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Autore: Axia    06/01/2009    14 recensioni
In un futuro distrutto dalla guerra, il nipote di Harry Potter ancora bambino tenta di mettere in ordine i pochi frammenti del suo passato e di ciò che potrà fare in futuro, fino all'arrivo inaspettato di una figura che, per lui, potrà forse soppiantare quella del padre mancato.
Spin off tratta dall'Alchimia del Sangue.
Genere: Malinconico, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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He is My Father

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DISCLAIMER: Harry Potter e tutti i personaggi della saga sono di proprietà di JK Rowling e di chiunque ne possieda i diritti. Questa storia non ha alcun fine di lucro, né intende infrangere alcuna legge su diritti di pubblicazione e copyright. Ares Malfoy, Glorya Malfoy, Faith Potter e Lexus Havenport invece sono frutto della fantasia da cui è tratta tutta la saga.
ATTENZIONE: tutti i personaggi di questa storia sono immaginari e non hanno alcun legame con la realtà. Qualsiasi nome e riferimento a fatti o persone reali è da ritenersi ASSOLUTAMENTE casuale.

 

Qualche breve delucidazione: questa spin off tratta dall'Alchimia del Sangue è stata una delle più richieste da quando Ares ha dato la lettera a Lex, preveniente dal futuro. Mi avete sempre chiesto in molti una spin off su questo argomento, per delineare meglio il rapporto fra i due, perciò eccovi accontentati. Questa è anche l'ultima delle shot di Natale, perciò a presto con la ripresa dell'Alchimia! Buona lettura e grazie a tutti coloro che hanno letto le altre spin off!

 

 

 

 

A Chichi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

HE IS MY FATHER

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da ogni altra cosa è possibile metterci al sicuro,

ma rispetto alla morte noi tutti abitiamo una città senza mura.

Epicuro

 

 

 

 

 

 

 

 

Per sentito dire, per lo più chiacchiere da cunicoli sotterranei, Ares H.D. Malfoy sapeva che tutti i bambini che nascevano avrebbero dovuto avere una mamma e un papà.

Sempre per sentito dire, sapeva che per nascere bisognava avere per forza entrambi, ma che spesso non sempre tutti crescevano avendo la possibilità di conoscere i propri genitori e che molti dei piccoli del suo mondo che avevano avuto la fortuna di poter dire di avere un papà e una mamma finivano per perderli molto presto.

Perchè Ares sapeva bene che cosa capitava ai bambini e ai loro genitori fuori dalle mura della sua casa.

A dire il vero era nato in quel mondo perciò non aveva mai saputo, prima di allora, che un tempo la gente aveva potuto camminare per le strade di Londra sotto un cielo che non era stato niente di meno che un azzurro limpido e iridescente come un lapislazzulo. Non aveva mai saputo che un tempo le stelle avevano brillato sopra di loro, non aveva mai nemmeno saputo che un tempo...c'erano stati eroi che si erano battuti e avevano sconfitto grandi nemici, vinto grandi battaglie.

Non aveva mai conosciuto quel tempo, non aveva mai visto il sole o le stelle.

E non era mai uscito dalla sua casa, per respirare l'aria velenosa che col suo lezzo appestava Londra e la Gran Bretagna come se un titanico incendio anno dopo anno avesse continuato a rodere quella loro bella terra.

Ma Ares in fondo era un solo bambino.

Nei suoi nove anni poteva contare sulle dita della sua piccola mano le volte in cui aveva alzato lo sguardo a un vero cielo.

Un cielo giallastro, striato di pece e magia, di lampi che percorrevano la volta celeste a ogni ora del giorno e della notte.

Lui aveva alzato lo sguardo a soffitti, a cupi ripari di fortuna...e poi alle immense volte della Londra Sotterranea, il grande e unico riparo dei pochi sopravvissuti a Lei.

La Cattiva.

L'aveva sempre chiamata così e gliel'avevano lasciato fare. Come la regina cattiva delle fiabe, Ares vedeva in Angelica Riddle la regina cattiva del suo mondo, la strega, il demone, il tarlo che aveva corroso quella città, che l'aveva isolata dal resto del pianeta.

L'imperatrice del suo parco giochi infernale, crudele e spietata, così innominabile che tutti coloro che gli gravitavano attorno facevano ben attenzione a non pronunciarne il nome di fronte a lui, chiamandola semplicemente "Tu Sai Chi".

Ma era lei la Cattiva. Era Angelica.

Ad Ares non era mai piaciuta. Era silenziosa, eppure sorrideva sempre. Parlava così poco però...diceva molto, quelle poche volte che parlava.

Ares odiava sentirla parlare. Odiava la sua voce.

Era come sentire un serpente strisciare per terra, vederlo avvolgersi al collo di qualcuno e vederlo stritolarlo fra le proprie spire.

Si, odiava la voce di Angelica.

Ma ancora più di lei odiava il fatto che nessuno aprisse bocca per impedirle di entrare in casa loro.

