Buried Alive
Un bel giorno però, una donna si era presentata all’orfanotrofio: la signora Trompet, la proprietaria di quel centro, l’aveva portata a fare un giro per il cortile della struttura per permetterle di poter osservare i bambini. La donna, che era la moglie del signor Crocket, uno dei più ricchi investitori della zona, aveva insistito per poter portare via con sé quella bambina magrolina, dalla carnagione pallida e i lunghi capelli corvini che se ne stava seduta al di sotto di un pino, lontano da tutti i suoi compagni; la signora Trompet aveva cercato di persuaderla in tutti i modi, mettendola in guardia dai suoi modi scostanti, ma dopo svariati tentativi si era arresa davanti alla determinazione della Crocket. E così, per la centesima volta, la piccola Alexandra si era ritrovata in macchina con una sconosciuta, diretta alla sua nuova casa; ormai le era indifferente andarsene dall’orfanotrofio, tanto sapeva che presto o tardi ci sarebbe tornata e probabilmente ci sarebbe stata per tutta la vita. Tuttavia, qualcosa quella volta andò diversamente: i coniugi Crocket si rivelarono diversi da tutte le altre coppie che avevano provato a tenere con sé la piccola. Non provarono ad imporsi su di lei dandole un modello fisso da seguire, anzi, le avevano lasciato la più totale libertà: durante i suoi sette anni con loro era cresciuta secondo i suoi ideali e nessuno aveva cercato di impedirglielo. Alexandra non voleva crescere come le altre bambine: odiava pizzi e merletti, non sopportava l’alta società né tantomeno l’idea che un giorno sarebbe diventata una di quelle donne sposate con uomini che le relegano in casa…Forse fu proprio questo il motivo per cui non venne mai riconosciuta come figlia dei Crocket…per non rovinare la loro immagine. Per tutti era solamente la garzoncella che serviva loro la colazione al mattino e che si occupava della padrona, spazzolandole i capelli e rifacendole il letto tutti i giorni. Marina e Jack la trattarono comunque come una figlia a tutti gli effetti, fornendole tutto ciò di cui aveva bisogno; gli anni passarono e Alexandra diventò una ragazza graziosa, ma diversa da tutte le altre giovani della sua età: era indipendente e questo, secondo i suoi genitori adottivi, era un potenziale problema. Come avrebbe fatto a trovare marito? Quando le ponevano questa domanda, Alexandra rispondeva dicendo che non aveva intenzione di maritarsi con nessuno a meno che questo qualcuno non avesse riconosciuto il fatto che lei gli era uguale…E tutti sapevano che non sarebbe mai successo.
Quei sette anni erano scorsi in pace e tranquillità, fino a quel giorno: per uno sfortunato caso del destino i Crocket avevano investito più dei tre quarti dei loro averi in un progetto edile andato a finire male. Ne era conseguita la bancarotta: i due erano stati a licenziare tutta la loro servitù, a vendere la loro immensa casa e ad andare a vivere dalla sorella della signora. Alexandra sarebbe andata con loro…Se solo avesse potuto. I debiti dei Crocket si sarebbero estinti solo se avessero venduto tutti i loro averi, inclusa lei; quando glielo dissero entrambi avevano le lacrime agli occhi e la voce che tremava. “Ci dispiace Alex…Ma devi andartene”
Alexandra era sempre stata legata a quei due da un rapporto misto a stima e riconoscimento, ma durante tutti quegli anni non era mai riuscita a considerarli come dei genitori. Dei salvatori sì, ma erano troppo lontani dalla figura materna e paterna che lei stava cercando: era sempre stata cortese con loro, ma non si era mai lasciata andare alle smancerie e i Crocket ci avevano fatto ben presto l’abitudine. Il loro modo di vivere andava in tutt’altra direzione rispetto a quello della ragazza, che sembrava far più parte del mondo notturno che di quello dei vivi: non aveva mai sopportato la troppa luce e i colori sgargianti di quella casa, né tantomeno le continue feste a tema classico che i suoi genitori adottivi davano di tanto in tanto. Nonostante tutto però, continuò a rispettarli; quando le diedero la cattiva notizia appoggiò le sue mani sulle loro e sussurrò un semplice “Va bene così signori, lo capisco”. Certo, le dispiaceva come era giusto che fosse, ma non era particolarmente triste: quello che aveva passato da piccola l’aveva preparata a tutto, anche al distaccarsi da qualcuno con cui aveva speso gran parte della sua vita.
