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Autore: Merkelig    29/05/2015    1 recensioni
In un pomeriggio di assonnato sole autunnale, due anime raccolte in sé stesse e una terza che le osserva con occhio attento... dai colori ad olio di un pittore impressionista francese.
Quarta classificata al contest "storie nei dipinti" di Melinda Pressywig
Genere: Generale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'attesa
 
Basta. Non ne posso più. Questa giornata non finisce mai. Stiamo ripetendo la stessa sequenza da... non lo so. Troppo tempo.
Sono stufa di provare passi che già conosco. Sono stufa di dover aspettare che le mie compagne li imparino. Voglio andare avanti, studiare passi più avanzati, che ancora non ho appreso.
Voglio imparare il balletto per intero.
Ambisco ad ottenere il ruolo da prima ballerina, ma non mi distinguerò mai se non me ne sarà data la possibilità.
Mia madre dice spesso che io sono troppo impaziente. Che ho troppa fiducia nelle mie capacità. Ma la mia sicurezza in me stessa non è infondata, tutt'altro!
Quante volte sono rimasta in questa sala, con la muta compagnia del parquet scuro, dei grandi specchi e delle sbarre lucide, con le voci delle mie compagne attutite dalle finestre chiuse che mi raggiungevano dal cortile, a provare e riprovare i passi appresi durante la mattinata?
Desidero soltanto dimostrare di cosa sono capace. Ottenere il ruolo della protagonista del balletto.
Ah, Giselle! Una storia così romantica e struggente!
Una fanciulla che si innamora di Albrecht, un principe, quando viene tradita da lui si mette a danzare per dimenticare il suo dolore ma finisce per morire per lo sforzo. Si risveglia nelle pallide vestigia di una Villi, lo spirito di una donna morta per amore. Quando Albrecht giunge sulla sua tomba e le Villi lo costringono a ballare lei lo sostiene e lo accompagna fino all'alba, quando gli spiriti spariscono, così da salvargli la vita.
Le mie compagne sospirano al pensiero dell'affascinante principe Albrecht e del loro amore che valica anche i confini tra la vita e la morte, ma la mia opinione è che al centro dell'opera ci sia piuttosto l'immenso amore di Giselle per la danza.
Giselle balla quando è felice, quando è addolorata, persino la morte non può impedirle di danzare.
Mi piace immaginare che al canto del gallo, quando il suo spirito infine placato ha lasciato Albrecht ai piedi della sua tomba ed è salito in cielo, Giselle abbia continuato a volteggiare sui primi raggi dell'aurora fino a raggiungere il Paradiso, dove può infine danzare in eterno sotto lo sguardo rapito delle stelle.
Sarebbe meraviglioso poter ballare sulle scie astrali, in un silenzio sospeso, senza pensare a niente. Lasciarsi alle spalle l'aula puzzolente, la casa in rovina, questa città ingrigita, e tutte quelle persone così superficiali e ottuse, mia madre che non mi capisce, il maestro Sìmon così scorbutico, le mie sciocche compagne che ridono sempre.
Danzare negli candidi panni di Giselle, interpretare quel ruolo al meglio...
Sarebbe magnifico.
E dopo?
Perché non interpretarne un’altro? Poi ancora un’altro...
Diventare una ballerina classica, andare in tour, allontanarsi dalla mia vita...
Per molte di queste ragazze la danza è solo un altro modo per mostrarsi in società.
Per me è la chiave per essere libera.
 
 

 
 
