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Autore: piperina    28/05/2015    1 recensioni
«Amici miei, di certo vi starete chiedendo il motivo di questo invito» disse Klaus, apparentemente felice come non mai di avere ospiti a cena e non per cena.
«Spara la proposta.»
Klaus continuò a sogghignare, forse divertito da ciò che stava per dire.
«Un legame.»
Stefan corrugò la fronte.
«Un legame magico, intendo. Certo, se lei avesse un fidanzato umano opterei per la procreazione adolescenziale, ma purtroppo non ho fortuna neanche con questa strada, quindi creerò un legame magico tra me ed Elena.»

Klaus/Katherine; Damon/Elena; Caroline/Tyler - Stefan, Bonnie, Matt, Elijah, Rebekah.
Genere: Angst, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elena Gilbert, Katherine Pierce, Klaus, Originari, Un po' tutti | Coppie: Caroline/Tyler, Damon/Elena
Note: Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Vampire Stories'
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Nota:
C’è una parte un po’ confusa: inizialmente doveva essere diversa, ho invertito due scene e spostato il luogo dell’azione rispetto allo schema originale del capitolo. Ho provato a modificare seguendo quello schema ma avrei perso delle battute molto importanti, quindi ho rattoppato altrove e tenuto le cose così come sono. 
Chiedo scusa per le cose che non sono spiegate benissimo, ma più di così non riuscivo a fare.
Ci tengo a ringraziare Rebekah, che ha continuato a spronarmi per continuare questa storia.


 

*Act XI*

Just Let Me In

 

 

 

 

 

Con grande fatica Elena aveva raccolto tutto il coraggio di cui disponeva: quel giorno avrebbe parlato con Stefan dei dettagli di Denver. Era la strada giusta da percorrere, ne era sicura.

Stefan aprì la porta prima che lei avesse bussato. Sensi di vampiro. Ci avrebbe fatto l’abitudine prima o poi.

«Entra» parve a disagio, ma aspettò che lei iniziasse a parlare senza farle pressioni.

Elena si sedette sul divano nel grande soggiorno e si guardò le mani a lungo prima di riuscire ad aprire bocca. «È successo qualcosa. A Denver» disse. «Tra me e Damon.»

Stefan non si mosse. L’aveva già messo in conto, era preparato. Li aveva mandati via insieme proprio per uscire da quella situazione.

«Ci siamo baciati» poi aggiunse subito «io l’ho baciato. E abbiamo litigato.»

Il vampiro annuì mantenendo un’espressione impassibile. «Immagino che non abbiate ancora risolto.»

Lei scosse la testa e si torturò il bordo della maglia lunga che indossava. «Io non… non ho ancora capito cosa provo… ma voglio scoprirlo.»

«E come» Stefan sentì le labbra improvvisamente secche. «Come pensi di fare?»

Gli occhi di Elena incontrarono i suoi. «Stando da sola.»

Per qualche istante il tempo smise di scorrere. Stefan rimase immobile con quelle parole nella mente.

Stando da sola.

Non aveva scelto Damon. Poteva ancora sperare che tornasse sui suoi passi per restare con lui. Tese le labbra in un debole sorriso. «Si può fare.»

Vedendo che non era arrabbiato, la ragazza si rilassò. Trasse un lungo sospiro e si appoggiò allo schienale del divano.

«Amici?» azzardò con un sorriso innocente in viso.

«Amici» concordò Stefan.

La prima parte era andata, si disse Elena nella mente. Parlare con Stefan era sempre stato facile. Il problema era Damon: avrebbe accettato le sue parole? Quanto tempo ancora l’avrebbe aspettata?

La prospettiva che lui fosse già al limite la spaventò a morte: era pronta a perderlo? A non averlo più come possibilità?

L’oggetto dei suoi pensieri rincasò pochi minuti dopo. Aveva sfogato tutta la sua frustrazione in una faccia feroce fuori città. Sapeva di dover parlare con Elena ed era preparato a venir messo da parte un’altra volta, ma non era sicuro di poterlo sopportare ancora.

«Ciao.»

«Ciao.»

Stefan si alzò e prese le chiavi della macchina. «Vado a fare un giro.»

Era troppo tranquillo e questo insospettì Damon, che già aveva un film in testa nel quale Elena sceglieva di nuovo suo fratello.

Lei era scattata in piedi insieme alla serratura e la sola vista di Damon le aveva provocato un tuffo al cuore. Quelli non erano semplici sentimenti di amicizia, ma poteva già definirli amore?

