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Autore: Maya98    31/05/2015    2 recensioni
Il tuo specchio riflette un volto; di chi, ancora non lo sai.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sherlock's notebook'
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Il tuo specchio riflette un volto; di chi, ancora non lo sai.
Di anni passati davanti allo specchio ne hai trascorsi, e molti. Non senza un velo di soggettività, anche se odi pensarlo, guardarti in una superficie riflessa è sempre stato più importante di quanto ti piacesse ammettere. E non per la vanità che tutti ti attribuiscono – sei vanitoso, ma non riguardo a ciò che concerne il tuo corpo (cosa importa del tuo aspetto fisico quando hai una mente infinitamente più interessante?) – ma perché la presentazione è importante – vitale – per il tuo lavoro. È un mezzo di comunicazione irrinunciabile e grande vantaggio per chi, come te, si diletta ad indulgere nell’arte del travestimento in piena luce. Così poco per cambiare anche di una virgola il senso del messaggio da trasmettere. Così poco per essere invisibile.
Ma ora è molto tempo che non guardi questo viso. I capelli appena tagliati, la barba rasata e i nuovi vestiti – una bella illusione per farti sembrare ancora l’uomo che eri. Sei già diverso da colui che vestivi due giorni fa – sì, le identità le infili e le sfili come vestaglie, liberandoti di esse con una semplice scrollata di spalle – ma nessun trucco potrà farti credere di essere tornato ad esseri chi sei sempre stato.
Ci sono così tanti segni che non appartengono a quell’antico volto. Le guance scavate, le occhiaie, sono cose già viste. Uno sprazzo di luce e ti vedi già riflesso, in quello specchio, quasi dieci anni più giovane. Le labbra screpolate, gli occhi rossi e costellazioni di fori sul tuo braccio. Cicatrici che ora non sono altro che i segni più chiari, invisibili. Ti sei guardato allo specchio appena ripresoti dalla tua seconda overdose, hai visto le dita tremare, la pelle sottile e accartocciata come carta velina. Non era la prima volta (ti eri già disintossicato da solo, per provare a tuo fratello che potevi). Ma soprattutto, hai visto il fallimento nascosto dietro ai tuoi occhi; un ricatto sussurrato dalla voce più dolce, nel più crudele dei modi: o i casi o la cocaina. Ed è stata la prima volta in cui hai ammesso, almeno a te stesso, di avere bisogno di aiuto.
Ma se quei segni sono come fotografie impolverate estratte da un vecchio album di ricordi, nuove esperienze hanno fatto la loro comparsa sul tuo volto scarno. Le rughe, le nuove cicatrici. Ti volti di schiena, passi le dita sulla spalla, scendendo cautamente lungo la scapola, percorrendo il bordo di una di esse con le dita. Le ferite più lievi si stanno cicatrizzando da sole, alcune hanno necessitato un intervento medico  (sempre che non si siano infettate prima). Poco più sotto, lungo il fianco, un livido violaceo macchia la pelle bianca come inchiostro su tela. Ma i segni più evidenti non sono gli unici ad affollare ogni centimetro della tua pelle. Ogni scheggia, ogni ago, ogni più piccolo taglio si unisce alle innumerevoli crepe che infrangono il tessuto. Fisicamente vulnerabile. Un facile bersaglio.
Molto tempo prima non saresti riuscito ad indovinare cosa saresti diventato. Quando i tuoi capelli ricadevano in ciuffi lunghi e scomposti davanti ai tuoi occhi, quando per arrivare a vederti eri costretto ad alzarti in punta di piedi, il viso era limpido e radioso, e gli unici ornamenti erano tagli e sbucciature che ti procuravi nell’immenso giardino di casa. Il tuo naso era più schiacciato, le sopracciglia più rade e il viso non ancora così asciutto, ammorbidito dalle rotondità che l’infanzia aveva portato via con sé, lasciando angoli e spigoli aguzzi con i quali difenderti.
Neanche qualche anno più tardi avresti indovinato come ti saresti trasformato. La tua adolescenza è stata clemente da quel punto di vista, rispetto ai tuoi compagni: le tue fattezze si sono definite in fretta, i tuoi lineamenti determinati immediatamente, risparmiandoti dolorose fasi di incrocio dove non si è né adulti né bambini. Le ferite più frequenti del periodo erano ferite di guerra: bruciature che ti procuravi durante gli esperimenti di chimica, più o meno previste, mediocri fratture ottenute durante selvaggi allenamenti di scherma e baritsu, botte e lividi disseminati lungo il corpo, a volte con l’aggiunta di qualche occhio nero, causate dai compagni che amavano rispondere con i pugni alle arguzie della tua mente.
Quel volto non è il volto di Sherlock Holmes. E nemmeno tu sei più Sherlock Holmes.
