Capitolo LXXXVII
Asmodeus non sapeva cosa pensare, da quel che gli era noto, solo pochissimi si
erano seduti alla tavola di Rowamorlusa e l’ospitalità della notte, sommata a
quell’onore lo inquietava.
Non devo agitarmi, se avesse voluto farmi la pelle non mi avrebbe offerto
ospitalità, avrebbe schioccato le dita e saremmo morti tutti.
Quando
s'incontrarono nel corridoio, Asmodeus non degnò di considerazione i due
Demoni-Drago, si limitò a seguire in silenzio il servitore che aveva bussato
alla sua porta. Il demone sentiva lo sguardo cremisi di Vorel trafiggergli la
schiena, ma non si voltò nemmeno una volta, non aveva nessuna intenzione di
vederlo: tratteneva a stento la collera, se si fosse voltato, lo avrebbe
assalito. L’ultima cosa che desiderava era abusare dell’ospitalità del Lord.
Quando entrarono nella sala dei banchetti, Rowamorlusa li stava già aspettando,
comodamente seduto sul suo scranno a capotavola.
«Vi siete ristorati?»
«Sì, Milord. La ringrazio per l'ospitalità: è un grande onore essere qui.»
Rowamorlusa sorrise, increspando leggermente le labbra senza mostrare le zanne.
«Non avrei potuto fare altrimenti, dato che avete eliminato tre Lord in così
breve tempo.» Il sangue nelle vene di Asmodeus sembrò gelarsi: eliminarli
schioccando le dita sarebbe stato troppo semplice. La morte, in effetti, non era
il peggio che potesse capitare loro in quel palazzo.
«Milord, io...»
Rowamorlusa alzò una mano per farlo tacere.
«Non devi scusarti, Asmodeus. Era da molto tempo che non mi divertivo in questo
modo: il periodo appena trascorso è stato senza dubbio il più interessante da
millenni. Se vogliamo essere precisi dalla tua partenza dall'Abisso.» Il demone
sbiancò leggermente al suono di quelle ultime parole, mai avrebbe pensato che il
Lord osservasse così attentamente i suoi movimenti. «Non fare quell'espressione
sorpresa, io osservo ogni cosa, nulla sfugge al mio attento sguardo. E tu sei
quello che mi sorprende più spesso, è per questo motivo che non ti perdo mai di
vista. Gli altri sono monotoni e privi d’immaginazione. Quante volte sei caduto
Asmodeus? E quante volte sei tornato in piedi più forte di prima?» Rowamorlusa
sorrise alla vista della sua espressione sconvolta. «Perché Ysyannos ti voleva?
Perché Astaroth non voleva starti lontano? Rifletti, Asmodeus.» indicò le sedie
invitandoli a prendere posto. «Ma adesso accomodatevi, non restate in piedi: e
non vi preoccupate, non dovrete combattere alla fine del pasto com'è successo a
Dulspec'ht.»
Tutti e tre presero posto a tavola, Pandemon e Vorel girarono attorno a essa per
sedersi sul lato opposto. Lo Spettrale notò che era apparecchiato per quatto, ma
non ci prestò molta attenzione: immaginò che Shadrartas li avrebbe raggiunti a
breve.
Asmodeus non sollevò lo sguardo dalla tavola, si concentrò solo sul cibo che
aveva nel piatto e sulle parole pronunciate dal Lord poco prima; sentiva le
rapide occhiate di Vorel su di lui, ma le ignorò, assorto nelle sue riflessioni.
Avevano iniziato a mangiare da qualche tempo, quando una porta laterale si aprì
e fece il suo ingresso Shadrartas. Alle sue spalle c'era un'altra figura, ma
nessuno di loro le prestò attenzione.
Il nuovo arrivato si avvicinò ad Asmodeus, affondando le mani nei suoi capelli e
afferrando la piccola aletta, stropicciandola delicatamente. Il demone si voltò
di scatto, liberandosi dal quel contatto sgradito in preda alla collera. La sua
furia si dissolse in un istante, non appena mise a fuoco l'occhio rosso che lo
fissava, sorpreso.
«Da quando i tuoi occhi diventano blu, demone?»