Non correre come al solito, si rimproverò mentre Stefan usciva.

«Allora… beh, eccoci qua» Damon allargò le braccia e decise di affrontare la cosa con filosofia – ovvero riempiendosi subito un bicchiere, ma il liquore gli rimase incastrato in gola quando sentì le parole di Elena.

«Io e Stefan ci siamo lasciati.»

Il suo motore interno dei sensi di colpa era già in azione.

«Gli ho detto tutto» proseguì lei, sempre impalata in mezzo alla stanza, incapace di muovere un muscolo. «Aveva ragione, provo qualcosa per te.»

Ma…

«Ma finché non avrò compreso davvero i miei sentimenti vorrei che… restassimo amici.»

Damon si concesse di avvicinarsi di qualche passo.

«Devo capirlo da sola, senza l’aiuto di nessuno né aspettandomi che qualcosa vada storto.» Il vampiro non parlava e lei si sentiva morire d’ansia – con Stefan non era stato così difficile. «Puoi essermi amico ancora un po’?»

Damon le rivolse quello sguardo che lei non riusciva mai a decifrare e che ogni volta nascondeva qualcosa di diverso. Provò un moto di paura che le era mancato durante il primo discorso.

Si sorprese nel pensare che con Stefan fosse tutto tranquillo: lui avrebbe sempre compreso le sue ragioni senza reagire in modi strani.

Damon era diverso, imprevedibile e la paura di perderlo era soffocante. Il solo pensiero la terrorizzava.

«Non hai bisogno di chiedermelo» il vampiro non la guardò in viso e la voce sembrava annoiata.

In realtà era felice come non mai: la ragazzina stava crescendo e non era tutto perduto. In quel momento lui e suo fratello si trovavano esattamente sullo stesso piano nel cuore e nella mente di Elena.

Era molto più di quanto avesse osato sperare.




***



 

Klaus aveva una brutta sensazione addosso. Gli si era infilata sotto la pelle nell’esatto momento in cui aveva varcato la soglia di casa. C’era qualcosa nell’aria. Era come la calma prima della tempesta, ma non capì da che tipo di tempesta avrebbe dovuto proteggersi.

Rimase immobile nell’ampio ingresso per quasi un minuto, alla ricerca di ogni più piccolo indizio: niente. Non c’era nulla di diverso dal solito, eppure il suo istinto era in allarme rosso.

C’era solo Katerina in casa ed era di nuovo nella sua camera d’arte. Ormai non gli dava più fastidio averla lì, anzi… lei aveva sempre apprezzato la sua arte in modo sincero e disinteressato, gli faceva piacere condividerla con qualcuno che commentava i suoi lavori senza secondi fini – ingraziarselo, avere i suoi soldi o non venire uccisi erano le principali ragioni che spingevano le persone a cercare la sua benevolenza.

Lei era diversa, si disse mentre attraversava l’ala est della villa per raggiungerla. Voleva parlare con lei, decidere in che direzione muoversi per uscire dall’impasse – lui sentiva di esservi caduto in realtà, ma non voleva ammetterlo.

Quando aprì la porta percepì un’aura strana. La vampira era in piedi e gli dava le spalle. Cercò di allinearsi con i suo pensieri, ma tutto ciò che arrivava da lei erano sensazioni intense e confuse.

«Katerina.»

Nessuna risposta. Si avvicinò con molta cautela e quando provò a sfiorarle la spalla lei scattò come una molla. Si voltò verso di lui e fece due passi indietro.

«Cosa vuoi?»

Troppa rabbia nella sua voce, da dove veniva? «È successo qualcosa?»

Dalla gola della vampira proruppe una risata fredda, quasi metallica. Una risata che non le apparteneva. Iniziò a preoccuparsi sul serio.

«Da quando ti interessa?» Katherine piegò la testa di lato e gli regalò un sorriso gelido. «Non sono altro che uno dei tuoi tanti giocattoli. Perché dovresti sprecare pensieri per me?»

L’ibrido corrugò la fronte. Stava per dire qualcosa quando vide la vampira agitarsi e i suoi occhi farsi lucidi. Poi guardò la sua mano, le dita che artigliavano qualcosa. Un foglio. Sembrava uno dei suoi schizzi.

E poi lo riconobbe.

Cazzo.

«Cos’è questo?» Katherine gli sbatté quasi in faccia uno dei suoi amati fogli di pergamena dove aveva ritratto nientemeno che un dettagliato mezzobusto di Caroline Forbes. «Quando l’hai fatto? E quand’è che l’hai vista indossare un vestito simile?»

