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Autore: imperfectjosie    03/06/2015    1 recensioni
«Qual è la differenza tra solo e incompleto?»
| Alex/Jack | bromance.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Fandom: All Time Low
Pairing: None (bromance - Alex/Jack)
Rating: Giallo
Note: Ripensando al testo di Astronaut, Alex si ritrova nel tour-bus, da solo, in attesa che Jack torni dall'ennesimo party alcolico.
Josie's corner:
Stavo ascoltando questa meraviglia di canzone e niente, mi sono semplicemente venuti in mente loro due. Cortissima. Ma che dico? Corterrima! Spero però valida.
Josie.

 

Astronauts

 

«Pensi che gli astronauti si sentano soli lassù, Alex?»

Ogni tanto, ed era raro che accadesse, Jack Barakat riusciva a sorprenderlo. Chiuso nella sua cuccetta del tour-bus, Alex rifletteva sulla domanda alcolica del suo migliore amico, buttata lì durante il party organizzato da Matt per la fine del tour europeo.
Lasciava vagare gli occhi sul ripiano in legno del letto di sopra, dove Rian dormiva da ormai qualche ora. Non sapeva dire che ora fosse, ma doveva essere parecchio tardi. Si sentiva ubriaco e ringraziava mentalmente Pierre per aver scritto quella canzone che tanto gli si cuciva addosso. Si voltò appena a destra, notando con la coda dell'occhio il lettino di Jack perfettamente ordinato.
Quell'idiota non era ancora rientrato. Stufo marcio di sentirsi sempre il guastafeste di turno, quello che doveva accarezzargli la schiena mentre vomitava, che spediva fuori dal bus le sue conquiste notturne e che lo rimetteva in piedi, quando anche l'ennesima groupie si divertiva a prenderlo per il culo, Alex decise che quella notte non lo avrebbe aspettato sveglio.
Pensava spesso.
Pensava a dove erano riusciti ad arrivare con il loro sogno, a quanto doveva alla sua band, al suo gruppo di amici e, soprattutto, a chi là fuori gli aveva permesso di diventare quello che era.
Si accorse che di astronauti come lui ce ne dovevano essere molti. Ma non lo chiamavano, perché non ne avevano i mezzi. Forse, comprare un telefono esclusivamente per gli hustlers, non sarebbe stata una cattiva idea.
Sorrise sghembo a quell'assurdo pensiero, dimenticandosi della promessa che si era fatto quando sentì chiaramente la porticina del bus spalancarsi, seguita dal rumore di un corpo che cadeva. E da una risata. La risata alla quale teneva di più.
Sbuffò, ma non si alzò dal letto, tenendo chiuse le tende.
Jack, che non era mai stato una cima nei rapporti sociali in genere, soprattutto quando questi prevedevano un minimo di privacy, inciampò velocemente verso la cuccetta del suo migliore amico, aggrappandosi al tessuto rosso e tirando via le tendine. Alex scattò sul letto, assottigliando lo sguardo.
«Bassam! Che cazzo fai?» sibilò, osservando nella penombra della luce lunare che filtrava dai finestrini scuri il sorriso ubriaco del chitarrista, nascosto da un indice che intimava silenzio.
Zack farfugliò qualcosa dal piano di sopra, ma si rigirò immediatamente dopo, tornando ai suoi sogni.
«Posso dormire con te?»
Il tono biascicato dall'alcool scatenò in Alex un moto di tenerezza, mascherato bene da un sopracciglio folto, sarcasticamente arricciato all'insù. E quel mezzo sorriso, così importante e unico... Alex avrebbe dato la vita per tenerlo al sicuro.
Dopo la morte di Tom, aveva fatto di Jack il suo vero fratello di sangue. Certo, considerava tutti e tre suoi fratelli, li amava come si poteva amare solo un membro della famiglia, ma Bassam... beh, Bassam era qualcosa di speciale. Qualcosa che pure lui faticava a descrivere.
«Jack, il tuo letto è lì» gli fece notare, indicando con il braccio la cuccetta vuota di fronte alla sua. Jack ci provò a prestargli attenzione, ma tornò subito con gli occhi piantati in quelli del maggiore, che di tutta risposta roteò le iridi al soffitto, prima di fargli posto.
Lo vide inciampare un paio di volte, poi finalmente sistemarsi accanto a lui.
Puzzava di sudore e Daniel's.
«Quanto hai bevuto, si può sapere?» domandò scettico, tappandosi il naso.
Anche lui si sentiva ubriaco, ma Jack riusciva sempre a superarlo.
La testa del moro scattò a sinistra . Mostrava subito un vero sorriso aperto e ingenuo. Alex lo ricambiò un po' allarmato. Aveva paura di perderlo, aveva paura che i festini alcolici di Jack si trasformassero con il tempo in una vera e propria dipendenza. Non poteva permetterlo.
«Domani dobbiamo parlare io e te»
«Hai pensato alla domanda che ti ho fatto ieri?» gli chiese, sviando il discorso e perdendosi un po' nel pronunciare le ultime parole della frase.
Era uno sconclusionato tentativo di conversazione, ma Alex lo raccolse subito. Lo conosceva fin troppo bene. Un po' come il bimbo che vuole il succo di frutta e ti chiede se lo vuoi tu.
