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Autore: Siria Lilian Black    27/05/2015    0 recensioni
Christine non sa di essere in coma.
Christine sa solamente di trovarsi in un luogo senza tempo.
Una stanza vuota, buia e illuminata al tempo stesso, e un personaggio, uno soltanto, la chiave, forse, che le permetterà di affrontare il risveglio.
Dean non ha la minima idea del perché si trovi lì, ma sa che nascosta da qualche parte c'è una ragione in tutto ciò che gli sta accadendo.
Dean non capisce per quale motivo Christine creda che lui possa essere la chiave, la soluzione al problema che non ricorda di avere, ma sa per certo che in un modo o nell'altro la aiuterà a ricordare.
«Non puoi arrenderti.»
Perdonate la schifezza, ma ciò che sto postando è uno dei tanti sogni strani che ho fatto. Contrariamente agli altri, questo era troppo dolce e tenero per restare relegato in un angolino della mia mente. Spero davvero che lo troviate, se non adorabile, quantomeno accettabile.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Safety Net



Ever heard of the rule of three?” he shouts as we run.
No” I say.
If you save someone's life three times, their life belongs to you, You saved my life today, that makes once. Save it twice more and I'm all yours”
-Unknown


Ho letto la solitudine nei tuoi occhi e vi ho riconosciuto la mia.
Hai sorriso varcando la soglia e hai preso a calci la mia malinconia.
Mi hai salvato la vita e, in qualche modo, io ho salvato la tua.”

- Unknown





«Adesso dipende tutto da lei. Noi abbiamo fatto il possibile, possiamo solo sperare nella sua voglia di vivere e nel Signore.» spiegò la donna e altre lacrime e singhiozzi riempirono la stanza.

Appariva come un sogno il buio attorno a me.
Mi trovavo in un'ampia stanza dalle pareti scure. Non avrei saputo dire quanto ampia, gli angoli nei quali si univano il pavimento e i muri non esistevano; apparivano sfocati, indefiniti ai lati del mio campo visivo.
L'intera stanza era nera e sfumava nei toni del grigio, verso il centro.
Non vi erano luci né sulle pareti né fuori dalla stanza. Ve n'era una soltanto che dall'alto illuminava il punto nel quale sostavo.

Provai un vago senso di confusione guardandomi attorno. Non sapevo perché ero lì, ma sapevo di essere nel luogo giusto.
Poi, come in un sogno, milioni di fotografie apparvero attorno a me.
Istantanee della mia breve esistenza calarono dal soffitto fermandosi a formare un cerchio disordinato attorno alla mia figura. Alcune di esse iniziarono a muoversi, proiettando degli infiniti filmati provenienti dal passato.
Ancora una volta mi fermai a domandare a me stessa la ragione per la quale mi trovassi in quel luogo e per la seconda volta la consapevolezza di trovarmi nel luogo giusto al momento giusto, mi colmò.

Meravigliata, mi presi qualche istante per ammirare il buio attorno a me, dipinto di mille colori dai ricordi della mia vita.
Non lo vidi né lo sentii arrivare; apparve dal nulla come il resto delle cose che mi avevano accolta in quel luogo indefinito.

Non impiegai molto a riconoscerlo, anche se la ragione della sua presenza non mi fu subito chiara.
Sorrisi, osservando quel volto familiare.
Riconobbi il dolore, l'amore e la confusione nel profondo dei suoi occhi, accentuata da quelle lievi increspature che ero solita vedergli tra le sopracciglia, attraverso lo schermo della TV.

Lo vidi cercare disperatamente qualcosa nelle tasche della giacca e dei pantaloni, ma non trovò niente.
Si mise sulla difensiva tenendosi a qualche passo di distanza da me.
Un altro fascio di luce, adesso, scendeva dal soffitto per illuminarlo.

«Chi sei?» domandò.
«Mi chiamo Chris, Dean»
«Dove siamo? E come fai a conoscere il mio nome?»
«Non so darti una risposta. Non so dove siamo né perché siamo qui, so solo che è il luogo giusto nel quale essere. Quanto alla seconda domanda, conosco tutto ciò che si deve sapere su di te»
Sapevo che c'era qualche dettaglio archiviato nell'angolo più remoto della mia mente che dovevo recuperare. C'era qualcosa di strano in quel luogo, in tutte quelle sensazioni, ma non riuscivo ad afferrarlo. Era come cercare di trasportare dell'acqua con una rete, inutile e faticoso.
Sapevo di non essere in pericolo, perciò avevo deciso da tempo di lasciar perdere. In fondo all'anima ero convinta che i ricordi sarebbero tornati, in un modo o nell'altro.
«Cosa significa che è il luogo giusto? E come diavolo fai a sapere tutto di me?» la sua confusione permaneva nell'aria come l'odore del pane dopo aver cotto in forno una pizza.
«Vorrei riuscire a spiegarmi meglio, credimi, ma non so come. È una sensazione, tutto qua. Sento che tutto questo non è altro che un modo per trovare la via. È come se mi fossi persa e questo fosse il luogo da attraversare per tornare a casa. Non posso che chiederti di fidarti di me.»
Non era convinto, glielo si leggeva in faccia, ciò nonostante sembrò concedermi il beneficio del dubbio. Il suo sguardo si rilassò, anche se di poco.
«Non hai ancora risposto alla mia seconda domanda.»

