Fanfic nata da una frase detta
da mia zia,
ma inconcludente in sé per sé x°
Scritta così, senza pretese,
mentre ascoltavo
“The man who can’t be moved” –
The Script
Non so… forse un po’ OOC
Byez <3
Ricordavo di aver sentito
dire che gli angeli fossero bellissimi, con capelli del color dell’oro e occhi
d’un nocciola intenso.
Non ricordo chi me lo
disse, forse la mia mamma, o mia nonna? Sempre che ne abbia avuta una… Quando
varcai i cancelli della Wammy’s House ero troppo piccolo per poterlo ricordare.
Avevo… 5 anni, credo. Del
mio passato… non so, buio totale.
Forse il mio è un passato
troppo doloroso, e la mia mente si rifiuta di ricordarlo?
Beh… chiedermelo ora non mi importa.
Insomma, come potrebbe
importarmi di un passato che nemmeno ricordo quando la mia vita è stata un
paradiso? Già, un paradiso, con tanto di
angelo.
Il mio angelo, il mio
bellissimo angelo biondo dagli occhi del colore della cioccolata che ama
mangiare.
Quando lo vidi la prima
volta, quel giorno di tanti anni fa, pensai davvero che fosse un angelo. Non ci
potevo credere, ero nella stessa stanza di angelo! Credo d’aver avuto un
sorriso da ebete per un bel po’ di giorni…
Crescendo, però, ho
appurato che gli angeli che vivono tra gli umani – sempre se ce ne siano altri
- si fanno prendere dalle emozioni proprio come noi: rabbia, invidia,
disprezzo, affetto…
L’angelo disprezzava
quell’essere amorfo che era Near, però credo provasse affetto per me, che lo
ammiravo da lontano. Diventammo subito amici e complici, soprattutto quando
metteva in atto uno dei suoi piani per indispettire Near.
Avevo circa 14 anni quando
l’angelo andò via dalla Whammy’s.
Mi sentivo perso senza di
lui… in fondo, in quegl’anni ero sempre stato la sua ombra, mi ero sempre
aggrappato a lui, non mi interessavano molto gli altri.
Nonostante questo, però,
ero troppo codardo per seguirlo. Lo vidi oltrepassare il cancello
dell’orfanotrofio e voltarsi a guardare me, che lo osservavo dalla nostra
stanza mentre piccole lacrime salate mi bagnavano le gote.
Non fu facile superare la
sua assenza, non sentire più l’aroma del cioccolato nella stanza, non vedere
più quella macchia nera correre per i corridoi per raggiungermi, non poter più
osservare quell’angelo…
Kira, Kira, Kira. Non ne
potevo più.
Era ovunque! Giornali,
telegiornali, internet… come se non ci fossero già abbastanza cose che mi
facessero pensare a lui!
Quattro anni dopo, ormai
diciottenne, decisi di cercarlo.
Immaginavo fosse negli
Stati Uniti, e cominciai girando per i bassi fondi delle più grandi città
americane, ero certo che non avrebbe agito come Near, anche se non avrei mai
creduto si fosse alleato con quelli della mafia!
Ero stanco, abbattuto e
sull’orlo di una crisi di nervi quando entrai in quello squallido bar per
ubriacarmi com’ero solito fare di quei tempi. Dovevo essere al quinto bicchiere
quando accanto a me si sedettero due omuncoli che parlottavano di “…quel
rompicoglioni dell’amico del capo che mangia sempre quella fottuta cioccolata”.
Rompicoglioni.
Cioccolata.
Oddio. Mello!
Nonostante non fossi
sobrio, riuscii a mantenere un po’ di contegno e abilità nell’estrarre
informazioni, parlando come uno di loro.
Non fu difficile sapere di
Mihael, da quanto avevo saputo si era dato parecchio da fare ed era riuscito ad
ottenere il potere di Kira.
Mello… sapevo che ce l’avrebbe
fatta!
Dovevo solo fare il bravo
cane e tornare dal mio angelo, per non lasciarlo più.
