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Autore: rossella0806    03/06/2015    2 recensioni
Piemonte, inizi del 1900.
Adele ha appena vent'anni quando è costretta a sposare il visconte Malgari di Pierre Robin, di quindici anni più vecchio, scelto in circostanze non chiarite dal padre di lei, dopo la chiusura in convento di Umberto, il ragazzo amato da Adele.
I genitori del giovane, infatti, in seguito ad una promessa fatta a Dio per risparmiarlo dalla tubercolosi, non ebbero alcun dubbio a sacrificare il figlio ad una vita di clausura, impedendogli di scegliere una strada alternativa.
Sono passati due anni dal matrimonio e dall'allontanamento forzato da Umberto, e Adele si è in parte rassegnata a condurre quell'esistenza tra Italia e Francia, circondata da persone che non significano nulla per lei, in balia di un marito che non ama, fino a quando, una sera di marzo, giunge a palazzo una lettera di Umberto, che le confessa di essere scappato dal convento di monaci e che presto la raggiungerà per portarla via.
Genere: Avventura, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Due settimane dopo

Adele era uscita in giardino a passeggiare: il parco dell’ospedale era incredibilmente vasto, più grande di quello del palazzo dove aveva vissuto negli ultimi due anni e di quello della casa della suocera, in Francia.
L’aspetto vistosamente curato, grazie ai salici sapientemente potati, ai pini e agli abeti, le procurava un senso di pace a lungo cercato.
Il lungo viale di terra battuta e ciottoli ordinatamente in fila l’uno dietro l’altro era circondato da cespugli di rododendro, per il resto non c’erano altri fiori o piante messi lì dalla mano dell’uomo.
La giovane, la vestaglia color turchese con i pizzi alle maniche e una mantella blu scuro a proteggerla dagli sbalzi di temperatura, si sedette su una delle numerose panchine di cemento che tappezzavano i prati carichi di margherite selvatiche.
Era ormai aprile inoltrato: l’aria era ancora frizzante a causa del temporale di due notti prima, ma il sole cominciava a scaldare come solo sa fare a primavera avviata.
I lunghi capelli ricci le cadevano ordinati sulle spalle, lucidi e dai riflessi dorati alla luce mattutina.
Non aveva più quel pallore e quell’eccessiva magrezza che l’avevano indiscutibilmente sciupata, adesso Adele si stava rimettendo velocemente e felicemente.
Era già la terza passeggiata che le permettevano di fare da sola, senza alcuna suora e senza quella specie di sedia che aveva accompagnato tutti i suoi spostamenti nell’ultima settimana, quando il medico le aveva dato il benestare per alzarsi dal letto.
Ovviamente non poteva stare fuori dalla stanza per molto tempo, non più di mezz’ora al mattino e  al pomeriggio, rigorosamente quando l’aria era più calda.
Chiuse gli occhi, il viso intiepidito dal piacevole tepore che la stava invadendo: il pensiero corse ad Umberto, a cui aveva dedicato quasi ogni minuto della sua convalescenza.
Non aveva ottenuto il permesso per vederlo, perché si trovava pur sempre nell’ala femminile dell’ospedale, e solo i mariti erano ammessi, ma ormai lei non aveva più un marito.
L’unico uomo che aveva visto in quelle due settimane era stato Filippo, suo cognato, che lavorava nello stesso reparto, e che durante la pausa pranzo la passava a trovare.
Angelica, la moglie di Filippo, veniva a trovarla durante il fine settimana, mentre la madre si recava a farle visita un giorno sì e uno no, spesso insieme a Nina, la balia, che la guardava come solo lei sapeva fare: compassionevole e dura allo stesso tempo, forse perché la riteneva unica responsabile di tutto quello che le era successo.
In realtà, erano tutte molto preoccupate per lei e per le creature che aveva perso: Adele fingeva di essere addolorata, ma non aveva avuto il coraggio di affrontare il discorso, né tantomeno dell’abbandono di Francesco e, soprattutto, delle meschinità del padre di cui era stata vittima due anni addietro.
“E’ ora di rientrare, cara” la giovane si riscosse dai suoi pensieri: suor Eleonora le aveva appoggiato con delicatezza una mano sulla spalla e, il sole alle spalle, la invitava ad alzarsi.
“Domani finalmente potrò uscire da questo posto” mormorò sorridendo Adele, mentre si appoggiava al braccio che le tendeva l’altra donna.
“Grazie al Signore, sì! A tal proposito, volevo parlarvi un minuto”
“Possiamo sederci ancora un po’, quindi?” indagò dubbiosa la ragazza, che temeva un rinvio alle sue dimissioni.
“Certo, sediamoci. Volevo solamente augurarvi tanta fortuna, cara. Domani mattina partirò per una missione in Libano, quindi non potrò esserci per salutarvi” la suora strinse con gioia ed emozione le mani calde di Adele  “che Dio e la Madonna vi proteggano, figliola. Spero che troviate la pace e la serenità che meritate” e accompagnò le sue parole alla benedizione impressa sulla fronte della giovane.
“Grazie, suor Eleonora. Siete stata il mio conforto in questi giorni di solitudine e di amarezza. Qundo tornerete dalla missione, mi farebbe piacere rincontrarvi!”
“Starò via due mesi ma, appena rientrerò, sarà mia premura scrivervi per potervi riabbracciare e parlare delle belle cose che spero vi capiteranno in questo tempo! Anzi, sapete cosa farò? Chiederò al dottor Franzini di farvi recapitare le mie lettere, così potremo tenerci in contatto! Cosa ne pensate?”
“E’ una bellissima idea, suor Eleonora, davvero! Vi scriverò almeno una volta a settimana e tutte le volte che avrò bisogno di un consiglio, saprò su chi fare affidamento!”
“E io sarò felice e onorata di poter rispondervi. Sarete sempre nei miei pensieri, cara Adele, così come nelle mie preghiere. Ora però, è meglio tornare dentro, ricordatevi che siete ancora convalescente!”
La ragazza sorrise ed obbedì, stringendo con calore il braccio della donna attorno al suo.