Nella tragedia però, vi fu anche il lato positivo: i Crocket amavano troppo quella giovane ragazza per poterla abbandonare in mezzo alla strada senza uno straccio di soldo. Quando le cose avevano cominciato ad andare per il peggio, Jack aveva contattato un suo vecchio amico, un certo signor Trason, che si era offerto di prendere sotto la sua ala protettiva la ragazza se le cose fossero andate per il peggio. Alexandra ne aveva già sentito parlare: quell’uomo era piuttosto famoso nella zona per i suoi gusti e le sue abitudini stravaganti…Che venivano bellamente messi da parte una volta che gli altri venivano a conoscenza del suo patrimonio, che superava i due miliardi di dollari. Il signor Trason era conosciuto per il rapporto che aveva con la sua servitù, composta solamente da giovani ragazzi nel fiore dell’età.
Dovete sapere che, la società di cui stiamo parlando, non ha nulla a che fare con la nostra: la gente come il signor Trason veniva spesso isolata e discriminata per il loro stile di vivere…alternativo.
Anni addietro, quando Alexandra non era ancora nata, ad Huntington Beach ci fu un’imboscata in uno dei pochi ritrovi di queste persone: per anni le due fazioni, se così vogliamo chiamarle, avevano convissuto in maniera più o meno pacifica…ma in una notte sola tutto l’odio che era stato serbato nei cuori di molti per tutto quel tempo aveva scatenato l’inferno. Vennero assassinate più di mille persone, tra ragazzi e ragazze, il tutto per la bigotteria degli uomini di quel tempo che additavano le donne come delle poco di buono e gli uomini come degli stupratori ubriaconi solo perché non seguivano il loro ideale di normale.
Quando Alexandra venne a saperlo, seppur contro il volere dei suoi genitori, Jack fu costretto a raccontarle la verità: quelle povere persone erano state vittime dell’ignoranza di uomini per i quali le uniche cose che contava veramente erano solo i soldi e la bella apparenza.
Le spiegò che quasi tutti i loro conoscenti additavano quei giovani ragazzi come dei veneratori di Satana e sciocchezze varie: era difficili vederli per strada durante il giorno perché rischiavano di essere linciati vivi se riconosciuti, cosa alquanto probabile visto il loro modo di atteggiarsi e di vestirsi. Alexandra, attraverso i racconti dell’uomo, capì che era un loro simpatizzante e ne ebbe la conferma quando venne a sapere che era stato uno dei pochi ad aiutare il signor Trason nel suo obiettivo: dare casa a tutti coloro che erano stati colpiti, seppur indirettamente, da quel massacro; per questo motivo, quando i Crocket finirono in bancarotta, Trason si offrì di dare asilo alla ragazza.
Alexandra fissava l’enorme portone di legno, sbarrato con un asse per impedire a chiunque l’accesso; strinse le dita attorno alla maniglia della valigetta, sentendo le nocche dolerle a causa del peso.
Lanciò un’ultima occhiata a quella che era stata la sua casa per ben sette anni, provando un po’ di tristezza per la prima volta: scosse la chioma corvina, riavviandosi all’indietro una ciocca come per scacciare un brutto pensiero. Si tirò su il cappuccio del mantello nero legato attorno al collo e diede le spalle a villa Crocket, entrando nella carrozza che la stava aspettando. Si sedette sul divanetto di pelle e, dopo qualche secondo, sentì il cocchiere dare il colpo di frusta ai cavalli: ci fu un breve nitrire e poco dopo la ragazza partì verso la sua nuova casa.
Alexandra aprì la piccola valigia con dentro i suoi effetti personali e, dopo aver ribaltato quasi tutti i vestiti ripiegati al suo interno, ne estrasse il piccolo lettore cd; si infilò le cuffiette nelle orecchie e schiacciò il tasto play, chiudendo gli occhi non appena l’attacco di chitarra proruppe dai due auricolari. Alexandra aveva ritrovato quel piccolo dischetto nella soffitta di casa: aveva capito che apparteneva ad uno dei superstiti del Massacro e, per paura che le venisse portata via, non aveva mai detto nulla né a Marina né a Jack: lo considerava il suo piccolo tesoro.
La ragazza non sapeva a cosa o meglio, a chi, stava andando in contro…E forse era meglio così, altrimenti questa storia non avrebbe avuto luogo.
Salve a tutti!
Be', che dire...Ho quindici anni e questa è la mia prima fanfiction in assoluto: ho già (più o meno) in mente come continuare la storia però vorrei prima sapere che cosa ne pensate voi, per questo spero che recensiate in tante!
Leggendo la fanfiction vi accorgerete che non è ambientata in un universo "normale" diciamo...Ho voluto creare un mondo parallelo, misto tra il diciannovesimo e il ventunesimo secolo (non so neanche io cosa mi sia passato per la testa ahahahah) dove sono presenti i gruppi culturali, se così vogliamo chiamarli, dei giorni nostri in contrapposizione con quelli del 1800...
Ho una paura terribile di essermi spiegata male: siete autorizzate a linciarmi.
Aspetto vostri commenti! :)
-Columbia