Casa...

Lui viveva protetto, ma fuori da Malfoy Manor? Nelle vie sotterranee?

La zia Faith però gli aveva detto che Angelica non era la sola cattiva.

La zia gli aveva detto che i cattivi erano quelli che l'ascoltavano ridere e non avevano paura...cioè, non ne avevano troppa. Ares sapeva tutti avevano paura di Angelica e sapeva anche lei voleva che tutti avessero paura.

Quando aveva chiesto alla zia se anche lei aveva paura di Angelica, Faith era stata in silenzio. A fissare il vuoto.

- Qualcuno ha mai cercato di fermarla? C'è mai stato qualcuno che non abbia avuto paura di lei?-

Ancora silenzio.

E dal viso ombroso di sua zia Faith, Ares aveva intuito che si, qualcuno era esistito per guardare in faccia la Cattiva senza temerla. Qualcuno l'aveva sfidata.

Il problema era che tutti, nella Londra sotterranea, non sembravano ad Ares pronti a sfidare Tu Sai Chi senza tremare. Anche perchè Angelica con lei aveva sempre tante guardie, tanti Mangiamorte.

Nella città sotterranea i bambini gli avevano raccontato che Angelica andava sempre in giro accompagnata da una donna bionda, perfida e cattiva quasi come lei, che sapeva bruciare le persone soltanto guardandole negli occhi. Era lei che dava fuoco ai Babbani, ai mezzosangue rimasti.

Ares aveva tremato, sentendo quelle storie, per abbassare lo sguardo sulle proprie mani fiammeggianti.

- Zia, Angelica ha un Phyro con sè? Qualcuno come me?-

Faith ancora una volta era rimasta di spalle.

Quando lui andava a trovarla la trovava sempre intenta con la testa fra i libri, gli occhi bluastri coperti da un velo di rabbia, di odio.

- Si, un tempo aveva tre Phyro con lei. Erano tutti al suo fianco, ma una morì tanto tempo fa. Quella che sta con lei adesso si chiama Lilly.-

- E il terzo Phyro?-

Ares ricordava come zia Faith aveva alzato il capo, persa in lontane rimembranze, in pallidi e fiochi spettri del passato.

- Di lui non dobbiamo più preoccuparci.-

- Perchè no?-

- Troppe storie stasera. Devi metterti a letto Ares, domani devi tornare da tua madre.-

 

 

 

 

Ares H.D. Malfoy non aveva mai avuto un papà.

Aveva una mamma, certo ma...non era mai stata come le mamme di tutti i bambini della Londra sotterranea.

La sua mamma era diversa da tutte le altre.

Era come una principessa delle favole, chiusa in casa loro. Non usciva mai.

Ed era giovane e sempre bella, anche se aveva l'aria sempre stanca, gli occhi quasi sempre rossi.

E i suoi occhi, si, erano quelli che la rendevano diversa, perchè uno era argenteo, come i suoi. Ma l'occhio destro era dorato, come se fosse stato una piccola pepita. Tutti gli dicevano che era per quell'occhio dorato che Angelica non l'aveva ancora uccisa.

Ma Ares sapeva la verità, per quanto brutta gli fosse sempre sembrata.

La verità era che sua madre era una Mangiamorte, la verità era che Angelica poteva entrare in casa loro appunto perchè sua madre glielo permetteva.

La verità era che sua madre non gli voleva bene.

Non voleva bene a nessuno.

A sua madre non importava nulla di nessuno.

Altrimenti non avrebbe vissuto al buio, sfuggendo alla luce come da una pestilenza.

Tutti evitavano di fare il nome di Glorya Malfoy, persino sua zia Faith. Ares sapeva che zia Faith odiava sua madre.

Max e Dreiden, che si occupavano di lui e della sua istruzione magica quando sua zia e gli altri Anziani della Londra sotterranea non potevano seguirlo, cambiavano discorso o semplicemente glissavano.

Per dirla tutta, nessuno più neanche prendeva in considerazione l'esistenza di Glorya Malfoy.

Sua madre era triste.

L'aveva capito tempo addietro, ma era solo un bambino. Non poteva sapere che non era tristezza quella che attanagliava Glorya Malfoy per la gola.

Era qualcosa di diverso, qualcosa si agitava e cresceva ogni qual volta, ogni rara volta, che lei lo guardava in viso.

Allora quella forza misteriosa la rendeva angosciante, una figura quasi mostruosa da cui Ares era costretto a fuggire, nascondendo il proprio bisogno, il desiderio di qualche briciola d'amore, una carezza, un sorriso.

Ma la sua mamma non sapeva sorridere.

Non sapeva neanche piangere.

Forse non voleva più neanche esistere.

 

 

 

Questo era ciò che Ares credeva, fino al giorno in cui lui apparve.

Zia Faith gli aveva detto, tanto tempo prima e con notevole difficoltà, che sua madre non avrebbe mai più desiderato nessuno accanto.

