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Autore: Shainareth    31/05/2015    7 recensioni
Si voltò di scatto a guardarmi con sguardo truce ed io scoppiai a ridere. «Semmai te la spasserai tutta la giornata con il tuo unico amante», puntualizzò stizzito.
Benché fosse uno scherzo, non potei fare a meno di arrossire: stavamo insieme, sì, ma non eravamo ancora arrivati al punto di poterci definire in quel modo. «E dove ha intenzione di portarmi, il mio unico amante?»
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Kentin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROMESSA




Accadde all’incrocio di una strada principale della città. Stavamo tornando insieme da scuola quando arrestammo il passo a causa del semaforo rosso per noi pedoni. Le auto sfilavano davanti a noi e la folla che popolava le vie in quel particolare periodo dell’anno ci circondava in modo quasi soffocante. Gli odori, i suoni, le luci dei negozi mi stordivano più di quanto non avessero fatto le lezioni della giornata scolastica appena trascorsa.
   Il semaforo diventò verde e prima ancora che riuscissi a muovere un passo, qualcuno dietro di me mi spintonò per la fretta di attraversare la strada. Timoroso che perdessi l’equilibrio, piccola com’ero, Kentin mi agguantò per un braccio e mi domandò se andasse tutto bene; ma la cagnara e la calca alle nostre spalle ci obbligarono a metterci subito in movimento e fummo costretti a rimandare qualunque chiacchiera, importante o meno che fosse. Lui mi prese per mano e mi guidò verso il marciapiede opposto, attento che nessun altro mi travolgesse. Era in momenti come quello che, nonostante si trattasse solo di piccoli gesti di vita quotidiana, mi dava la sensazione di avere al mio fianco un cavaliere disposto a tutto pur di proteggermi. Ogni volta, il cuore mi si scaldava per la tenerezza e la dedizione con cui Kentin si prendeva cura di me.
   Le nostre dita rimasero intrecciate anche quando fummo dall’altra parte della strada e proseguimmo verso una via secondaria, decisamente meno affollata. Poco prima di incrociare un tipo dall’aria losca e trasandata che veniva nella nostra direzione, avvertii la presa sulla mia mano farsi più salda e una lieve tensione nel braccio di Kentin mi costrinse a farmi più vicina a lui. Sorrisi, raddolcita una volta di più dallo spiccato senso di protezione che il ragazzo al mio fianco aveva nei miei riguardi. Già una volta glielo avevo fatto notare e lui era quasi caduto dalle nuvole, dando conferma ai miei sospetti: gli veniva istintivo agire in quel modo, neanche se ne accorgeva.
   «Ogni anno mi sembra sempre peggio», borbottò d’un tratto, rallentando il passo che avevamo dovuto accelerare per uscire il prima possibile da quella bolgia. Si volse a guardarmi e mi sorrise. «Va meglio?»
   «Andrebbe ancora meglio se tu mi abbracciassi», fu la sfacciata risposta che gli diedi, lasciandolo per un attimo senza parole. Poi, ridacchiando con un vago imbarazzo, si fermò e mi attirò a sé, circondandomi con le braccia e stringendomi al petto. Il suo odore e il suo calore mi avvolsero ed io ebbi ancora una volta la rassicurante sensazione di trovarmi nel posto più sicuro del mondo. Chiusi gli occhi e mi dimenticai di ogni altra cosa. Dei rumori molesti del traffico, delle voci dei passanti, della folla, dello smog, dell’aria fredda di dicembre che ci arrossava le guance e la punta del naso. Sebbene stessimo insieme da diverso tempo, ormai, e ci conoscessimo da molto di più, avevo la netta sensazione che quello fosse sempre stato il mio posto e che le cose, fra noi, non potessero andare in nessun altro modo che quello.
   Il fastidioso, allarmante riecheggiare della sirena di un’ambulanza ci riportò con prepotenza alla realtà e fummo costretti a sciogliere l’abbraccio, cercando con lo sguardo la sagoma del mezzo di soccorso che sfrecciava a folle velocità lungo la strada principale che ci eravamo lasciati alle spalle e che ancora scorgevamo da lontano. «Perché le cose brutte accadono sempre nel periodo dell’anno in cui tutti dovrebbero essere felici?»
   Non seppi trovare le parole per rispondere a quella domanda piuttosto retorica, ma cercai per lo meno di vedere l’eventuale lato positivo della vicenda. «Forse è solo una donna prossima al parto.»
