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Autore: _Princess_    07/01/2009    43 recensioni
“Tom Kaulitz,” si presentò lui alla fine, stringendole la mano. Fu allora che l’attenzione gli cadde sul cartellino che lei aveva al collo. “Vibeke V. Wolner?” lesse.
“Si legge ‘Wulner’,” lo corresse lei rigidamente. “Sono norvegese.”
“Ah,” fece lui, dimostrando scarso interesse. “Posso chiamarti Vi, per comodità?”
“No.” Ribatté lei secca.
“La v puntata per cosa sta?” le chiese allora Tom.
“Non sono fatti tuoi.”
Si occhieggiarono con un accenno di ostilità. Vibeke seppe immediatamente che tra loro due sarebbe stato impossibile instaurare un rapporto civile.
[Sequel di Lullaby For Emily]
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Heart Of Everything' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Amare le persone: uno dei tanti grandi misteri dell’umanità che Tom aveva sempre stentato a comprendere. Volere bene a qualcuno era un vero e proprio onere, che richiedeva responsabilità, dedizione, lealtà, pazienza, tempo e fatica, tutte merci di cui lui disponeva in quantità troppo esigue per potersi permettere di scialacquarle senza un minimo criterio.

L’amore, nel senso più lato della sua essenza, per lui restava un concetto altamente soggettivo e labile, e non era proprio sicuro di conoscerne il vero significato. Amava il proprio fratello, più che chiunque altro. Amava la propria famiglia, i pochi veri amici che aveva, ed amava perfino il proprio cane, volendo, ma l’altra metà dell’amore, di ben altra natura, per lui era un tabù, e adesso che era lì, a contemplare da chissà quanto gli occhi chiusi di Vibeke, gli sembrava legittimo chiedersi se il fatto che faticasse a restare abbastanza concentrato da ricordarsi di respirare potesse avere una qualche connessione con quel tipo di amore.

Che cosa ci poteva mai essere di così diverso con lei, che con le altre era sempre mancato? Perché lei – proprio lei, sfuggente e inarrivabile – aveva l’assurdo potere di fargli sentire la propria mancanza?

Tana per Tom!

Vibeke non era certo la ragazza più bella che lui avesse mai incontrato, però ci doveva per forza essere qualche cosa di magnetico ed irresistibile in lei, perché Tom, per quanto ci provasse, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.

Dormiva profondamente su un lato, una mano appoggiata sul cuscino, accanto al viso sereno, la maglietta troppo larga che le pendeva un po’ da una parte, lasciando nudo un lembo di spalla bianca. E forse, no, non era la ragazza più bella che lui avesse mai incontrato, eppure Tom aveva l’assoluta certezza che nulla che lui avesse mai visto fosse bello come lei, in quel momento.

Una forza invisibile guidò la sua mano sul volto di lei, facendogliela delicatamente posare sulla guancia tiepida. Tom non voleva che si svegliasse. Avrebbe anzi preferito che dormisse per sempre, così da poterla guadare e toccare senza dover temere ciò che lei ne avrebbe pensato.

Sarebbe stata una Biancaneve perfetta, in effetti, se solo il Principe Azzurro Anomalo fosse stato capace di non baciarla più. Ma il problema era che ormai era ossessionato da lei e non c’era nulla che desiderasse più dei suoi baci, perché essere baciato da lei era diverso da tutto ciò che aveva sperimentato prima di lei. Gli piaceva baciare Vibeke, per il semplice motivo che si trattava di un piacere che non si fermava alla componente fisica, ed andava invece oltre, giù, in fondo, sconfinando in ambiti sensoriali che Tom aveva persino ignorato esistessero.

Avevano dormito insieme, un’altra volta. Dormito e basta, senza fare altro che tenersi vicini l’una all’altra. Era una cosa nuova, per lui. Non era mai stato abbastanza sentimentalmente coinvolto con una ragazza da provare il desiderio di averla con sé anche solo per sapere che c’era, ma, già dalla notte precedente, dormendo con lei nella Cadillac, aveva scoperto il semplice piacere di sentire il suo calore contro la propria pelle, di rendersi conto che, dopo poche ore, le lenzuola già profumavano di lei.

Che cosa mi hai fatto, si può sapere?

E mentre con il polpastrello del pollice, distrattamente, le contornava lo zigomo netto, Vibeke, inaspettatamente, si svegliò.

Tom lo vide come al rallentatore: le ciglia chiare che fremevano impercettibilmente, le palpebre che si sollevavano piano, pigramente, e poi le due pupille nere che, nelle loro iridi cristalline, si stringevano alla luce ancora fioca del mattino. E lui era lì, ad accarezzarle la guancia, colto in flagrante in un gesto troppo intimo e significativo.

Tom sentì le proprie funzioni vitali cessare di botto, come se gli avessero staccato la spina.

Si sentì nudo, e stupido, ed orribilmente violabile.

Ma Vibeke non disse o fece alcunché che potesse rendere fondate quelle sue sensazioni. Nessuno sguardo ironico, nessuna parola sardonica, niente di niente, se non un piccolissimo sorriso assonnato, e poi, senza un perché, gli si avvicinò un poco, raggomitolandoglisi contro il petto, e chiuse nuovamente gli occhi.

Dopo un attimo di statico sconvolgimento, il cuore di Tom riprese lentamente a battere, i polmoni a respirare, il cervello a funzionare, mentre con le braccia circondava il corpo morbido e caldo di Vibeke, conducendo la sua testa a posarsi nell’incavo della propria spalla. Avvertì le sue labbra che si distendevano in un sorriso contro la propria pelle spoglia.

Era bello, gli piaceva stare lì, così. Niente di più semplice, niente di più appagante. Ed era anche strano, perché non era uno che normalmente sapeva godere della semplicità. Del resto, però, era anche vero che, quando c’era Vibeke di mezzo, niente era normale.

Dal suo angolo sul comò, la sveglia lampeggiò sulle sette in punto. Tom avrebbe voluto poterci buttare sopra un cuscino e fingere che non esistesse, ma aveva davanti una giornata piuttosto densa, e non poteva rischiare di beccarsi qualche strigliata da David o Benjamin o chi per loro circa la fondamentale importanza della puntualità.

Vibeke aveva impiegato poco più di un minuto a riaddormentarsi, e forse era meglio così. Se fosse stato altrimenti, avrebbero sicuramente finito per dedicarsi ad attività a cui Tom non avrebbe avuto la forza sottrarsi con facilità.

Facendosi coraggio, allungò appena il collo verso Vibeke per posarle un bacio lieve sulla punta del naso, poi, il più delicatamente possibile, e non senza una buona dose di svogliata riluttanza cercò di sfilare il proprio braccio da sotto di lei, e ci mise diversi secondi in più del necessario per districarsi.

Appena lui si alzò, Vibeke si stiracchiò tra le lenzuola, senza però svegliarsi. A Tom quella scena ricordò qualcosa, tanto che gli venne un’idea. Sogghignò tra sé mentre, facendo piano, aprì uno dei cassetti dell’armadio e ne tirò fuori un blocchettino di post-it azzurri.

Non è originale come uno scontrino, ma…

Prese una biro e scribacchiò un breve messaggio di buongiorno, poi lo appiccicò alla radio sveglia, dalla parte di Vibeke, ed infine, soddisfatto, sgattaiolò alla porta in punta di piedi ed uscì quatto quatto, augurandosi che lei non si svegliasse prima che lui e i ragazzi fossero usciti.

Si tolse lo spesso elastico nero dal polso e si legò i rasta sulla via per la cucina, allertando l’udito in cerca di segni che ci fosse qualcun altro già in piedi: a giudicare dall’acciottolio proveniente dalla cucina, probabilmente erano stati tutti più mattinieri di lui.

Chissà se qualcuno di loro era andato a controllare la stanza dove teoricamente avrebbe dovuto dormire Vibeke. Avrebbero fatto domande? Era ovvio che, per ovvia esclusione, avrebbero saputo che aveva dormito con lui. E, se davvero lo sapevano, quanto altro avrebbero voluto sapere ancora? E lui cosa avrebbe dovuto rispondere?

Ma la cosa buffa, al di sopra di tutto questo, era che non gli importava veramente. Se avessero aperto un interrogatorio, avrebbe semplicemente dato l’unica risposta che gli venisse in mente: la verità.

Andiamo a letto insieme. Da un po’. Ci piacciamo, anche. Più o meno. E, no, non lo so bene nemmeno io cosa sta succedendo, ma mi piace e mi sta bene così.

Annunciò il proprio arrivo spalancando la porta con un calcio ed entrò con uno sbadiglio rumoroso, stiracchiandosi per bene.

La cucina era inondata della pallida luce invernale che arrivava da fuori, riflettendosi sulle superfici chiare dei mobili e delle pareti. C’era Bill rannicchiato su una sedia, avvolto in una felpa in cui avrebbe potuto entrare altre tre o quattro volte, con davanti una ciotola piena di cereali, che stava sgranocchiando senza troppa presenza mentale. Gustav, già vestito di tutto punto, si stava sbucciando un’arancia con accanto una tazza traboccante di caffè fumante, ed aveva come una furba piega quasi invisibile sulle labbra. Georg sedeva di fronte a Bill, la coda disastrosamente arruffata, ed inzuppava biscotti nel suo caffelatte con aria forse anche più assente ed assonnata di Bill.

“Buongiorno, raggi di sole!”