Che non avrebbe mai più avuto nessuno.

Fino alla notte in cui Ares si svegliò, in preda a bizzarri rumori.

Le grida di Londra le conosceva. Conosceva i crepitii degli incendi, il colore delle fiamme che salivano al cielo, le folgori che sferzavano l'aria quando Angelica squarciava la coltre di nebbia tossica per camminare sui resti della città, affiancata da Lilly e dai suoi Mangiamorte.

Conosceva i rombi e i tuoni delle magie che cozzavano fra mura, strade, fiumi e case, quando Gabriel Cameron era in città, pronto a uccidere la sua nemica di sempre.

Ma i rumori che udì quella notte provenivano dalla sua stessa casa.

Scese piano le scale di Malfoy Manor, al buio, ma sapendo bene dove metteva i piedi. Era abituato a vivere con le tende tirate, muovendosi nell'oscurità come un fantasma, come sua madre.

E fu sua madre che vide, di fronte all'ingresso...la porta spalancata e una sagoma scura che imperversava su di lei.

L'avrebbe ricordato per tutta la vita.

I lunghi capelli biondi stretti fra le mani affusolate di un uomo, un uomo che portava molti anelli d'argento e un cappuccio sul viso.

La stava baciando...stava baciando sua madre...

E lei...non si opponeva.

In seguito, seppe solo di aver attaccato l'uomo ammantato di nero, di aver avvolto sia lui che sua madre con le fiamme. Da tempo sapeva che lei non si sarebbe mai fatta del male con le fiamme di un Phyro, ma con tremendo stupore quel mago spense il suo potere come se fosse stata la semplice fiamma di un cerino. Il tutto semplicemente usando il palmo destro della sua mano, mentre l'altra era ancora abbandonata sul fianco di sua madre, in una presa leggera eppure severa, possessiva.

- E' lui?-

Ares ancora tremava, i pugni stretti, la frustrazione, la paura, la confusione.

Sua madre che lo fissava, senza scostarsi da quello straniero con la voce più profonda che Ares avesse mai sentito.

Ora lo vedeva bene.

Era alto, molto più di sua madre. Nell'improvvisa coscienza dei suoi miseri nove anni, capì che fisicamente non sarebbe mai stato in grado di proteggerla, neanche con la magia, perchè quell'uomo era il doppio di lei, con grandi occhi chiari, forse grigi, forse azzurri. Era biondo, con una birba ispida che gli percorreva le mascelle e il mento. Sembrava in viaggio da molto.

A terra c'era una borsa in pelle.

- Chi è?- sibilò, sentendosi così piccolo, indifeso e inutile.

- Un Phyro.- rispose la voce dolce di sua madre, gelida e indifferente - Torna a letto Ares.-

- Leva le mani di dosso a mia madre!-

- Ares, ti ho detto di andare a letto.-

E ai suoi ordini lui non aveva mai discusso. Le aveva scoccato uno sguardo di rabbia e se n'era andato correndo, senza riuscire a chiudere occhi, sapendo, dai passi doppi in quella casa, che quell'uomo era rimasto a Malfoy Manor.

Ma chi era davvero quel tizio? Era un Phyro, un Phyro potente, ma ciò che gli impedì di dormire non fu tanto la presenza di un estraneo in casa loro quanto...sua madre. Sua madre che non si avvicinava mai a nessuno, sua madre che viveva in ombre e silenzi, era stata tanto vicina a quell'uomo da...

Pensandoci, Ares risentiva le sue piccole membra infiammarsi.

La sua mamma...la sua mamma con un uomo.

La sua mamma aveva amato solo suo padre, ecco perchè viveva infelice. Perchè lui non c'era più.

Allora chi era quel Phyro?

E cos'era quella gelosia che gli attraversava le vene a ondate, quella sensazione di furto, come se quell'uomo apparso dal nulla avesse ottenuto più di lui...come se quell'uomo con la sua sola apparizione avesse ottenuto l'intera attenzione di sua madre, mentre Ares, un bambino, il suo bambino, da lei non aveva mai ottenuto nulla se non biechi sguardi, occhiate furtive, sfuggenti.

Perchè sua madre amava quello sconosciuto più di lui?

 

 

La mattina dopo, all'alba, li sentì parlare.

E allora molte e lunghe ore insonni per il piccolo Ares presero forma. Ottennero sostanza.

Le tende delle alte finestre fino al soffitto di Malfoy Manor erano state aperte...una luce giallastra e malata aleggiava sul mobilio coperto da pesanti lenzuola bianche.

Il pulviscolo sbuffava nell'aria come la più antica delle polveri.

E Ares, celato all'angolo dello scalone, colse i primi brandelli di una conversazione fatta a toni bassi, fiochi.

Si chiese come quello sconosciuto avesse convinto sua madre a guardare la luce di un sole nascente, celato da pesanti strati di veleno, dalla nebbia assassina di Londra.