   Gli occhi verdi di Kentin si spostarono di nuovo su di me, fissandomi speranzosi. «Glielo auguro davvero.» La sua mano tornò a cercare la mia e riprendemmo il cammino verso casa. «A casa avete fatto programmi per Natale?»
   «Credo che sarò costretta a sorbirmi l’ennesimo pranzo in famiglia», ipotizzai, già infastidita per quello che sarebbe accaduto: sarei stata circondata di parenti che vedevo solo per le grandi occasioni e che mi pizzicavano le guance, sorprendendosi di quanto fossi cresciuta. Non in ultimo, mi avrebbero chiesto se avessi già il fidanzatino. Quest’anno ce lo avevo per davvero, ma col cavolo che lo avrei fatto sapere.
   «Condivideremo lo stesso felice destino, a quanto pare», commentò sarcasticamente Kentin, facendomi sorridere, nonostante tutto. «E per la vigilia? Hai impegni?»
   «Oh, sì», risposi con voce scanzonata. «Ho in programma di spassarmela tutta la giornata con i miei mille amanti.»
   Si voltò di scatto a guardarmi con sguardo truce ed io scoppiai a ridere. «Semmai te la spasserai tutta la giornata con il tuo unico amante», puntualizzò stizzito.
   Benché fosse uno scherzo, non potei fare a meno di arrossire: stavamo insieme, sì, ma non eravamo ancora arrivati al punto di poterci definire in quel modo. «E dove ha intenzione di portarmi, il mio unico amante?»
   «Anzitutto in un negozio di dolciumi e caramelle», cominciò ad elencare lui, facendo svettare un dito verso l’alto, subito seguito da un secondo. «Così, quando avremo fatto il pieno di zuccheri come bambini, scorrazzeremo fra le corsie del più grande negozio di giocattoli della città.» Proruppi di nuovo in una risata spontanea che risultò contagiosa. «No, sul serio», mi redarguì con tono tutt’altro che severo. «Voglio davvero portarti in un negozio di giocattoli.»
   «Non che mi dispiaccia, ma… come mai proprio lì?»
   «Natale è l’unico periodo in cui ci è concesso di tornare bambini, quindi perché non approfittarne?» Era una logica impeccabile, perciò, assecondando quel suo desiderio, feci due saltelli, tirandolo per il braccio. «Ho detto a Natale», mi ribadì, questa volta con lo stesso tono paziente che un padre avrebbe usato con la propria figlioletta.
   «Ci sto!» affermai con entusiasmo, lo stesso che ero certa avremmo mostrato al negozio di giocattoli, vista l’indole ancora in parte infantile di entrambi.
   «E poi ce ne andremo in quella nuova libreria che hanno aperto in centro», riprese ad elencare e quando si accorse dello stupore dipinto sul mio volto, abbozzò un nuovo sorriso. «Ho intenzione di regalarti uno dei millemila romanzi che sicuramente avrai adocchiato da tempo, perciò pondera bene la scelta del titolo», mi avvisò.
   «Ti adoro!» esclamai, tirandolo di nuovo per il braccio e costringendolo a fermarsi e ad abbassarsi nella mia direzione per ricevere un sonoro bacio sul viso. Quel disgraziato non si accontentò e un attimo dopo mi arpionò per la vita e, con la bocca, s’impossessò della mia, mozzandomi il fiato.
   Di nuovo il tempo si fermò. E proprio quando fui sul punto di smarrire la lucidità mentale a causa delle emozioni travolgenti che mi avevano fatta sciogliere come burro fra le sue mani, Kentin smise di torturarmi le labbra, rimanendo però a un soffio dal mio viso, la fronte contro la mia, gli occhi nei miei. «In realtà», mormorò con voce roca, «c’è un’altra cosa che vorrei fare a Natale», mi confidò, passandomi una carezza lungo la schiena e posando la bocca su uno dei miei zigomi.
   Non credo di poter essere biasimata se in quel momento pensai a qualcosa che avesse a che fare con quel genere di effusioni, scambiate però in un contesto molto più intimo e in modo molto più travolgente. Ormai Kentin era consapevole dell’effetto che faceva sul mio povero cuore e, non in ultimo, anche sul mio corpo. Non eravamo ancora amanti, no, ma ciò non toglieva che avevamo iniziato ad esplorarci reciprocamente, scoprendo insieme i primi sospiri e le prime, inebrianti sensazioni che potevamo regalarci a vicenda.