Bill e Georg lo degnarono a malapena di un’occhiataccia assassina. Gustav, invece, accentuò il suo strano sorrisetto e ricambiò il saluto:

“’Giorno, Tom. Ti vedo pimpante, stamattina.”

Fantastico, pensò Tom sarcasticamente, mentre si trascinava al frigo per cercare qualcosa di mangiabile da eleggere a colazione del giorno, che la sequela di domandacce invadenti abbia inizio…

Arraffò quasi a caso il cartone semivuoto del latte ed una tazza dalla lavastoviglie e si sedette, ancora in attesa dell’inizio dell’interrogatorio, ma gli altri non accennavano ad essere interessati. Georg e Bill si scambiarono solamente un fugace sguardo d’intesa, ma Tom si sentiva troppo in pace con il mondo per calcolarli. Recuperò un cucchiaio che giaceva abbandonato sul tavolo, prese la scatola di cereali che Bill aveva accanto, se ne versò un po’, canticchiando fra sé, e cominciò a mangiare. Tre paia di occhi curiosi lo osservavano in assoluto silenzio.

“Tomi,” Bill aggrottò la fronte. “Stai proprio cantando Thema Nr.1?”

Tom inghiottì i cereali e posò il cucchiaio.

“Io non sto cantando.”

“Sì che stai cantando,” lo contraddisse Georg. “Be’, forse più che altro stai mugugnando a bocca chiusa, grazie al cielo, ma era decisamente Thema Nr.1.”

Tom li guardò uno per uno, impassibile.

“Ok.” Si limitò a replicare, e si ributtò sui propri cereali.

“Ho mangiato il pasticcino di Vibeke.” Piagnucolò Bill, pieno di rimorso, mentre si succhiava le dita dal cioccolato rimastovi sopra.

“Comodo piangere sul latte versato, vero?” lo pungolò Georg.

“Le lascio un bigliettino di scuse,” decise Bill, voltandosi per rovistare all’interno di uno dei cassetti della credenza. Prese un blocchettino ed una penna e scarabocchiò qualcosa. “Ecco,” Staccò il foglietto e lo attaccò al frigo con uno dei magneti. “Spero non se la prenda.”

“Dai qua,” fece Gustav, facendosi passare il blocchetto. “Voglio darle anche la versione reale dei fatti.”

“La mia è la versione reale!”

Georg osservò Gustav mentre buttava giù il suo messaggio e, quando ebbe finito, ne scrisse un altro di proprio pugno.

“Tu non lo vuoi lasciare un biglietto per Vibeke, Tomi?” chiese Bill, e Tom ci mise un paio di secondi a capire di essere stato interpellato.

Finì di masticare, deglutì, e poi fece cenno di no con la testa.

Già fatto, grazie.

I ragazzi lo fissarono in modo insistente e piuttosto disturbante.

Che stessero tentando una nuova tattica? Lo avrebbero psicologicamente vessato fino a fargli sputare fuori tutto spontaneamente?

Sorrise a quell’idea.

“Adesso sorride da solo,” Bill si avvicinò una mano alla fronte. “Ve l’avevo detto che ha perso la testa.”

Gustav rise.

“È un sacrificio ragionevole, visto il risultato, direi.”

“Su questo non ci piove,” sghignazzò Georg. “Una testa di cazzo senza testa… Vuoi vedere che adesso diventa intelligente e pieno di tatto?”

Tom inforcò una nuova cucchiaiata di cereali e la fece sparire in un sol boccone. Non vedeva il senso in tutto quello stuzzicare per vie implicite e battutine, non era da loro girare intorno al dunque, ma appena aveva aperto gli occhi, quella mattina, aveva deciso che sarebbe stata una giornata di quelle che nemmeno le catastrofi peggiori potevano rovinare, e così sarebbe stato, ad ogni costo, e questo implicava ignorare le subdole provocazioni.

“Tomi,” Bill si sgarbugliò con l’agilità di un ragno dall’assurda posizione in cui si era appollaiato sulla sua sedia ed andò a sedersi in braccio a Tom. Gli cinse il collo con le braccia e si premette guancia a guancia contro di lui. “Senza scherzi, noi approviamo.”

Approvate?, Tom, tra lo strano comportamento di Bill e le facce inspiegabilmente gongolanti dei due amici, cominciava a sentirsi parecchio confuso, Approvate cosa? Che io mangi ciambelline di avena e nocciole con il latte parzialmente scremato?

“Bill, sei seduto sulle mie gambe.” Puntualizzò, a corto di parole che non fossero ovvietà.

“Tanto sono leggero.”

“Sì, ma si dà il caso che io stessi facendo colazione.”

“E stavi cantando Thema Nr.1.”

Tom si arrese a dover finire la colazione con Bill in grembo. Con qualche manovra contorsionistica, fece passare una mano dietro alla schiena del fratello e prese la tazza, mentre con l’altra impugnò il cucchiaio.

“Se volete c’è spazio anche per voi.” disse ironicamente a Gustav e Georg.

Gustav si alzò, mise le proprie stoviglie nel lavandino e sollevò eloquentemente le mani

“Vado a lavarmi i denti.” Annunciò, allontanandosi.

“Niente di personale, amico, ma declino l’invito,” disse invece Georg. “Non mi sognerei mai di intromettermi in un momento di comunione tra Kaulitz.”

Tom lo guardò uscire a bocca aperta, sconvolto dai livelli di follia che si stavano toccando.

“Ma che avete tutti quanti, si può sapere?” domandò a Bill, gli occhi ancora fissi sulla porta. Parlare con un fratello appiccicato addosso era meno semplice di quanto si potesse pensare.

“Niente di particolare. Siamo tutti di buonumore.”

“Bene. Ti spiacerebbe portare il tuo buonumore altrove, però? Se arriviamo tardi anche oggi, dovrai cercarti un nuovo gemello.”

Con un piccolo sbuffo deluso, Bill lo liberò aggraziatamente dalla propria morsa d’acciaio e finalmente si alzò, consentendo alle gambe di Tom di tornare a beneficiare dei positivi effetti di una circolazione corretta.

Bill si comportava in modo strano, da qualche giorno, se n’erano accorti tutti. Più ruffiano del solito, più lunatico, ma anche più introverso, e forse Tom aveva anche capito perché: tutta l’attenzione era concentrata su Vibeke, quella di Tom stesso, soprattutto, e questo per uno abituato ad essere il centro di tutto poteva essere difficile da accettare. Eppure Bill gli stava sorridendo, il viso pallido ed ancora sonnolento, con una sincerità così affettuosa da causare a Tom una fitta di nostalgia. Erano passati troppi anni dall’ultimo sorriso di quel tipo che lui aveva regalato a Bill.

“Sono felice per te, Tomi.”

Cinque parole pronunciate con dolcezza, che parvero più forti di ciò che erano, con soltanto loro due nella stanza.

Ok, pensò Tom, mescolando il latte senza un reale scopo, non stava parlando delle ciambelline di avena con latte scremato. Ma quando lo cercò con lo sguardo, Bill era già sparito dalla cucina, lasciandolo a domandarsi cos’altro dovesse aspettarsi da una giornata iniziata in modo così folle.

 

***

 

Silenzio. Profondo, assoluto, incontaminato silenzio. Fu quello che Vibeke trovò ad attenderla al proprio risveglio.

Dapprima, appena aperti gli occhi, non si rese conto di dove fosse, ma poi, mentre la sua vista si abituava alla luce intensa del sole, la sua memoria riaffiorò a poco a poco, facendole ricordare dove si trovasse, come e perché.

Aveva il viso affondato in un cuscino, indubbiamente non suo, che era pregno di un profumo buono, meravigliosamente familiare, che la rassicurava quasi quanto la presenza fisica di Tom. Era quello che era andata a cercare, la sera prima, esasperata dall’insonnia. Era quello che, dopo tanti sforzi inutili, le aveva permesso di addormentarsi.

Si morse il labbro per impedirsi di sorridere.

Ti ha incastrata, Vi, si disse. Il tuo piccolo Kaulitz ti ha in pugno…

Se l’era cercata, non lo poteva negare. Con tutti i preconcetti su di lui da cui era partita, si era ritrovata nel bel mezzo di una situazione del tutto imprevista. Non avrebbe mai più sottovalutato qualcosa o qualcuno. Mai più.

Si girò sull’altro fianco per controllare l’ora, ma trovò il display della sveglia coperto da qualcosa.

Perplessa, stiracchiò la mano verso il rettangolino di carta e lo staccò, strizzando un po’ gli occhi per leggerlo.

La calligrafia di Tom era pietosa, ma sufficientemente comprensibile da permetterle di decifrare quello che aveva scritto. Qualcosa talmente da Tom da farla scoppiare ridere.

‘Buongiorno, bella (?) addormentata,
in caso tu te ne sia dimenticata, siamo allo studio a lavorare ad un paio di demo, torniamo verso le sette. Se magari nel frattempo ci prepari la cena, te ne saremo riconoscenti.
Grazie.
Tom’

Vibeke lo rilesse tre volte prima di decidersi a rimetterlo sul comodino ed alzarsi.

Quanto sei scemo, Kaulitz.

Faceva uno strano effetto trovarsi in quella casa al risveglio. Ormai la conosceva come se fosse la propria, sapeva la precisa collocazione di ogni cosa in ogni stanza, forse perfino meglio dei ragazzi, ma fu comunque buffo arrivare in cucina e realizzare che, per la prima volta, si trovava lì in veste di ospite.