«Vergull?» Vorel alzò di scatto lo sguardo, riconoscendo la voce del fratello:
lo vide davanti al demone. Salì in piedi sulla tavola, per scavalcarla
saltandogli addosso. Vergull lo afferrò al volo, e venne stritolato dal suo
abbraccio.
«Come mai tutto questo affetto, fratellino? Che cosa ti succede?»
«Mi dispiace.» Vergull lo osservava perplesso.
«Di cosa?»
«Di averti ammazzato.»
Asmodeus osservava la scena in silenzio, poi si voltò verso Rowamorlusa che li
studiava.
«Milord, come...»
«Prendetelo come un mio regalo per avermi fatto divertire. Dopotutto il
Demone-Drago ha ucciso sia Astaroth che Shyadronos, un'impresa notevole. Anche
se Astaroth non era più lui da molto tempo, restava comunque un Lord. È un
guerriero abile e voglio vederlo ancora in azione.»
«Milord, posso osare farvi una domanda?»
Rowamorlusa annuì e Asmodeus inspirò profondamente prima di proseguire.
«Posso chiederle come mai siete
intervenuto nello scontro?» il Lord sorrise, quella era una delle domande
che si aspettava.
«Voi non sareste riusciti a fermare il Sire impazzito e io non volevo che
vagasse per l'Abisso seminando distruzione. Ho preferito intervenire prima che
fosse troppo tardi. Ovviamente vi ho lasciato provare, ma erano morti già
abbastanza Lord, quindi mi sono messo in mezzo.» Vergull osservava perplesso il
Lord a capotavola, dopo essersi liberato dall’abbraccio del fratello. Asmodeus
lo colpì sulla nuca con violenza facendolo barcollare.
«Che cazzo fai idiota?!» il Demone-Drago gli ringhiò contro, furioso.
«Inginocchiati e ringrazia, dannato
imbecille!» lo colpì alle ginocchia, facendolo cadere, poi gli mise una
mano sulla testa e lo costrinse ad appoggiare la fronte al pavimento,
inginocchiandosi accanto a lui. Vergull ringhiò, ma non si oppose, aveva intuito
che si trovava dinanzi a un Lord particolare. La sua voce fu poco più di un
sussurro quando chiese spiegazioni.
«Chi è questo?» Asmodeus gli premette con maggior violenza la fronte sul
pavimento.
«Lui è Rowamorlusa, il Lord per eccellenza. Bada a come parli testa
fiammeggiante.»
il Demone-Drago non capì molto, ma si adattò: l'atmosfera in quella sala era
tesa, ma non come se dovesse scoppiare una battaglia da un momento all'altro,
era più come se la presenza di quell'essere li schiacciasse.
«La ringrazio.»
«La ringrazio, Milord. Un po' di educazione.»
Vergull stava per ringhiare ancora una volta, ma si trattenne.
«La ringrazio, Milord.» Rowamorlusa osservava la scena divertito, mostrando i
suoi luminosi denti affilati e scoppiò a ridere. La sua risata li accarezzò come
se fosse un qualcosa di vivo, facendoli rabbrividire tutti. Anche Shadrartas
sorrise, ma non per quello che stavano facendo i loro ospiti, quanto per il
divertimento del suo Signore: era raro, molto raro vederlo così.
«Mangiate adesso e non preoccupatevi, parleremo dopo con calma. Avete tutta la
mia attenzione e potrete chiedere ciò che volete.»
Asmodeus rimase a bocca aperta, incredulo. Si alzò come stordito da una simile
notizia: Rowamorlusa che si offriva di rispondere alle loro domande era uno
degli eventi più rari che si potessero verificare nell'Abisso.
Vergull si avventò sul cibo, ignorando le occhiatacce che Asmodeus gli lanciava
e i sospiri rassegnati che uscivano dalle sue labbra.
Per il resto del pasto Rowamorlusa non parlò più, e nessuno osò proferire
parola. Alla fine il Lord si alzò e chiese loro di seguirli in un'alta parte del
palazzo.
Entrarono in una grande stanza, con enormi vetrate ad arco, da cui si poteva
vedere il labirinto che conduceva all'ingresso della fortezza: tutto era avvolto
dalla nebbia.
