Bellissima
Frank Ozman era esperto.
Ormai lo aveva fatto tante di quelle volte che era quasi routine.
L’unica routine che non lo annoiava.
Lo avevano preso solo una volta, per furto, quando ancora non era
maggiorenne, poi aveva affinato ed ampliato la sua arte ed erano decenni che
agiva indisturbato.
La vide, oltre la finestra, rientrare in casa e togliersi con un
movimento fluido ed elegante il giacchettino chiaro.
Non capiva niente di moda, ma si sorprese a pensare che un modello come
quello lo aveva visto spesso in giro.
Luke aveva ragione: era bellissima.
La donna era stata fortunata la volta precedente. Luke era solo un
ladruncolo che rubava per sfamare la famiglia.
Era lui il mostro cattivo.
Quella tensione al basso ventre si intensificò.
Si impose la calma.
Doveva aspettare che andasse a letto e si addormentasse per aggredirla.
Doveva ancora cenare, aveva del tempo davanti per fantasticare.
La donna appoggiò la borsa sulla poltrona e la vide sparire dentro una
stanza.
Non era molto alta, ma longilinea, capelli nerissimi e lunghi, un viso
piccolo e allungato.
Gli occhi non era riuscito a vederli bene.
Si impose un ritmo respiratorio lento e regolare.
L’appartamento spalmato su un solo piano era perfetto. D’altra parte
aveva attirato l’attenzione di Luke e Luke non era un genio del crimine.
Circondato da un giardino pieno di alberi e cespugli che lo
nascondevano dalla strada, era davvero perfetto.
Luke stesso gli aveva detto che quando la donna aveva chiuso i
finestroni lui si era nascosto facilmente dentro quei cespugli e la camera era
nella parte posteriore, ulteriormente nascosta.
Era riuscito ad entrare in casa, rubare qualche gioiello e qualche
oggetto da impegnare senza che lei si svegliasse. Aveva fatto un bel
gruzzoletto ed era evidente che quella donna fosse ricca.
La sua ignara ospite non aveva nessun tipo di animale domestico. Altra
cosa molto buona.
Luke gli aveva anche riferito che l’aveva vista prendere qualcosa da
bere dal comodino prima di spegnere la luce, quindi era evidente che prendesse
un sonnifero.
La cosa lo avrebbe facilitato notevolmente.
Luke era un po’ stupido, non immaginava che sceglieva le sue vittime in
base ai suoi racconti. Era un po’ l’allievo che raccontava al maestro le sue
prodezze per ricevere complimenti e qualche consiglio.
La donna riapparve nell’ingresso, prese la borsa e la vide sparire
oltre una porta.
Luke gli aveva detto che aveva trovato una bella somma in contanti
nella borsa. Doveva ricordarselo, alla fine della festa.
Velocemente la seguì dall’esterno, passando da cespuglio a cespuglio.
Un breve giro dell’appartamento e si trovò appiattito contro il muro
vicino al finestrone che aveva visto illuminarsi avvicinandosi.
Con un altro movimento veloce e silenzioso si nascose dietro il
cespuglio davanti a lui e gli si aprì la visuale su una spaziosa camera da
letto.
Sarebbe stato molto piacevole.
Lenzuola di seta bianca.
Era una vera signora.
Apparve improvvisamente nella sua visuale.
Si era cambiata. Indossava un vestitino leggero senza maniche. Capelli
raccolti in cima alla testa.
Il caldo era una cosa meravigliosa: le donne indossavano lo stretto
indispensabile e lasciavano aperte le finestre la notte.
Il finestrone era già semiaperto e la sentì canticchiare una melodia
che non riconobbe.
Luke era entrato dalla porta posteriore, che dava sulla cucina. Che doveva
essere la stanza dove l’aveva vista sparire appena si era tolta il giacchetto.
Effettivamente, che una donna che abitava al piano terra lasciasse
aperto il finestrone della camera da letto, era chiedere troppo alla vita.
La guardò uscire dalla camera.
La tentazione di entrare era grande, ma avrebbe rovinato tutto.
Poteva aspettare visite, se malauguratamente fosse stato il fidanzato per
la notte, avrebbe dovuto rimandare la festa.
Poteva ricevere telefonate e non ci dovevano essere intoppi.
Nessuno doveva sospettare che quella notte sarebbe stata diversa dalle
altre.
Tornò velocemente al punto di partenza ed infatti era tornata
nell’ingresso.