Passò davanti al lavandino e roteò gli occhi di fronte all’accozzaglia di stoviglie sporche che lo gremiva, poi l’occhio le cadde sul frigo, dove qualcuno aveva appuntato un altro biglietto.

‘Ho mangiato io il pasticcino che spettava a te (l’ultimo)… Scusa! Non ce l’ho proprio fatta a resistere, ma a mia difesa posso dire che io non volevo, mi hanno convinto i ragazzi! So che mi perdonerai, perché sono la creatura più dolce e stupenda del mondo e non si può non perdonarmi, anche se in realtà non ho nessuna colpa, se non quella di essere facilmente influenzabile.
Bill
P.S. Ho macchiato il pigiama di cioccolato. L’ho lasciato sulla lavatrice, ci pensi tu per favore?’

Rise.

La sua principessa non si smentiva mai.

Si spostò verso la credenza per prendere il caffè solubile e qualunque cosa di ragionevolmente calorico potesse rivenire, ma scoprì che anche l’anta delle credenza era stata affissa.

Ma cos’avevano quei quattro, stamattina?, pensò divertita, afferrando il foglietto più in alto.

‘Abbiamo tentato di fermare la belva famelica (Bill), ma non ci siamo riusciti. Se vuoi c’è la mia riserva segreta di biscotti, nascosta dove nessuno di questi tre la cercherebbe mai. So che la troverai, in caso di necessità.
Buon appetito!
Gustav’

Vibeke prese appunto mentale di consumarlo di baci non appena fosse tornato. Sapeva esattamente dove cercare.

Passò all’ultimo biglietto, facilmente prevedendone l’autore.

‘Se trovi davvero la scorta segreta di Gustav, io e Bill siamo disposti a pagarti bene per quest’informazione, ma sappiamo che non tradiresti mai il tuo amato Gud, quindi ci rassegniamo.
Svagati un po’, ci vediamo stasera!
Georg’

Ridendosela tra sé, Vibeke staccò anche quello dall’anta e lo sistemò in un angolo assieme agli altri due. Quella era decisamente la mattinata dei post-it. Quattro post-it stupidi che però l’avevano fatta sorridere.

Sbadigliando, Vibeke mise a bollire un po’ d’acqua per il caffè, prese il latte dal frigo ed una scodella pulita dalla lavastoviglie e posò tutto sul tavolo, poi, senza la minima esitazione, aprì uno degli armadietti, ne estrasse una scatola di cracker dietetici e ci infilò una mano. Quando la tirò fuori, le sue dita stringevano un delizioso cookie con gocce di cioccolato.

Gustav Schäfer, io ti adoro!

Se lo portò alla bocca compiaciuta e si andò a sedere, godendo della pace che dominava l’intero appartamento.

Sentiva che sarebbe stata una splendida giornata.

 

 

***

 

Se Bill voleva la prova schiacciante che per Tom Vibeke rappresentasse qualcosa di più di uno strumento sessuale, ormai l’aveva senz’altro avuta, anche se, dovendo essere del tutto sincero, era stato inquietante vedere il proprio fratello in quello stato per tutto il giorno.

Erano anni che Bill lo vedeva svegliarsi la mattina con facce diverse, ed aveva imparato a classificarle una per una, e perfino a riconoscerne i vari ibridi, perciò, quando aveva visto Tom entrare in cucina con quell’espressione di inebetita beatitudine diffusa, non aveva avuto più alcun dubbio: era cotto a puntino.

E la cosa più sorprendente era che quell’espressione era pura, unica, non mostrava alcun segno di contaminazione da parte della tipica ‘faccia da sesso’. Per tutta la giornata, fin dal tradizionalmente critico inizio mattutino, Tom era stato felice e giulivo e gentile con tutti, ed era una cosa che per chi non c’era abituato – ossia chiunque – poteva essere traumatica. Ai tecnici dello studio era preso un colpo quando, anziché con il solito grugnito nervoso, Tom aveva salutato tutti quanti con un ‘Ciao!’ quasi caloroso, e poco ci era mancato che Benjamin cadesse nella sedia nel vederlo sorridere al primo rimprovero sull’esecuzione di una canzone. Una cosa positiva, però, era stata senz’altro la rilassatezza che era conseguita dall’umore stabile e positivo di tutti loro: Georg aveva per la testa solo Nicole e il nuovo appartamento, Gustav aspettava solo che Fiona gli confermasse l’uscita di quella sera, e, per quanto riguardava Bill, era stato semplicemente contento della registrazione ben riuscita.

Era matematicamente sicuro che Tom e Vibeke avessero dormito insieme, e un po’ doveva ammettere di provare qualche stranissima sensazione che somigliava vagamente alla gelosia, ma c’era qualcosa di sovrannaturale in Tom che si limitava ad ospitare una ragazza nel proprio letto senza esigere da lei un particolare servizio, ed assistere ad un simile fenomeno paranormale in un’età che gli consentiva il pieno raziocinio sul soggettivo confine tra realtà e fantasia lo metteva in seria difficoltà.

Tom è innamorato.

Nemmeno a parole sembrava credibile. A fatti doveva essere addirittura inconcepibile.

“Ci vediamo più tardi a casa, ragazzi.” Annunciò agli altri, uscendo assieme a loro nel cortile dove parcheggiavano abitualmente le auto.

“Dove diavolo te ne vai?” indagò Tom sospettosamente, mentre anche Georg e Gustav si fermavano incuriositi.

Bill aprì la propria BMW con un bip del telecomando e rivolse a loro un sorrisino enigmatico.

“Devo fare una cosa.”

 

***

 

Quando Vibeke udì la serratura dell’ingresso che scattava, erano le sei passate e fuori era già buio pesto da un pezzo, anche a causa dei nuvoloni che avevano ricoperto il cielo.

“God kveld, mine kjære, hvordan går dere?”

La voce di Tom irruppe nella cucina prima ancora che lui si avvicinasse alla porta ed entrasse di gran carriera, disseminando una scia di indumenti dietro di sé. In salotto, Georg e Gustav la salutarono mentre sistemavano la propria roba.

“L’ho detto bene?” le chiese Tom tronfio, sfilandosi la pesante felpa blu notte.

Vibeke smise di scartare l’arrosto che aveva comprato e si voltò:

“Pronuncia eccellente,” si congratulò. “La grammatica un po’ meno.”

La spavalderia di Tom si dissolse.

“Hai detto ‘Buona sera, miei cari, come state?’,” gli spiegò. “Invece avrebbe dovuto essere ‘God kveld, min kjære, hvordan går deg?’, al singolare.”

“Ma è uguale!”

“No che non lo è, o non ti avrei corretto.”

Solo in quel momento, vedendo Georg e Gustav apparire sulla soglia con un’aria affamata, Vibeke si accorse che mancava qualcuno all’appello.

“Dov’è la principessa?”

“No ne abbiamo idea.” Rispose semplicemente Gustav.

“Come sarebbe a dire?”

“Ha detto che doveva fare una cosa,” Le disse Georg con un’alzata di spalle. “Non sappiamo altro.”

Vibeke non riuscì a non preoccuparsi. Avevano permesso a Bill di andarsene in giro da solo per la città, per il più dopo il tramonto?

“Ha promesso che non farà tardi,” le assicurò Tom, per niente turbato. “Sarà andato a comprarsi qualche nuova, orrida giacca da tremila euro.”

“Che cos’hai fatto tutto oggi?” intervenne Georg, rubando una patatina fritta dal sacchetto che Vibeke aveva lasciato sul bancone.

“Niente di che,” fece lei. “Sono andata un po’ a casa, poi a trovare BJ.”

“Sei andata anche in piscina?” domandò Tom.

Lei si bloccò un istante, attonita.

“Come fai a saperlo?”

“Ti leghi sempre i capelli quando sei appena stata in piscina.” Rispose lui con naturalezza, accennado alla sua coda.

Una naturalezza che lei non riusciva a condividere, perché il fatto che lui avesse notato un particolare a cui quasi nemmeno lei aveva mai fatto caso era destabilizzante.

L’aveva osservata, dunque. Ed anche con una certa costanza ed attenzione, visto che le sue nuotate non erano sempre regolari.

“Allora, si mangia?” domandò Georg, sgranocchiando un’altra patatina.

“Ma non sono nemmeno le sei e mezza…”

“Perché non usciamo, invece?” propose Tom. “Il pollo possiamo riscaldarlo domani.”

“Sono stanco morto,” brontolò Georg, lasciandosi cadere su una sedia. “Io passo.”

“Passo anch’io,” soggiunse Gustav. “Mi vedo con Fiona tra due ore.”

Vibeke avrebbe benissimo potuto sbagliarsi, ma il modo in cui Tom si volse verso di lei aveva un che di speranzoso.

Io e te?!, esclamò dentro di sé, presa alla sprovvista. Da soli?! No, Kaulitz, non esiste, sarebbe…

Tom abbozzò uno dei suoi sorrisi ruffiani, e lei dimenticò qualunque cosa stesse pensando.

Oh, vaffanculo!

“Be’… Perché no?”

Il piccolo sorriso di Tom dilagò da una parte all’altra del suo viso, mentre Gustav e Georg si scambiavano un’occhiatina sospetta.

Voi due non me la raccontate giusta…

“Vado a cambiarmi,” le comunicò Tom. “Ci metto un attimo.” E si diresse verso il piano di sopra.