   Sebbene avessimo tenuto le mani ferme al loro posto, il respiro di entrambi si era fatto più pesante, condensandosi in piccoli sbuffi di fumo che si mischiarono fra loro. Troppo giovani com’eravamo per pensare di poterci ritagliare uno spazio tutto per noi, in un posto caldo e riparato da sguardi indiscreti, i nostri sospiri inappagati sarebbero stati probabilmente l’unica cosa di noi che avrebbero potuto unirsi, quel Natale.
   Con un sorriso rassegnato, Kentin si scostò un po’ da me e mi rimboccò la sciarpa attorno al collo, affinché non prendessi più freddo del dovuto – benché, a onor del vero, in quel momento mi sentissi fin troppo accaldata. «In mancanza di meglio», riprese allora, consapevole di dover rinunciare ai nostri audaci desideri, «vorrei proporti di andare al cinema, a farci le coccole al buio. Ti va?»
   «Certo che sì», gli assicurai, dal momento che la cosa che amavo maggiormente era proprio rimanere avvinghiata a lui.
   «E, se ci scappano, faremo anche tante cosacce», ebbe il coraggio di proporre con un’espressione malandrina. Pur imbarazzata, risi e gli diedi un buffetto sulla mano con cui mi stava sistemando la sciarpa. «Non dire che non lo hai pensato anche tu», mi rinfacciò, consapevole di avere ragione.
   Schioccai la lingua sotto al palato con fare risentito e puntualizzai: «Sì, ma mica solo per il giorno di Natale.»
   Passò qualche secondo in cui Kentin mi fissò senza vedermi realmente. Poi tornò in sé e, afferrandomi per un braccio, riprese a camminare con incedere veloce, tirandomi via con sé. «Sbrighiamoci», cominciò con una certa impazienza, «può darsi che mia madre non sia ancora rientrata a casa.»
   Fui scossa dalle risate per l’ennesima volta, cercando di divincolarmi dalla sua presa e di puntare inutilmente i piedi in terra. «Non ci resto a casa da sola con te!» ribattei a voce un po’ troppo alta, tanto che qualcuno dei passanti si voltò nella nostra direzione.
   «Ormai lo hai detto!»
   «Non ho detto un bel niente!»
   Ci scherzammo su per qualche altro istante, durante il quale lui smise di trainarmi ed io smisi di oppormi. Quando però attraversammo una piccola piazza ai cui lati si affacciavano alcuni bar, Kentin rallentò di nuovo il passo e fece un cenno col capo in direzione di uno dei tavolini che si intravedevano attraverso la vetrina. «Guarda lì», mi disse, la voce raddolcita per ciò che stava vedendo.
   Cercai di seguire il suo sguardo e vidi una coppia di anziani che, seduti al caldo, avevano ordinato un caffè ed una tisana. Ridacchiavano per qualcosa che non potevamo sentire e, cosa ancora più commovente, si tenevano per mano. La complicità tra loro era quasi palpabile. Sorrisi senza neanche rendermene conto.
   «È quello che vorrei che non mancasse mai, fra noi», riprese Kentin, carezzandomi il dorso della mano con il pollice della propria.
   «Non mancherà», gli promisi. Non sono mai stata un tipo troppo sicuro di se stesso, su questo io e Kentin avremmo potuto persino gareggiare; ciò nonostante, eravamo entrambi certi che il nostro rapporto sarebbe durato nel tempo.
   «Come ci vedi, a quell’età?» mi domandò poi d’un tratto, con un sorrisetto dispettoso.
   Arrossii. Avrei dovuto dirgli sul serio che desideravo con tutta me stessa che, di lì a sessant’anni, anche io e lui ci saremmo ancora dati appuntamento in un bar del centro, per coccolarci e giocare ai fidanzatini, nonostante, magari, fossimo già sposati da tanto tempo? Quel genere di pensieri, a quell’età, non sono che chimere. Dentro di me ne ero consapevole e, sebbene la cosa mi serrasse la bocca dello stomaco ogni qual volta mi soffermavo a rifletterci su, cercavo lo stesso di aggrapparmi strenuamente alla speranza che la nostra relazione sarebbe durata nel tempo, sopravvivendo agli anni dell’adolescenza e persino a quelli della giovinezza, concretizzandosi sempre più. Fino a che non fosse divenuta quella certezza che entrambi anelavamo di avere per placare i nostri timori inconsci.
   «Sposiamoci.» Quella parola mi investì come un treno a folle velocità. Alzai di scatto il capo nella direzione di Kentin, fissandolo con occhi sbarrati. Lui corrucciò lo sguardo. «Dico sul serio», insistette nella sua follia. «La notte di Natale. Sarebbe romantico, no?»
