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Autore: imperfectjosie    31/05/2015    2 recensioni
«Cosa hai trovato, Lex?» lo stuzzicò, spostando la schiena per guardarlo meglio.
«La coda del coniglio!»
Quasi come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Bassam scosse la testa, tornando a ridere sul cotone bianco del cuscino.

| Jalex | - È un regalo per Rhoda!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: All Time Low
Rating: Verde
Pairing: Jalex, ovviamente.
Special thoughts: Un piccolo regalino a Rhoda, per la sua recensione.
Note: Jack ha tanti nei e li detesta. Alex, invece, non riesce a vedere altro di più bello.
Josie's corner:
  
Ciao mamma, guarda come mi diverto! Eh ehhh, oh oh ohhh!
No, basta così.
Io non so più perché scrivo ancora 'ste boiate da diabete cronico, ho una nausea assurda, un mal di testa provinciale e sto sbattendo. No, non sono incinta, giuro! Boh, non so che dire, spero di non ansiarvi con queste OS improvvisate e di tenervi compagnia nelle notti insonni.
Perché tra hustlers ci si aiuta.
Josie.


Moles - perfectly imperfect
 
 

Ad Alex piacevano i temporali.
Gli piaceva, nello specifico, la schiena del suo migliore amico illuminata dal fascio di luce che un lampo indiscreto donava, oltre le sottili tende verdastre della camera d'albergo. Bianco latte, quasi etereo.
Si perdeva con le mani su quella superficie alta e asciutta. Poi lo percepiva ridere, sotto al tocco di quelle dita curiose, in pausa dal lavoro di dover accarezzare le corde della chitarra.
«Che fai, Lex?» domandò.
La faccia premuta sul cuscino e un tono infantile che piegò le labbra del maggiore nel sorriso conosciuto al mondo intero, ma sinceramente amato solo da una singola persona.
Alex allargò le gambe, facendo leva per poi sistemarsi su di lui. Lo osservava come qualcosa di meraviglioso, desiderato e incredibile. Come aveva osservato la sua prima acustica, molti anni prima.
«Unisco i puntini» rispose sinceramente, continuando il suo meticoloso lavoro d'esplorazione.
Jack aveva un sacco di nei. Molti dei quali abbastanza piccoli, ma marcati. Li odiava.
Per Alex, invece, non c'era passatempo più bello.
Si divertiva, dopo l'amore, a cercare un punto di connessione tra quelle piccole imperfezioni che rendevano il suo chitarrista speciale e unico. La settimana scorsa, aveva trovato un coniglietto. Appena abbozzato, eppure la fantasia del castano sapeva guardare oltre.
Su quella tela di pelle ci si perdeva per ore.
Bassam non aveva nulla in contrario, storcendo un po' il naso al pensiero che Alex potesse scrutarlo nei suoi difetti più intimi, gemeva di sollievo quando i polpastrelli tracciavano linee immaginarie su gran parte della schiena, scendendo lenti verso il basso, dove si nascondeva un piccolo neo sbiadito, proprio sotto all'elastico dei boxer.
Alex sgranò gli occhi, girandoci intorno con l'indice.
«L'ho trovato!» esclamò, facendo voltare Jack di poco e sollevando poi lo sguardo.
Sorrideva con ancora una parte del labbro schiacciata sul cuscino. Doveva pensare a quanto fosse pazzo, ma le mani di Alex non si staccavano da lì. Ricambiò quel sorriso, mettendoci una buona dose di malizia che non sfuggì agli occhi scuri del minore.
Jack decise di stare al gioco.
«Cosa hai trovato, Lex?» lo stuzzicò, spostando la schiena per guardarlo meglio.
«La coda del coniglio!»
Quasi come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Bassam scosse la testa, tornando a ridere sul cotone bianco del cuscino.
«Tu sei tutto matto!» sentenziò convinto, sperando silenziosamente che Alex non smettesse di toccarlo.
«Ti dico che è qui! Finalmente dopo una settimana sono riuscito a scovarla! Non sei felice, Jackie?» continuò imperterrito, con voce impastata dall'emozione che poteva avere un bimbo nello scartare il camion dei pompieri alla Vigilia di Natale.
Così dolce e carezzevole, quasi preoccupata di ricevere una risposta negativa. Aspettando una reazione che non stava arrivando, si sporse in avanti posando il mento su quella schiena, impaziente. Un grande sorriso aperto ad illuminargli il viso.
Jack sbuffò divertito, annuendo piano.
«Se tu sei felice, Lex, allora lo sono anch'io» soffiò leggero, continuando a fissare il muro.