Pandemon lo osservava incuriosito: c'era qualcosa che si muoveva nella foschia
del labirinto. Cercò di non prestarvi troppa attenzione: per come si stavano
mettendo le cose, probabilmente non sarebbero stati costretti ad attraversarlo.
Lo sperava.
Rowamorlusa si accomodò su una grande poltrona nera rifinita in oro, mentre
l'Ombra appoggiava su un tavolino ‒ che sembrava intagliato in un unico blocco
di cristallo ‒, un vassoio con alcuni calici e delle bottiglie contenenti vari
tipi liquori. Asmodeus fu il primo a sedersi su un divano alla destra del Lord,
e Shadrartas gli pose un calice in cui aveva versato un liquido perlaceo; il
demone lo annusò poi sgranò leggermente gli occhi, sorpreso per la rarità del
liquore che gli veniva offerto e ringraziò il suo ospite con un cenno del capo.
Vergull gli si sedette accanto, anche lui ricevette lo stesso calice. Stava per
rifiutarlo, ma Asmodeus gli rifilò una gomitata nel fianco costringendolo ad
accettare.
Vorel si sedette un po' più lontano dal fratello, mentre lo Spettrale rimaneva
in piedi, in prossimità delle finestre: anche a loro venne offerto il liquore e
rimasero tutti in silenzio per lunghi e interminabili minuti. Fu Vergull il
primo a spezzare il silenzio.
«Quindi io sono morto?» Vorel rabbrividì, ma cercò di apparire il più calmo
possibile. «È strano, non ricordo nulla...»
«Meglio, no?» Pandemon sorrise, non si sarebbe mai aspettato un simile dono.
Vorel non avrebbe convissuto con il senso di colpa, o meglio non sarebbe stato
così intenso come se non fosse più tornato, anche se il ricordo di quello che
aveva fatto lo avrebbe tormentato a lungo. Asmodeus appoggio il calice vuoto
sopra il tavolino, si alzò e afferrò il Demone-Drago al suo fianco per la
maglia, portandolo a pochi centimetri dal suo volto.
«Fammi un'altra volta uno scherzo simile, testa fiammeggiante, e giuro che ti
ammazzo con le mie mani!»
Ma se muore, come fai ad ammazzarlo una seconda volta?
«Sono dettagli di poca importanza.»
Vergull lo guardò perplesso, non aveva sentito nessuno fargli una qualche
precisazione.
«Stai bene, demone?»
«Sta parlando con la spada.» Tutti si voltarono verso Rowamorlusa, che si era
seduto di traverso sulla sua poltrona e li guardava divertito.
«Cosa?»
«La sua spada ha preso vita durante lo scontro con Ysyannos. I miei complimenti
Asmodeus, sono pochissimi coloro che possono far schiudere un uovo di
Urtycarcodd.» Il demone abbandonò la presa sul compagno, slacciò la cintura su
cui era assicurato il fodero e osservando la gemma blu.
«Un uovo?»
«La gemma che incastona l'elsa, quella che hai ricevuto per la tua nomina. È un
uovo; creature di pura energia che nascono raramente, ma anche se non si
schiudono il loro potere è comunque enorme. Tu sei un collezionista di armi
giusto?» Il demone si limitò ad annuire mentre continuava a fissare la gemma,
scorgendovi all'interno una figura che si muoveva. «Credo che quella spada ora
sia la più potente di tutta la tua collezione. Ma le armi senzienti sono
difficili da gestire, dovete andare d'accordo e tu devi trattarla con rispetto,
ricordati che ha una volontà propria… potrebbe ribellarsi.»
«Capito demone, devi imparare a essere gentile.» Vergull sghignazzava seduto sul
divano e gli arrivò un pugno in testa per farlo tacere. Imprecando, il rosso si
massaggiò guardando male Asmodeus.
«Anche la gemma di Astaroth era così?»