«Posso spiegare» furono le prime parole che gli uscirono dalle labbra e lo facevano già sembrare colpevole.

«Spiegare… spiegare?!» esclamò lei, agitando il foglio in aria. «Cosa vuoi spiegare? Come puoi spiegarlo?»

«Se ti calmi ne parliamo» propose, alzando le mani in segno di resa. Era sicuro di aver messo ben via i ritratti di Caroline per non farglieli trovare. Missione fallita. Accidenti a quella sbandata.

Era ovvio che lei li avrebbe trovati: era chiusa in una casa non sua, quasi sempre senza compagnia, era logico che la noia l’avrebbe portata a cercare qualcosa con cui intrattenersi. Come aveva potuto essere così stupido?

«Dobbiamo parlare, Katerina. Del legame.»

«Non me ne frega niente del legame. È solo una scocciatura, no?» allargò le braccia. «Ti impedisce di uccidermi, deve essere terribile per te.»

«Non è così» scosse la testa cercando di mantenere la calma. «Ero molto arrabbiato, volevo fartela pagare, ma se non ho cercato di ucciderti davvero è perché non l’ho mai realmente voluto. Non dopo aver sfogato la rabbia dei primi anni.»

Per un attimo lei parve immobilizzarsi. Forse era riuscito nel suo intento.

«Ma…» le parole gli uscirono di bocca senza controllo a causa di un inaspettato impeto di sincerità. «Non sono innamorato di te. Mi dispiace, Katerina, è così.»

Qualcosa gli stonava, ma non capì cosa.

L’espressione della vampira si frantumò. Si portò le mani alla testa e iniziò a piangere. «Perché? Perché?» esclamò tra le lacrime. «Ti sei preso tutto quello che volevi… ti ho dato ogni cosa, mi hai fatto torti irreparabili e ora… questo!»

Osservò di nuovo il disegno e il suo viso si contorse in una maschera di odio. «Questa… lurida… puttana!»

Il disegno venne strappato e i pezzi di carta gettati in faccia a Klaus. Un forte senso di vergogna si impadronì di lui, ma in quel momento la sua priorità era far placare la rabbia di Katerina.

«Come pretendi di liberarti di questo legame se cerchi di infilarti nel letto di un’altra?» Sembrava la scenata di un donna gelosa. «Dovresti metterti in fila, la tua dolce sgualdrina si è ripassata ogni paio di pantaloni che le capitava sotto al naso.»

Lei era prigioniera da settimane, in fuga da secoli e nonostante tutto aveva accettato quello che stava succedendo, il legame, i loro momenti di complicità e di intimità…

«Non ce la faccio, possibile che tu non lo capisca?» Ora suonava triste, rassegnata. Era folle. «Non posso spezzare la magia da sola e…» la sua espressione mutò nuovamente. «Avrei preferito averlo con Elijah questo legame. A nessuno dei due sarebbe importato romperlo. Lui non mi avrebbe trattata in questo modo.»

Ahi. Faceva male. Klaus lo sentì chiaramente questa volta: le parole di Katherine l’avevano colpito in pieno e per un attimo si sentì soffocare. Ma lui non aveva mai provato sentimenti simili, era sempre stato mosso dalla rabbia, dalla vendetta e dall’affetto per i suoi fratelli. Nulla di più.

Cercò di avvicinarsi ma lei lanciò un urlo. Gridò così forte da sentire le corde vocali bruciare. Era un grido disperato, come se stesse cercando di buttare fuori tutto il dolore che lui le aveva inferto con quel maledetto disegno.

«Ti odio!» disse infine con quanto fiato aveva in gola. «Mi hai capito? Ti odio! Sei un maledetto figlio di puttana!»

«Katerina, ora basta» cercò di apparire autorevole, in realtà non aveva idea di come comportarsi con lei, non l’aveva mai vista in quello stato. «Calmati.»

Quando riuscì a toccarle un braccio, lei lo spinse via e fece un balzo all’indietro, quasi sbattendo contro un mobiletto colmo di pennelli. Ne afferrò uno e fissò gelidamente l’ibrido, che si stava avvicinando.

«Lascia–»

«Non avvicinarti» gli intimò, portandosi il pericoloso strumento al petto. «Non osare toccarmi o quant’è vero che mi chiamo Katerina Petrova, giuro che mi conficcherò questo maledetto pennello dritto in mezzo al cuore.»