Si chiese persino come avesse fatto a convincerla a parlare...non aveva mai sentito sua madre parlare così a lungo con la stessa persona.

Erano entrambi poggiati a una finestra che dava sul giardino. Un giardino inselvatichito, dove edere e rampicanti affamati avevano alla fine assorbito ogni singola traccia di terreno fertile, coprendo i fiori e la restante parte della vegetazione. Qua e là comparivano mezzi busti, statue abbandonate, decapitate.

Un angelo senza braccia né testa troneggiava su una fontana svuotata.

Sua madre stava poggiata alla balaustra della finestra frontalmente, dando la schiena ad Ares.

Lo sconosciuto invece, al contrario, poggiava i fianchi e dava la schiena all'esterno.

Ora Ares lo vedeva bene.

Sembrava giovane come la sua mamma e i suoi capelli erano più biondi alla luce del mattino.

Anche i suoi occhi sembravano più luminosi, meno cupi della notte precedente.

La sua voce però non era meno intensa. Ares tremò istintivamente, attaccandosi alla parete, quando colse meglio i brandelli della loro conversazione.

Lo sconosciuto sembrava arrabbiato.

-...otto anni e ti ritrovo così...niente luce, niente ossigeno...stai cercando di provare le tue teorie? Quando impiega un essere umano a morire d'inerzia? Non credi di esserti punita abbastanza?-

- E tu pensi davvero che io abbia rimorsi di qualche genere?-

L'uomo sorrise, un sorriso stanco ma al contempo fastidioso.

Ares notò sua madre stringersi nelle spalle, mentre il Phyro sorseggiava una bevanda.

Caffè, dall'odore.

- Perchè una donna dovrebbe chiudersi in casa in questo modo?-

- Non c'è niente che valga la pena di vedere, là fuori.-

- Si, ho notato. In otto anni è cambiato tutto, accidenti. Ma non tu...anche se comunque non sei più quella di prima. Cosa pensi di risolvere restando asserragliata qui? Angelica ha fatto uccidere tutti i Veggenti rimasti, non pensi che prima o poi piegherà anche te?-

L'uomo l'aveva fissata di striscio.

- O forse l'ha fatto.-

- Nessuno può piegarmi.- Glorya si era girata a fissarlo, pesanti segni neri sotto le palpebre inferiori e un fuoco spento nella voce - Semplicemente ho scelto da che parte stare.-

- Si, lo vedo.- rispose lui, additando il mobilio e la polvere ovunque - Bel posto dove crescere un bambino.-

- Ares non ti deve riguardare Lex.-

- Non riguarda neanche te, visto come te ne curi.-

Ares si fece indietro, appena appena, vedendo il Phyro rizzarsi in piedi e piazzarsi alle spalle di sua madre.

Avrebbe tanto voluto strozzarlo.

Come si permetteva di parlarle così?

- La verità...- la vide chinarsi all'orecchio di lei, la tazza ancora in mano, l'altra infilata nella tasca dei pantaloni scuri - La verità è che sei morta insieme a lui. Hai liberato la sua Scintilla e la tua anima l'ha seguito.-

- Ti ho detto che non ho rimorsi.-

- Senz'altro, dopo quello che Lucas ha fatto.-

- Non usare quel tono condiscendente con me. Non stata io a sparire per otto anni.-

- No, infatti. Ringrazia Angelica. Quando le ho detto dove poteva ficcarsi i suoi piani su di me, non l'ha presa bene. La conosci...è così irritabile. Ma devo ammettere che non mi sarei mai aspettato una tale potenza da una bambina così piccola...e quel bastardo di Richard s'è ben guardato dall'avvisarmi. Dopo che fui messo in coma, Sadorn le sistemò la strada, per così dire.-

- Non ti sei perso il senso dell'umorismo Lex. Come hai fatto a risvegliarti?-

- Gabriel Cameron l'ha tenuta occupata di recente. Quel demone ha il cervello di un bambino, la pensa ancora come una compagna di giochi, ma ehi... i gusti sono gusti. Per avere solo undici anni è molto sveglia.-

- A dire la verità...ci accorgemmo dei suoi poteri fin da bambina, ma Tom...-

Tacquero improvvisamente e Ares temette di essersi fatto sentire.

Si sporse ancora un poco, vedendo sua madre poggiarsi con entrambi i palmi aperti sulla mensola.

Lui, che aveva capito chiamarsi Lex, stava di nuovo al suo fianco, di tre quarti.

Era pensoso.

- Il bambino è un Phyro.-

- Che occhio.-

Lex fece una smorfia, guardandola con un sopracciglio alzato.