Vibeke andò nel salotto e prese a raccogliere il giubbotto, le scarpe e il borsone che Tom aveva abbandonato qua e là. Non aveva previsto di dover uscire, si era messa addosso il vestito più comodo che aveva, nonché uno dei più belli, di velluto nero, con un bel corpetto ricamato e le maniche semitrasparenti. Avrebbe solo preferito che le arrivasse almeno al ginocchio, perché l’ultima volta che era uscita con una gonna in una giornata piovosa, si era congelata fino alle ossa.

E hai anche incontrato Tom Kaulitz, le rammentò la sua fedele voce interiore.

Lei la scacciò, ed intanto Tom scese le scale trotterellando. Si era vestito di viola, una tinta che lei aveva sempre pensato gli donasse particolarmente, ma soprattutto, niente cappellino e niente fascia, come piaceva a lei.

“Allora,” la esortò, togliendole di mano il proprio giubbotto. “Andiamo?”

 

***

 

Bill uscì dall’ascensore ed attraversò l’atrio a passo sicuro, reggendo tra le braccia un enorme sacchetto di plastica che tutti adocchiavano con espressioni curiose. O forse era lui ad attirare tutta quell’attenzione. Aveva fatto del proprio meglio per darsi un aspetto comune ed anonimo, ma probabilmente uno come lui avrebbe dato nell’occhio anche da invisibile.

Oltrepassò con indifferenza l’uomo che sorvegliava il reparto e proseguì dritto verso il capo opposto del corridoio. Arrivò di fronte all’ultima porta e bussò.

“Avanti.” Gli disse una voce familiare dall’interno.

Lui entrò.

BJ era appoggiato con la schiena ad una montagna di cuscini, un braccio steso accanto a sé con le solite flebo attaccate, mentre con l’altra mano saltava noiosamente da un canale altro della TV appesa di fronte al letto. Aveva indosso il pigiama di Ferragamo, e Bill si compiacque di notare che gli stava a pennello.

“Buonasera.” Lo salutò.

BJ si voltò ed i suoi lineamenti si spalancarono in un’espressione piacevolmente sorpresa.

“Bill!” esclamò, illuminandosi. “Che bella sorpresa! Credevo che tu fossi un’altra di quelle sanguisughe che mi molestano!”

“Chi?” indagò Bill, indignato.

“Le infermiere,” Sbuffò BJ, incupendosi. “Non fanno che andare e venire chiedendomi se va tutto bene, se mi serve qualcosa, se possono fare qualcosa per me…”

Bill ridacchiò, appoggiò il sacchetto al piccolo tavolo dietro alla porta e si tolse il cappotto.

“Sono sicuro che ci sono un sacco di cose che bramano dalla voglia di fare per te.”

“Lasciarmi in pace sarebbe sufficiente.”

Bill prese posto sulla sedia che stava accanto al letto e studiò BJ: il suo colorito era più sano dell’altra volta, e sembrava molto più in forze, anche se le ombre scure sotto ai suoi occhi c’erano ancora.

“Hai un aspetto magnifico.”

BJ gli sorrise.

“Sì, è una condizione che ho avuto fin dalla nascita.”

“Oh, anche tu?” Bill portò una mano al petto. “Che coincidenza!”

L’attenzione di BJ, intanto, era volata verso il regalo che Bill gli aveva portato.

“Dimmi che quella roba rosa e morbidosa è per me!”

Sorridendo, Bill andò a recuperare il maxi sacchetto e glielo portò.

“In effetti sì,” disse, porgendoglielo. “Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere una scorta di marshmallows.”

Estatico, BJ ne afferrò le due parti opposte con le dita e tirò, scoprendo che in realtà c’era già una sottile fessura.

“Ma… È aperto?”

“Ehm…” Bill si guardò le mani, avvampando. “Sì, scusami, non sono riuscito a resistere. Ero appena uscito dallo studio, avevo una fame da lupi e…”

BJ scoppiò a ridere, ma una smorfia di dolore gli contrasse il viso e dovette immediatamente ricomporsi. Bill sedette sul bordo del materasso e gli si avvicinò timorosamente. Non era mai stato bravo a sopportare il dolore in silenzio, soprattutto quello fisico, ed ammirava chi invece ne era capace.

“Fa davvero molto male?”

“Niente che non valga quella sessantina d'anni in più da vivere.” Sostenne BJ, sfiorandosi le bende che si intravedevano al di sotto della camicia aperta.

“Mi sono spaventato a morte.” Gli confidò Bill timidamente.

Lui accennò un sorriso.

“Ah sì?”

“Cioè, insomma...” Bill si grattò il naso. “So come si sente tua sorella, deve aver passato la nottata peggiore della sua vita.”

Un’ombra colpevole offuscò il volto di BJ.

“Mi odia. Dice che non devo mai più giocare a fare l'eroe in vita mia.”

Non posso darle torto, pensò Bill, rifiutandosi di immaginare cosa sarebbe successo se Tom fosse stato al suo posto.

“Sì, be’, forse lo penso anch'io.”

“Nessuno che mi abbia detto ancora ‘Bravo, BJ, sei stato coraggioso!’…”

“Hai ragione,” gli concesse Bill, comprensivo. “Lo sei stato.”

“Grazie,” sospirò lui. “Ora magari potresti cercare di convincere anche mia sorella?”

Bill gli scoccò un’occhiata che parlò per lui, ma poi gli sovvenne una cosa, e forse BJ era la persona giusta per discuterne seriamente. Nessuno meglio di loro due conosceva Tom e Vibeke, quindi nessuno meglio di loro due poteva capirci qualcosa di quell’intrico sentimentale pazzesco in cui si erano andati a cacciare.

“A proposito…” disse distrattamente. “Lei e Tom hanno dormito insieme, stanotte.”

BJ strabuzzò gli occhi.

“Intendi nel senso non figurato del termine?”

“Sì.”

Uff da!”

Bill riconobbe quell’esclamazione norvegese: Vibeke la usava sempre quando qualcosa la stupiva.

“Sono sempre stato contrario a tutte le frequentazioni di Tom,” confessò a BJ. “Tanta disponibilità, poco cervello: a lui ha sempre fatto comodo così, con le ragazze. Ma Vibeke mi piace, lei e Tom sono complementari… Solo che fanno troppa fatica a lasciarsi andare fino in fondo. Se non glielo avessi estorto io, Tom non mi avrebbe mai detto che lui e lei…”

BJ annuì comprensivo.

“Sì, anche con Vibeke sono stato costretto alla coercizione.”

“Che coppia di incapaci che sono…”

“Mi ero insospettito quando è passata stamattina,” rifletté BJ. “Sembrava su di giri… Se dormire con tuo fratello le fa quest’effetto, lo faccio brevettare.”

Bill sapeva molto bene cosa intendesse.

Avessi visto Tom…

“Credi che esista qualcosa che possiamo fare per sbloccarli?”

BJ si sfregò pensosamente il mento.

“Chiuderli nella stessa stanza finché non ammettono di essere pazzi l’uno dell’altra?” ipotizzò.

“Temo che si ammazzerebbero prima.” Obiettò Bill.

“Ah, non vale!” BJ si imbronciò. “Tu ti puoi godere tutte le loro litigate dal vivo! Stando a quello che racconta Vibeke, devono essere esilaranti.”

“Non puoi immaginare quanto!”

Tacquero per qualche secondo, osservando il vuoto, poi ad un certo punto BJ guardò verso di lui:

“Credi che ce la faranno mai a comportarsi da adulti?”

“Stiamo parlando degli stessi Tom e Vibeke che conosco io?”

“Domanda stupida, hai ragione.”

“Comunque, “ proseguì Bill. “Ho un buon presentimento, sai?”

BJ lo scrutò interessato.

“Che tipo di presentimento?”

Bill esibì un sorrisino furbo.

“Be’, io, Georg e Gustav abbiamo ritenuto opportuno concedere loro un po’ di intimità,” disse in tono cospiratorio. “E se tutto è andato secondo i piani…”

 

 

***

 

Tom non conosceva quel posto. Era un pub con tavola calda, modesto ma ben tenuto, in una zona tranquilla della città, arredato con uno stile molto britannico ed un clima accogliente, e per di più il cibo era ottimo.

Lui aveva preso una bistecca con patatine fritte, Vibeke, invece, aveva preferito un’insalata mista, ed entrambi avevano divorato i rispettivi piatti tra una chiacchiera e l’altra.

Per la verità, Tom non si era granché curato di quello che si erano detti, sia perché si trattava di discorsi spiccioli, sia perché la sua testa continuava a divagare altrove.

Le labbra morbide di Vibeke erano una distrazione invincibile, e lui aveva trascorso gran parte del tempo a seguire ogni loro minimo movimento: gli piaceva il loro colorito intenso, anche senza rossetto, la forma che prendevano quando lei pronunciava le o e le u, il modo in cui se le tormentava tra i denti appena un argomento le diventava poco gradito, e gli piaceva perfino come avvolgevano le forchettate di insalata mentre lei mangiava.

Da quando era tornato a casa, non aveva pensato ad altro che all’insopprimibile voglia che aveva di baciarla, eppure non lo aveva fatto. Vibeke era riuscita a distrarlo anche da quello.

“Allora, che ne dici?”

Tom si riscosse e cercò di capire a cosa lei si riferisse. Al pub, probabilmente.

“Oh, sì,” farfugliò. “Molto carino. Si mangia proprio bene.”

Vibeke lo fissò per un attimo, poi tornò alle ultime foglie di insalata che giacevano nel suo piatto e le smosse un po’ con la forchetta, senza però infilzarle.

