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Autore: Carry_Love1D    26/05/2015    0 recensioni
《È ancora più bella di prima, i capelli, le labbra, perfino le lentiggini sono le stesse! Oh, e i suoi occhi... Il cielo non è niente in confronto ai suoi occhi!》
Karol, lasciando una scia nera alle sue spalle, vola in picchiata verso la sua casa, pronto ad affrontare altre dieci, cento, mille zuffe con i suoi amici. Perché ora, finalmente, ne ha la conferma: Lei vive ancora, e si ricorda di lui.
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Amnesia - I neroni del buio



Capitolo 1 - Something woke me up

 

 

 

Apro con fatica gli occhi, le palpebre pesano come due macigni. Sbatto un paio di volte le palpebre per abituarmi alla luce che innonda la stanza. Mi trovo in una stanza dalle mura di un bianco accecante, al mio fianco c'é un mobile di legno chiaro con sopra vari tipi di fiori: narcisi, rose, mimose. Alla mia destra un armadio e un'ampia finestra che si affaccia su una spianata di case intervallate da grattaceli, strade e un paio di alberi rinsecchiti. Che tristezza, mamma mia.

 

Nell'aria c'é un odore misto di disinfettante e profumo di fiori. Si sta proprio bene al calduccio in questo letto. Peccato che devo pisciare. E anche tanto. L'idea di alzarmi dal letto non mi alletta per niente ma il bisogno di evaquare la mia vescica è più forte. Sento che ogni singolo muscolo del mio corpo, unghie e capelli compresi, é ancora addormentato. Provo ad alzare un braccio per guardarmi la mano, ma questo ricade inerte sul lenzuolo candido. Lo osservo attentamente. Mi pare quasi di non riconoscerlo, non solo perché non risponde ai miei comandi, ma anche perché non sembra il mio. Questo é molto più gracile, sottile. Le dita sono scheletriche e si riescono a intravedere i tendini. Rimango a osservarlo un po' per poi riscuotermi. Ordino alle gambe di muoversi ma non danno alcun segno di vita.

Ci provo ancora.

Niente.

Faccio leva con le braccia e mi sporgo verso il bordo del letto, tento di alzarmi in piedi ma cado rovinosamente a terra.

《Porca puttana》impreco ad alta voce.

Mi aggrappo al comodino trascinando la parte inferiore del corpo, ma così facendolo il mobile si sbilancia rovesciandomi addosso tutto quello che vi era sopra: fazzolettini sporchi, cioccolato smangiucchiato, un telefono e naturalmente non poteva mancare un bel bicchiere d'acqua. 

《Porca puttana un'altra volta》

Il mio primo istinto è quello di trangugiare il cioccolato, ma l'acqua mi ricorda che devo pisciare, così attiro le gambe al petto per provare ad alzarmi e rimango inorridita quando le vedo. Le cosce sono ridotte a un paio di ossa scalcificate, pur tenendo le ginocchia unite il loro interno non si tocca creando un vuoto in cui posso benissimo infilare tutto il braccio.

Ma cosa succede? Queste non sono le mie gambe e nemmeno le mie braccia... Questo corpo non mi appartiene.

Scaccio il pensiero e mi faccio forza. Stavolta mi aggrappo al letto e riesco ad alzarmi in piedi barcollando. Noto che c'è una porta dall'altra parte del letto. Passo dopo passo riesco ad arrivarci con le gambe tremanti e spalanco la porta come se fosse la mia salvezza. Santissimo è il Signore, è un bagno meno male! Mi fiondo sulla tazza e finalmente mi libero da un peso enorme.

 Non mi sentivo così realizzata da quando... da quando... Un momento. Ma chi sono io?

 

Un tornado di domande impazziscono nella mia testa, domande alle quali non so rispondere.

Come mi chiamo? Dove mi trovo? È questa la mia casa? Sto morendo di fame, ci sarà qualcosa di sostansioso da mangiare in questo posto? E miei genitori? Dove sono loro? Esistono almeno? Cosa mi sta succedendo?

Le lacrime mi bruciano gli occhi e un nodo mi stringe la gola. Mi sento sola, persa, smarrita, senza una via da percorrere. 

Un leggero e freddo soffio di vento mi arriva sulla faccia, catturando la mia attenzione, dato che le finestre sono chiuse. Fuori un cielo plumbeo minaccia una tempesta. Una strana ombra attraversa il cielo veloce come un fulmine facendomi sussultare. Sgrano gli occhi e guardo meglio fuori.

