di un ufficiale.

“Mio Signore, siamo giunti a destinazione. La Morte Nera è davanti a noi”

   
 
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