“Ti sei accorto che sono stata in piscina.” Disse ad un tratto.

Tom non era certo di afferrare il motivo di quella constatazione.

“Sì,” Disse, accigliato. “E allora?”

Vibeke si aggiustò una ciocca di capelli dietro all’orecchio, mettendo in mostra la sua sfilza di piercing. Ci mise diversi secondi a sollevare lo sguardo:

“In quanti altri modi mi puoi ancora stupire?”

Stupita. Tom l’aveva stupita. Era un bene, no?

“In senso positivo?” le chiese, nel dubbio.

Lei sollevò un sopracciglio, e come risposta fu sufficientemente chiara.

“Be’, vediamo…” Tom si mise a pensare. “Odi lavorare in silenzio,” gli venne in mente. “Metti sempre qualche CD di Gustav, quando non ci siamo noi in giro a fare casino,” Non osava guardarla, parlando. Per qualche ragione, lo imbarazzava dirle quelle cose, ma non si fermò. “Prendi il caffè amaro, senza latte né zucchero, ma lo accompagni sempre con qualcosa di dolce. Ti metti vestiti colorati solo quando sei giù di morale, mentre quando sei particolarmente felice esiste solo il nero.”

Vide Vibeke abbassare furtivamente lo sguardo sul tessuto color pece dell’abito che portava ed arrossire impercettibilmente.

“Hai smesso di lamentarti del fatto che io ti chiami Vi dopo la prima volta – be’, seconda, in effetti… – che ci siamo baciati, in camera tua,” continuò. “E oggi abbiamo scoperto che i letti singoli non fanno per te. E poi,” Aggiunse infine. “Parli nel sonno.”

Lei guardò in su di scatto, arrossendo più visibilmente.

“Non è vero!”

“Sì che è vero,” insisté Tom. “Per tua fortuna non so il norvegese, altrimenti potrei ricattarti.”

“Cosa te ne fai di altri soldi?”

“E chi l’ha detto che ti avrei chiesto dei soldi?” replicò lui in tono ammiccante.

“Porco!”

“Non fare finta di essere indignata, non sei tanto diversa da me.”

Lei rise.

“C’è un detto norvegese che dice ‘Like barn leker best’.”

“Che in una lingua a me comprensibile significa…?”

“I bambini simili giocano meglio insieme.” Tradusse Vibeke.

Tom lo trovò uno dei detti più veritieri che avesse mai sentito.

“Gente savia, voi scandinavi.” Commentò, pulendosi la bocca con il tovagliolo.

“In confronto a te, anche un’ameba apparirebbe savia.” Replicò lei.

Infastidito ed offeso, Tom sbatté rabbiosamente il tovagliolo sul tavolo.

“Ancora, Vi?!” esclamò in un sibilo feroce.

Lei non capì.

“Ancora cosa?”

“Mi attacchi senza che io ti abbia fatto niente!”

“Ma di cosa stai parlando?” esclamò lei, irritata.

“Di questo tuo assurdo atteggiamento autodifensivo!” la rimbeccò Tom. “Appena cerco di avvicinarmi a te, tu subito scatti con la solita acidità… Mi sembrava che avessimo chiarito questa faccenda!”

Vibeke boccheggiò interdetta. Lui sentì di aver segnato un punto a proprio favore.

Colpita e affondata, Vi?

 

***

 

Non riusciva a parlare. Non riusciva a pensare. Non riusciva a fare niente, se non fissare Tom con gli occhi sbarrati.

“Appena cerco di avvicinarmi a te…”

Tom voleva avvicinarsi a lei. Voleva stabilire un contatto vero, tra loro, e lei non glielo permetteva. Eppure lei voleva che lui si avvicinasse, lo voleva davvero, ma non riusciva a lasciargli varcare l’ultimo confine. Stava andando tutto in modo troppo strano rispetto al normale: prima il sesso, poi la confidenza, quelle loro strane uscite inclassificabili… Come si faceva a razionalizzare un tale caos?

Vibeke avrebbe voluto con tutto il cuore affidarsi completamente a lui, ma ancora non ne era capace.

Ma lo sarai mai?, si intromise la solita misteriosa entità impicciona che dimorava dentro di lei.

“È più forte di me,” Mormorò Vibeke. “Non lo faccio apposta.”

Quelle poche parole sembrarono ferire Tom più di un insulto diretto.

“Quindi non ti fidi di me.”

“Non ho detto questo.” Sottolineò in fretta lei, ma in realtà, anche se non era quello che aveva detto, era quello che aveva pensato. Tom spesso le ispirava fiducia e sicurezza, a gesti e parole, ma quando lo vedeva nella sua versione pubblica, non era più la stessa persona, e lei aveva il terrore di essersi innamorata del Tom sbagliato. Quale dei due era quello vero, e quale la finzione?

Le sembrava sincero, ora, con quell’ombra malinconica negli occhi, però Vibeke non riusciva a cancellare il dubbio. E non si trattava solo di lui, ma anche degli altri, poi: i Tokio Hotel che conosceva lei erano quelli domestici, liberi dalle influenze di riflettori, telecamere, e pubblici in delirio. In tour, tutto sarebbe cambiato, sarebbe stato completamente diverso.

E lo saranno anche loro?

“D’accordo,” bofonchiò Tom, alterato. “Come vuoi tu.”

“Kaulitz, non è colpa tua,” cercò di blandirlo Vibeke. “Sono io che non… Non riesco ad accettarlo.”

“Ad accettare cosa?” sbottò lui impaziente.

Vibeke lo aveva già ammesso con se stessa, e anche con Gustav, con Georg e con Bill. Implicitamente, lo aveva perfino ammesso con BJ. Ma ammetterlo con Tom era tutta un’altra faccenda.

Se ti ostini a prevenire tutto per evitare il peggio,” le aveva detto BJ non molti giorni prima, a quel pranzo al ristorante. “Va a finire che previeni anche il meglio.”

Bene, Vibeke, si disse risoluta, è giunto il momento che tu impari a rischiare qualcosa.

“Di essere… Dipendente da te.”

Tom si congelò nell’atto spezzettare nevroticamente gli avanzi della propria pagnotta, le spalle ricurve in avanti. Alzò lentamente gli occhi su di lei senza alcuna espressione, le labbra dischiuse.

“Cos’è che hai detto?”

Fu niente più che un sussurro disilluso, così debole che Vibeke si meravigliò di averlo compreso.

“Mi hai sentita.” Tagliò corto, ma era come se lui non l’avesse affatto sentita.

“Vi,” L’incrinatura incerta della voce di Tom, per un fugace attimo, la fece vergognare di aver dubitato della sua onestà. “Io ti piaccio?”

“Ma ci sei o ci fai?” scattò subito lei, innervosita. “Hai sentito mezza parola di quello che ho appena detto?”

“No… Cioè, sì…” Lo aveva messo in difficoltà. “Ma il fatto è che… Insomma, io… Non me l’aspettavo.”

“No? E allora cosa ci facevo nel tuo letto, secondo te?”

“Lo stai facendo di nuovo!” protestò lui con fervore. “Io sto cercando di districare qualcosa e tu fai la scontrosa! Mi renderesti le cose più facili se per una volta ritraessi i canini, sai? Sei inavvicinabile, dimmi come faccio a guadagnarmi la tua fiducia se tu non fai altro che spingermi via! Non puoi venire da me solo quando ti fa comodo, a fare quello che ti fa comodo!”

Aveva ragione lui, su ogni cosa. Era stata lei ad accusarlo per prima di essere un opportunista che prendeva solo quello che gli faceva comodo e snobbava il resto, e lei ora stava facendo esattamente la stessa cosa con lui.

“Odio quando hai ragione,” dovette riconoscere, poi azzardò un mezzo sorriso. “Meno male che capita di rado.”

All’inizio Tom rimase impassibile, continuando solamente a tenerle gli occhi inchiodati addosso, quasi a voler cercare in lei conferme a quanto gli aveva appena detto, ma poi tutto quel gelo si sciolse in un sorriso, caldo e vivo, solare, ed il suo Tom era lì davanti a lei, ed improvvisamente ogni dubbio era sparito.

Mi arrendo, Kaulitz. Hai vinto tu.

“Sono sottotono, stasera,” Si lamentò Tom. “Non riesco nemmeno a tenerti il muso.”

“E io cosa devo dire, allora? Mi punti contro i tuoi occhioni cerbiattoni e la mia dignità va a farsi fottere…”

Tom rise, forse un po’ lusingato.

“Si direbbe che qualcosa Bill sia riuscito ad insegnarmelo, dopotutto…”

Il sentir menzionare Bill fece venire in mente a Vibeke un certo discorso che si era prefissata di affrontare con Tom. Probabilmente non era neanche il momento adatto, e lui le avrebbe detto che non era affar suo, ma lei ci teneva e tentare non costava nulla.

“Kaulitz…”

“Mmh?”

“Quando è stata l’ultima volta che hai detto a Bill che gli vuoi bene?”

Domanda innegabilmente invadente, che richiese alla riservatezza di Tom una discreta riflessione.

“Che ne so… Un paio d’anni fa, credo,” rispose evasivo. “Non guardarmi così,” riprese, quando lei fece una faccia poco convinta. “Non serve che glielo ricordi ogni santo giorno, lui lo sa.”

“Non dico ogni santo giorno,” Precisò Vibeke. “Ma almeno ogni tanto… Qualche volta glielo dovresti ricordare.”