- Lucas ha fatto quello che penso io?-

- Pare di si.-

- Credevo non lo sapesse che eri incinta. E' sempre stato un completo imbecille e fra le tante stronzate fatte, devo ammetterlo, quella di farti incazzare è stata determinante. Dio e io che pensavo che sarebbe stata Lilly a ucciderci tutti.-

- Chiudi quella bocca.-

- La verità fa male, piccola.-

- Falla breve Lex. Non sei venuto qui dopo otto anni di coma e di tradimento per vedere me.-

- Non solo per quello, diciamo.-

- Faith ha parlato troppo.-

- Non solo lei. Ho pescato quel tuo vecchio amico nei bassifondi...Steins, esatto? Stava sistemando dei Mangiamorte in ricognizione e mi ha detto che nessuno si sta occupando dei poteri di tuo figlio. Max e Dreiden hanno solo sedici anni, Faith poi...- fece un'altra smorfia - Far da balia a quel mostro l'ha resa cinica. Non me la ricordavo così. Mi ha quasi staccato la testa quando mi ha visto.-

- Se pensi di trovare accoglienza migliore qui ti sbagli.-

Lui rise.

Aguzzando le orecchie Ares masticò uno sbuffo fra i denti.

Porca miseria, avevano abbassato la voce? O avevano smesso di parlare?

- Guarda che lo so che sei lì dietro.-

Sobbalzò, tremando di spavento.

Sentì lo sconosciuto ridere, sua madre invece gli scoccò uno sguardo gelido.

- Ti ho detto mille volte che non ti voglio attorno quando entra gente in casa.- sibilò, mentre Ares chinava il capo mortificato - Quando ti dico qualcosa pretendo che tu lo faccia, ne va della tua stessa vita. Ormai dovresti saperlo bene.-

- Fortuna che non sono venuto qui a caccia allora.-

Ares vide il Phyro posare la tazza e affiancare sua madre. Lei glielo presentò come Lexus Ashlocke, ma il biondo s'irritò.

- Lexus Saxton va meglio? O preferisci il cognome di quel mezzosangue del tuo patrigno?- lo rimbeccò Glory e ignorandone i borbottii proseguì verso il figlio - E' un vecchio...amico. Diciamo che prima combatteva con gli amici senza speranza di tua zia. Anzi, a dirla tutta forse per essere chiari bisognerebbe aprire una ricerca alla Biblioteca Magica per capire esattamente da che parte stavi, stai e starai, dico bene Lex?-

- Io almeno non mi sono venduto l'anima.- rispose il biondo, lasciando Ares totalmente affascinato per come gestiva sua madre, come se lei non fosse per nulla disgustata dalla sua presenza, come se quel Phyro fosse diverso da tutte le altre persone del mondo.

La domanda gli sorse spontanea.

Ares aprì bocca prima di vedere un'ombra di morte e oblio passare sul viso di sua madre.

- E conoscevi il mio papà?-

Ci fu un istante di silenzio, tale da far comprendere al piccolo l'entità della sua domanda.

L'angoscia era così forte che non osava sollevare il viso verso Glory e non fu necessario d'altronde.

Lex, dopo averlo guardato a lungo, si girò verso la strega.

- Lo porto a fare un giro. Ti spiace?-

- Intendi fuori?- Ares allargò la bocca - Fuori ci ammazzano, ma da dove arrivi?-

- Se volete proprio intossicarvi.- lo sbalordì sua madre - Non preoccuparti Ares, con Lex non hai nulla da temere. Almeno non a quest'ora.-

- Già, Gabriel Cameron mi starà dando tempo di organizzarmi.- Lex sogghignò, abbassando nuovamente lo sguardo su Ares - Avanti, a forza di stare chiuso qui dentro sembri avere sei anni, non ott.-

- Ne ho nove!- sbottò il piccolo, furente.

- Come ti pare.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il coraggio è resistenza alla paura e dominio della paura,

ma non assenza di paura.

Mark Twain

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Uscire.

Ad Ares era parsa un'idea idiota, per non dire suicida.

Dopo che tutti gli avevano sempre ripetuto di non uscire mai da solo, anzi...non pensare nemmeno di mettere il naso fuori dalla porta di casa, ora quello...quello squinternato voleva portarlo a fare due passi?

Alla paura, subito dopo che sua madre svanì, emerse una leggera curiosità.

Quel Phyro, quel Lex, voleva davvero portarlo all'aperto?

- Non hai paura dei Mangiamorte?- gli chiese, mentre si infilava una cuffia abbastanza grossa da nascondergli il volto.

Lex rise, spalancando la porta dell'ingresso.

Una luce giallastra li colpì in pieno, mentre lui sghignazzava più forte.

- Non scherzare. Sono i Mangiamorte che devono avere paura di noi.-

- Dei Phyro intendi? Non sai di Lilly?-

- Ah, lasciala perdere quella. E' solo arrabbiata.-

Quello parlava come se non avesse nulla da perdere. Oppure davvero non aveva paura di niente e nessuno là fuori. Lo capì meglio quando gli chiese da dove arrivasse e perchè fosse venuto proprio a casa loro.

- Una semplice fermata. Hai le orecchie lunghe, sei uno spione.-

Ares arrossì, guardandosi attorno circospetto mentre uscivano dagli impervi cancelli di metallo e dalle spesse mura del Manor.