«Sì, ma la creatura è morta senza mai nascere. L'energia corrosiva del mezzo
diavolo l'ha annientata: dopotutto era Ysyannos a controllare il corpo di tuo
fratello. Comunque non tutti i Lord la possiedono. Come ricorderai, Asmodeus,
sei stato tu a scegliere la gemma: è stata una tua scelta. E non tutti i Lord
che lo possiedono l'hanno fatto schiudere, tu dovresti essere il terzo se non
sbaglio.» Asmodeus guardò con meraviglia maggiore il dono che gli era stato
fatto così tanto tempo prima.
«Perché proprio ora?»
«Perché ti sei liberato dall'influenza di Ysyannos, e perché hai superato i tuoi
limiti: te l'ho detto Asmodeus, tu risorgi sempre, questo è il tuo più grande
potere. Non importa quanto in basso cadrai, tornerai sempre in piedi.» Il Lord
tese il calice verso Shadrartas, che glielo riempì nuovamente. «Ti conviene
darle un nome, un nome nuovo, quello della vecchia spada non va più bene.»
«Un nome ... »
Sarebbe una bella idea.
Tu non ne hai già uno?
No. Come posso avere un nome se sono appena nata?
Anche questo è vero… Vediamo cosa potrebbe venirmi in mente.
Asmodeus rimase in silenzio a riflettere, ritornando a sedersi sul divano.
Mi piace!
Il demone aggrottò le sopracciglia.
Cosa?
Iyvartfyn.
Asmodeus non si era nemmeno accorto di star pensando quel nome, ma forse la
spada andava più in profondità del suo subconscio di quanto avesse immaginato.
D'accordo.
«Se siete giunti a un accordo, direi che possiamo passare oltre.» Il demone alzò
lo sguardo sorpreso, poi tornò a rivolgere la sua attenzione alla spada, non
voleva rischiare di incrociare gli occhi del Lord. «Immagino che avrete altre
domande da pormi, vi conviene approfittarne, non so se avrete altre occasioni
una volta che sarete usciti dalla mia dimora.» Vorel inspirò profondamente prima
di farsi avanti.
«Io, se posso, vorrei sapere che cosa ne sarà del Sauriv Ixen e dell’Osva
Arsáis?» Rowamorlusa sorrise, altra domanda prevedibile, a cui ne sarebbero
susseguite altre.
«Quando partirete loro verranno con voi, non è mia abitudine appropriarmi dei
tesori che un Dio dona al proprio popolo. Vidhrkélladràs non sarebbe contento e
preferirei non inimicarmelo. Teneteli stretti questa volta, siete stati
fortunati che Ysyannos non sia riuscito a usarli.»
«Posso chiedervi in cosa consiste il loro potere? Il nostro popolo lo ignora.»
questa era la domanda successiva che il Lord si era aspettato.
«Puoi chiederlo, ma non è detto che otterrai una risposta. Certe cose non
possono essere svelate da altri.»
«Voi sapete?»
«Sono poche le cose che non conosco e che mi sono nascoste.» rispose,
sorseggiando dal suo calice e Vorel capì che era meglio non insistere.
«Io vorrei sapere di...» Pandemon guardò l'Ombra accanto al Lord.
«Shadrartas? Non c'è molto da dire su di lui, se ho bisogno lo chiamo e lui
esegue. Sei stato abile a colpirlo, non è da tutti una simile impresa. Credo che
quella ferita gli stia bruciando ancora, in senso fisico.» Shadrartas sorrise e
fece un lieve cenno di assenso con il capo, prima di parlare.
«Le lame di Láurfor sono pericolose e il loro filo è estremamente doloroso,
specialmente se incantato in determinati modi.» Pandemon lo guardo accigliato
poi si girò verso il demone.
«Come le hai ottenute? Perché Ysyannos era così sconvolto?»
«Perché sono armi che appartengono al suo popolo e a lui non ne è mai stato
concesso l'utilizzo, dato che era un impuro. Per rispondere alla tua prima
domanda, le ho prese nell'unico modo possibile: ho ucciso il diavolo cui
appartenevano.»
Rowamorlusa tese la mano verso lo Spettrale.
«Posso vederle?» Pandemon rabbrividì, ma si affrettò ad avvicinarsi al Lord,
sfoderando le lame, che erano state pulite in precedenza, porgendogliele
dall'elsa. Rowamorlusa se le rigirò tra le mani, ammirandone il filo e l'elsa
finemente lavorata; gliele riconsegnò quasi subito.