Era seria, maledizione, era terribilmente seria, lo capì dai suoi occhi. Ora o mai più, si disse Klaus. Le saltò addosso e riuscì a strapparle il pennello dalle mani, stringendo il suo corpo con quanta forza avesse.

«Lasciami andare!»

Eppure lei si dimenava come una pazza, era quasi faticoso non mollare la presa. Lo fece solo dopo che lei gli colpì il naso con una testata. Con gli occhi appannati la vide correre fuori dalla stanza.

Imprecando nella mente, la seguì fino all’ingresso.

«Apri la porta» esclamò lei. «Fammi uscire.»

«Non posso.»

«Ho detto fammi uscire» le parole erano dure, il tono della voce graffiante, ma i suoi occhi erano il ritratto della disperazione. «Non ho motivo di restare qui. Lasciami andare.»

«Katerina, devi ascoltarmi.»

Un passo verso di lei. Non si mosse. Buono.

«Mi hai ingannata così tante volte… tutto questo tempo…» singhiozzò. «Ho deciso di collaborare, ti ho permesso di avvicinarti, di toccarmi… per l’amor del cielo, mi hai sposata con l’intenzione di uccidermi!»

Si voltò verso di lui ed era come se lo stesse supplicando con lo sguardo. Distrutta. Katherine Pierce era distrutta. Si odiava per quella debolezza, si odiava per quell’umanità che non le era proibito spegnere, si odiava perché, nonostante tutto, lo amava.

Lo amava con un’intensità tale che le mancava il respiro ogni volta che si soffermava a pensarci.

Klaus vide tutto ciò e una voce nella sua testa gli suggerì di acconsentire alla sua richiesta. Di abbandonare il proposito del legame con Elena. Ma avrebbe perso lei.

Se l’avesse lasciata andare l’avrebbe persa per sempre. Katerina non sarebbe più stata sua, non sarebbe mai tornata da lui. Sarebbe stata una rottura definitiva.

E non poteva. Non era pronto a perderla. Perché… non voleva. Lui non voleva che la vampira varcasse quella porta.

Si avvicinò ancora di qualche passo e, di nuovo, lei non tentò di allontanarsi, ma anzi crollò a terra. Si strinse tra le braccia ed emise un altro grido straziante che finì in un lamento di pura sofferenza.

Klaus, dall’alto, vide il suo esile corpo scosso dai singhiozzi e provò sensazioni orrende verso se stesso. Sensazioni che non aveva mai provato e che non sapeva come gestire. Ed era lei a provocargliele, la donna che aveva condizionato metà della sua eterna esistenza.

«Katerina…» disse piano mentre si inginocchiava accanto a lei. Con molta attenzione posò una mano sulla sua schiena e lei emise un debole lamento.

«Perché?» la sentì sussurrare prima che voltasse il viso verso di lui. «Perché mi fai questo?»

Non seppe rispondere. Il grande, potente e pericoloso Lord Niklaus non sapeva spiegare a quella donna perché le stesse facendo tanto male di proposito. Quegli occhi pieni di lacrime avevano bisogno di una risposta che lui non era in grado di dare.

La strinse tra le braccia e lei si abbandonò, aggrappandosi a lui e versandogli addosso tutte le lacrime che era in grado di piangere, fino ad essere così stanca da cadere nell’oblio.

 

 
***

 

 

Katherine era stanca. Tutto ciò che voleva era uscire da quella stramaledetta stanza e stare da sola. Perché diavolo Klaus non poteva lasciarla in pace?

Ora era tranquilla, anche se trovarsi di nuovo nella sua camera era difficile. Lui le aveva spiegato tutto, aveva raccontato del ballo, giustificando il suo stupido comportamento in modo piuttosto grossolano. Però era stato sincero, questo lei lo sapeva.

Si avvicinò alla porta e fece per aprire, ma Klaus posò la mano sulla sua per impedirle di abbassare la maniglia. Il suo tocco…

«Katerina…»

«Fammi uscire.»

«No.»

Lei trasse un sospiro di rassegnazione. Era arrabbiata con lui per la questione del ballo e di Caroline ed era arrabbiata con se stessa perché era gelosa e detestava esserlo. La cosa peggiore era che non era riuscita a evitare di dare di matto in quel modo isterico.

«Perché?»

«Perché non posso.»

Klaus le posò entrambe le mani sulle spalle e la fece girare. Katherine si appoggiò alla porta, sperando che la cosa fosse breve. Aveva davvero bisogno di un po’ di solitudine.