Sherlock Holmes era colui che viveva tra le carte confuse e l’atmosfera fumosa del 221b di Baker Street e gli uffici bui e l’odore di chiuso delle nottate a Scotland Yard trascorse su fascicoli infiniti, che giostrava il suo tempo tra attrezzatura chimica al Barts e le strazianti maratone di esecuzione al violino quando aveva bisogno di pensare, che danzava tra i fili rossi dei suoi casi, con un lavoro che amava, nella città che viveva, al fianco dell’unico uomo che a tutto tondo apprezzava. Questo agente free-lance con una dipendenza da nicotina, cicatrici di prigionia e tortura sulla schiena, gli occhi che si spostano freneticamente dalla porta alla finestra ad intervalli regolari per controllare eventuali vie d’uscita non è Sherlock Holmes. È un fantasma che vive di incubi e paranoie, di attimi di lucidità tra una nebbia di sopportazione. È un fantasma, un’impronta di un uomo che è stato seppellito due anni orsono e che no, non è mai tornato indietro.
Certo, a dire la verità non ti saresti mai potuto immaginare in questo modo perché non avresti mai pensato di raggiungere la veneranda età di trentanove anni.
Avevi semplicemente supposto che saresti morto prima. E ci sei andato vicino, più e più volte, senza mai del tutto riuscirci. Qualcosa di sfuggente, la morte, come ogni attimo che passa su questo viso estraneo e sconosciuto, al quale dovrai fare presto l’abitudine.
Ed è in questo momento che subentra una nuova idea, completamente imprevista, mai contemplata. È un pensiero quasi affascinante da accarezzare, quello che quel viso non solo è arrivato a quest’oggi, ma sopravviverà anche a domani. E al giorno dopo ancora. E quello dopo ancora, chissà? Questo viso non sarà pietra scolpita da fuoco e vento e dal trascorrere dei secoli, immortalato tra le pagine in cui il tuo blogger ti ha reso indistruttibile. Sarà un viso che procederà nel suo lento degrado, che potrà rinascere o sfiorire del tutto. I capelli potranno diventare radi, e farsi grigi, i tuoi riccioli potrebbero perdere consistenza. Le rughe ora accentuate dalle privazione di sonno, dalla denutrizione e dalla disidratazione potranno incunearsi più a fondo nella pelle, scavando in profondità con l’avanzare dell’età, facendosi indelebili. I tuoi occhi potranno farsi più deboli e ciechi, sbiaditi ma pur sempre presenti; le mani potranno tornare a tremare, ma non per l’astinenza dai soliti eccitanti. I muscoli perderanno il loro tono, la carne si sfibrerà e si sfalderà; ti sarà portato via il respiro, la voce, i riflessi. Ti sarà portato via tutto ciò che ora ti rende te stesso.
Ma c’è una cosa che rimarrà, o che farai in modo che rimanga. Non puoi permettere che la nebbia la avvolga, che venga in alcun modo compromessa; lo impedirai prima, piuttosto.
La tua mente potrà rallentare, prendersi un respiro in più, ma non cesserà il suo ritmo costante e sconvolgente. Non fino all’ultimo. La sosterrai, la allenerai, farai in modo che resti salda e presente. La tua ancora al mondo, il tuo scudo contro di esso; la barriera, l’unica, che delimita i contorni tra tutto il resto e te stesso.
Senza la sua più grande risorsa, senza la sua più grande maledizione, la sua più cara compagna, Sherlock Holmes non è niente. Ma allo stesso tempo, finché essa rientrerà tra le tue facoltà, sarà in tuo possesso, sotto il tuo controllo ed impiegata nel modo migliore, non potrai essere altro che Sherlock Holmes.
E se l’immagine in quello specchio non cesserà mai di cambiare la sua forma, fino al giorno ultimo, questo non significa che lascerai indietro parti di te per acquisirne di nuove, benché meno la tua identità.
Per quanto il riflesso rifletterà un nuovo estraneo ogni giorno che passa, niente potrà impedire che quell’estraneo sia tu, disconosciuto fuori, mai andatosene dentro.
Passi due dita pallide sullo specchio freddo, leggere come ali di farfalla. Ti meravigli di come un sorriso compaia, sulle tue labbra – un sorriso antico, che sa tutto e sa niente, familiare ma al tempo stesso completamente rivoluzionato.
Ti riconosci.
Per una volta, Sherlock Holmes ha voglia di vivere.
Per una volta, ha voglia di essere sé stesso.

















Note:
*Alza le mani sopra la testa*: POSSO SPIEGARE TUTTO.
Manco dal fandom da...un mese? Ma posso giustificarmi. Mi si è rotto il computer.
Fino a che non lo riparano (cioè tra una settimanina? Speriamo) non posso aggiornare nessuna delle cose che avevo promesso di aggiornare. Ho tutto il materiale lì sopra, quindi...argh
Ora vi scrivo questa sciocchezza da un computer non mio di cui sono a disposizione oggi. Un salutino per farvi sapere che sono viva.
Spero di tornare presto con tutti gli arretrati! Stay still, stay strong


PS: Per la cronaca, ho aperto un account su AO3 dove traduco le mie fic in inglese. Se volete fare un giro :) https://archiveofourown.org/users/Maya98
  
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