“Che razza di discorsi sono questi?”

Lei si passò una mano tra i capelli, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia.

“Lo vedo un po’ giù, ultimamente,” mormorò. “Ieri sera stavamo facendo due chiacchiere sul divano e mi è sembrato che avesse un gran bisogno di coccole e di affetto.”

Tom fece per dire qualcosa, ma poi parve metabolizzare ciò che lei gli aveva appena comunicato e si fece subito saltare la mosca al naso:

“Dov’ero io? Perché questa parte me la sono persa?”

“Eri a letto, suppongo,” replicò lei in tono pratico. “Io ero sveglia, Bill anche…”

“Non mi dirai che te lo sei coccolata come un gattino, vero?!” sbraitò Tom, a volume così alto che gran parte del resto dei clienti del pub si voltò a guardarli.

“Lo sai che ha bisogno di attenzioni costanti!”

“E c’era bisogno di venirle a cercare da te?!”

“Testa di cazzo, ero l’unica persona sveglia!”

I toni si stavano surriscaldando. Vibeke aveva previsto una reazione difensiva da parte di Tom, ma non certo quell’esplosione di gelosia. Imprevista o meno, comunque, non poteva negare che quella gelosia la lusingasse non poco.

Tom, nel frattempo, si era fatto silenzioso e la sua attenzione era smarrita al centro del suo piatto ormai vuoto.

“Non si è mai fatto problemi a venire a infilarsi nel mio letto.” sussurrò piattamente.

“Forse pensa che ormai siate cresciuti per queste cose.” azzardò lei.

“Chi, Bill? Quello che dorme con lo stesso orsacchiotto da diciotto anni? Sii realista!”

“Forse allora crede che sia tu a pensarlo.”

Tom affondò stancamente il viso tra le mani.

“Ma perché all’improvviso non mi dice più niente?”

Vibeke incrociò le braccia al di sopra del tavolo ed inclinò la testa di lato.

“E tu cosa gli dici?”

Tom tentennò. “Io… Be’…”

“Gli basta poco, Kaulitz,” lo incoraggiò Vibeke. “Cerca solo qualche rassicurazione, vuole solo essere certo che tu sia ancora il suo Tomi.”

Lui si concesse un sospiro.

“Gli parlerò.”

“Bravo.”

“Grazie, Vi.”

“E di che cosa?”

“Di avermi offerto la cena.”

“Io non ti ho offerto proprio niente!” abbaiò Vibeke.

“Be’, allora lo stai per fare, perché ho scordato il portafogli a casa.”

Vibeke si trattenne dall’imprecargli contro.

“Avrei dovuto immaginarlo,” si disse. “Era troppo bello per essere vero.”

“Che cosa?” chiese Tom.

“Be’… Tutto, in generale.”

“Sai che sono quasi tre ore che non litighiamo?” notò lui, controllando l’ora sul proprio polso.

“Due e mezza, veramente,” specificò Vibeke. “In macchina abbiamo litigato per la musica.”

“Ah, giusto,” L’entusiasmo di Tom si affievolì. “E poi anche prima, per dove sederci.”

“Quello non era litigare,” lo contraddisse lei. “Io ti ho assecondato e tu hai insistito per metterci dove dicevo io.”

“Sì, perché tu sai che odio essere assecondato e non volevo darti la soddisfazione di irritarmi.”

Lei si sporse verso di lui, studiandolo attentamente.

“Hai preso un po’ di sole, ultimamente?” si informò.

“No, perché?”

“Niente, mi illudevo che stessi maturando.”

“Stronza!”

Vibeke finse una risatina civettuola.

“Oh, adulatore!”

Tom dissimulò un ghigno e si infilò una mano in tasca, e quando la estrasse, Vibeke scorse un paio di pezzi da venti nascosti nel pugno.

“Tu!” Vibeke avrebbe voluto inveire, ma le scappò da ridere. “Razza di –”

“Adorabile gentiluomo pieno di humour?” suggerì lui, posando le due banconote sul tavolo con una strizzatina d’occhio.

Lei scosse il capo divertita, ma non disse nulla.

“Ce ne andiamo, che dici?” la invitò Tom, che già stava infilandosi il giubbotto.

“E dove?”

Lui fece spallucce.

“Non so, a fare due passi.”

Due passi con Tom Kaulitz… Sembrava il titolo di un libro, o di una commedia.

Due passi in giro per Amburgo con Tom Kaulitz, dopo una sottospecie di cenetta quasi romantica.

L’esito finale di quella follia non era ancora prevedibile, ma ormai Vibeke non aveva più nulla da perdere.

“Andiamo.”

 

***

 

L’aria era gelata, il cielo plumbeo minacciava pioggia imminente e ogni respiro si condensava in piccoli sbuffi di vapore che si diradavano rapidamente nelle brevi folate di vento. Tom, però, non aveva freddo. Forse era merito delle due birre che si era scolato e che gli stavano lentamente arrivando alla testa.

Vibeke aveva un cappotto nuovo, dalla foggia rinascimentale, nero con rifiniture bordeaux, tenuto chiuso da sottili alamari argentati, ed abbastanza corto da concedere una buona visuale delle gambe avvolte dai collant a rete. Tom sapeva che c’era un altro paio di collant invisibili, sotto, perché gli era capitato un paio di volte di sfilarglieli personalmente.

Passeggiavano per strada da qualche minuto, e nessuno dei due aveva ancora aperto bocca. Più volte le loro mani si erano sfiorate inavvertitamente, camminando, ed ognuna di quelle volte lui aveva avuto l’irrazionale tentazione di intrecciare le proprie dita con quelle di Vibeke, ma qualcosa lo aveva sempre trattenuto.

Tenersi per mano era una smanceria per coppiette stereotipate, e lui e Vibeke erano quanto di più lontano da uno stereotipo potesse esistere. Per di più non erano nemmeno una coppia.

O sì?

Dopo un po’, comunque, lei si era messa le mani in tasca, e quindi il problema non si era più posto.

“Dove stiamo andando?” domandò Vibeke, mentre oltrepassavano una fila di macchine.

La gente passava loro accanto senza voltarsi, e Tom per una volta trovava piacevole passare inosservato, anche se un paio di ragazzi che avevano incrociato avevano guardato Vibeke in modo un po’ troppo esplicito, per i suoi gusti.

“Ha importanza?”

Lei non fece altro che calciare una lattina che trovò per terra.

“No.”

Gli piaceva con le guance ed il naso arrossati, in forte contrasto con il suo candore e con tutto quel nero che aveva indosso. Si era raccolta i capelli in una treccia morbida per non farli scompigliare dal vento, ma alcune ciocche più corte erano sfuggite e le contornavano morbidamente il viso sereno.

Avrebbe voluto poterle dire che era bella, ma lei non avrebbe capto. Odiava i complimenti, almeno da parte sua.

Tutt’un tratto provò un irrefrenabile bisogno di una sigaretta. Individuò un distributore automatico in un negozio poco più avanti, dall’altra parte della strada. Doveva avere un qualche moneta in tasca, un pacchetto piccolo sarebbe riuscito a prenderlo.

“Vi, vado un attimo a prendermi le sigarette,” la avvertì. “Aspetta qui, torno subito.”

“D’accordo.”

Attraversò rapidamente e raggiunse il distributore della tabaccheria. C’erano un paio di ragazzini prima di lui, e dovette attendere che inserissero l’importo centesimo per centesimo. Quando finalmente toccò a lui, scoprì che le Lucky Strike erano finite.

Fanculo.

Stava cercando di scegliere tra le Marlboro e le Silk Cut, quando udì la voce di Vibeke rispondere ad un'altra, maschile. Si voltò e scorse un bellimbusto dai capelli grondanti di gel che diceva qualcosa a Vibeke e allungava la mano verso di lei, ma lei si scostò e rispose qualcosa di brusco che Tom non colse.

Non aspettò che il tizio facesse altro: dimentico delle sigarette, si affrettò a ritornare dal lato opposto della via, fumante di rabbia. Qualunque cosa quell’energumeno volesse da lei, non la avrebbe avuta.

“Non fare la ritrosa, piccola, ti ho solo chiesto come ti chiami.”

“E io ti ho detto di girare al largo!”

“Sei una gattina focosa, eh? Mi piacciono quelle come te.”

Tom cominciava a vedere rosso: la mano dello sconosciuto continuava a toccare il braccio di Vibeke, ed anche se lei si ritraeva, lui non accennava a demordere.

“Toglile le mani di dosso,” gli ordinò con un ruggito, giungendogli alle spalle. “Subito.”

Il ragazzo lasciò momentaneamente perdere Vibeke e spostò la propria attenzione a Tom.

“E tu chi dovresti essere? Il suo cavaliere in armatura scintillante?”

“Lei sta con me, siamo… Amici,” mise in chiaro lui, senza lasciarsi intimidire dalla stazza dell’altro. “Quindi, come ti ha già detto lei, gira al largo.”

Lo sbruffone scoppiò spregevolmente a ridere.

“Sì, immagino come te la sbatti amichevolmente questa stron–”

Il pugno sferrato da Tom lo colpì dritto in mezzo al naso, girandogli la faccia dall’altra parte. Un urlo soffocato riecheggiò per la strada.

“Figlio di puttana!” ringhiò il tizio, rivoltandosi contro Tom.