   Non avrei dovuto farlo, eppure risi. Fu un modo per sdrammatizzare e vincere l’imbarazzo. «I miei non mi permettono di star fuori la notte», gli ricordai, portandomi una ciocca di capelli dietro all’orecchio.
   «Basterà dir loro che vai ad una megafesta piena di gente sconosciuta, alcol e tante altre robacce varie che possano tranquillizzarli circa le condizioni in cui tornerai a casa il giorno dopo.»
   «Sarebbe il modo migliore per farmi mandare in collegio.»
   «Ti seguirei anche lì.»
   «In un collegio femminile religioso?»
   «Mi travestirei da suora e fingerei di essere una delle tue insegnanti.»
   «Se ti spacciassi per una mia compagna, invece?»
   Kentin parve persino pensarci su con fare serio. «Mah, no», rispose poi, storcendo la bocca. «Rischierebbero di scoprirmi a causa delle spalle larghe. L’ampia veste da suora, invece, nasconderebbe la massa. E poi il nero snellisce.»
   «Se fossi la mia compagna di stanza, però, sarebbe molto più comodo», azzardai, rifuggendo il suo sguardo per la vergogna. Era piuttosto stupido, dal momento che avevo comunque il coraggio di dirgli certe cose.
   «Ah», balbettò lui. «A questo non avevo pensato…» Tacque per un istante, poi disse: «Contatta la tua balia e di’ a tuo padre che vuoi confessarti la notte di Natale, così corromperemo un prete e lo convinceremo a sposarci anche se siamo ancora minorenni.»
   «Tieni a bada la fantasia, Romeo», esclamai ridendo. «Non ho una balia.»
   Kentin inarcò le sopracciglia con aria divertita. «Se hai solo quest’obiezione da fare, suppongo che il resto del piano ti stia bene.»
   Lo guardai da sotto in su, trattenendo a stento un sorriso imbarazzato. «Potrebbe darsi», gli concessi, ostentando una boria che non avevo. «In ogni caso, non sarò idiota come Giulietta: se ti mettessi nei guai e fossi costretto all’esilio, ti seguirei.»
   Intenerito dalla mia dedizione, si sporse per baciarmi di nuovo il viso. «Ti prometto che non ammazzerò tuo cugino, così non saremo costretti a vivere come due fuorilegge», mi rassicurò, come se avessi davvero potuto ritenere possibile un’eventualità del genere. «Però vorrei davvero vederti la notte di Natale», aggiunse poi, lasciando perdere gli scherzi. «Per farci comunque una promessa, se a te sta bene.»
   «Che promessa?» domandai istintivamente, stupita da quella sua proposta difficile da mettere in atto.
   Kentin prese un respiro più o meno profondo. Infine, guardandomi negli occhi, rispose: «Te l’ho detto… Di passare il resto della vita insieme.»
   Fu più forte di me. Gli occhi mi si inumidirono di lacrime a causa del non indifferente tuffo al cuore provato e, sorridendo di nuovo con tenerezza, lui mi prese il viso fra le mani e posò ancora una volta le labbra sulle mie, interpretando a ragione quel mio silenzio come un consenso dato con l’anima prima ancora che con le parole.












Spero di non avervi fatto venire il diabete. :'D
Uhm... credo che questa sia la mia prima shot realmente romantica che posto in questa sezione. Ho sempre il terrore di scrivere roba troppo melensa, banale e noiosa, quando mi cimento in questo genere. Ma va beh, ogni tanto un po' di zucchero ci vuole.
La cosa più divertente è che ho ambientato questa storia poco prima di Natale, anche se fra tre settimane sarà estate. Amo essere coerente con il mondo che mi circonda. ♥
Bon, credo di non avere altro da dire, se non che spero di non aver mandato OOC Kentin. Mi rendo conto che qui risulta più audace del solito, ma lui e la Dolcetta stanno insieme da un po', e siccome di base Kentin è forse il più sfacciato dei ragazzi del gioco (insieme a Castiel, lol), ritengo che sia plausibile che dica/faccia determinate cose quando ha ormai la sicurezza di poter contare sull'affetto e sulla complicità (a tutto tondo) della ragazza che ama. Se non dovesse risultare credibile, bacchettatemi pure! Anche per tutti gli altri, eventuali errori che potreste trovare durante la lettura.
Buona domenica e grazie a tutti!
Shainareth
P.S. Chiedo scusa per il ritardo con cui spesso rispondo alle recensioni, rimedierò oggi stesso!





  
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