Non lo guardava negli occhi, non ci riusciva mai mentre provava ad essere sdolcinato. Si vergognava, forse. Alex, d'altro canto, dopo tutti i testi che aveva scritto, considerava quella virtù come una grossa fetta del suo essere. E Jack lo prendeva in giro per questo, godendosi ugualmente tutte le attenzioni.
«Io sono molto felice qui»
Sembrava quasi come se parlasse con se stesso, perciò Jack, sapendo quanto Alex a volte si isolasse dal resto del mondo, non disse nulla.
Almeno finché l'ultima linea immaginaria non gli provocò dei brividi al cuore, facendolo deglutire.
«Lex?»
«Scusami, adesso la smetto, è che sei bellissimo» rispose immediatamente sulla difensiva.
Il lamento del bimbo che non voleva smettere di giocare. Jack sghignazzò, ricordandosi quanto Alex potesse essere paranoico a volte. Gongolò silenzioso per il complimento, ma ai suoi occhi, lui lo era di più. Molto di più.
Alex era la perfetta combinazione di dolcezza e passione.
«Non intendevo questo, non voglio che smetti»
A quel tono dolce, così poco Barakat, Alex si fermò, ricordandosi del perché lo amasse tanto. E sorrise piano, sistemandosi il ciuffo corto sulla fronte.
«Cosa c'è, Jack? Sei teso» commentò, notando con preoccupazione i muscoli della schiena irrigidirsi.
«Niente, una sciocchezza, solo-»
«Nulla di quello che ti riguarda è una sciocchezza. Voglio saperla» lo bloccò subito, stendendosi con tutto il corpo su di lui e allungando il collo, per riuscire a sistemarsi sulla sua spalla destra.
Alex conosceva a memoria quel profilo. Era il bello di amare Jack Barakat. Ogni imperfezione, diventava fonte di ispirazione.
Per questo aveva scritto The edge of tonight. Lo teneva vivo, aprendo la porta ad ogni errore fatto. Il più grande di tutti si chiamava Lisa. Ma non aveva importanza, Jack era riuscito a mantenere uno sguardo distaccato solo per pochi secondi su quell'uscio, ascoltando il silenzio delle lacrime di Alex, prima d'andare a stringerlo forte.
Le valigie cadute sull'asfalto del vialetto, le mani sulla schiena del più piccolo e lì, Alex si era innamorato di quella tela. Ci disegnava ogni notte, senza mai stancarsi.
«Mi domandavo perché non c'era Therapy nella scaletta. Come mai non l'hai cantata, Lex?» snocciolò infine. Aveva il tono preoccupato di qualcuno che sapeva.
Perché Jack sapeva perfettamente quanto l'umore di Alex influisse sulle canzoni che finivano nei live. Se non l'aveva fatta, un motivo c'era. Non poteva essere casuale, né tanto meno una dimenticanza.
Era lui l'impulsivo dei due.
Rimase ad ascoltare l'eco della sua domanda per un po', prima di percepire una risata cristallina riempire la stanza. Si imbronciò, stringendo il cuscino con entrambe le braccia e sollevandolo da sotto.
«Ti diverte così tanto?» bofonchiò, frenando i battiti del suo cuore che quando lo ascoltavano ridere, impazzivano.
Davvero era così stupido? Eppure sembrava una domanda come un'altra. La risposta arrivò quando la risata di Alex si spense, dritta in un orecchio.
«Io non ho bisogno di una terapia, Jackie. Adesso ho te. Perciò quella canzone non mi serve più» sussurrò piano.
Conosceva Jack. E non dovette aspettare molto prima di sentirsi sbalzato indietro dal corpo del compagno, che si voltava e lo intrappolava sul petto.
«Ma io stavo unendo i nei» protestò in un pietoso tentativo di voce infantile, provando a liberarsi dal braccio che non ne voleva sapere di spostarsi.
«Sono disgustosi» commentò Jack, storcendo il naso all'immagine della sua schiena riflessa sullo specchio del bagno.
Non riusciva a spiegarsi come Alex potesse avere quell'ossessione. Il castano si accorse di quella muta domanda e rise in silenzio, decidendo che un domani glielo avrebbe confessato.
Era un sognatore, Alex. Lo era sempre stato. Amava quei nei perché donavano a Jack il potere di aiutarlo a viaggiare con la fantasia. Li usava per le canzoni. Usava Jack, per le canzoni.
E lo usava perché, in tutta la sua vita, non aveva mai trovato nulla di più perfettamente imperfetto con cui ispirarsi.
«Sono tuoi»
Ma disse solo questo. E Jack inarcò un sopracciglio, prima di tornare a sorridere, dimenticandosi di tutti i suoi difetti.



FIN

  
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