Era parecchio robusto, e Tom non fu in grado di schermarsi dal suo pugno di risposta. Accusò il colpo con violenza e finì scaraventato a terra, con un dolore atroce al labbro, che iniziò a pulsargli, più caldo del normale. Sentì il sangue sgorgare da un punto indefinito e raccoglierglisi in bocca.

La sua vista appannata gli permise solo di intravedere l’altro ragazzo che sputava a terra e voltava loro le spalle, bestemmiando mentre si allontanava.

Tom non si era nemmeno accorto che Vibeke gli era accorsa accanto e gli tendeva una mano. Lui la prese e si lasciò tirare su, scoprendo che Vibeke era più forte di quel che avesse creduto.

“Hai rischiato di non uscirne vivo.” Lo riprese, sostenendolo.

Lui si sfiorò la bocca e la trovò appiccicosa: stava sanguinando abbondantemente.

“Ho solo un taglietto sul labbro.” Sdrammatizzò, ma ogni singola sillaba che pronunciò gli causò un brivido di dolore.

“Sì, che equivale ad un miracolo, visto che quello era grosso quattro volte te.” Sottilizzò Vibeke, mentre cercava di tamponargli delicatamente la ferita con un fazzoletto.

“Ti stava dando della stronza.” Biascicò Tom, trattenendo un lamento per il fastidioso bruciore.

“Tu mi dai della stronza tutti i giorni.”

“Io posso,” si giustificò lui, appena la piccola emorragia si fermò. “Perché tu adori sentirti dare della stronza da me.”

Lei schioccò significativamente la lingua e mise via il fazzoletto sporco, proprio mentre un tuono rimbombava nel cielo. Una frazione di secondo più tardi, quando loro avevano appena ripreso a camminare, una rada pioggerellina cominciò a cadere.

“Ci mancava solo questa…”

Ancora appoggiato a lei e mezzo frastornato, Tom si mise con il naso all’insù, facendosi bagnare il viso dalle gocce che andavano aumentando.

“Ai confini del tempo, dove la pioggia non ci farà male…”

Vibeke lo guardò storto.

“Perché la commistione di alcol e pioggia ti riporta sempre a Monsoon?”

Lui chinò la testa verso di lei.

“Eh?”

“Anche l’altra volta, quando eri ubriaco fino al midollo, avevi citato Monsoon.”

“Non ricordo.”

“Io sì.” Rise Vibeke.

“Aspetta,” la interruppe Tom. “Vuoi farmi credere che sai riconoscere una citazione di Monsoon?”

“Sì,” ribatté Vibeke sulla difensiva. “E allora?”

“Niente, non me l’aspettavo.”

“Come ti ho già detto la prima volta: mai sottovalutarmi, Kaulitz.”

“Allora conosci davvero le nostre canzoni!”

“Solo quelle più famose,” si schermì lei. “A parte un’altra, che ho sentito tempo fa quasi per sbaglio, la mia preferita.”

“Ah sì?” Tom era proprio curioso di saperne di più. “E quale sarebbe?”

“Schwarz.”

Schwarz?, pensò, incredulo.

“Schwarz?”

“Sì. Ha un testo bellissimo, credo che Bill abbia dato il meglio di sé.”

“Mmh, già.”

“Anche se…” aggiunse Vibeke, senza però terminare la frase, ma Tom voleva sapere.

“Anche se…?”

“C’è una strana amarezza nella canzone,” disse lei. “Un sapore che non è da Bill. Forse è per quello che mi piace.”

Tom stentava a credere alle proprie orecchie: Vibeke aveva sempre detto che la loro musica non faceva per lei, ma ora gli veniva a dire che uno dei loro pezzi le piaceva, e non un pezzo qualunque, ma Schwartz. Proprio Schwarz.

“Ti piace.” Ripeté Tom, per essere sicuro di non aver frainteso.

“Sì,” ribadì lei pazientemente. “Mi piace.”

“Ti piace come in ‘Mi piace perché è poetica, profonda e toccante’ o ‘Mi piace perché suona bene’?”

“Non lo so… Entrambe, credo,” Vibeke lo occhieggiò stranita. “Che importanza ha?”

“No, niente…” divagò lui. “Nessuna.”

Le avrebbe detto un’altra volta che Schwarz la aveva scritta lui.

Camminarono ancora per qualche minuto, il braccio di Tom che circondava le spalle di Vibeke, e quello di Vibeke che avvolgeva la vita di Tom, aiutandolo a camminare, anche se ormai non ce n’era più bisogno: Tom si era completamente ripreso dal momentaneo stordimento conseguito dal pugno ricevuto, ma non era necessario che lei lo sapesse. Si fermarono alle strisce pedonali, davanti ad un semaforo rosso. Non c’era in giro quasi nessuno, avrebbero potuto tranquillamente attraversare lo stesso, ma rimasero fermi ad aspettare.

Piovigginava ancora, ma era così lieve che quasi non ce ne si poteva accorgere, e se non altro il vento si era placato.

“Vi?” mormorò Tom ad un tratto, voltandosi a guardarla. Vibeke fece lo stesso.

“Che c’è?”

Con un movimento fluido, Tom ruotò attorno a lei e le si mise di fronte, tenendola appoggiata a sé, le mani sui fianchi.

“Posso baciarti?”

Pur nella scarsa luce notturna, poté distintamente vedere le pupille di Vibeke assottigliarsi nei suoi occhi basiti, e gli sembrò quasi di avvertire anche la pressione del sangue nelle sue vene che saliva.

“Da quando in qua mi chiedi il permesso?”

“Posso?” glissò lui.

Lei era combattuta, era più che evidente, ma in qualche modo riuscì a resistere alle sue moine.

“Niente da fare,” dichiarò, seppur senza un briciolo di convinzione. “In pubblico non se ne parla.”

“Non siamo in pubblico, siamo per strada.”

“Appunto, chiunque potrebbe vederci, e io non ho nessuna voglia di diventare argomento di gossip di qualche gallina strafatta di ninfomania a base di Tom Kaulitz.”

Ma a Tom non importava un bel niente dei suoi vaneggiamenti. Gli importava solo del fatto che fossero lì, da soli ed indisturbati, troppo vicini per sprecare un momento così perfetto.

“Io però ti bacio lo stesso.” Ed avvicinò il proprio viso al suo.

“Ti ricordo che hai un labbro spaccato.” Riuscì a bisbigliare Vibeke, mentre le punte dei loro nasi già si incontravano.

“Chi se ne frega.”

“Ti farà male!”

Tom sogghignò e, senza curarsi minimamente delle sue obiezioni insensate, la sfiorò con le labbra.

“È l’obiezione migliore che riesci a trovare?” le sussurrò con voce roca.

Le lasciò mezzo secondo per tentare di rispondere, poi, senza esitazioni, le mise una mano sul collo e la attirò a sé per baciarla.

Le labbra di Vibeke erano calde e turgide, più corpose di come le ricordava, e non poté fare a meno di stuzzicarle nuovamente tra i propri denti. La assaggiò e si lasciò assaggiare, premendola contro il muro che aveva alle spalle man mano che il bacio si approfondiva, avvertendo le carezze della sua lingua sul proprio taglio.

Era un bacio come mai Tom ne aveva dati prima, dolce, nonostante il sapore di sangue che gli rimaneva in bocca, e non aveva niente di casuale, niente di rubato. Era un bacio consensuale, voluto, anzi, desiderato, tanto da lui, quanto da lei, e pienamente consapevole di tutti i sentimenti che portava con sé.

Era un bacio speciale.

Quello era lo zero, il punto di partenza, l’inizio effettivo di tutto, qualunque cosa quel tutto includesse.

Quello, anche se loro non lo sapevano, era il loro primo vero bacio.

 

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Note: inizio col dire che questa volta sono giustificata per i secoli che ci ho messo ad aggiornare! XD Come avrete notato, il capitolo è il più lungo che io abbia mai scritto. ^^

Qualcuno avrà notato, forse, che il titolo del capitolo è lo stesso di un capitolo di Lullaby, che poi altro non è che il titolo di una splendida canzone dei Cure … Ebbene, vi confesso che credo proprio che questo titolo ritornerà ancora, in futuro, ma non divaghiamo. È tempo dei debiti ringraziamenti:

NeraLuna: be’, non so proprio cosa dire, se non un banalissimo grazie. Per è davvero importante sapere che chi legge le mie storie si senta coinvolto… Non c’è complimento migliore. ^^

Ladynotorius: a te va la dedica speciale, te lo avevo promesso. XD Quindi questo capitolo è tutto per te, spero che tu te lo sia goduta fino in fondo. ;)

natyy: innanzitutto benvenuta! Ti ringrazio dei complimenti, spero di aver aggiornato abbastanza in fretta. XD

growlitha: come si dice, meglio tardi che mai, no? ;) Di’ al tuo pc di funzionare, altrimenti se la dovrà vedere come in persona! (capirai che minaccia, il mio se la vede con me ogni giorno, ma non è affatto intimorito…)

Alexgirl: benvenuta anche a te! Grazie di ogni singola parola! Tu volevi sapere come continua… Ed eccoti accontentata. ^^ Io ora voglio sapere come hai trovato questo capitolo. ;)

Claustrophobical: un altro benvenuto va a te, che mi hai sommersa di lodi che forse non merito del tutto, ma sono sempre apprezzate. XD Cerco sempre di mettere la maggior credibilità possibile in ciò che scrivo, ci tengo che le mie storie siano verosimili, anche a costo di rimetterci la sanità mentale. XD Aspetto la tua opinione!

zoe1230: un’altra nuova accolita, e benvenuta quanto le altre! Mi fa piacere sapere che hai notato che ci metto il cuore nelle mie storie, perché è vero, scrivere è la mia più grande passione, e se poi scrivo sui miei amati Tokio Hotel… Be’, immagina. XD Cuoci bene nel brodo, mi raccomando, ci conto. ;)

Debry91: Io? Pubblicare qualcosa? A dire il vero non ci ho mai pensato, se non quel milione o due di volta. XD Se davvero trovassi l’idea giusta per un romanzo, per me sarebbe la realizzazione di un sogno vederlo pubblicato! Mai dire mai, giusto? In ogni caso, hai ragione ad aspettarti di tutto, perché abbiamo a che fare con due continue sorprese (alias Tom e Vi), e non si sa mai cosa può ancora succedere (o meglio, io lo so, ma vi dovrete aspettare ;) ).

