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Autore: Rinkaku    01/06/2015    1 recensioni
Aprendo per la prima volta gli occhi in un'oscura caverna, un giovane uomo si ritrova ben presto in un mondo spietato, dove la morte è inesistente e la vita consiste in un continuo ciclo di rinascita che, col tempo, strappa via la coscienza di sé stessi ad ogni colpo ricevuto, ad ogni cuore spezzato ad ogni carne lacerata.
Inconsapevole di cosa lo aspetta, verrà guidato attraverso la solitudine e la devastazione di quel luogo, col solo aiuto di una donna misteriosa e dalla rara bellezza e da una dolce risonanza che lo attira verso un luogo ancora non ben definito.
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Oscurità tutto attorno.

Nulla era visibile, lo spazio pareva sconfinato e indefinito, solo il terreno era una certezza.

Si alzò lentamente, a fatica.

La testa gli girava vorticosamente dandogli un certo senso di nausea e il corpo era scosso da violenti brividi.

Sentiva la propria pelle fredda e debole, le gambe gli barcollavano, e le braccia tremavano senza mai fermarsi.

Non sapeva cosa fosse quel luogo né il perché vi si trovasse, tutto era così strano e confuso che nemmeno avrebbe potuto descriverlo con certezza e senza sbagliarsi su qualche dettaglio.

Notò, molto in lontananza, una piccola luce, una specie di miraggio o apparizione di salvezza, per lui.

Decise di raggiungerla dato che, comunque, non avrebbe potuto fare molto altro se non sedersi e aspettare la propria morte.

Il luogo in cui si trovava era umido, il terreno viscido e scivoloso, composto da rocce coperte da muschio e acqua che colava dal soffitto.

Confuso e barcollante, tentò di avvicinarsi ad essa ma la strada pareva infinita e la luce come un piccolo puntino bianco dipinto nel nulla, irraggiungibile ed illusorio.

Si maledì più volte e maledì anche quel puntino, come se fosse la causa ultima di ogni suo male ma, in realtà, era l'esatto contrario.

Senza che se ne accorgesse, aveva percorso già molta strada e poco a poco si avvicinava sempre di più, trasportato da una misteriosa forza interiore della quale si stupì parecchio.

Ora che ci pensava, non ricordava nulla.

Niente di precedente al buio stava nella sua mente.

Né un volto, né un'emozione, solo il vuoto e pensieri confusi, troppo per essere compresi.

Dopo quella che parve un'eternità, raggiunse finalmente quella luce, scoprendo che era l'uscita dalla caverna in cui si trovava.

La luce solare gli irradiò il volto, accecandolo per qualche secondo, prima che si abituasse.

Al di fuori alti alberi coperti di foglie e muschio circondavano la grotta e uno stretto sentiero, quasi nascosto dall'erba incolta, si addentrava fra di essi.

I suoi polmoni respirarono a fondo quanta aria possibile, mentre le sue orecchie udivano chiaramente lo scrosciare dell'acqua di un ruscello poco distante da dove lui si trovava e, assetato, corse lungo il sentiero per cercarlo.

Lo trovò in pochi minuti e vi si tuffò per poter bere quanta più acqua potesse.

Pareva che avesse vissuto per mesi in un deserto, da quanto beveva avidamente e senza smettere, il volto gli si bagnava sempre più e le mani si sporcavano della terra e del fango che stava sul fondo del ruscello.

Senza che se ne accorgesse, un piccolo gruppo di misteriose creature gli si avvicinò.

Erano a metà fra una rana e un uomo e sulla testa avevano una piccola insenatura colma di acqua.

Gracchiavano con cattiveria e tono minaccioso nei suoi confronti, fissandolo con occhi di scherno e di sfida.

Lui si fermò, tentando di mantenere la calma e pensando a cosa fare.

Erano troppi per essere combattuti, la spada che portava allacciata al suo fianco sarebbe stata del tutto inutile in quella situazione e, quindi, decise di fuggire senza voltarsi indietro.

Corse, fino a raggiungere una piccola radura erbosa, colma di fiori e farfalle.

Si sentiva, stranamente, al sicuro in quel punto.

Era così tanto tranquillo e pacifico, immerso nel silenzio interrotto solo di tanto intanto dal cinguettio degli uccelli, da trasmettere anche a lui quelle sensazioni.

Il ruscello da cui aveva bevuto prima percorreva la radura ma, comunque, le creature avevano ormai smesso di seguirlo da molto tempo.

Si sedette su un tronco tagliato ed osservò la calma distesa d'acqua, sulla quale stavano appoggiati alcuni fiori di loto bianchi come la neve.

Contemplandoli, si perse nella loro forma, nella loro incantevole bellezza e delicatezza e una voce, dolce quanto quei fiori, lo raggiunse.

-Oh, giovane uomo, cosa ti affligge così tanto?- Domandò.