 
Ricordo che quando entrai in questa sala per la prima volta tutto mi sembrava immenso. Gli specchi grandi come portoni di un palazzo di vetro, le sbarre così lunghe da non finire mai e tanto alte da sfiorarmi la testa...
Ai miei occhi di bambina questo luogo era magico.
Ora ha perso gran parte del suo fascino.
Ora il mio sguardo diventato adulto coglie inavvertitamente le screpolature di muffa sulle pareti, il parquet sbrecciato e il sottile velo di polvere sui vetri delle finestre.
Sembra che solo le figure che la animano siano rimaste le stesse.
Minuscole fatine in tutù rosa che corrono da una parte all'altra dello stanzone, seguendo le indicazioni dell'insegnante.
In un angolo una decina di giovinette si raccolgono intorno a Sìmon, che impartisce loro delle indicazioni precise sugli esercizi, coordinandole tutte insieme come il direttore d'orchestra fa con i musicisti.
Ed ecco che prendono posizione e, all'unisono, si muovono con grazia, come le prime farfalle appena uscite dal bozzolo che sbattono lievi le ali per saggiarne la presenza.
Quanto invidio ciascuna di queste giovani crisalidi!
Trent’anni fa è stata l'ultima volta che anch'io ho sbattuto le mie ali.
Tanti ne sono trascorsi da quando una delle mie fragili membrane nervose si è spezzata.
Qualche settimana di ospedale e un mese di riposo sono bastati a permettermi di tornare a camminare.
Ma, ahimè, non ho più potuto volare.
Tutti i progetti che avevo, tutti i miei desideri che mi sembravano così solidi e reali si sono infranti in un soffio.
Un momento prima possedevo la chiave per camminare sull'aria. Il momento dopo mi sono ritrovata a guardare dalla dura terra le mie compagne farfalle che, volteggiando soavi, si allontanavano da me sempre di più. Fino a scomparire.
Ricordo bene com'era essere una ragazzina.
Pensavo di avere tutto il tempo del mondo.
Pensavo di poter fare tutto.
Pensavo di poter arrivare ovunque.
Ora che mi sono scontrata duramente con la realtà delle cose ho dovuto rinunciare a tanto.
Non posso più danzare. Non posso più volare. 
Trascorro le mie giornate nell'attesa di... non ne ho idea.
Le passeggiate per il centro, i tè con le amiche, le serate a teatro...
Nulla ha davvero importanza.
Solo qui, nella mia vecchia scuola di danza, con le pareti screpolate e gli specchi dai bordi arrugginiti, a parlare con un vecchio burbero dei nuovi balletti e della preparazione delle ballerine... solo qui riesco a sentirmi più lieve.
Solo qui riesco a sentirmi un poco più viva.
 
 

 
 
 
Mi piace questo ambiente. L'odore della cera del pavimento, l'atmosfera ovattata di suoni, le luci che entrano oblique dalle finestre.
E le ballerine.
Mentre appunto qualche altro tratto bianco sulla tela mi interrogo sul soggetto che ho scelto.
Amo rappresentare le ballerine in tutta la loro leggerezza e spontaneità. Sembrano galleggiare nell'aria, ma con tale grazia e armonia da apparirmi, se possibile, ancora più un incanto.
La loro vivacità e freschezza è per me sempre motivo di meraviglia e amo riportare tale sentimento sulla tela, fissando, per quanto mi è possibile, la magia che osservo in pure pennellate di colore.
Il loro controllo e la loro disciplina le fanno somigliare alle statue greche, quando si cristallizzano nell'atto di compiere un passo.
Le scarpette che portano le innalzano, distaccandole da questo mondo di pesantezza e regole, permettendo loro di sfuggire alla staticità del puro essere umano. 
Tuttavia, per una volta la mia mano non ha dipinto veli fluttuanti né espressioni sognanti di volti.
Della scena davanti ai miei occhi ciò che mi ha colpito, in modo così repentino da obbligarmi quasi a strappare i miei strumenti fuori dalla borsa di cuoio nella fretta di fissare l'emozione che mi aveva colto, è stata la sincerità di queste due ballerine.
La prima, con il viso così giovane e inesperto, con il suo ampio tutù bianco e la frustrazione nello sguardo.
La seconda, vestita interamente di nero come fosse a lutto, che si muove con un'eleganza che mi è capitato di vedere di rado fuori da un palcoscenico. Ha lo sguardo così spento...
Le due figure sono totalmente ignare l'una dell'altra, nonostante le separino niente più che un paio di dita di legno scuro della panca.
Ogni forma di comunicazione è assente.
Potrebbero benissimo essere l'una il passato e l'altra il futuro di una stessa persona, tanto si somigliano. Come pure il negativo l’una dell’altra. Il bianco e il nero degli abiti, le età differenti, la giovane irruenza di una e la rassegnata tranquillità dell’altra.
Allo stesso tempo uguali e contrarie.
Termino lo schizzo e osservo l'insieme.
Mi piace il taglio che ho dato alla rappresentazione. Mi piace l'azzurro dei nastri che spicca sul bianco del tutù.
Soddisfatto appunto il mio nome in alto a sinistra.
Poi resto un momento in contemplazione dell'opera, cercandole un titolo.
Qual'è la cosa che più mi ha toccato di ciò che ho visto?
Cosa mi ha colpito di più di queste donne?
La consapevolezza mi raggiunge all'improvviso. E mi rendo conto di quale sia il titolo perfetto, quasi il riassunto di tutto ciò che è contenuto in questo quadro.
Lo intitolerò semplicemente “l'attesa”. 

 
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