- Non volevo origliare.-

- E racconti pure le balle.-

- Senti chi parla di balle!- s'impennò il bambino, seguendolo diligentemente nonostante per la nebbia non si vedesse a un passo dal naso - Come se fossi davvero un amico della mamma.-

- Diciamo che ero un amico di tuo padre allora. Adesso mi credi?-

Non gli dette tempo di fare altre domande che si ritrovò afferrato e risucchiato. Ares odiava Smaterializzarsi, preferiva usare i camini e la Polvere Volante, ma dubitava che ovunque quello l'avesse portato ci fossero dei camini. Quando riaprì gli occhi, colpito da un leggero senso di nausea, si ritrovò in un posto strano.

Un posto pallido, dove nulla aveva contorni netti.

C'era un leggero sciabordio di onde ed...era in alto.

Si trovava sulle spalle di Lex.

Non era mai stato preso in spalla da nessuno. Oh, tempo prima, quand'era stato abbastanza piccolo e leggero, era stato in braccio a sua zia, anche a Max e Dreiden, ma non era mai stato preso in spalla in quel modo. Aveva visto altri bambini coi loro papà ma...

- Dove siamo?- chiese, afferrando istintivamente i capelli biondi di Lex, tentando di non fargli male.

- Non si vede niente, ma che meraviglia.-

Lex a sua volta si guardava attorno, con aria completamente disgustata.

- Io vorrei sapere che hanno tutti in testa. Permettere a quella bambina di usare Londra come il suo parco giochi personale. Dovevano ammazzare Richard e Sadorn in questi anni...o magari prima.-

- La zia mi ha detto che i miei nonni ci hanno provato.-

- Già, mi ricordo.- sussurrò il biondo, rimettendosi a camminare per una strada di cemento larga e lunga, di cui non vedevano la fine - Non è servito a molto di fronte agli occhioni di Angelica. Quella è il demonio.-

- Hai paura di lei? Cosa ti ha fatto?-

- Era piccolissima il giorno in cui mi chiese di unirmi a lei. Cioè, fu Richard a ordinarmelo, per conto dei Mangiamorte.-

- E tu hai detto no.-

- Non mi piace prendere ordini.-

Ares corrucciò la fronte, guardandolo dall'alto.

- E com'è che sei...sparito?-

- Non sono sparito. Mi hanno addormentato. Angelica voleva uccidermi e Richard mi ha messo a nanna, per salvarmi, diceva.- una risata amara salì da Lex, facendo capire ad Ares che le cose erano molto più complicate di quello che avesse mai pensato - Ma a te non hanno raccontato proprio niente, vero?-

- La zia Faith e gli altri mi raccontano le storie...-

- Favole. In fondo sei ancora un lattante.-

- Ho nove anni, accidenti!-

- Io non capisco niente ancora oggi.-

- Tu hai l'aria di sapere un sacco di cose invece.-

Lex si fermò all'improvviso, girandosi alla loro sinistra.

Ecco dov'erano. Ares aveva visto quel posto in una foto, in alcune riviste conservate da sua zia.

Era un ponte, un grande ponte sul Tamigi, in mezzo a Londra, completamente avvolto nel gas acido che imperversava sulla capitale.

Mentre Lex si avvicinava a una balaustra, Ares lo strinse istintivamente più forte, stringendogli le gambe sulle spalle.

- Paura?-

- No.- sbuffò rabbioso, mentendo spudoratamente - Perchè sei venuto qui?-

- Pensavo di dare un'occhiata, capire l'entità dei danni. Ma è chiaro che non vedrò mai nulla da nessuna postazione. I grattacieli sono ancora in piedi senza i Babbani?-

- E io che ne so?-

Già, cosa chiedeva a fare se tanto quel bambino viveva sotto una campana di vetro?

La balaustra era rovinata, notò Lex dove segni di artigli e magie erano rimasti a ledere il metallo.

- Puoi non sporgerti magari?-

- Paura di guardare di sotto? Vuoi che ti metta giù?-

La prospettiva di scendere, a sorpresa, non gli andava per nulla.

Ares borbottò qualcosa di negativo e fissò l'attenzione su una vecchia targa arrugginita.

- Cosa pensi di fare ora che sei tornato?-

- Io e tua madre abbiamo un lavoro da finire.-

- E sarebbe? Vuoi dire che starai in casa nostra?-

- Accidenti quanto chiacchieri.- Lex fece un mezzo giro, sentendo un frastuono in lontananza. Era stata una folgore a ciel sereno. Il disco pallido del sole si vedeva oltre le nubi spesse.

- No, non starò da voi. Tranquillo.-

Meglio, pensò Ares.

Non che non gli piacesse l'idea che qualcuno potesse raccontargli di suo padre, ma averlo per casa...vicino alla mamma...