Trattenne il respiro quando lui le accarezzò delicatamente il viso con entrambe le mani. Nonostante la lingua biforcuta e la passione per i bagni di sangue, Klaus era un gentiluomo: minacciava fuoco e fiamme, faceva il gran seduttore, ma non avrebbe mai oltrepassato quel limite. Non avrebbe mai toccato una donna non consenziente.

La fissò negli occhi con uno sguardo che lei non avrebbe dimenticato facilmente e sussurrò di nuovo, «Non posso.»

Poi, con estrema cautela, quasi a chiederle il permesso, chinò il capo per baciarla.

Katherine non sapeva come reagire. Rimase immobile, attenta a ogni suo movimenti, anche se lui si stava limitando a baciarla a fior di labbra.

Decise di rilassarsi e, in modo incerto, gli posò le mani sul petto. Quel gesto scatenò qualcosa in Klaus, che con un movimento rapido le passò un braccio intorno alla vita, stringendola e sé, e affondando una mano tra i suoi capelli.

Tutti i sensi di Katherine scattarono sull’attenti: strinse i pugni e tirò la stoffa della sua maglia grigia, cercando di divincolarsi. Riuscì a fatica a interrompere il bacio e fece forza per allontanare l’ibrido. Voleva scappare da lui.

Klaus allentò la presa e lei ne approfittò per uscire dalla camera, ma lui la seguì sbattendosi la porta alle spalle. Le impedì di arrivare alla sua stanza e la fece girare con poca delicatezza, spingendola al muro e guardandola in viso.

«E adesso cos’hai?»

Nei suoi occhi azzurri non vi era traccia dell’incertezza di poco prima: non era più gentile, era arrabbiato con lei.

«Lasciare stare» mormorò la vampira, insicura su come comportarsi: spiegare le sue motivazioni o mandarlo al diavolo?

Come poteva dirgli che era emotivamente confusa e che i suoi continui cambi d’umore la terrorizzavano ancora? Come poteva fargli capire che concedergli un bacio non significava dare il consenso a fare tutt’altro?

Optò per la seconda opzione quando, di nuovo, Klaus la strinse a sé con forza e la baciò. Stavolta riuscì a voltare subito il bacio e gli sbatté i pugni sul torace.

«Smettila!» esclamò, sentendosi quasi soffocare. Non doveva andare così.

«Stai sfidando la mia pazienza» la minacciò lui guardandola in modo a dir poco truce.

«E io ti ho detto di smetterla» ripeté lei, restituendogli un’occhiata velenosa. «Non ho intenzione di essere la tua sgualdrina personale.»

Le dita di Klaus premettero contro il suo fianco, come se volessero lacerare la stoffa e la pelle. «Sai che potrei farti cambiare idea.»

Katherine allora alzò il mento e lo sfidò apertamente. «E cosa vuoi fare? Costringermi a venire a letto con te? Fallo.»

Klaus non rispose. Continuò a guardarla con astio e non accennò a lasciare la presa. Soggiogarla affinché non lo rifiutasse? Era troppo. Lui non era quel tipo di uomo e lei lo sapeva bene. Voleva solo provocarlo per vedere fin dove si sarebbe spinto.

«Non farmi fare cose di cui ci pentiremmo entrambi, Katerina.»

Era una specie di minaccia, ma il suo tono di voce era molto serio; era un animale quando si trattava di torturare qualcuno e non aveva coscienza quando faceva una carneficina, ma mai avrebbe costretto una donna nel suo letto. C’erano cose che neanche lui era disposto a fare.

Approfittò di quell’istante di distrazione per impossessarsi di nuovo delle labbra della vampira, imprigionandola tra la parete e il suo corpo.

Lei si irrigidì di nuovo ed era pronta a prenderlo a calzi, ma venne salvata dall’arrivo di Elijah, incapace di nascondere il proprio stupore nel vederli avvinghiati in corridoio.

«La casa è poco frequentata, ma sento comunque di suggerirvi di cercare più privacy per questo genere di cose.»

Klaus, interrotto di nuovo da uno dei suoi fratelli, si chiese seriamente se non fosse davvero il caso di ficcarli di nuovo nelle bare e poter finalmente concludere con la sua ospite. La situazione stava diventando snervante.

Katherine si divincolò dalle sue braccia e si rintanò nella propria stanza, mormorando “Fottuto depravato” con astio mentre gli sbatteva la porta in faccia.