Lady Vibeke: no che non ti uccido, fossi matta! Occhio di Lince mio, non ti lasci sfuggire proprio niente! Sul serio, non credevo che qualcuno avrebbe notato Love Will Tear Us Apart, mi hai stupita! Ok, magari per te era più facile da notare, parti avvantaggiata, ma comunque complimenti! Hai vinto una ciocca di capelli di Georg! XD No, non ringraziarmi, lo so che sono troppo generosa. ;)

StellaMars: eh, lo so, la nostra principessa è un amore sconfinato. *__* Spero che tu riesca a trovare le parole per questo capitolo, ci tengo all’opinione di tutti quanti, adoro sempre leggere cosa ne pensare e le vostre congetture. ^^

_Ellie_: come sempre, tu mi delizi! *__* Una cosa può chiedere di più dalla vita? Un Georg? Un Gustav? Un Bill? Un Tom? Tutti e quattro? Ecco, forse solo quello potrebbe superare le tue recensioni. Sei una delle mie predilette che in realtà, più che recensioni, mi lascia dei favolosi poemi epici interminabili in cui io sguazzo come un Bill in una piscina di caramelle… E non so mai ringraziare abbastanza. Be’, comunque… Grazie! XD

Lady_Daffodil: voglio sperare che quando leggerai questo capitolo non sarai un po’ giù come l’altra volta, ma, in caso tu lo sia, spero che ti possa aiutare di nuovo a trovare un po’ di buonumore. ^^ Prego per i tuoi ringraziamenti, e anche grazie a te per i tuoi immancabili commenti!

susisango: ti piacciono i capitoli lunghi? Bene, che mi dici di questo? XD Ho battuto ogni record! Vi che dice a Georg ‘Georgasm’ è il massimo… Però è una che non si è mai fatta problemi a dire le cose come stanno, tranne quando la riguardano da vicino, e noi ce ne siamo accorti tutti, mi pare. Mi farai attendere secoli anche stavolta? ;)

kikka_tokietta: se ti sei commossa nello scorso capitolo, a questo che cosa mi fai? ^^ I testoni forse hanno cominciato ad essere un po’ meno testoni, pare. Soddisfatta dell’aggiornamento? ;)

lalinus84: ci sono cose nella vita di un’umile autrice di fanfiction che segnano. Ci sono cose che ti fanno fermare, strabuzzare gli occhi e cascare la mascella. Ci sono cose che non puoi non segnare sul calendario per i posteri e innaffiare con una brindata festante di champagne. Una di queste cose è… Una recensione dell’Ale! *__* Tu, ragazza mia, non sai cosa significa per me sapere che mi hai ritenuta degna ti un commento da parte tua! Non lo sai e non lo saprai mai, ma il mio cuoricino è qui che batte commosso e felice per aver trovato una traccia del tuo passaggio tra le recensioni dello scorso capitolo, e quindi grazie, thank you ssso much (con la zeppolina alla Bill ;) ), e fatti viva, ogni tanto, mi manchi!

Muny_4Ever: danke schoen! Davvero, grazie, soprattutto per avermi comunicato che riesci ad immedesimarti in Vi. Lo so che è una questione soggettiva, ma più uno si immedesima, più vive la storia sulla propria pelle, e penso che questo significhi parecchio, per un lettore. Mi raccomando, lo sai che bastano due righe per farmi felice. ;)

Camilla85: mia diletta! Non vedo l’ora di beccarti su msn e sbava parlare ancora un po’ con te. XD Fatti sentire!

winTh: non posso negare che mi farebbe veramente piacere avere la tua opinione per ciascun capitolo, ma mi posso accontentare di interventi saltuari. ^^ Non sei la sola a volersi addormentare come ha fatto Vi, ma, sarò sincera, io preferisco di gran lunga le celestiali apparizioni nei bagni. XD Se trovi un minuto per commentare, sei sempre la benvenuta, lo sai. :)

erichina94: non preoccuparti di essere ripetitiva… Finché sono complimenti, non è un problema. XD

_Kaay: cosa ti ringrazio a fare? In questo preciso istante stiamo chiacchierando in msn, ci stiamo già dicendo tutto lì. XD Ma grazie lo stesso, vale la pena di ribadirlo. ;)

hyena_: scusami, ma la tentazione di piazzare un Uomosesso seminudo da qualche parte è stata più forte di me. XD Temo di aver causato attacchi di ormonite acuta a parecchia gente, ma sono cose positive, no? XD Come vedi, Vi ha dormito come un angioletto tra le braccia di Tom… Hanno già sperimentato tutto il resto, mancava solo dormire insieme in un letto. XD

vivihotel: avrai notato che non è solo Vi che inizia a sciogliersi… E suppongo sia una cosa positiva. XD Spero ti sia sembrato altrettanto fantastica anche questa di fine. ;)

loryherm: cara! carissima! eccoti qui, un’altra delle mie seguaci preferite, con le tue recensioni lunghe una gamba di Bill e mezza! XD Grazie, per esserci sempre ed essere così entusiasta ogni volta, ma soprattutto grazie di capire tante cose non proprio scontate! <3

Ninnola: sì, possiamo dire che scrivere ce l’ho nel sangue… Essendo la mia droga preferita, in effetti, me lo inietto direttamente in endovena, tutti i giorni, più volte al giorno, e quando scrivo sui Tokio Hotel… Viva le overdose! XD Vi è molto tenera, quando vuole, e lo stesso si può dire di Tom… Come sta il tuo cuore dopo questo capitolo? ^^

Purple Bullet: figlia mia! XD Ti avverto, dopo il papiro di recensione che mi hai lasciato l’ultima volta, ne esigo un altro almeno altrettanto lungo! XD Ce la puoi fare? ;) No, scherzo, è ovvio. Mi bastano due parole, lo sai.

mewmina__91: mia piacciono gli epiteti che hai usato (somma, divina, etc…), suonano bene, devo dire. XD Anche tu disidratata dall’Uomosesso? Eh, mia cara, non posso che capirti! Sapessi quanto ci ho messo io a scrivere quella scena! XD Non è comodo battere sui tasti mentre ci sbavi copiosamente sopra! Ora però ricordati di respirare, è una cosa abbastanza fondamentale. ;)

pIkKoLa_EmO: Bill è adorabilerrimo (licenza poetica, anche se poco elegante XD), è un puccioso infinito che ispira coccole e amore. <3 Santa subito? Io? Oh, credo che il signor Papa troverebbe qualche minuscolo dettagliuccio che potrebbe compromettere il processo. XD Però il “Grande fratella, spacchi!” mi piace! XD

juliet_: be’, grazie mille, che altro posso dire? ;)

mask92: lo so, lo so, sono imperdonabile, ci metto sempre troppo ad aggiornare. ç__ç Però, come vedi, in effetti ho postato subito dopo le vacanze! ^^ Aspetto un tuo commento!

CowgirlSara: amora! (come mi sento bimbaminkia XD) Tu sai già tutto quello che potrei dirti, quindi… Grazie, o mia amata compagna di puccierotismo! XD

layla the punkprincess: Tom e Vi… La coppia più bizzarramente carina che esista. XD La dolcezza di Vi emerge raramente, ma c’è, e c’è che si tirargliela fuori, per fortuna. ^^ Spero che tu continui ad apprezzare ogni capitolo!

_ToMSiMo_: grazie, grazie, grazie! Per quanto riguarda la foto… Sì, è davvero stupenda! A storia finita posterò una cosa specialissima che Lady Vibeke mi ha fatto come regalo di Natale… Sarà una sorpresa stupefacente, aspettatevi meraviglie! ;)

Yukiko_chan: ti dico solo che pendo dalle tue labbra, bramo di sapere cosa pensi di questo capitolo, ci tengo tantissimo, perché è raro per me avere pareri da persone che non siano fa sfegatate dei Tokio Hotel. Sono qui in trepidante attesa, sappilo! Intanto, grazie per ogni singola sillaba! *__*

kit2007: anche a te… Che ti ringrazio a fare? Siamo sempre a ciarlare su msn, penso che tu sia anche stufa di me. XD Scherzo, scherzo! Grazie mille anche a te! ^^

ruka88: altra vittima di Georgasm… Non è stupendo immaginare certe scene semipornografiche? XD Se ti è piaciuto lo scorso capitolo, dovresti aver gradito anche questo, ma non si sa mai… Io mi auguro sempre di sì. XD

 

Per il resto, BUON ANNO A TUTTI, un grazie sempre più sentito per il vostro sostegno e… Alla prossima! ;)

Grazie per aver letto, spero che il capitolo valga una recensione. ;)

   
 
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