Gironzolarono per il ponte, stando a testa bassa per non inalare le esalazioni più pericolose che stavano a quota più elevata ma il piccolo non lo perdeva mai di vista.

Tante domande, tanti quesiti.

Cosa lo aveva legato ai Mangiamorte, perchè non aveva seguito Angelica...cosa sapeva di Lilly...

Camminare accanto a Lex all'improvviso lo fece sentire...grande. Importante.

Era come se stargli vicino, fianco a fianco, fosse stato solo l'inizio di qualcosa.

Come se stessero andando davvero da qualche parte.

Si sentiva...al sicuro.

- Così conoscevi papà.-

Ancora quella domanda e di nuovo vide Lex sbattere leggermente le palpebre, chiuderle e riaprirle, come per mettere a fuoco qualcosa.

- Si, conoscevo Lucas.- mormorò a bassa voce, senza perdere il passo.

Ares si morse il labbro.

Maledizione, doveva supplicarlo?

- Eravate amici?-

Stavolta Lex rise.

Si massaggiò la mascella ispida di barba, sembrando un ragazzino.

- Allora?-

- Non proprio.-

- Perchè no? Siete Phyro.­-

- A me non piace nessuno.-

- Questo si vede.-

Lex rise più forte, cacciandosi le mani in tasca - Ci conoscevamo bene, ma non andavamo d'accordo.-

- Come mai?-

- La gente a volte odia qualcun altro per partito preso, te l'hanno mai detto?-

- Tipo i Mangiamorte coi Babbani?-

- Qualcosa di simile, si.-

Ares a quel punto si fermò, scrutandolo coi grandi occhi argentei.

- Avete litigato per la mamma?-

Lex levò un sopracciglio, stirando un sorriso strano - E questa da dove esce? Sei troppo piccolo per queste cose.-

- La mamma ha scelto papà e avete litigato? E' così?-

- Io ero in coma ancora prima che capitasse questo casino e nascessi tu.-

Gli aveva dato del "casino"?

Indignato, Ares trotterellò fino a raggiungerlo e ad affiancarlo di nuovo, sempre col nasino puntato verso l'alto.

- Allora perchè avete litigato tu e papà?-

- Dio, uccidimi adesso.-

- Se non è per la mamma, allora...-

- Semplice nano.- il Phyro perse la pazienza, sospirando sonoramente - Tuo padre aveva la fissa per la guerra, basta vedere come ti chiami. Io invece ho la fissa per farmi i fatti miei. Non mi avresti neanche conosciuto se Richard non mi avesse cacciato nelle grane il giorno in cui mi ha praticamente rapito e segregato in casa sua, mentre questa battaglia fra folli imperversava.-

- Tu perciò pensi che combattere i Mangiamorte non serve a niente?- allibì Ares, guardandolo ora con freddezza.

Fermandosi, Lex fece allora una cosa strana.

Si inginocchiò e gli accarezzò i capelli, sopra la cuffia pesante.

- Penso che ormai sia uno spreco gettare via tante vite. In troppi sono morti per...errori che noi tempo fa avremmo potuto riparare. Perciò sono venuto da tua madre.-

- Cosa potreste mai fare?-

- Lei nulla, Angelica capirebbe che sta progettando qualcosa. E poi ha te, non può perdere anche te. Farò tutto io. Mi ci vorranno ancora molti anni, ma forse potrò cambiare le cose.-

- Come?-

Cambiare.

Modificare tutto...

Impedire la guerra.

Il cuore del bambino, quel giorno, batté forte come non mai.

Stava per sapere...

Stava per succedere qualcosa.

Niente sarebbe mai stato più come prima.

- Che cosa vuoi fare?-

- Cambiare le cose.- sussurrò Lex, duro come il marmo eppure con un calore inaspettato - Tornare dove tutto è iniziato.-

- Si ma...-

- A suo tempo.-

- Posso aiutarti?-

Gli occhi chiari del maggiore si accesero di divertimento.

- Tuo padre avrebbe potuto. Lui avrebbe fatto la differenza se...-

- Se cosa?-

La risposta ancora una volta non venne.

Lex distolse lo sguardo, scosse il capo.

- Ares sei piccolo.-

- Crescerò.- sbottò forte, afferrandolo per la cintura e strattonando - Diventerò grande e potrò dare una mano! Come papà! Ma qualcuno mi deve insegnare e non ci sono più Phyro.-

- Tua madre che cosa dice?-

- La mamma non dice niente.-

- Appunto, non ho ancora voglia di morire in modo lento e doloroso.-

- Allora non dirglielo.-

- Piccolo intrigante, ho di meglio da fare che farti da balia.-

- Ah si? E che avresti da fare, a parte il tuo pericoloso piano, eh?-

Stava tirando la corda, Ares lo sapeva.

Aveva capito subito che con quel tizio non c'era da scherzare, ma non riusciva a togliersi dalla testa e dal petto quella sensazione di calma che aveva provato quando era stato in spalla a Lexus.

Era un Phyro in fondo.