Il pomeriggio successivo, verso le tre, Adele era in corridoio ad attendere l’arrivo di Angelica e della carrozza che l’avrebbe portata a casa della sorella, almeno per qualche altro giorno ancora, con l’intento di continuare la convalescenza.
La madre, appoggiata dalla balia, insisteva perché tornasse a palazzo con lei e il padre, tanto che per convincerla aveva proposto ad Agnese, la novella moglie del fratello Alberto, di trasferirsi a vivere con loro, in modo da avere qualcuno della sua età con cui scambiarsi confidenze e farsi compagnia.
Adele rifiutò categoricamente l’invito, adducendo come scusa la mancanza di tatto della madre e della balia, dal momento che la cognata era felicemente incinta, mentre lei aveva perso i due figli che aspettava: entrambe le donne arrossirono violentemente, dandosi delle stupide per non averci pensato, zittendosi all’istante.
In realtà, non era ancora pronta per affrontare il padre, per vederlo e stare in sua presenza nella stessa stanza, dopo che, due anni prima, l’aveva venduta al miglior offerente come un insulso prodotto di scarto del peggior mercato.
Quando Angelica arrivò, abbracciò emozionata la giovane, seduta su una delle panche in legno dipinto di bianco come tutto il resto che l’aveva circondata in quei quindici giorni, e la salutò dicendole:
“Sei pronta?! Non vedo l’ora di portarti fuori di qui!”
L’altra annuì, un sorriso finalmente felice sulla bocca carnosa di nuovo viva:
“Devo chiederti un favore: prima di andare a casa, mi devi accompagnare da Umberto. Ti prego, ho bisogno di vederlo” disse tutto d’un fiato la ragazza, stringendole le mani con vigore.
“Ancora con questa storia?!” sbraitò la sorella, sciogliendo l’intreccio con la sorella “lo devi dimenticare! Dopo quello che ti è successo, devi pensare solamente a te e a Francesco!”
“Mi ha lasciata” la interruppe seccamente, nascondendo il trionfo che sentiva dentro a pronunciare ad alta voce quella semplice frase. “E' successo il giorno stesso in cui mi sono risvegliata. Da allora non è più venuto a trovarmi, anzi, mi ha espressamente detto che sono libera come l’aria”.
“Non ci credo, Adele! Tu hai ancora le idee confuse! Forza, andiamo, la strada da fare è lunga” tentò di trascinarla lungo il corridoio asettico e privo di presenza umana.
“Aspetta! Se non credi alle mie parole, chiedi a Filippo! Lui potrà confermarti che quel mostro che avevo per marito non si presenta da giorni, né ha scritto per informarsi della mia salute!”
L’altra donna, avvolta in un lungo abito stretto di seta color rosa confetto, scosse la testa, e rimase in silenzio per una manciata di secondi.
“E quale sarebbe il motivo che l’avrebbe spinto a una decisione così stupida?”
“Non è il momento di parlarne, Angelica. Ma ti prometto che, appena troverò le forze, racconterò ogni cosa a te e alla mamma … “
“Va bene” concesse alla fine “ti porterò da lui. Ma fino a quando non ti sarai completamente ristabilita, verrai a stare da me! Almeno questo me lo devi, Adele, anzi, lo devi prima di tutto a te stessa!”
La sorella l’abbracciò con tutta la forza che aveva e, baciandola, la ringraziò, gli occhi che cominciavano ad arrossarsi per le lacrime di felicità che premevano per uscire.