Ciò lo colse di sorpresa e, totalmente confuso e impreparato, non seppe cosa dire.

-Chi è? Chi parla?-

Una figura uscì dal mezzo degli alberi, mostrando estrema grazia e delicatezza nei movimenti.

I suoi piedi toccavano il velo d'acqua del ruscello, accarezzati dai fiori di loto che parvero quasi inchinarsi alla sua presenza, mentre il vento si fece più forte, leggermente, scuotendo di poco i rami degli alberi, le cui foglie iniziarono a volteggiare nell'aria tutt'attorno.

Indossava dei lunghi ed eleganti abiti di seta dai colori accesi e luminosi, con decorazioni floreali in oro.

I suoi capelli si libravano nell'aria, lisci e scuri, gli occhi socchiusi ma colmi di dolcezza e bontà.

La sua bellezza paralizzò l'uomo che, vedendola, rimase quasi a bocca aperta, tentando di contenere la propria reazione.

Se fino a poco prima faceva appena fatica e proferire parola, adesso ne aveva totalmente perso la facoltà.

-Domando umilmente perdono, non sono molto abituata a vedere altre persone, specialmente non in questo luogo né nel tuo stato. Il mio nome è Myoo, tu come ti chiami?-

-Io...Guren..-

-Capisco, hai perso la tua memoria come gli altri...- Mormorò lei a bassa voce, visibilmente dispiaciuta.

-Altri? Di chi stai parlando?-

-Mi riferisco agli abitanti di questo luogo. Quasi ognuno di loro ha gradualmente perso la propria memoria e la coscienza di sé stesso, fino a diventare un involucro vuoto di carne, contenente un'anima spoglia e vuota, sull'orlo del baratro. Una terribile disgrazia ha distrutto tutto ciò che di umano c'era a questo mondo, strappandolo via per sempre e il danno è, ahimè, irreparabile. In ogni caso, dici di chiamarti Guren, giusto? Ora capisco perché sei così affine ai fiori di loto, il tuo nome lo suggerisce e anche il colore dei tuoi abiti.- Parlava con calma, senza mai smettere di sorridere dolcemente.

Guren si guardò, scoprendosi come se fosse appena nato.

Indossava un semplice kimono scarlatto da viandante, abbastanza rovinato ai bordi e dei larghi hakama di colore nero.

Si sistemò la lunga coda di cavallo in cui i suoi capelli erano raccolti e si passò le mani sul viso, accorgendosi di avere una leggera barba incolta che gli circondava il mento.

Piccoli frammenti di ricordi riaffiorarono, ma erano brevi e sconnessi, minuscoli fotogrammi di qualcosa infinitamente più grande.

-Coloro che perdono la propria coscienza e umanità sono destinati a vagare per sempre senza alcuna meta, trasportati solo dal vento e dal branco in cui stanno, riempiendosi di anime altrui con l'unico desiderio di riempirsi e tornare come furono un tempo il che, però, è tristemente impossibile.-

-Diventerò così anche io?-

-Non sei l'unico che ancora mantiene la propria mente pulita e libera, ma devi stare in guardia, poiché questo mondo nasconde innumerevoli pericoli e segreti. Altri come te camminano su questa terra e molti altri verranno, in futuro.- Disse lei e, con un leggero e rapido movimento, sfilò un piccolo oggetto dal kimono e glielo porse.

-Questo è un tokkuri, conservalo con estrema cura e dedizione, poiché sarà il tuo migliore compagno in questo viaggio. Ciò che sceglierai di fare spetta soltanto a te, puoi scegliere se restare o se fuggire ma ti avverto, le terre che non sono state toccate dalla disgrazia sono molto lontane e la strada per raggiungere colma di pericoli.-

-Capisco, allora ci penserò durante il mio viaggio.- Rispose lui, prendendo la piccola fiaschetta di bambù.

Non sapeva davvero cosa pensare riguardo a tutto ciò.

Si trovava ormai in un mondo colmo di desolazione e terrore, senza sapere nulla a riguardo e costretto a fare una scelta senza conoscerne le conseguenze.

Ma, forse, non era davvero così che la sua vita doveva essere, una storia senza alcuna trama?

Non sapeva come rispondere a questo, non sapeva cosa avrebbe dovuto né cosa avrebbe voluto fare ma, alla vista di quella donna, decise di restare.

-Quindi tu non mi accompagnerai?-

-Sarò vicina in una diversa maniera, questo te lo assicuro. Ora va, molte cose ti aspettano e si sta facendo già buio.-

 

Guren si congedò e subito ripartì, continuando a seguire il sentiero attraverso l'intera foresta.

La luna cominciava a sorgere, mentre il sole tramontava, lanciando nel cielo mille sfumature tra il rosso e il bluastro, illuminando gli alberi di quegli stessi colori così tenui e caldi allo stesso tempo.