Quello che trovai, però,
era l’inferno.
Fiamme, cadaveri, lui che
non c’era.
Dov’era, Mihael, dove?
Era lì, quel brutto
idiota, senza più la forza di muovere un muscolo, e stava mandando tutto a
puttane lasciandosi morire come un cretino.
Non riesco ancora a
decifrare l’espressione che aveva quando, fuori da quell’inferno, aprì gli
occhi, piantandomeli in faccia. Io ero maledettamente preoccupato per quel
coglione e lui che fece?
Un bacio, e tutto fu più chiaro.
Le notti passate a
piangere pensando a lui, a dove diavolo fosse, con chi fosse e che cosa
stesse facendo, le mille sigarette fumate mentre mi corrodevo l’anima pensando
al mio migliore amico… a quell’angelo… al mio
angelo.
Mio e soltanto mio.
Furono due settimane
infernali, ma almeno Mihael guarì, anche se si guadagnò quella cicatrice sul
viso e parte del petto, un grande smacco per il suo orgoglio.
Dal canto mio, gli ero
stato accanto tutto il tempo, medicandolo, o semplicemente guardandolo dormire,
ma non avevo il coraggio di accennare a quello che… era successo, e quello che
ne era derivato. Era… imbarazzante, certo, e poi… insomma… oh al diavolo! E se
l’avesse fatto solo perchè non stava capendo un cazzo di ciò che succedeva? O
era soltanto un modo per ringraziarmi? Avevo paura, paura di un suo rifiuto,
non ci vedevamo da quattro anni, lui aveva conosciuto chissà quante persone, era stato con chissà quante donne, come
potevo solo minimamente sperare che lui avesse continuato a pensare a
quell’insignificante ragazzino che aveva conosciuto in quello stramaledetto
orfanotrofio? Faceva male, certo, ma era meglio così.
Se solo fossi stato più
attento, forse, avrei parlato prima, molto prima.
Se solo fossi stato meno
ingenuo, l’avrei capito prima, e quel giorno me ne sarei andato insieme con
lui. E, sicuramente, il mio paradiso sarebbe durato un po’ di più.
Quando si fu completamente
riabilitato, Mihael mi ringraziò.
Non me lo aspettavo,
sinceramente, ma pensai che forse in quegl’anni fosse cambiato, o per lo meno
aveva imparato le buone maniere.
Mi invitò a rimanere con
lui, in quell’appartamento che ormai condividevamo.
Ci mise poco a tornare il
Mello di un tempo, assillato da Near, dalla cioccolata, e rompicoglioni… e
addio buone maniere. Ma a me stava bene così, quanto mi era mancato il mio
angelo!
Una sera, però, Mello era
più nervoso del solito.
Spensi la psp e mi sedetti
accanto a lui sul divano dove stava praticamente sbranando una barretta di
cioccolato.
- Che hai oggi, Mello?
Near ti ha stracciato anche oggi? – mi preparai ad essere picchiato.
- Near non c’entra un
cazzo, coglione! – sbraitò, guardandomi di sbieco.
- E allora cosa? – gli
chiesi, con tono scocciato.
- N-non… non sono affari
tuoi! –
- Oh va bene, grazie tante
per la tua infinita gratitudine! –
- No Matt… Matt ascolta…
ti devo parlare… di una cosa –
- Spara su! Che hai? –
- Ti amo, Matt. –
Ti amo anch’io, Mello.
Ti ho sempre amato, e
continuerò ad amarti anche nell’aldilà.
Non ho paura di morire per
te, per il mio angelo… la morte è
dolce, il ricordo del tuo corpo a contatto con il mio, quella notte, ora è
l’unica cosa a cui riesco a pensare. Non provo rancore
nei tuoi confronti, come potrei farlo? Morire per la persona che si ama non è
forse il modo migliore per andarsene?
Beh… anche se non lo
fosse, Mello…
Il sibilo di un proiettile che perfora un corpo.
…ti amo.