La vide accendere la televisione, scegliere un canale musicale e
lasciare il telecomando sulla poltrona.
Tipico di una donna sola: la televisione le faceva compagnia.
Sorrise.
Niente fidanzati, quindi?
A guardarla sembrava incredibile.
Era bellissima.
Socchiuse gli occhi per concentrarsi sui particolari.
Aveva un taglio di occhi obliquo, da orientale.
Ma non era giapponese.
Aveva un viso diverso, ma
piacevole.
Era una bella donna.
Squillò il telefono.
La vide uscire dalla stanza e si congratulò con se stesso per
l’applicazione del suo autocontrollo.
Doveva essere una donna che non usciva la sera, se non avesse risposto
al telefono qualche amica si sarebbe preoccupata e sarebbe arrivata a
disturbare la sua festa.
Tornò nel suo campo visivo con una cordless attaccato all’orecchio.
Si voltò appena per direzionare l’orecchio verso di lei.
«No Betty, non esco stasera. Ho un appuntamento di lavoro presto domani
mattina. Sto pensando di cenare presto e mettermi subito a letto.»
Aveva una voce bassa e… sì, piacevole. Forse
troppo bassa per una donna.
«Beh, quel locale apre stasera, fra un paio di giorni sarà ancora lì. Ne
riparliamo sabato.»
Seguì un silenzio piuttosto lungo. Era evidente che Betty non mollasse
la presa.
La vide esaminare con interesse le unghie mentre ascoltava, ma forse
neanche stava ad ascoltare, cosa le veniva detto dall’altra parte della
cornetta. Le allontanò anche dal viso un paio di volte per cambiare
prospettiva.
C’era chi cercava la sua compagnia allora.
Forse la televisione era solo un’abitudine come un’altra.
«Betty, sai che è inutile insistere. Ho detto di no. Stasera non posso
fare tardi.»
Appunto, come volevasi dimostrare.
La sentì sbuffare. «Ci sentiamo domani, a pranzo. Ti
chiamo io quando ho finito con quell’appuntamento.» Altro silenzio, «No no, una
cena leggera. Ho anche il dessert stasera.» Alzò gli occhi al soffitto, «Ok
Betty, a domani, saluta le altre. Divertiti.»
Riattaccò con un’aria imbronciata.
Menomale non
hai dato retta a Betty, mi sarebbe dispiaciuto rimandare.
Il cordless seguì la sorte del telecomando e la vide
avviarsi in cucina, ormai era certo che fosse quella la stanza.
Aggirò l’appartamento nel senso contrario a prima e
arrivò alla porta posteriore.
Con tutte le attenzioni provò ad aprirla…
ed era aperta.
Sorrise e la richiuse silenziosamente.
Ok, poteva farsi un giro aspettando che lei cenasse e
andasse a letto. Restando lì avrebbe potuto finire con il fare rumore… o non controllare più la propria libido.
Quella era una donna che avrebbe potuto fargli perdere
il controllo prima del tempo.
Sì, era bellissima.
Era da poco passata la mezzanotte quando tornò alla porta posteriore.
Aveva già indossato guanti, passamontagna e tutto il resto.
Era anche armato, ma prevedeva, visto il fisico gracile della sua
ospite, che non avrebbe avuto bisogno del coltello.
Entrò silenzioso e aspettò che gli occhi si abituassero alla penombra
che regnava all’interno.
Prese un profondo respiro, mentre il ricordo di quel corpicino riattivò
il suo basso ventre.
Ancora poco. Manca poco ormai.
Riuscì ad imporsi un ritmo lento e fece mente locale sull’appartamento.
Si mosse silenzioso e sicuro.
Alla fine avrebbe usato una piccola torcia per fare un giro e prendere
qualcosa.
Arrivò in camera da letto in una manciata di secondi.
Un’occhiata al finestrone gli confermò che, prima di andare a letto, lo
aveva chiuso.
Forse la serratura della porta posteriore era rotta?
Sollevò un piede per fare un altro passo, ma un pensiero lo inchiodò
dove era.
Ma se qualcuno è già entrato perché non
l’ha fatta aggiustare? Non ha chiamato la polizia per fare una denuncia? Non si
è accorta della sparizione del denaro dalla borsa, dei gioielli e dei…?
Cominciò a sentirsi stranamente a disagio.