«Ricordi i Vangeli dei Winchester? Nella mia realtà ne hanno fatto una serie tv, ma non si sono fermati alla tua morte, Dean. Hanno continuato a narrare la vostra storia giorno dopo giorno e temo che il tutto accada esattamente nello stesso momento. Un po' come se stessimo guardando un reality show sulla vostra vita, capisci. E non potrebbe essere altrimenti.»
La mia rivelazione lo colse impreparato.
Era come se le mie parole lo avessero spogliato di ogni maschera. Nei suoi occhi lessi la consapevolezza di trovarsi di fronte un individuo conscio di ogni sua forza o debolezza. Era spaventato all'idea di non aver nessun segreto, nessuna carta da giocare nel caso in cui le cose si fossero messe male. E improvvisamente rividi in lui il sedicenne confuso e spaventato scortato dai due agenti di polizia alla volta della 'Boys Home'.
Il tutto durò un momento soltanto. Annuì.
«Fantastico. Hai almeno idea del perché io mi trovi qui?»
Nonostante prima non avessi saputo dargli una risposta, quest'ultima apparve chiara nell'attimo esatto nel quale aprii la bocca per parlare.

«Credo di avere in qualche modo bisogno di te per tornare a casa. Credo che sia tu la cura. Non so in che modo, né il perché, ma so per certo che senza di te non potrei tornare.»
«Perfetto» borbottò con un accenno di sarcasmo.
Fu in quel momento che i suoi occhi lasciarono il mio volto e si mossero lungo la fila di fotografie. Sembrava non averle notate fino a quel momento. Apparivano solamente adesso chiare di fronte a lui.
«Che cosa sono?»

«È la storia della mia vita.» risposi con semplicità.
«Ti dispiace se..?» mi chiese, avvicinandosi all'istantanea nella quale era immortalata la mia nascita.
«No, credo che tu sia qui proprio per questo.» replicai con un sorriso.
In risposta alle mie parole la fotografia si animò e iniziò a raccontargli i primi giorni della mia esistenza.
Quella prima cornice lo accompagno attraverso i miei primi bagni, i miei primi passi, le mie prime parole. Gli fece conoscere i miei genitori, i miei zii e i numerosissimi cugini.
Io mi sedetti a terra nello stesso momento della me del passato, decisa a godermi fino in fondo il film della mia vita.

I pensieri che mi avevano attraversato la mente apparivano come bolle trasparenti vicino al mio volto o ai bordi delle inquadrature, così Dean poté vedere come giorno dopo giorno il rapporto che avevo con il più piccolo dei miei cugini mi aveva cambiata. Lessi nei suoi occhi un velo di rabbia nei suoi confronti e un accenno di orgoglio per come ero riuscita a uscire da quella situazione.
Lo vidi sorridere e mostrare il suo orgoglio quelle poche volte nelle quali riuscivo a dimostrarmi migliore di Daniel. Sorrisi anche io, in risposta, quando vidi il suo sguardo spostarsi sul mio volto.
«Inutile dire che mi sta antipatico.» mormorò, mentre la cornice veniva spostata lontana da lui da una brezza leggera, e un'altra veniva posta al suo posto.
E così successe per tutti i frammenti di vita seguenti.
Il suo sguardo mi accompagnò durante la mia infanzia, attraverso l'asilo, gli sport e i giochi. Lo vidi gioire per i miei successi, provare rancore per i torti subiti e dolore per tutte le volte nelle quali non mi ero sentita abbastanza.
Le medaglie di nuoto, le recite di fine anno, le giornate al parco, le ginocchia sbucciate, le lacrime versate, i capricci e la perenne competizione tra me e Daniel.

Mi vide crescere fino al mio quinto compleanno.
Spegnendo le candeline, quell'anno, pregai affinché la sorellina che mia madre aveva in grembo crescesse sana e forte. La desideravo con ogni fibra del mio essere. Ne andavo orgogliosa e non vedevo l'ora di poterla abbracciare.
Leggendo quella preghiera spontanea e profonda, gli occhi di Dean si fecero lucidi. si voltò verso di me e sul suo volto comparve un sorriso appena accennato.
Aveva un anno in meno di me all'epoca, quando Sam era nato.

Era una delle tante cose che mi ero resa conto di avere in comune con lui, col passare del tempo.
Altri sei mesi passarono all'interno della cornice e mi venne quasi da piangere rivedendo il mio volto il giorno nel quale potei finalmente portare la mia sorellina a casa.
Il tempo scorreva nei filmati del mio passato, ma restava immobile all'interno della stanza.
Non avvertivo stanchezza né fame, nonostante avessi visto passare di fronte a me cinque anni e mezzo esatti.

In seguito venne il periodo delle elementari, dei campeggi e delle medaglie d'oro. Le gite, i primi veri amici, il primo fidanzatino e i primi grossi errori. E sebbene fosse stato indefinibile all'epoca, adesso riuscivo chiaramente a vedere il malessere crescere in me.
Lo vide anche lui.
Ma non mi chiese il perché, come avrebbe fatto qualunque altra persona. Conosceva nel profondo quelle sensazioni. Mi vide urlare, nascondermi sotto i banchi di scuola, trattenere il respiro e ringhiare fino a farmi diventare il volto completamente rosso. Mi vide sbattere i piedi e gridare al mondo che volevo farla finita.
Vide la mia famiglia voltarmi la spalle e continuare a dire che ero solamente una bambina isterica e dispettosa. Vide gli schiaffi, le punizioni e quel senso di inadeguatezza e insicurezza farsi strada nel profondo della mia anima.

Vide anche la maturità, la comprensione, l'empatia e la gentilezza colmare il mio sguardo e poi nascondersi dietro una spessa corazza di apparente forza.
Poi arrivò il periodo che cambiò la mia vita per sempre. Il periodo che, se avessi potuto, avrei volentieri dimenticato, cancellato dai ricordi.

Yup, è autobiografica.
Confermato questo particolare scabroso, spero vogliate farmi sapere come vi sembra...
Non prometto nulla, ma dovrei finire il secondo capitolo entro due giorni. Badate bene, dovrei ;)
Buonanotte a tutti <3
Siria.
   
 
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