Niente.

Forse era solo un'allucinazione, chissà quanto tempo ho dormito. Il mio cervello deve essere in uno stato di dormi-veglia. Mi ricordo che c'era un armadio dillà, forse ci sono dei vestiti. Caccio indietro le lacrime e muovo le gambe. Hanno ripreso vigore, così mi alzo con cautela, senza l'ausilio del muro e dopo essermi data una sana lavata, mi dirigo nell'altra stanza. Frugo nell'armadio e trovo un paio di leggins, delle converse nere, una sciarpa dello stesso colore e una felpa grigia decisamente troppo grande per me. Non é molto ma almeno mi terranno al caldo e finalmente mi potrò togliere quest'orrendo e puzzolente camicione bianco. Torno vicino al letto e nel giro di un minuto faccio fuori quel che resta della tavoletta di cioccolato. Titubante esco dalla stanza. Delle donne vestite esclusivamente di bianco camminano senza sosta. C'é chi corre, chi trascina una carrozzina, chi cammina distrattamente e chi compila dei documenti. C'é anche una famigliola che si prende un caffè davanti ai distributori automatici. Sono tutti così indaffarati che nessuno si é accorto della mia presenza 

 

É un ospedale, penso. Mi chiudo la porta alle spalle e faccio qualche passo lungo il corridoio. Un'ampia vetrata mostra lo stesso scenario della mia stanza. Una pioggerellina leggera bagna la città. Mi perdo in quella vista così malinconica. Inizialmente mi sembrava proprio un brutto paese, ma ora mi ci ritrovo, pare quasi che capisca cosa sto provando. Sto passeggiando tranquilla quando un rumore assordante mi giunge alle orecchie, come un vetro che si frantuma in mille pezzi. Mi giro di scatto ma non vedo niente. Probabilmente proveniva dalla mia stanza. Spaventata faccio qualche passo indietro. Sento un'altra volta quello strano vento gelido soffiarmi addosso, ma questa volta è molto più potente.

Terrorizzata e confusa mi giro dall'altra parte e mi accascio a terra. Le raffiche continuano inesorabilmente frustandomi il volto. Fuori dalla finestra vedo altre di quelle ombre inquietanti, sempre più numerose. Mi guardo intorno e vedo che le altre persone non si accorgono di nulla. Il mio respiro si fa affannato, chiudo gli occhi e per quanto sia difficile cerco di calmarmi.

Ok, sto sognando. Si, sto sognando senza dubbio. Ora conterò fino a tre e poi mi sveglieró.

1... 2... 3! 

 

 

Con mia sorpresa le raffiche cessano sul serio, così riprendo fiato. Apro piano gli occhi. Proprio mentre sto per pensare che non c'è più niente compare un'ultima saetta nera, un po' diversa dalle altre. Forse perché è di un nero più intenso o forse perché è più "aggraziata", sempre che così si possa definire. Ad ogni modo, l'ombra si ferma davanti a me fluttuando ed io intimidita indietreggio appena. L'ombra si contorce, allungandosi ed accorciandosi fino a prendere le sembianze di un ragazzo alto e magro. Il corpo é completamente nero con qualche strano simbolo bianco qua e là, i ciuffi di capelli ribelli ondeggiano a loro piacimento, come se non esistesse la forza di gravità. E gli occhi. Gli occhi sono oro, oro liquido in cui annego senza ritegno. Rimane fermo a guardarmi, come se mi stesse studiando. Se prima avevo paura ora sono incuriosita cosi mi alzo, mi avvicino e poggio una mano sul vetro. Lui sembra stupirsi. Ancora un po' titubante si avvicina anche lui e alzando una mano cerchiata di bianco fa combaciare le sagome delle nostre dita. Accenna quello che sembra un sorriso. Un sorriso tristissimo ma contemporaneamente stupendo.

"Ciao Kristen, quanto tempo..." rimbomba nella mia testa una voce soffocata, che mi giunge da lontano, ma che riesce comunque a trasmettermi calore. Una voce bellissima. 

《Quindi è cosi che mi chiamo? Kristen?》domando eccitata come una bambina.

Sorride ancora e sento che sta per rispondere ma volge lo sguardo alla mia destra e si blocca.