Jack si sentiva un astronauta.
Fluttuava ogni notte tra le cosce della ragazza che il destino aveva deciso di fargli incontrare per quelle poche ore e la consapevolezza di doversi ubriacare, per sentirsi meno solo. Un po' come Alex. Un po' come tutti gli esseri umani.
Ovviamente, troppo egocentrico per rendersene conto.
Alex sorrise guardandosi il petto, prima di voltarsi a guardarlo. Sembrava un bimbo indifeso. Pieno di Daniel's, ma incapace di agire per conto proprio.
«Ci ho pensato»
«E?» lo incalzò, avvicinandosi curioso come una scimmia.
Gli voleva bene, gliene voleva quasi da scoppiare. Si ripromise di dirglielo seriamente prima o poi, quando sarebbero stati troppo vecchi per pizzicare le corde di una chitarra.
Ma quello non era il momento.
«E io credo che in mezzo a tante stelle, non puoi sentirti solo, forse incompleto, ma non solo» snocciolò a bassa voce, arrossendo un pelo per il pensiero sdolcinato che la sua mente da scrittore aveva formulato.
Voltandosi ad osservare la reazione di Jack, notò due occhi sgranati per la sorpresa, lucidi come bicchieri di cristallo e attenti.
«Dovresti dirlo a Pierre, ci scriverebbe un altro pezzo fantastico»
L'entusiasmo che tanto amava di lui si era affacciato quella notte. Alex sorrise, tornando a guardare il letto di Rian.
«Alex?»
«Cosa c'è, Jackie?»
Il silenzio dopo la domanda durò per pochi secondi, ma ad Alex sembravano infiniti. Conosceva abbastanza Bassam, tanto da capire che la sua mente sbronza stava lavorando. E lo avrebbe fatto fino all'alba. Sospirò. Di dormire, quella notte, non se ne parlava neppure.
«Qual è la differenza tra solo e incompleto?»
Il tono gli ricordò così tanto quello di un figlio che domandava come nascevano i bambini, da farlo ridere sottovoce.
«Piantala! Davvero, non lo so!» lo riprese petulante, avvicinandosi alla sua spalla per sentirne il calore.
Aveva tante persone intorno, era famoso, tutto nella norma quindi. Ma l'unica vera anima di cui necessitava, si trovava proprio accanto a lui.
Alex condivideva lo stesso bisogno.
«Una persona sola, è sola anche in mezzo a tanta gente. Ti ricordi cosa ha detto Pierre? Quella canzone significa molto, ma va interpretata! E se tu avessi prestato un minimo d'attenzione per una volta nella tua dannata vita, forse... Accidenti Jack, mi ascolti?» lo aggredì, notando che a metà del discorso, il moro stava già muovendo le dita in aria, intento a disegnare chissà cosa!
Lo sentì ridacchiare e sospirò rassegnato.
«Comunque, dicevo... se sei solo, è facile che tu ci rimanga. Una persona incompleta non è sola. Non ha ancora trovato la sua parte mancante» spiegò velocemente, tirandogli un orecchio all'ennesimo movimento d'aria dato delle sue mani asciutte.
Sorrise all'espressione di dolore sul volto dell'amico e lo lasciò andare, aspettando di sentirlo parlare, più per accertarsi che avesse capito.
Jack, come accadeva da sempre, lo stupì di nuovo.
«Quindi noi non siamo astronauti. Perché questa canzone ti rende così malinconico?» domandò confuso, fingendosi la fidanzata di turno e sistemandosi con le braccia sul petto di Alex. Lo guardava dal basso, il mento poggiato sul dorso delle mani e un sorriso aperto stampato in viso.
Il cuore di Alex si sentì subito meglio. Pieno.
«Non lo so. Non lo so davvero... forse perché anche se non lo siamo adesso, le cose potrebbero cambiare. E io non lo sopporterei»
Sinceramente, si aspettava uno scoppio di risa, ma arrivò soltanto il silenzio assordante. E ne ebbe paura. Paura di venire deriso, o peggio, abbandonato.
Jack sollevò piano una mano e gliela posò in testa, dove non si mosse.
«Se anche fosse, io sarei con te. Il che significa che a girovagare non saresti solo»
Un tono dolce che rare volte gli aveva attribuito. Cercò subito gli occhi grandi di suo fratello, avvicinandosi con un sorriso rassicurato a baciargli la punta dell'enorme naso. Jack lo arricciò, fingendosi infastidito, prima di tornare con la testa sul suo petto.
«Buonanotte Bassam» rispose soltanto, orgoglioso abbastanza da non fagli capire quanto quelle parole lo avessero riportato a galla.
Ma Jack, che fingeva solo di essere stupido, sorrise senza che l'altro potesse vederlo.
«'Notte William»
L'orologio sulla parete del cucinino segnava le cinque di mattina. L'infernale sveglia di Zack avrebbe suonato nel giro di due ore scarse, pronta a svegliare il bassista per il suo rito di addominali mattutino.
Jack e Alex lo ignoravano.

A volte, non sapere le cose, poteva donarti quegli attimi di pace di cui avevi bisogno, insieme alla persona con la quale avresti felicemente condiviso un pezzetto di universo.


FIN

  
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