«Fratello… hai idea di quanto realmente intrattabile sia quella donna?» la voce di Klaus era bassa e controllata e in un momento simile non era affatto un buon segno.

«Conosco il carattere di Katerina.»

«E allora smettila di interferire nei miei piani.»

Klaus decise di sfogarsi andando a caccia, non c’era altro modo per liberarsi del nervosismo che aveva addosso a causa di tutta quella tensione sessuale.

Era frustrato per la situazione con Katerina: i suoi continui rifiuti lo stavano facendo impazzire, il desiderio di averla era ingestibile ed era ancora furioso con Elijah per averlo tradito mettendosi in combutta con i fratelli Salvatore.

Si infilò nel bosco, seguendo l’odore di una giovane coppia. Non si preoccupò molto della forma, volò dritto davanti a loro, spaventandoli a morte, con gli occhi iniettati di sangue e le zanne pronte all’uso.

«Monia… corri» disse il ragazzo, che aveva un fisico asciutto e atletico e profondi occhi castani.

«Non ti lascio qui» fu la risposta di lei, una fanciullina dal viso paffuto e con due ciocche rosse nella chioma color miele.

Klaus li studiò apertamente piegando la testa di lato e sorridendo in quel suo modo inquietante. «Ma guardatevi… siete adorabili.»

Il ragazzo, Josh, si parò davanti alla fidanzata per proteggerla, ignorando il fatto che i suoi anni li allenamento in palestra fossero del tutto vani contro l’ibrido.

«Ho una ragazza anch’io, sapete» Klaus si avvicinò a loro, le mani giunte dietro la schiena e le fossette sulle guance. «È bellissima, combattiva, e non vuole assolutamente cedere alle mie avances.»

I due giovani si chiesero di cosa diavolo stesse parlando, ma sapevano di essere in pericolo e che in certi casi era consigliato assecondare il proprio assalitore.

«Non so come prenderla perché è molto volubile» iniziò a girare intorno a loro, sfiorandoli ogni tanto e godendo del loro terrore. Oh sì, questo era un ottimo modo per alleviare le sue pene. «So che cederà prima o poi, ma non so mai quanto in là posso spingermi.»

Si fermò di fronte a Josh, che era sempre più confuso, ma decise che forse poteva tentare di stabilire un contatto con lui.

«Perché ci stai dicendo questo?»

«Tu cosa faresti al mio posto?»

Monia strinse la mano del fidanzato; aveva un pessimo presentimento. Non sarebbe andata a finire bene per loro due. Sentiva già l’alito della morte su di sé.

«Io… io…» Josh si impose di restare calmo. «Io sarei gentile. Cercherei di… di farle capire q-quanto è importante per me… glielo direi apertamente…»

Klaus corrugò la fronte e parve riflettere davvero su quelle parole. Ma Josh e Monia non l’avrebbero mai saputo, perché subito dopo l’ibrido scosse le spalle e con un ghigno saltò loro alla gola.

 

 

 ***

 

 

Rebekah Mikaelson era la ragazza più felice di Mystic Falls, si sentiva al settimo cielo: Matt aveva accettato di uscire con lei. Quell'sms era la cosa più bella che potesse capitarle in quel periodo e aveva già perso il conto di quante volte l'avesse riletto.

L'appuntamento era fissato per due giorni dopo e la vampira era in preda al panico: cosa indossare? Dove andare? Come comportarsi? Si rigirò il telefono tra le mani, rimpiangendo di non avere amicizie femminili.

Aveva soggiogato molte ragazze affinché l'apprezzassero e non voleva farlo di nuovo per costringerle a dire la verità di cui non poteva fidarsi. Questa volta desiderava un parere assolutamente sincero.

Un rumore al piano superiore della villa la distolse dai propri pensieri e al contempo le fornì una soluzione. Corse per le scale e lungo il corridoio. Bussò alla porta della cognata e poco dopo la sentì dirle di entrare.

Katherine era seduta al nuovissimo tavolo da toeletta e si stava ripassando il mascara. «Cosa posso fare per te?»

Loro due non avevano alcun tipo di rapporto. Non ne avevano neanche avuto l'occasione: Katherine aveva vissuto in fuga, Rebekah era sempre rimasta all'ombra di suo fratello.

«Ho bisogno di un sincero aiuto femminile.»

Katherine si sentì subito interessata e ben disposta al dialogo. «Si tratta del dolce quarterback?» chiese, avvitando il mascara e voltandosi verso la bionda.