«Queste armi appartenevano al clan dei Darphyrer, se l'Arcidiavolo scoprisse che
fine hanno fatto due spade del suo clan si incazzerebbe in modo spaventoso. Hai
altre armi infernali Asmodeus?»
«Sì, una spada a due lame e una serie di pugnali.»
«Impressionante. Ti faccio i miei più sentiti complimenti, credo che tu sia
l'unico che può vantarsi di avere simili tesori.» Asmodeus sembrò gonfiarsi
d’orgoglio, poi sembrò ripiegarsi su se stesso.
«Le ho conservate senza esitazione solo perché sono molto lontano da Ac'Hadurta,
se abitassi in prossimità di quelle zone, me ne sarei liberato già da molti
secoli. Forse non le avrei nemmeno prese.»
«Molto saggio da parte tua.» Vergull ascoltava in silenzio, ma provò comunque a
intervenire, c'erano molte cose che non sapeva e voleva provare a comprenderne
qualcuna.
«Non capisco, sono così terribili i diavoli? Non ne avevo mai sentito parlare.»
«Il vostro popolo vive isolato e lo stesso vale per i diavoli.»
intervenne Rowamorlusa «Gli inferi, Ac'Hadurta, sono lontani e non si
vedono in altre zone dell'Abisso. Se incroci un diavolo nell'Abisso, significa
che è stato bandito: come Ysyannos. Strana storia quella del mezzo diavolo.» il
Lord sospirò e rimase in silenzio, i presenti speravano che proseguisse, ma lui
non ne era intenzionato.
«Milord, che ne è di Arsoirar?»
«Le creature sono state disperse, quando il potere di Ysyannos è svanito. Sono
scappate in preda al terrore. Era la sua volontà che li faceva combattere uniti:
senza di lui sono solo un ammasso di bestie folli, a causa del dolore costante
della loro esistenza.»
«Quindi anche Arsoirar è stata liberata.»
rimasero in silenzio per qualche tempo, poi Rowamorlusa si alzò dalla sua
poltrona e si congedò, dicendo che si sarebbe allontanato per qualche tempo e li
lasciò in compagnia di Shadrartas. Asmodeus fu quello che spezzò per primo il
silenzio, e si rivolse a Vergull riprendendo ad accarezzargli i capelli.
«Bene testa fiammeggiante, Cosa vuoi fare adesso? »
«In che senso?»
«La mia proposta, ci avrai riflettuto, vero?» Vergull aggrottò la fronte, poi si
voltò verso lo Spettrale.
«Non ho avuto occasione di dirglielo.» rispose semplicemente Pandemon, restando
sul vago. Vergull si alzò in piedi, avvicinandosi alle vetrate: gli aveva appena
lasciato una scappatoia.
«Sì. Resterò ad Arsoirar.»
Vorel era scattato in piedi, osservando il fratello a bocca aperta.
«Perché?»
«Lo sai anche tu come la pensa la maggior parte dei Demoni-Drago, preferirei
evitare che complottassero per ammazzarmi.»
«Non lo farebbero mai.» Vergull strinse i denti e scosse la testa, ricordando il
racconto di Shyadronos. Non l’avrebbe detto a suo fratello, non voleva minare la
poca fiducia che c’era tra le fila del suo popolo. Una piccola vendetta per
quello che gli aveva fatto.
«È una mia scelta. Ho bisogno di cambiare aria.»
«Penseranno che te ne sia andato per allearti con il demone e tentare di
annientarci un'altra volta.» Vergull scrollò le spalle, non gli interessava.
«Che lo pensino, non m'importa, basta che non li senta. Per quanto il mio udito
possa essere fine non potrò mai sentirli se resto ad Arsoirar.»
«Ricordati che lui è sempre il Lord che ci ha quasi annientato secoli addietro.»