Forse era così che tutti i Phyro si sentivano con un padre come loro.

- Per favore.-

Lex fece una smorfia alla sua supplica.

- Per favore.- ridisse Ares, serrando forte i denti e le piccole mani alla sua cinta - Se ci fosse stato qua il mio papà...-

- Si, ma non c'è.- sussurrò Lex con un lamento gutturale - Non c'è più nessuno.-

Era vero.

Erano soli. Loro due su un ponte pieno di nebbia.

Mollò la presa da lui e guardò basso, il cemento e la punta delle sue scarpe.

Suo padre l'avrebbe fatto, continuava a dirsi.

Avrebbe anche salvato la sua mamma.

Forse anche Lex avrebbe potuto farlo a sua volta...o almeno aiutarlo per cambiare tutto quanto.

- Torniamo a casa tua.- lo sentì dire.

Annuì e si ritrovò sollevato sopra le spalle di Lex, ancora una volta le braccia attorno a lui.

Camminava piano, senza dondolare, dandogli una forte sensazione di stabilità.

La nebbia, per una volta, non sembrava così minacciosa.

- Vuoi che ti porti a vedere delle vere stelle stasera?-

Ares mugugnò, tentando di non fargli sentire l'eccitazione che lo percorreva.

- Non temere il muso come le bambine, ti prego.-

- Non sono una bambina!-

- Sarà meglio. Non insegno alle lagne.-

Gli strinse forte i capelli, accostandosi alla sua tempia - Ma allora...-

- Vacci piano, prima ne parlo con Glorya. Poi ci penserò su meglio.-

- Odio quando la gente fa così.-

- E io odio essermi svegliato da due giorni e avere ancora l'emicrania e una voglia matta di patatine fritte. Se ne vedi in giro fai un fischio.-

- Patatine fritte? Non credo ne facciano più. Saranno anni che non se ne trovano neanche nel sottosuolo.-

- Che orrore di mondo.-

- Senti Lex...-

- Si?-

- Abbiamo un patto allora?-

- Sono cresciutello per fare patti, lasciami perdere.- borbottò il biondo con stizza.

Ares ignorò la sua freddezza - Quando sarò grande ti aiuterò, nel frattempo tu aiuti me, giusto?-

- In poche parole devo salvarti la vita fino a che non verrà il momento giusto? Dovevo restarmene dov'ero, cazzo.-

- La zia dice che non si dicono parolacce.-

- Tua zia è un pochino troppo nervosa per i miei gusti. Comunque è così. Terrò in vita il tuo sangue di Potter fino al momento in cui non scoccherà l'ora per Angelica e tutti i Mangiamorte di questo maledetto posto.-

- E io quando sarò grande ti darò una mano col tuo piano. Ma voglio la parte difficile.-

- La parte difficile tocca a me, anche se dubito con questo mal di testa di riuscire a combinare qualcosa con lo schema algomagico.-

- Il cosa?-

- Lascia perdere.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo nati una sola volta,

e non potremo essere nati una seconda volta;

dovremo non essere più per l'eternità.

Ma tu, benché non abbia padronanza del domani,

stai rinviando la tua felicità.

La vita si perde nei rinvii,

ed ognuno di noi muore senza aver goduto una sola giornata.

Epicuro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tornavano verso Malfoy Manor.

E Ares continuava a sentire quello strano calore nel petto, sormontato da onde di indicibile gioia.

Qualcosa che da tempo non provava.

Era l'idea che qualcosa in futuro sarebbe potuto cambiare.

Era come una piccola lucina nel buio.

Una speranza, l'avrebbe chiamata sua zia Faith.

Tutti, di quei tempi, dicevano che la speranza era morte, che se n'era andata con un bambino morto alcuni anni prima.

Ma Ares, sulle spalle di Lex, ora sapeva che non era vero.

Qualunque fosse stato il piano di Lex, avrebbe aspettato, avrebbe atteso paziente. E poi l'avrebbe aiutato.

Poi avrebbe lottato.

Come suo padre avrebbe fatto, ne era certo.

Aveva un patto con Lex.

Una promessa per una piccola lucina.

Non era molto...ma era più di quanto in quella città qualcuno avesse mai osato sperare.

Doveva solo aspettare di crescere. Desiderò che il tempo passasse in fretta.

Ed era deciso a dare tutto, tutto quanto, per la sua mamma, per zia Faith, per la Londra sotterranea.

Qualcuno gli aveva appena dato una possibilità di salvezza...e chi era mai lui per sottrarsi?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«...Then I remember the pledge you made to me

 

I know you're always there

To hear my every prayer inside

I'm clinging to the promise of a lifetime

I hear the words you say

To never walk away from me and leave behind

The promise of a lifetime

 

Will you help me fall apart

Pick me up, take me in your arms

Find my way back from the storm

And you show me how to grow

Through the change

 

I still remember the pledge you made to me...»

Kutless | Promise of a Lifetime

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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