Quando la giovane bussò alla porta di Maria la stiratrice, pregò –esattamente come aveva fatto per l’intera ora di carrozza che l’aveva condotta lì- che Umberto vivesse ancora con la donna.
Non c’era nessuno in giro, solo Angelica che attendeva nella vettura, le tendine scostate,  a un centinaio di metri dall’ingresso, l’espressione di disapprovazione sul bel volto allungato.
La giovane accennò un sorriso nella sua direzione, come per rassicurarla che tutto sarebbe andato bene, che quella era l’unica cosa giusta da fare.
Ritornò a guardare di fronte a lei, tremante di paura e di gioia e, finalmente, l’uscio si aprì, rivelando il viso di Maria, stupito e felice al contempo:
“Adele! Siete proprio voi!? Oh, Dio del Cielo, come state?! Umberto era così preoccupato!
Non ha fatto altro che incolparsi per quello che vi è accaduto …”
“Sono tanto felice anch’io di rivedervi!” la salutò la ragazza, abbassandosi per abbracciarla “sto bene, non preoccupatevi! Ma ditemi: Umberto vive ancora qui con voi?”
“Certo, cara, certo! Entrate, è su, nella sua camera! E' diventato apatico e insofferente da quando vi ha riportato indietro: svolge le sue mansioni mattutine come prima, certo, munge le mucche, dà da mangiare agli animali, ma poi passa il resto della giornata rintanato in soffitta! Se continua così, si ammuffirà, ecco che fine farà!”
“Non posso entrare, Maria. Mia sorella mi sta aspettando” spiegò indicando con la mano il punto dietro di lei “dite ad Umberto di scendere, per favore, perché gli devo parlare urgentemente”.
La donna annuì e si ritirò per qualche istante, non prima di essersi informata nuovamente sul suo stato di salute.
Adele capiva che la donna era stata messa al corrente di quello che le era successo, della perdita dei bambini che aspettava e del periodo trascorso in ospedale, tuttavia le sue parole erano delicate e premurose, persino materne: la giovane aveva avuto modo di affezionarsi a lei durante quei due giorni che avevano trascorso insieme, prima che avessero inizio quella fioritura inaspettata e quella libertà che adesso poteva vantare.
Mi ricorderò per sempre della sua gentilezza e dell’accoglienza che mi riserva ogni volta! Dopo Nina, lei è l’unica che ha saputo accettarmi e comprendermi, anzi, in questa occasione, ha sostituito la balia e i suoi ciechi pregiudizi!
Il ragazzo che aprì la porta socchiusa, dopo nemmeno un minuto, aveva il viso stravolto dalla gioia e dalle lacrime: i capelli corvini erano arruffati e sporchi di paglia, i vestiti stropicciati e in disordine.
“Adele! Amore mio, perdonami, perdonami per tutto quello che ti ho fatto!”
Umberto affondò il volto smagrito e pallido sulla spalla di lei, stringendola con passione e disperazione allo stesso tempo.
“Non hai niente da farti perdonare, non devi rimproverarti nulla!” lo zittì con un bacio la ragazza.
Gli passò una mano sulla barba incolta di qualche giorno poi, con dolcezza e pazienza, gli disse:
“Io ti amo, Umberto, e voglio stare per sempre con te! Ti prego di aspettarmi, perché ho promesso ad Angelica che avrei passato il resto della convalescenza da lei. Dopo, però, tornerò da te, e questa volta non dovremo più preoccuparci di quel maledetto di mio marito! Lui mi ha lasciata, amore, non mi perseguiterà più!”
“Come ti ha lasciata?”
La giovane annuì sorridendo e, accarezzandogli il volto, gli spiegò:
“Non sai che cosa mi ha raccontato, è stato terribile rimanere lì, in quel letto, ad ascoltare il disprezzo e la beffa che trapelavano dalle sue parole! Lui e mio padre si sono presi gioco di me e della mia libertà, ma adesso non è il momento adatto per parlarne! Verrà il tempo anche per quello, amore mio!”
I due si abbracciarono nuovamente, mentre il nitrito di uno dei due cavalli della carrozza, stanchi di stare fermi, precedette le parole di Umberto:
“Io sono qui, Adele. Verrò a trovarti ogni giorno, in attesa che tu possa tornare da me! Oggi stesso andrò a cercare un lavoro, così, quando tornerai, non dovremo più dipendere da niente e da nessuno!”
“Nessuno ci sottometterà più, te lo prometto! D’ora in poi saremo gli unici artefici del nostro destino, gli unici!”
Un riverbero di sole si frantumò sulla parete in pietra della casa, illuminando i volti sorridenti dei giovani innamorati, finalmente insieme e liberi di amarsi.



NOTA DELL’AUTRICE

Ciao a tutti! Scusate la mia lunga assenza di quasi un mese, ma sono impegnata fuori città a causa degli studi universitari.
E così si è conclusa la storia: ne sono dispiaciuta, perché mi ero affezionata molto ai personaggi, ma non è detto che, prima o poi, possa fare un breve seguito o una one shot!
In sospeso per Adele c’è il rapporto con Francesco, ma anche con il padre e con la dolce suor Eleonora!
Per il momento ringrazio TUTTI, ma proprio tutti coloro che hanno letto questo racconto, chi l’ha inserito tra le preferite, le ricordate, le seguite, chi ha lasciato un commento … se sapessi i nomi di tutti, vi ringrazierei ad uno ad uno ma, per par condicio, vi mando un GRAZIE generale!
A presto!
   
 
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