«Questo è l'Abisso, Vorel, tutti cercano di ammazzarsi tra loro: le alleanze
difficilmente sono sincere. È praticamente impossibile che qualcuno non trami
alle spalle di un alleato e tu lo sai bene. Non venirmi a dire che i
Demoni-Drago sono diversi. Basta che pensi a Erekess. Comunque sia sorveglierò
il nostro Lord e gli impedirò di riprovarci.» Vorel sorrise tristemente.
«Come vuoi, ma spero non sia dovuto a ciò che ho fatto...»
«Non c'è questo pericolo, è una decisione che ho preso mentre io e Pandemon
eravamo rinchiusi in quel buco scavato nella roccia viva. Non posso certo
averglielo detto mentre ero morto.» Vorel guardò il suo compagno e lo vide
annuire. Non aggiunse altro: era rassegnato.
Passarono un po' di tempo a raccontarsi ciò che era successo dopo che erano
stati separati al banchetto, mentre Asmodeus continuava a rimirare la sua spada.
Vergull si guardò attorno per vedere se Shadrartas fosse ancora nella stanza e
lo vide in un angolo che li osservava in silenzio.
«Posso avere un'informazione?» l'Ombra annuì «Quanto tempo s'impiega per
arrivare ad Arsoirar da questa fortezza?»
«A piedi direi un paio di mesi a passo forzato.»
«E in volo?»
«Con il ritmo di uno Spettrale e con il vento a favore direi circa una
settimana.» Vergull sbuffò, quelle notizie non gli piacevano per niente.
«È una cosa lunga, non pensavo fossimo così lontani. Il tuo Signore ci concederà
un portale?»
«Sua Eccellenza è di ottimo umore, vi ha già fatto aprire un varco che vi
condurrà nelle vicinanze di Arsoirar, non vi dovete preoccupare per il viaggio
di ritorno, ha già pensato a tutto.» Asmodeus rimase a bocca aperta per
l'ennesima volta in tutta la serata. Rowamorlusa non era mai stato così, quello
che avevano fatto doveva averlo impressionato più di quanto potesse immaginare.
Il demone non sapeva se preoccuparsi o essere soddisfatto: aveva sempre temuto
il Lord, non si poteva fare altrimenti, ma adesso si stava preoccupando ancora
di più, non sapendo se il comportamento di Rowamorlusa fosse un bene o meno.
Rimasero in quella sala ancora per qualche tempo, poi Shadrartas li riaccompagnò
verso i rispettivi alloggi. Rowamorlusa non sarebbe tornato.
Quando Vergull si ritrovò di fronte alla porta di Asmodeus, si voltò verso
l'Ombra per sapere dove potesse dirigersi. Shadrartas stava per rispondere, ma
Asmodeus lo afferrò per un braccio e lo lanciò dentro la stanza, entrando a sua
volta e sbattendo la porta alle sue spalle.
«Che cazzo fai idiota?!»
«Taci! Adesso mi appartieni.»
Asmodeus lo guardava sogghignando, ma il Demone-Drago non si lasciava
impressionare.
«Nei tuoi sogni, demone.»
«Sappi che sono stato reintegrato a pieno titolo, sono di nuovo un Lord.»
«E la cosa dovrebbe avere un qualche significato particolare per me?» Vergull lo
ignorava, osservava attentamente la stanza e i pochi mobili che conteneva.
«Sottomettiti!»
«Non rompere, sono stanco. Vorrei ricordarti che sono morto.»
«Proprio perché sei morto dovresti essere completamente riposato.»
«Vuoi festeggiare, demone? Non so quanto possa convenirti...» Il rosso gli
lanciò un'occhiata malevola e sorrise scoprendo i denti candidi. «Conosco il tuo
punto debole, ricordatelo.» Asmodeus ringhiò e saltò alla gola del Demone-Drago:
Vergull lo afferrò e cercò di staccarselo di dosso, ma il demone aveva già
affondato le zanne nel suo collo, e non riusciva a fargli lasciare la presa.
«Dannato demone.» portò le mani sulla testa del Lord e afferrò entrambe le
alette, avvertendo l'immediata risposta del corpo premuto contro di lui. «È mai
possibile che pensi sempre e solo a una cosa?» Asmodeus non rispose, continuava
a stringere la carne tenera del collo del compagno.