Mi volto per capire cosa sta guardando e vedo un'infermiera che mi osserva. D'istinto mi stacco dalla finestra e mi porto una mano al petto.

《Ma dico, vuoi farmi prendere un infarto?》sbraito alla giovane donna. In un millesimo di secondo mi immagino tremila modi in cui l'infermiera potrebbe reagire di fronte al ragazzo in nero. Il mio primo istinto è quello di mettermi in mezzo per nasconderlo ma quando guardo fuori mi accorgo che lui non c'é più. Guardo meglio ma non lo trovo, in compenso scorgo un'ombra in lontananza. 

《Scusa, mi ero preoccupata. Ti vedevo parlare da sola, così sono venuta a chiedere se potevo esserti d'aiuto》

Mi torna im mente il fatto che non so più chi sono. O meglio, so come mi chiamo, ma non ho la più pallida idea da dove caspiterina provengo.

 

Dopo aver spiegato che mi ero svegliata senza ricordarmi chi fossi l'infermiera mi aveva portato un insalata russa accompagnata da una cotoletta agli spinaci e una fetta di Sacher come dessert.

《Ho controllato la tua cartella e ho visto che sei stata ricoverata nel maggio 2012 d'urgenza. Un ragazzo ti ha trovato per strada in fin di vita...》racconta con i suoi occhi neri come la pece puntati su di me, mentre io dal mio canto mangio imperterrita.

《Quel ragazzo ha detto che non ti conosceva ma è stato molto carino con te. Ti ha portato dei fiori fino a ieri. Dovresti essergli molto riconoscente, sai? Non è da tutti andare a trovare un a persona all'ospedale più volte a settimana per tre anni.》

Una carota mi va traverso e tossicchio un paio di volte.

《Mi stai dicendo che sono stata in coma per tre anni interi?! Oh porca troia...》

《Sì, a un certo punto abbiamo pensato che non ti saresti svegliata mai più. È raro che qualcuno si risvegli dopo un coma... Soprattutto se quel qualcuno si trova ridotto in quelle che erano le tue condizioni》

《E come ho fatto a svegliarmi?》

《Scientificamente non saprei, ma si dice che se qualcuno che è nel regno dei vivi prega tanto affinché qualcun'altro guarisca, c'è un'alta probabilità che ciò avvenga. A me piace chiamarlo dono del Signore, o anche Miracolo》

Rimango un po' a pensare.

《E i miei genitori?》

La ragazza distoglie lo sguardo come se volesse evitare di rispondere a questa domanda.

《Non si sa. Non sono mai venuti a trovarti. Li abbiamo cercati ovunque, abbiamo tapezzato la città di foto tue, le abbiamo mandate in onda su "Chi l'ha visto", al telegiornale, ma nessuno ha mai risposto. Sembra quasi che non esistano.》

Gli occhi mi vanno a fuoco e per eviatre che cadano le lacrime metto la testa all'indietro. 

《Però-continua- una donna e uomo vengono spesso a trovarti. La maggior parte di quei fiori sono da parte loro. Purtroppo non mi hanno mai detto i loro nomi, inoltre avevano sempre il volto coperto da sciarpe, cappelli e felponi e se qualcuno mi chiedesse di descriverli non ce la farei di sicuro. Mi spiace tesoro.》

Fuori diluvia a dirotto.

《Quindi dove dovrei andare io adesso?》

《Dopo esserci accertati che stai bene ti porteremo nella casa famiglia che è qui vicino. Vedrai, ti troverai benissimo lì.》

《Non ne dubito》sussurro a malapena.

Nel mio riflesso sulla finestra le gocce pioggia disegnano tutte le lacrime che vorrei versare ora.

 

 

Yeeeeep!

 

Ebbene sì! Dopo mesi, se non anni ho aggiornato con una storia nuova di zecca! Secondo voi come continua? L'ombra è un vero essere o è solo un'allucinazione di Kristen?

Inizialmente doveva essere una normale e banalissima storia d'amore in cui lei si svegliava perdeva la memoria, trovava l'amore della sua vita e grazie a lui ritrovava la memoria e inveeece l'altra notte ho avuto una paralisi ipnagogica che, oltre ad avermi fatto cagare sotto, mi ha dato l'ispirazione per questa storiella. Comunque nada, spero solo che vi piaccia! 

  
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