«E chi se no?»

In realtà avrebbe potuto trattarsi di chiunque: Rebekah chiedeva affetto a tutti quelli che incontrava e aveva una certa difficoltà a tenersi le mutandine addosso.

«Ha finalmente accettato di uscire con me» si sedette sul letto e la cognata la raggiunse. «Gliel'ho chiesto così tante volte che ora non riesco a crederci.»

«Vestiti in modo carino e sii te stessa» disse subito Katherine. «Ci hai messo tanto a convincerlo, l'ultima cosa che vuoi è spaventarlo con le tue aspettative.»

«Come posso non avere aspettative?»

«Non ho detto di non averne, ma sappiamo bene che giocare alla femme fatale non funziona con lui.»

E parlando di uomini, Klaus interruppe le ragazze pochi minuti dopo, chiedendo alla sorella di lasciarlo solo con sua moglie.

Katherine confidava nello spirito ribelle di Rebekah, ma le sue speranze furono presto deluse: la cognata intatti si limitò a una battuta sarcastica e uscì dalla stanza.

Dopo quel brutto litigio e la figuraccia con Elijah si erano cordialmente ignorati. Lei aveva smaltito la rabbia e lui aveva rispettato i suoi spazi.

Ed ora era di nuovo lì, nell’intimità della sua stanza, dopo aver interrotto un raro momento tra ragazze – non che lei avesse chissà quante amiche e neanche le importava averne, ma ogni tanto non disdegnava un po’ di compagnia.

«Dobbiamo parlare.»

«Ma non mi dire.»

Klaus avvertì immediatamente il muro che la vampira aveva eretto tra loro. Decise di ignorare il fastidio provocato da quella cosa. Katherine era seduta sul letto come una principessa. Indossava un vestito abbastanza corto da lasciar molto scoperte le gambe e lui si ritrovò a fissarle.

«Ho commesso molte azioni discutibili» iniziò lui a un tratto. «Ti ho reso la vita difficile.»

«Difficile?» gli fece eco lei. «La stai prendendo larga, vedo.»

Il muro si era appena alzato di altri dieci metri.

Decise di non lasciarsi provocare dalle sue parole e proseguì. «La nostra relazione non era spontanea, ma non ti ho mai soggiogata a quel tempo, lo sai.»

Che brutto colpo per Katherine. Certo che lo sapeva ed era una di quelle cose che più bruciavano. Si era innamorata di lui senza filtri né inganni.

«È vero, ma ti sei prodigato parecchio per sedurmi» replicò, decisa a non dargliela vinta. «Mi hai buttata in un angolo una volta certo dei miei sentimenti e mi hai sposata solo per non farmi scappare.»

Altri dieci metri.

«Non c’è onore in questo.»

«C’è onore nel rispettare una donna innamorata, nel non manipolare i suoi pensieri» ribatté a quel punto l’ibrido. «C’è stato onore nel non toccarti finché non fossi stata legalmente mia moglie.»

Klaus sembrava oltraggiato e lei era in difficoltà. Lo guardava e davanti agli occhi vedeva le immagini del loro passato. Faceva male.

«E se non avessi accettato di sposarti?» chiese Katherine, cercando nel suo onore una macchia che non c’era.

«Mancava poco al rito, ti avrei semplicemente chiusa in qualche stanza.»

Nessuna macchia.

«So che non mi crederai e che neanche ti importa, ma il legame che voglio fare con Elena non è un inutile capriccio.» Stava forse cercando di convincerla? «Ho bisogno che tu –»

«Smettila di parlare di me, Klaus!» lo interruppe, al limite dell’esasperazione. Era tentata di afferrare un cuscino e tirarglielo dritto in faccia. «Non sono io il problema in questa relazione, sei tu!»

«Se mi dessi una possibilità le cose sarebbero molto più semplici!» esclamò di botto l’ibrido. «Io ci sto provando, ma tu continui a respingermi e non so cosa fare!»

Klaus restò senza parole quando vide Katherine arrossire. Era imbarazzata, ammutolita. Non aveva quell’espressione in volto da quando era umana.

Provò una sensazione del tutto nuova a cui non seppe dare un nome.

«Il mio istinto di sopravvivenza non dorme mai» mormorò la vampira, «cerco sempre di preservare me stessa.»

Klaus lo sapeva già: cosa le stava chiedendo, di abbassare la guardia? Dargli la sua fiducia? E cosa doveva darle in cambio?