Ma gli occhi si posarono sull’occupante del letto e mise da parte tutto
il resto.
Fanculo. Che me ne frega? Magari è una
svampita che non ha presente quanta roba ha in casa! Che la festa abbia iniz…
«Chi sei? Cosa vuoi?»
La voce bassa lo fece sussultare.
Merda, ma non era…?
«Non urlare. Non voglio farti del male.»
«Non è vero. E’ evidente.»
Anche il suo sguardo si abbassò sulla sua erezione ormai in bella
vista.
«Ma non urlerò. Detesto le urla. Ho un udito molto sensibile.»
Quasi smise di respirare per quanto era sbalordito.
Una vittima accondiscendente toglieva un bel po’ di divertimento.
«Tu sei diverso da quello della scorsa volta. Era terrorizzato,
poverino. Gli ho lasciato prendere un po’ di roba… ho
sentito odore di bambini piccoli addosso a lui.»
Le lenzuola frusciarono appena.
«Non provare a scappare» l’avvisò.
«Scappare? Questa è casa mia. Dove dovrei andare? Sei tu che sei qui
non invitato. Sei uno stupratore vero? Magari amico di quell’altro.»
«Luke non sa che scelgo le vittime in base ai suoi…»
Si bloccò ancora più sbalordito.
Frank, che ti succede?
«Di solito sono una che si fa i fatti suoi, ma ci sono molte mamme
single qua intorno e non vorrei che le tue inopportune attenzioni si
concentrassero dove non devono.»
C’era qualcosa in quel dialogo di profondamente sbagliato. Al di là del
fatto che stessero dialogando.
Ma non riusciva a capire cosa.
«Sei una crocerossina o hai un improvviso attacco di altruismo?»
«Niente di tutto ciò.»
La voce si era fatta molto più bassa, gutturale.
Il buio iniziò a muoversi, ma rimase come ipnotizzato da quei movimenti
cupi tono su tono per muoversi o parlare.
«Fermo restando che la polizia che si riverserebbe nel vicinato mi
complicherebbe oltremodo la vita, la mia parte femminile è molto solidale con
quelle donne. Sarà che io non posso avere figli e mi piacciono molto i bambini.
Mi vedono per quello che sono e non mi giudicano. Sono loro gli altruisti. Mi
fanno un sacco di domande. Vogliono solo essere sicuri che loro e le loro mamme
o i loro papà sono al sicuro con me e ho assicurato loro che lo sono. Sanno
mantenere il mio segreto. Sono gli unici amici che ho…
e non permetterò che succeda loro qualcosa. Il tuo amico Luke era innocuo, tu… per tua sfortuna, non lo sei.»
Improvvisamente, capì: non era lui ad avere il controllo della situazione.
«Non pensavo che il dessert sarebbe arrivato così tardi.»
Fu in quel momento che si rese conto non solo di essere entrato nella
tana del mostro, ma che il mostro aveva sempre saputo che ci sarebbe entrato.
Ma era troppo tardi.
Quando sentì il passamontagna sfilarsi dalla sua testa pensò, in un
battito di ciglia, al coltello, ma qualcosa di simile ad un tentacolo si era
già chiuso sulla sua testa coprendo la bocca e altri bloccarono le braccia,
costringendolo in una posizione da crocifisso.
«Ti ho detto che le urla non mi piacciono» sibilò quella massa corvina,
calda e viscida «vedi di ricordartelo, stupratore. Divento estremamente
spiacevole quando non si fa come dico io.»
Le zanne erano già sulla sua giugulare, gli artigli conficcati nel suo
petto lambirono il cuore.
Tutti gli altri particolari, non avevano più molta importanza.
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NOTE:
E’ un esordio in questo fandom, e da fedele fan di Stephen King e Dario
Argento (il primo Dario Argento), sono
particolarmente contenta che sia finalmente riuscita a scrivere qualcosa che
possa trovare casa qui.
Stavo preparando il cappuccino e… ecco
l’idea.
La violenza sulle donne è un argomento che mi fa male. Mi da fastidio
fisicamente. Non dovrebbe esistere.
Purtroppo, è praticamente routine quotidiana e spesso, se non si tende
a dare una medaglia allo stupratore, si confonde addirittura la vittima col
boia.
Nessuna donna cerca lo stupro. Neanche se fa la prostituta o decide di
indossare una minigonna.
Per una volta, il figlio di puttana, ha trovato qualcosa più forte di
lui.