Vergull si diresse verso il letto e fece sedere il demone su di esso. Allontanò
le mani dalle sue tempie e le portò verso la camicia del demone. La strappò con
un colpo secco scoprendo il petto pallido, segnato da patri di tessuto
leggermente più scuro che indicavano le ferite subite durante lo scontro.
Vergull lo costrinse a staccare le mani dalla sua schiena, dove i lunghi artigli
erano affondati quando lo aveva aggredito, e lo fece sdraiare sul letto,
schiacciandolo con il suo corpo.
Il demone allargò le gambe per agevolarlo e lasciò la presa sul suo collo: fissò
l'unico occhio rosso che gli era rimasto, annegando in quello sguardo cremisi.
Liberò le sue mani dalla presa del Demone-Drago e le portò sulla sua testa,
accarezzando i ciuffi scarlatti.
«Che non capiti una seconda volta.»
«Di che parli?» Asmodeus si limitò a socchiudere gli occhi e ad avvicinare il
volto di Vergull verso il suo: la lingua del Demone-Drago gli sfiorò le labbra.
Mentre le mani di Vergull scendevano verso la cintura dei pantaloni del
compagno, sfiorò la gemma della sua spada. Sentì una piccola scossa astiosa
provenire dal contatto con essa. «Quella è meglio che la togli tu.» Asmodeus
abbandonò con un sospiro i suoi capelli, per andare a slacciare la cintura della
spada: una volta che fu sfilata e appoggiata da qualche parte nel letto, anche
pantaloni del Lord furono tolti senza troppe cerimonie.
Vergull si allontanò dal demone e si tolse i vestiti, poi gli afferrò le
caviglie e lo costrinse a spalancare le gambe, piegandogliele verso il torace.
Asmodeus lo guardò male, ma non si oppose: il Demone-Drago si chinò verso di
lui, prendendogli in bocca il sesso parzialmente eretto.
Il demone spalancò gli occhi sorpreso e s'inarcò all'indietro afferrando la
testa del compagno, e le sue dita affondavano nei morbidi ciuffi rossi. Asmodeus
lo costrinse ad allontanarsi presto.
Vergull lo osservava dal basso, sorridendo, e riuscì a scorgere le aletta scure
fremere leggermente dalle sue tempie. Mentre si spostava verso l'alto,
premendosi sul corpo del demone, seguiva con la lingua i segni delle cicatrici e
i solchi della muscolatura.
«Come mai sei così intraprendente oggi?»
La voce del demone era bassa e rauca, poco più di un sussurro strozzato e
Vergull sorrise compiaciuto per quella reazione.
«Sarà perché sono morto.» Quando terminò quella frase, azzannò il capezzolo del
demone facendolo urlare. Quando sollevò nuovamente lo sguardo, Asmodeus lo vide
ridere soddisfatto. Il demone gli sibilò contro, afferrandogli i capelli con
violenza con una mano, trascinandolo verso l'alto. Con la mano libera Asmodeus,
scese ad afferrargli il membro, che rispose immediatamente a quel contatto. Le
zanne del demone premettero contro le labbra di Vergull, mentre la lingua
s'insinuava nella sua bocca. Il Demone-Drago affondò le unghie nelle gambe di
Asmodeus e allontanando la mano che lo stava masturbando, entrò nel suo corpo.
Asmodeus gemette di dolore e si separò dalle labbra del compagno esponendogli la
gola: Vergull affondò le zanne in essa, ricambiandogli il favore di poco prima,
mentre iniziava a muoversi dentro di lui senza alcuna clemenza. Il demone
incideva lunghi solchi rossi sulla schiena del compagno, artigliandola, mentre
cercava un appiglio per resistere alle sue spinte sempre più violente e più
profonde.
Asmodeus venne con un gemito insieme a Vergull che continuava a martoriare la
carne del suo collo. Restarono immobili e in silenzio per un po', ansimanti: poi
il Demone-Drago si allontanò.
«Sicuro che il tuo Lord Supremo gradisca che i suoi ospiti facciano sesso a casa
sua?» il demone lo fissò con occhi vacui per un po' poi sbuffò.
«Dubito che gliene importi qualcosa.» Vergull sperò che fosse vero