Con la notte, il cielo si riempì di luccicanti stelle, la foresta di lucciole e piccole creature che Guren non aveva mai visto prima, ma dalle quali rimase del tutto affascinato.

Camminando giunse ad un'altra radura, molto più vasta della precedente e anch'essa attraversata da quello che stava diventando un vero e proprio fiume, ormai.

Un leggero rantolo, basso e profondo

Un'invocazione di aiuto giunse alle sue orecchie, distorta.

Guardandosi attorno notò, in un angolo, appoggiato a un tronco, un'esile figura totalmente coperta da un abito pesante e scuro.

Appena gli si avvicinò, quello iniziò a urlare e a sputare sangue, fino a ritrovarsi immerso in esso.

Qualcosa uscì dal suo corpo, qualcosa di molto più grande di lui che ne squarciò totalmente il corpo, per poter uscire.

La grossa creatura lo fissava, con sguardo minaccioso e malvagio, emettendo dei leggeri sospiri che parevano più ruggiti, tanto erano profondi.

L'uomo sfoderò subito la spada, preparandosi all'ormai certo combattimento.

La bestia, alta e totalmente scura, ricoperta da una folta pelliccia nera, si gettò subito contro di lui, colpendolo con la zampa e graffiando gli alberi alle sue spalle, tanto era grande.

Guren si riprese subito dal colpo e, preparandosi, colpì l'avversario mentre questo tentava di attaccarlo una seconda volta.

La spada si conficcò nella mano della creatura, provocandole una lunga ferita, quando Guren la estrasse.

Seppure fosse appena iniziato, lo scontro già era spietato e aspro.

L'uomo schivava agilmente quanto più poteva e la bestia si scatenava sempre più con tutta la propria forza su di lui e sull'ambiente circostante, abbattendo alberi e uccidendo creature che si avvicinavano attratte dal rumore della lotta.

I suoi occhi erano senza pupille, iniettati di sangue, il muso schiacciato, simile a uno umano ma ricoperto di pelo.

La lama dell'arma di Guren scintillava nell'oscurità, illuminata dai pallidi raggi della luna e l'ululato del suo avversario si spandeva nell'aria, scuotendo l'intera foresta.

Con un rapido movimento, mentre la creatura era distratta, l'uomo le corse incontro e con la stessa velocità lo infilzò al petto, proseguendo la traiettoria dell'arma verso l'alto, in verticale, raggiungendo la testa e spaccandole le fauci in due.

Questa urlò, ruggì e ululò ancora più forte di prima, mentre il suo sangue schizzava ovunque.

Col pelo ormai sporco e il muso aperto in due, si scagliò con ancora più forza contro l'avversario, spingendo in avanti le zampe artigliate.

Fu proprio in quel momento che, spinto dal fervore e dalla rabbia furiosa del combattimento, Guren spinse in avanti a sua volta la spada, senza spostarsi.

Con un primo fendente tranciò le zampe, con il secondo ciò che era rimasto della testa.

La bestia cadde a terra senza vita e lui riprese a respirare regolarmente.

Un altro rantolo, proveniente questa volta dal suo cadavere.

Un brutto, pessimo presentimento, si svegliò in Guren, il quale, con gli occhi sbarrati per il terrore, si voltò a guardarlo.

La bestia si stava rialzando, le ferite si erano ormai chiuse e tutto appariva come se il combattimento precedente non fosse mai accaduto ma era visibilmente ovvio che era più infuriata di prima, molto di più.

Lo colpì, mordendogli un braccio e strappandoglielo di dosso con pura malvagità.

Guren urlò per il terribile dolore e la bestia ne approfittò per colpirlo di nuovo, avvicinando rapidamente il muso verso l'altro braccio con l'obbiettivo di strappargli anche quello ma l'uomo reagì in tempo e con un fendente colpì uno dei suoi occhi, ferendolo profondamente.

Ora ceca da un lato, la creatura ululò e tentò un nuovo attacco, lanciandosi di peso contro di lui che schivò appena in tempo.

I suoi riflessi e ogni suo movimento era rallentato a causa del lancinante dolore.

Il sangue sgorgava a litri dalla ferita e le forze erano sempre meno.

Con un potente grido di rabbia, si getto contro la creatura, senza accennare a fermarsi e senza badare ad eventuali colpi che questa avrebbe potuto infliggergli.

Saltò e, raggiunta la testa, con un fendente perfettamente dritto e sicuro gliela tagliò a metà.

Quando il pesante corpo toccò nuovamente terra, l'uomo continuò a colpirlo, furiosamente, urlando per la rabbia.

La spada si abbatteva con terribile ferocia sul corpo ormai inerme, spezzandone le ossa, recidendone le carni finché non ne rimasero che singoli brandelli e sangue, sparsi ovunque.

Dopo ciò, le sue forze scomparvero del tutto e, come se fosse stato trafitto al cuore, cadde a terra a sua volta, anche lui ormai inerme, indifeso e senza vita.

  
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