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Autore: cormac    29/05/2015    1 recensioni
Lì, nella dimora dei leoni, laddove gli innocenti non possono camminare senza venir inghiottiti dalla stessa cappa di piombo che grava sui peccatori, in quella cortina di tenebra, terra di nessuno, Aizen Sōsuke conta, medita, ed attende.
[ Otanjōbi omedetō, Aizen, amore della mamma. ]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sosuke Aizen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hic sunt leones.
La dimora dei leoni.


Da quando è rinchiuso nel livello più profondo, nei recessi più bui del Mūken, avvolto dal dilagare di un angoscioso vuoto di cui solo i peccatori conosco le insidie, Aizen Sōsuke usa contare fino a tre. Uno, due tre. Uno, due, tre. Non c’è mai un quattro. Non c’è mai interruzione, che non sia per abbandonarsi alle gentili braccia di Morfeo, che tutto obliano. Se non contasse, la sua mente sarebbe sgombra, facile preda di quei leoni affamati che sono i suoi ricordi.
Uno, due, tre.
Scandisce il silenzio quella sequenza di gelide cifre, lo accompagna l’oscurità nel meccanico avanzare e retrocedere, ed è lì, nel buio, nel vuoto, che il Dio è pronto a risorgere. Lì, nella dimora dei leoni, laddove gli innocenti non possono camminare senza venir inghiottiti dalla stessa cappa di piombo che grava sui peccatori, in quella cortina di tenebra, terra di nessuno, Aizen Sōsuke conta, medita, ed attende. Paziente può scoprirsi il leone, quando debole ed affamato, si vede costretto ad aspettare che la preda crolli di stenti prima di poter spiccare il balzo decisivo e stringerla fieramente tra le zanne affilate. Allo stesso modo, lo Shinigami traditore pazienta, attende che il tempo lenisca dolcemente tutte le ferite; il suo momento giungerà, e ruggirà un leone quando le catene che lo trattengono verranno finalmente recise.

Uno.
Ali incatenate a pilastri di rilucente oscurità, gelida come scaglie d'ossidiana, severa nel restituire lo sguardo ad una sopita coscienza.
Caddi nell'infido ristagnare dei miei dubbi, e la mia caduta trascese le leggi del tempo, né conobbe le materne braccia di luoghi avvolti da un'aurea luce.
Dita di tenebra fu tutto ciò che la mia gola riconobbe come blanda imitazione d'una lieve carezza, prodighe a strangolare il dissenso che s'ostinava a fiorire con indomabile irriverenza sulle mie labbra menzognere.


Potrebbero essere passati anni dal momento del verdetto, in cui l’oscurità si era richiusa su di lui, intere generazioni oppure solo pochi, effimeri istanti. Non lo sa. Conta, Sōsuke, ma in realtà ha perso la capacità di farlo. Ignora se al di là di quelle mura di pece sia in corso la risanante attività della primavera, oppure se il mondo sia stretto nella gelida morsa dell’inverno. Ignora se l’indaffarato viavai degli Shinigami sia in qualche modo mutato, se sia proseguito imperterrito come se nulla fosse mai accaduto, o se si sia arrestato.
Ma questi non sono che trascurabili dettagli. Potrebbe essere primavera come inverno, ed il mondo potrebbe essere finito come andato avanti, non ha importanza. Potrebbe essere un giorno qualunque come il suo compleanno. Non che esso abbia mai avuto particolare sostanza per lui.
Non importa cosa accada là fuori, perché lì dentro, nella dimora dei leoni, è sempre e solo buio infinito ad avviluppare il traditore tra le sue spire.

Due.
Caddi, e mi accompagnarono innumerabili piume iridiscenti sul cammino verso l'esplosione di pece dall'aspra nomea. Mūken.

La libertà è una fiera ardua da catturate. È un leone che pronto a dilaniare coi suoi denti aguzzi come spade coloro che gli si avvicinano senza cautela, senza gli strumenti per domarlo. La libertà è un leone che corre nei cieli, che lascia le proprie orme sulle nuvole, desideroso di trovare un animo forte abbastanza da ruggire a pieni polmoni. La libertà non è per i deboli, per i codardi, per i rinunciatari.
La libertà è per gli Dei, poiché essi soltanto possono ergersi al di sopra delle leggi, delle mediocri imposizioni delle razze che non riescono a vivere senza aggrapparsi a delle regole prestabilite.
Per un Dio come lui, a cui di diritto spetterebbe di godere del privilegio delle divinità, trovarsi a lottare per catturare quell’indomabile leone è un’onta inestinguibile, e lo logorano quelle catene, quell’oscurità che lo confina, alimentano il braciere assopito della sua vendetta.
Giungerà il momento, ed il leone, una volta domato, ruggirà per lui.

Tre.
Ma se il cielo me ne darà gaudio, saluterò d'ampi fremiti la terra, laddove il palpito silente dell'orizzonte mi ricongiungerà alla mia divina indole, e nessun suono sarà più dolce dell'armonioso canto di un'aquila.

Uno, due, tre. Conta, Aizen Sōsuke, perché sa che se smettesse di farlo, l’immagine di quel leone gli attraverserebbe la mente come un fulmine a ciel sereno, ed immensamente doloroso sarebbe tentare di sottomettere il proprio desiderio di libertà.
Conta, ma il tre non giunge questa volta. Al suo posto, una voce.
“Noi innocenti non possiamo spingerci più in là nelle tenebre.” sentenzia.
« Come sei rapido nel tacciarti di innocenza, Kyōraku. » giunge l’ironica replica, ma prima che Aizen possa rendersene conto, scorge la libertà. Splende nel buio, risuona nella voce ostile del neo-Comandante Generale, ed è così vicina che gli sembra di poterla sfiorare.
« Avanti. Hai ancora altre due chiavi da usare, non è così? »

È il momento.
Ora, ruggisci.

   
 
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