«Caroline non mi interessa davvero» disse lui quasi senza filtro, ottenendo la piena attenzione di sua moglie. «È carina, si fa notare, ma… è una delle tante.»

Si stava confessando? Katherine non voleva cedere, ma decise di non distruggere quel momento.

«Mi sono piaciute tante donne nel corso di questi lunghi mille anni.»

«Lo so, ti ho osservato.»

«Una in più non fa la differenza.»

«O una in meno.»

Katherine era gelosa e odiava Caroline Forbes. Se fosse uscita viva da quella casa sarebbe subito corsa da lei a bruciarle i capelli, tagliuzzarle i vestiti e rompere tutti i tacchi delle sue scarpe.

Klaus fissò la donna ancora seduta elegantemente sul letto come se la vedesse per la prima volta. «O una in meno» ripeté, consapevole che con quelle parole aveva appena degradato la vampira bionda da interessante a nessuno.

Gli dispiaceva? Per nulla.

 

 

 ***

 

 

Caroline Forbes non stava ascoltando una sola parola di quello che Elena e Bonnie si stavano dicendo. Aveva sentito il necessario: Elena aveva lasciato Stefan per riflettere da sola su ciò che provava nei suoi confronti e in quelli di Damon.

Per lei era sufficiente. Il problema era che doveva dire qualcosa alle sue amiche ma non trovava il coraggio di farlo. Non era una cosa semplice da dire e una parte di lei temeva la loro reazione.

Chiuse gli occhi, ispirò profondamente e decise di parlare.

«Ho una notizia da darvi.»

Elena si zittì e guardò l’amica, che sembrava molto nervosa. «Care, tutto bene?»

«È da quando sei arrivata che sei strana» aggiunse Bonnie.

Erano sedute sul letto in camera di Elena, come sempre, e Caroline aveva partecipato poco alla conversazione. La cosa non era normale, soprattutto perché si parlava di una possibile futura relazione tra Elena e Damon e di solito lei non si sprecava con i commenti.

«Tyler sta per partire. Vuole aiutare tutti gli ibridi fuggiti a spezzare il sirebond con Klaus.»

L’espressione di Bonnie si fece triste. Non poteva credere che la sua amica restasse di nuovo sola. Doveva essere difficile mantenere una relazione a distanza in quel modo.

«Care…»

«Ho deciso di andare con lui.»

Le altre due rimasero a bocca aperta.

«Cosa?» fu la prima reazione di Elena. Forse aveva sentito male.

«Vuoi andare con lui?» chiese Bonnie, incredula. «Un vampiro in mezzo ai licantropi?»

«Sono ibridi, non si trasformano più con la luna piena. Controllano da soli la trasformazione.»

«Sono sempre licantropi, se uno di loro dovesse morderti o graffiarti anche senza essere trasformati, tu moriresti. E non sono sicura che Klaus ti darebbe il suo sangue o che tu arriveresti qui in tempo per chiederglielo.»

«Bonnie ha ragione,» intervenne Elena. «Hai pensato ai rischi che corri?»

«Sì, ci ho pensato tanto, e non cambierò la mia decisione» rispose risoluta la vampira. «Amo Tyler, lo amo davvero… non ce la faccio più a stare senza di lui e voglio essergli d’aiuto come posso.»

A Elena si strinse il cuore: lei e Bonnie sapevano quanto quella situazione stesse facendo soffrire Caroline. Ma potevano davvero lasciarla andare? Era pericoloso ed Elena non credeva di poter sopportare la perdita di un altro amico. Già solo la partenza di Caroline l’avrebbe distrutta…

«Quando partite?» chiese Bonnie, allungando un braccio sulla coperta per stringere la mano dell’amica.

«Fra due giorni. Sarebbe carino se qualcuno ci organizzasse una festa d’addio a sorpresa.»

Eccola, la solita Caroline. Quella che scherzava e chiedeva sorprese che in realtà non erano affatto sorprese. Aveva un gran bisogno del sostegno delle sue due migliori amiche.

Sua mamma e la mamma si Tyler erano già a conoscenza delle loro intenzioni e, sebbene lo Sceriffo Forbes fosse molto preoccupata per sua figlia, era felice di saperla lontana da Mystic Falls. Quel posto era maledetto, c’erano morti tutti i giorni, creature sovrannaturali, strani riti… forse andare via era la cosa migliore che Caroline e Tyler potessero fare.

Elena sorrise e abbracciò forte l’amica. «Ti organizzeremo la più bella festa non a sorpresa di sempre.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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